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lunedì 12 marzo 2018

I Wonder how, I wonder why





Wonder
Regia: Stephen Chbosky
Cast: Jacob Tremblay, Julia Roberts, Owen Wilson, Izabela Vidovic, Noah Jupe, Danielle Rose Russell, Mandy Patinkin, Bryce Gheisar



Il protagonista del film Wonder ha una faccia strana.

venerdì 11 novembre 2016

Money Monster – L'opinione de Il Sòla 24 Ore






Articolo tratto dall'ultimo numero de Il Sòla 24 Ore


Acque agitate ieri sui mercati finanziari. Le azioni di IBIS sono scese dell'1,1%. Una percentuale che a voi poveri morti de fame potrà sembrare irrilevante, ma per noi che nuotiamo nelle monete d'oro come Paperon de' Paperoni si è trattata della perdita in poche ore di milioni e milioni di capitalizzazione.
Come fare per rimediare a questo tracollo e recuperare in fretta tutti i nostri milioni di dollari andati in fumo?
Abbiamo la soffiata giusta che fa al caso nostro e pure vostro, se avete un po' di sale in zucca. Un investimento sicuro su cui puntare: mettere i nostri e i vostri soldi sulle azioni del film Money Monster.

Money Monster – L'altra faccia del denaro
(USA 2016)
Titolo originale:
Money Monster
Regia: Jodie Foster
Sceneggiatura: Jamie Linden, Alan DiFiore, Jim Kouf
Cast: George Clooney, Julia Roberts, Jack O'Connell, Dominic West, Caitriona Balfe, Christopher Denham, Giancarlo Esposito, Condola Rashad, Emily Meade
Genere: infotainment
Se ti piace guarda anche: La grande scommessa, Billions, Inside Man, Phone Booth - In linea con l'assassino, Le idi di marzo

giovedì 12 maggio 2016

Film Monster – L'altra faccia del cinema





Ogni settimana siamo invasi da una miriade di pellicole. Questo weekend persino più del solito. Mi viene il dubbio che ormai ci siano nel mondo, o se non altro in Italia, più film che spettatori.
Nella temeraria impresa di commentarli tutti si cimenteranno ancora una volta per voi il sottoscritto resuscitato Cannibal Kid e il sempre più moribondo che vivo Mr. James Ford.

Money Monster – L'altra faccia del denaro
"Quando ho letto che Cannibal Kid era morto ero disperato.
Soprattutto perché a rimetterci le penne non era stato un altro blogger..."

martedì 19 aprile 2016

Il segreto dei suoi occhi, un film più rifatto di Nicole Kidman





Il segreto dei suoi occhi
(USA 2015)
Titolo originale: Secret in Their Eyes
Regia: Billy Ray
Sceneggiatura: Billy Ray
Ispirato al film: Il segreto dei suoi occhi (El secreto de sus ojos) di Juan José Campanella
Cast: Chiwetel Ejiofor, Nicole Kidman, Julia Roberts, Joe Cole, Alfred Molina, Dean Norris, Michael Kelly, Zoe Graham, Niko Nicotera
Genere: rifatto
Se ti piace guarda anche: Il segreto dei suoi occhi (2009), Cold  Case

Non è poi così male avere una pessima memoria. Puoi ad esempio vedere il remake di una pellicola girata appena una manciata di anni fa, una pellicola che pure ti era piaciuta e parecchio, e sembrarti come se fosse nuova. Quasi.
È in quel quasi però che risiede la differenza fondamentale tra il godersi una visione nuova di pacca e una riciclata. È nella sensazione di déjà vu che ti accompagna dall'inizio alla fine che sta quella piccola, ma fondamentale differenza.
Non avendo una gran memoria, non sono in grado di elencare con precisione analogie e differenze tra Il segreto dei suoi occhi versione argentina originale del 2009 e Il segreto dei suoi occhi versione statunitense "tarocca" del 2015. Posso però notare che non si sono manco sbattuti a cambiare il titolo e che si sono limitati a modificare qualcosina a livello di trama e di dettagli, giusto per americanizzare e modernizzare il tutto. Ad esempio hanno sostituito il calcio con il baseball, e hanno passato l'ambientazione dall'Argentina a cavallo tra anni '70 e '90 agli Usa post 11 settembre. Niente comunque di troppo fantasioso o in grado di stravolgere l'originale. Cosa che da un lato è un bene, dall'altro rende questo remake del tutto inutile, come d'altra parte lo sono quasi tutti i remake.

domenica 29 marzo 2015

PRETTY WOMAN, ECCO PERCHÉ È UNA FIABA (ANCHE) PER UOMINI





Pretty Woman
(USA 1990)
Regia: Garry Marshall
Sceneggiatura: J.F. Lawton
Cast: Richard Gere, Julia Roberts, Jason Alexander, Laura San Giacomo, Hector Elizondo, Ralph Bellamy, Hank Azaria
Genere: romcom all'ennesima potenza
Se ti piace guarda anche: Se scappi, ti sposo, Il matrimonio del mio migliore amico, Notting Hill, Il diario di Bridget Jones, Come farsi lasciare in 10 giorni

Gli uomini hanno una percezione profondamente sbagliata di Pretty Woman. Mi ci metto dentro anche io, che non lo vedevo da anni. Da quando ero un bambinetto e Julia Roberts non mi stava troppo simpatica. Poi sarebbero arrivati Erin Brockovich, Closer e I segreti di Osage County e la mia impressione nei suoi confronti sarebbe cambiata, però da ragazzino la identificavo unicamente come la regina delle romcom, l'eterna Pretty Woman. Pensavo che quel film, il suo più celebre, fosse solo una “roba da femmine”. Rivedendolo oggi, posso dire che mi sbagliavo. A 25 di distanza dall'uscita della pellicola, con un leggerissimo ritardo posso dire che mi sbagliavo di grosso.

giovedì 15 gennaio 2015

LA GUERRA DI MIKE NICHOLS





Mike Nichols è stato un ottimo regista, capace di regalare tre pellicole che, a loro modo, hanno segnato tre generazioni e tre epoche parecchio differenti e distanti tra loro. Solo per questo, un posticino d'onore nella Storia del Cinema se l'è guadagnato. Per questo, e per aver fatto diventare Natalie Portman una spogliarellista con tanto di parrucca rosa, ma questo credo di averlo già detto.

Il laureato, manco c'è bisogno di dirlo, è la pellicola probabilmente più identificativa della generazione degli anni Sessanta. Dustin Hoffman in piscina e a bordo della Alfa Romeo Spider “Duetto”, le canzoni dei Simon & Garfunkel, Mrs. Robinson che è stata forse la prima MILF nella Storia del Cinema, uno dei finali più spettacolari di sempre... Insomma, un vero e proprio cultone.
Altro decennio, tutt'altra musica e tutt'altra storia: Una donna in carriera. Pellicola simbolo dello yuppismo al femminile, della self-made woman che risponde al self-made man di pozzettiana memoria.
Passa il tempo, cambiano le mode, arriva Internet e l'ormai vecchiotto Mike Nichols si adegua. Closer è la commedia romantica, o sarebbe più corretto dire l'anti-commedia romantica definitiva del nuovo millennio, capace di parlare il linguaggio delle chat e riscrivere il genere delle romcom in maniera spietata.
Tre film che hanno saputo fotografare il loro tempo come pochi altri. Tre film notevoli, che per il resto però in comune non è che abbiano poi molto. A questo punto una domanda sorge legittima: Mike Nichols è stato sì un ottimo regista, ma è possibile considerarlo anche un grande Autore?

martedì 26 agosto 2014

EMMY BANALITY AWARDS 2014





È andato tutto come doveva andare, o meglio come ci si aspettava sarebbe andata. Agli Emmy Awards 2014 c'è stato il trionfo di Breaking Bad e dei suoi ultimi episodi. Un trionfo meritatissimo, però la serie, che io adoro, era già stata ampiamente premiata in passato e io avrei preferito una vittoria a sorpresa di True Detective, la novità dell'anno, che invece si è dovuta accontentare appena di un premio alla (strepitosa) regia. Con tutto il rispetto per il grandioso Bryan Cranston, quest'anno il premio di miglior attore doveva poi andare solo e soltanto a Matthew McConaughey.
Ma agli Emmy e alle cerimonie di premiazione in generale le sorprese non piacciono, quindi è stato tutto all'insegna della prevedibilità e della noia. In ambito comedy, i premi a Modern Family e Jim Parsons di Big Bang Theory che ormai si ripetono da anni hanno strastufato. Scandalosa poi la vittoria della good wife Julianna Margulies nella categoria di miglior attrice in una serie drammatica, quando la vera vincitrice morale è la multipla Tatiana Maslany di Orphan Black, nemmeno finita in nomination.
L'unica novità premiata in pratica è stata la “folle” Uzo Aduba di Orange Is the New Black e mi ha stupito anche il doppio premio alla bravissima Allison Janney per i suoi ruoli in Mom e Masters of Sex.
Per il resto sono contento per i premi a Julia Louis-Dreyfus, a Fargo tra le miniserie e a The Normal Heart tra i film tv, ma di certo le delusioni sono state maggiori delle soddisfazioni. E gli sbadigli sono stati superiori agli applausi.
Terminato il mio sermone, vi lascio in compagnia di tutti i (prevedibili) vincitori degli Emmy Awards 2014.

I premi

"Mi stai guardando la scollatura, Bryan?"
"Sgamato!"
Outstanding Drama Series
Winner: "Breaking Bad" (2008)

Outstanding Comedy Series
Winner: "Modern Family" (2009)

Outstanding Lead Actor in a Drama Series
Winner: Bryan Cranston for "Breaking Bad" (2008)

Outstanding Lead Actress in a Drama Series
Winner: Julianna Margulies for "The Good Wife" (2009)

Outstanding Writing for a Drama Series
Winner: "Breaking Bad" (2008) - Moira Walley-Beckett ("Ozymandias")

Outstanding Supporting Actress in a Drama Series
Winner: Anna Gunn for "Breaking Bad" (2008)

Outstanding Directing for a Drama Series
Winner: "True Detective" (2014) - Cary Fukunaga ("Who Goes There")

Outstanding Writing for a Variety Special
Winner: Sarah Silverman for Sarah Silverman: We Are Miracles (2013)

Outstanding Supporting Actor in a Drama Series
Winner: Aaron Paul for "Breaking Bad" (2008)

Outstanding Directing For A Variety Special
Winner: Glenn Weiss for The 67th Annual Tony Awards (2013)

Outstanding Variety, Music Or Comedy Series
Winner: "The Colbert Report" (2005)

Outstanding Television Movie
Winner: The Normal Heart (2014)

Outstanding Miniseries
Winner: "Fargo" (2014)

Outstanding Lead Actress in a Miniseries or Movie
Winner: Jessica Lange for "American Horror Story" (2011)

Outstanding Lead Actor in a Miniseries or Movie
Winner: Benedict Cumberbatch for "Sherlock: His Last Vow (#3.3)" (2014)

Outstanding Directing for a Miniseries, Movie or a Dramatic Special
Winner: "Fargo" (2014) - Colin Bucksey

Outstanding Supporting Actor in a Miniseries or Movie
Winner: Martin Freeman for "Sherlock: His Last Vow (#3.3)" (2014)

Outstanding Supporting Actress in a Miniseries or Movie
Winner: Kathy Bates for "American Horror Story" (2011)

Outstanding Writing for a Miniseries, Movie or a Dramatic Special
Winner: "Sherlock: His Last Vow (#3.3)" (2014) - Steven Moffat

Outstanding Reality Competition Program
Winner: "The Amazing Race" (2001)

Outstanding Lead Actress in a Comedy Series
Winner: Julia Louis-Dreyfus for "Veep" (2012)

Outstanding Lead Actor in a Comedy Series
Winner: Jim Parsons for "The Big Bang Theory" (2007)

Outstanding Directing for a Comedy Series
Winner: "Modern Family" (2009) - Gail Mancuso ("Vegas")

Outstanding Supporting Actress in a Comedy Series
Winner: Allison Janney for "Mom" (2013)

Outstanding Writing for a Comedy Series
Winner: "Louie" (2010) - Louis C.K.("So Did the Fat Lady")

Outstanding Supporting Actor in a Comedy Series
Winner: Ty Burrell for "Modern Family" (2009)

Outstanding Writing for a Variety Series
Winner: "The Colbert Report" (2005)

Outstanding Host for a Reality or Reality-Competition Program
Winner: Jane Lynch for "Hollywood Game Night" (2013)

Outstanding Directing for a Variety Series
Winner: "Saturday Night Live" (1975) - Don Roy King

Outstanding Guest Actress in a Comedy Series
Winner: Uzo Aduba for "Orange Is the New Black" (2013)

Outstanding Guest Actor in a Comedy Series
Winner: Jimmy Fallon for "Saturday Night Live" (1975)

Outstanding Guest Actress in a Drama Series
Winner: Allison Janney for "Masters of Sex" (2013)

Outstanding Guest Actor in a Drama Series
Winner: Joe Morton for "Scandal" (2012)

"Matthew, non hai vinto come miglior attore. Che ti è successo?"
"Mi sa che sono stato colto dalla Sindrome di DiCaprio, uahahah."


E ora, sbrigati gli awards, spazio alla parte più interessante della serata: il Red Porchet.

Il Red Porchet

Kerry Washington
Il diavolo veste Prada. E pure Kerry Washington.
Ma tanto addosso alla stilosissima protagonista di Scandal starebbe bene anche un sacco della monnezza.
(voto 7,5/10)

Zooey Deschanel
Questa sarebbe Zooey Deschanel??
Sempre meno indie girl e sempre più traditional girl. La stiamo perdendo.
(voto 6-/10)

Gwen Stefani
Tim Burton probabilmente apprezzerà il nuovo cadaverico look della cantante dei No Doubt. Io no.
(voto 5/10)

Hayden Panettiere
Il forno della Panettiere è stato riempito. E si vede.
(voto 6 politico)

Lizzy Caplan
Hai capito la master of sex, che stile.
(voto 7,5/10)

Julia Roberts
Più invecchia e più diventa bona.
Il MILF award quest'anno è tutto suo.
(voto 7,5/10)

Anna Gunn
Hai capito, la moglie di Walt White.
Subito dopo la Roberts per il MILF award c'è lei.
(voto 7+/10)

Allison Williams
La più affascinante tra le Girls ha scelto di indossare un abito antistupro, ma io le voglio bene lo stesso.
(voto 6+/10)

Lena Dunham
Grande!
Inguardabile, però va apprezzato il suo coraggio.
(voto 8/10)

Claire Danes
Se ieri Kim Kardashian per gli Mtv Video Music Awards aveva fregato dalla home(land) di Kanye West i tappeti del bagno, Claire Danes oggi mi sa che gli ha ciulato le tende.
Povero Kanye, tra un po' rimane senza niente.
(voto 5/10)

Heidi Klum
Finalmente ho trovato qualcuno che si fa più lampade di Carlo Conti!
(voto 6,5/10)

Taylor Schilling
Orange is the new black e tu ti presenti vestita in bianco, e per di più con decorazioni da centrotavola sopra?
In prigione le altre detenute sono pronte a farti la festa, cara Taylor.
(voto 6/10)

Lea DeLaria
Molto elegante l'attore di Orange is the New Black.
Ah, è un'attrice?
(voto 4/10)

Laverne Cox
Tutti a trans!
(voto 6,5/10)

Dascha Polanco
Respira, Dascha Polanco di Orange is the New Black.
Se il tuo abito te lo permette, respira.
(voto 5/10)

Aaron Paul
Il mistero della serata: che è successo alla fronte di Aaron Paul di Breaking Bad?
È diventata enorme.
Per il resto elegantissimo, ma quella fronte non si spiega.
(voto 7/10)

Kate Mara
Kate Mara di House of Cards mi fa sesso qualunque vestito indossi. O non indossi.
Per me sempre promossessissima.
(voto 8/10)

Best of the night
January Jones
Look mad & red per January, che sta alla grande pure in August.
(voto 8+/10)

Worst of the night
Sarah Paulson
Questo abito entra di diritto nella American Fashion Horror Story.
(voto 2/10)

In chiusura, il momento più toccante della serata: l'omaggio di Billy Crystal all'amico Robin Williams.

lunedì 25 agosto 2014

O CAPITAN UNCINO, MIO CAPITAN UNCINO




"Con quelle orecchie a punta, sicuro di essere Peter Pan e non Spock di Star Trek?"
Hook – Capitan Uncino
(USA 1991)
Titolo originale: Hook
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: James V. Hart, Malia Scotch Marmo
Liberamente ispirato alle opere teatrali e ai libri di: James Matthew Barrie
Cast: Robin Williams, Dustin Hoffman, Julia Roberts, Bob Hoskins, Maggie Smith, Charlie Korsmo, Amber Scott, Dante Basco, Caroline Goodall, Arthur Malet, Phil Collins, Isaiah Robinson, Jasen Fisher, Kelly Rowan, Gwyneth Paltrow, Jake Hoffman, Glenn Close
Genere: fiabe 2.0
Se ti piace guarda anche: Once Upon a Time, Saving Mr. Banks, Alice in Wonderland

Tutti i bambini diventano adulti, tranne uno. O meglio, tranne due. Uno era Michael Jackson e se n'è andato una manciata di anni or sono. L'altro era Robin Williams e anche lui se n'è andato, appena pochi giorni fa.
Una volta c'aveva provato a crescere, a diventare adulto, e per una manciata d'anni era una cosa che gli era pure riuscita. Era diventato uno yuppie che preferiva il lavoro alla famiglia. Uno sempre troppo preso dagli affari per poter andare a vedere le partite di baseball del figlio. Uno che si era dimenticato di saper volare. Uno che aveva scordato di essere l'incredibile Peter Pan ed era diventato il moscio Peter Banning.
Lo stesso era capitato alla sua carriera di attore, passata da ruoli spumeggianti e memorabili in film notevoli come L'attimo fuggente, Will Hunting – Genio ribelle, La leggenda del re pescatore, One Hour Photo e Insomnia, così come in irresistibili blockbusteroni commerciali come Mrs. Doubtfire e Jumanji, a robette parecchio insulse come la serie tv The Crazy Ones e a comparsate in robe agghiaccianti come Big Wedding. Stesso discorso pure per Steven Spielberg, passato dalla fantasia al potere celebrata in E.T. e A.I. al ruolo di barboso professorone di Storia con Lincoln e War Horse.

"Quel maledetto di Harry Potter tra qualche anno mi fregherà il look. Che coraggio!"
Un film come Hook – Capitan Uncino fa dimenticare tutto questo. Cancella la mania delle persone di voler per forza crescere, dimostrare di essere grandi, di saper fare i seri e ci consegna sia Robin Williams che Steven Spielberg all'apice della loro peterpanosità. Correva l'anno 1991 e si vede. Nonostante sia arrivato a inizio 90s, il film è ancora intriso di una certa anniottantosità, ad esempio nel personaggio (almeno inizialmente) molto yuppie Peter Banning. Contemporaneamente, la pellicola possiede per fortuna pure quell'aura di magia tipica delle avventure 80s come I Goonies, La storia infinita o Explorers. Una dimensione incantata che, sarà per l'irreplicabile effetto nostalgia, in saghe fanciullesche odierne come quelle di Harry Potter, Percy Jackson o Le cronache di Narnia non ho trovato manco da lontano. Se con i film per bambini degli ultimi anni non sono mai riuscito a entrare davvero in sintonia, fatta eccezione giusto per Un ponte per Terabithia, rivedere Hook a parecchi, davvero parecchi anni dalla prima visione mi ha provocato un effetto straniante.Mi ha fatto capire che anch'io sono cresciuto. Una volta mi identificavo nel bambinetto Jack, mentre adesso in lui vedo diversi tratti di mio nipote, così come nella bimbetta Maggie intravedo alcune somiglianze con la mia nipotina. Inoltre alcuni passaggi avventurosi e fiabeschi che una ventina d'anni fa mi facevano gridare dalla meraviglia o mi provocavano stupore, oggi mi paiono parecchio prevedibili e persino evitabili. Sarà che nel frattempo l'idea di rileggere i personaggi delle storie per l'infanzia in chiave (più o meno) adulta e (più o meno) fantasiosa è diventata la consuetudine, si veda la serie Once Upon a Time, o Shrek, o la fallimentare Alice in Wonderland burtoniana, o la miriade di nuovi film su Biancaneve e favolistica compagnia assortita, o ancora il recente Saving Mr. Banks.

Il revival di fiabe, favole, storie o come diavolo preferite chiamarle – tutte riassunte dalla come al solito essenziale lingua inglese sotto il termine “story” – è partito da qui, da questo Hook. Un film che, ispirandosi al classico creato da James Matthew Barrie a inizio Novecento, lo rilegge, lo stravolge e lo risputa fuori con un atteggiamento post-moderno tipico degli anni Novanta, per diventare esso stesso un nuovo classico. Il film di Steven Spielberg guarda a Peter Pan come modello. Once Upon a Time e una gran parte dei film fantasy di oggi prendono Hook – Capitan Uncino come sommo esempio per confrontarsi con la tradizione fiabesca. Emma Swan di C'era una volta ad esempio è un po' come Peter Banning. Una persona concreta, che vive con i piedi ben piantati a terra e ride al solo pensiero dell'esistenza dei personaggi delle storie. Quando finirà a Storybrooke, così come Banning quando fa ritorno sull'Isola che non c'è, si rimetterà però in contatto con la sua parte più fanciullesca e comincerà a credere all'incredibile, oltre a riconnettersi con suo figlio.
La magia di un film come Hook sta in questo. Non nel farci ricordare di quando anche noi eravamo dei bambini, ma nel farci ritornare dei bambini. Nel farci vedere il mondo con occhi infantili, ancora una volta. Nel farci ricordare che “Bangarang” era un urlo di esaltazione di Rufio e dei bimbi sperduti, ancor prima che un pezzo (esaltante anch'esso) di Skrillex.



Once Upon a Time e Skrillex ci danno ulteriore dimostrazione di come questa pellicola sia ormai entrata nell'immaginario collettivo, di come la mia generazione, ma pure quella successiva, sia cresciuta con questa versione della fiaba ancor più che con l'originale di J.M. Barrie. Il merito va attribuito a una sceneggiatura che svecchia alla grande il mito dell'eterno ggiovane Peter Pan, così come a una regia di uno Spielberg in formissima che gioca con ombre, uncini, orologi e con gli altri simboli della storia e che, soprattutto, pare divertirsi un mondo come un fanciullo. Un'impressione invece del tutto assente nei suoi ultimi noiosi lavori “adulti”.

Quanto al cast, Julia Roberts era una Campanellino deliziosa, Bob Hoskins – pure lui recentemente scomparso – era uno Spugna perfetto, mentre Gwyneth Paltrow pur comparendo per pochi istanti nei panni di Wendy teenager era già odiosa, e Dustin Hoffman mi sembrava tanto ieri quanto mi pare ancora oggi ben poco in parte nel ruolo che dà il titolo al film. Come Capitan Uncino avrei visto molto meglio uno alla Jack Nicholson, che avrebbe potuto regalargli la giusta carica di follia.
Chi invece è insostituibile è lui, Robin Williams. Da bambino non riuscivo e ancora oggi non riesco a immaginare qualcuno più perfetto di lui per questa parte. Nonostante nella sua notevole e variegata carriera abbia anche dato varie prove di maturità e abbia interpretato persino stalker e serial killer, lui era nato per i ruoli fanciulleschi. In Hook, Robin Williams però non ha recitato o interpretato una parte. Robin Williams era Peter Pan.
(voto 7,5/10)

Questo post partecipa al toccante Robin Williams Tribute insieme ai seguenti favolosi bloggers.

Bollalmanacco - Al di là dei sogni
Montecristo - Il mondo secondo Garp
Non c'è paragone - Good Morning Vietnam
Combinazione casuale - Jumanji
Director's Cult - Toys 
Pietro - Flubber
Recensioni Ribelli - L'attimo fuggente
La fabbrica dei sogni - One Hour Photo
Viaggiando (Meno) - The Angriest Man in Brooklyn
In Central Perk - Will Hunting - Genio ribelle 


venerdì 6 giugno 2014

THE NORMAL HEART, UN CUORE MICA TANTO NORMALE




The Normal Heart
(USA 2014)
Regia: Ryan Murphy
Sceneggiatura: Larry Kramer
Ispirato all’opera teatrale: The Normal Heart di Larry Kramer
Cast: Mark Ruffalo, Matt Bomer, Julia Roberts, Taylor Kitsch, Jim Parsons, Alfred Molina, Jonathan Groff, Joe Mantello, Stephen Spinella, Adam B. Shapiro, Denis O’Hare, Finn Wittrock, Rob Tunstall, Corey Stoll
Genere: gay
Se ti piace guarda anche: Dallas Buyers Club, Milk, Dietro i candelabri, Looking

Pensate alla cosa più gay che avete mai visto.
Vi si ripropongono davanti agli occhi gli abiti e l’arredamento di casa Liberace in Dietro i candelabri?
State pensando a una maratona di episodi delle serie tv Looking e Queer as Folk?
O a Valerio Scanu con i boccoli biondi alla Lady Oscar?
O magari proprio a Lady Oscar?
O vi viene per caso in mente la guida galattica alle boy band di Pensieri Cannibali?
In ogni caso prendete tutte queste cose insieme, moltiplicatele per mille e non sarete andati nemmeno vicini alla cosa più gay che ho visto io: la prima scena di The Normal Heart.
I primi 5 minuti del nuovo film tv della HBO The Normal Heart sono quanto di più omosessuale si possa immaginare. Lo dico in senso positivo. Guardando i personaggi della pellicola che se la spassano mi è venuto il rimpianto di non essere un gay all’inizio degli anni Ottanta, quegli anni di rivoluzione sessuale in cui tutti scopavano con tutti liberamente, senza legami e senza problemi.
Perché mi piace la figa? Perché???
È una maledizione! Sarei potuto essere così felice, come gay e in particolare come gay all’inizio degli anni Ottanta.

Questo per quanto riguarda i primi 5 minuti di film, poi entra in scena il dramma ed essere gay negli anni Ottanta non appare più soltanto nei suoi risvolti tutti rose e fiori. In scena compare ciò che all’inizio di quel decennio veniva chiamato “il cancro dei gay” e successivamente diventerà noto come AIDS.
AIDS?
Hey, Pensieri Cannibali si sta per occupare di un argomento serio?


La pellicola va a indagare in una pagina parecchio oscura e misteriosa, quella dell’origine del virus. Nel 1981 cominciano i casi inspiegabili di morti all’interno della comunità omosessuale e nessuno capisce il perché o il per come la malattia si diffonda. La dottoressa sulla sedia a rotelle Julia Roberts suggerisce loro a questo punto di evitare orge e sesso promiscuo, ma viene vista come una repressa sessuale e in pochi le danno ascolto. Negli anni successivi si cerca di capirne di più, solo che il governo degli Stati Uniti non fa nulla per studiare la malattia. Sembra quasi un complotto per eliminare tutti i gay dalla faccia della Terra e l’amministrazione del conservatore bigotto yuppie repubblicano Ronald Reagan comincerà a interessarsi al problema soltanto quando a essere colpiti dal virus saranno pure uomini e donne eterosessuali.

La vicenda raccontata in The Normal Heart a grandi linee è questa ed è parecchio interessante anche e soprattutto per chi come me è nato nel 1982 ed è cresciuto con la consapevolezza che l’AIDS c’era e basta, senza sapere come ha cominciato a diffondersi. Al di là della ricostruzione storica, medica e pure politica, in cui il film si avvicina alle parti di Milk di Gus Van Sant, la carta vincente di questa bella pellicola tv HBO, che come Dietro i candelabri non ha nulla da invidiare alle produzioni per il grande schermo, è il suo cuore. Il suo normal heart. In più momenti la pellicola sa emozionare e lo fa per merito di una serie di interpretazioni magistrali di attori in stato di grazia che riescono a dare vita a dei personaggi pieni di vita (la ripetizione è voluta, bitches!).

"The streets of Philadelphia...
Ah, come? Siamo a New York?"
Una nota di merito particolare va a Mark Ruffalo, protagonista principale che porta sullo schermo Ned Weeks, uno scrittore che si batte in maniera molto sentita per sensibilizzare un’opinione pubblica e un governo cui del problema dell’AIDS pare non fregare un tubo. Mark Ruffalo che una decina d’anni fa appariva ovunque, dal cinema d’autore (Se mi lasci ti cancello, In the Cut) alle commedie romantiche (Se solo fosse vero, 30 anni in un secondo) ai thrilleroni (Collateral, Zodiac) e sembrava destinato a diventare una delle più grandi star che Hollywood avesse mai avuto e poi invece, come accade a un sacco di attori, non è mai esploso del tutto. Questo ruolo televisivo molto intenso (in alcune scene forse persino troppo) potrebbe rappresentare una svolta per la sua carriera, così come per quella di Taylor Kitsch che fa dimenticare i dimenticabili ruoli da macho in flopponi come John Carter e Battleship per tirare fuori un inaspettato e molto credibile ruolo da gay. Bravissimi poi anche attori noti soprattutto al pubblico delle serie tv come Jim Parsons, lo Sheldon Cooper di Big Bang Theory, e Matt Bomer, il bellone di White Collar che qui dà tutto se stesso, con una trasformazione fisica degna di Christian Bale.

In mezzo a tanti lui c’è poi una lei, la divina Juliona Roberts che, dopo la pazzesca interpretazione ne I segreti di Osage County, giganteggia un’altra volta. Che le è successo?
Probabilmente ha cominciato a prendere le stesse droghe di Matthew McConaughey, visto i due che sono passati dal titolo di reuccio e reginetta delle commediole romantiche al diventare un attore come Dio comanda e un'attrice della Madonna.

"Già sono tutti gay, in più sono su una sedia a rotelle e poi mi hanno pure imbruttita.
Le mie probabilità di chiavare in questo film le vedo un po' bassine..."

"Per favore, aiutatelo:
ha appena scoperto che Sex & the City non andrà mai più in onda!"
E perché invece tanti attori, soprattutto negli ultimi tempi, si stanno cimentando in pellicole a tematica gay?
Chiamatelo "effetto Brokeback Mountain". Quel film ha rappresentato una svolta a Hollywood, facendo poi avvicinare attori dalla forte identità etero come Michael Douglas e Matt Damon e in questo caso Mark Ruffalo e Taylor Kitsch a parti omo.

A firmare la regia c’ha pensato uno che nella tematica gay c’ha sempre sguazzato e che qui ha avuto il modo di metterci dentro se stesso al 100%. Sto parlando di Ryan Murphy, l’autore delle serie Nip/Tuck, American Horror Story, Glee, Popular e The New Normal, che come regista firma la sua opera più personale e riuscita, dopo i poco convincenti Correndo con le forbici in mano e Mangia prega ama. Il suo stile mi ricorda un po’ quello di Gabriele Muccino e, prima di considerarlo un insulto, preciso che sembra una versione gay del Muccino migliore, quello dei primi tempi, quello delle sue pellicole italiane, prima che si sputtanasse a Hollywood con una serie di lavori uno più terrificante dell’altro. Come quel Muccino, il Muccino quando era magro, Murphy utilizza riprese vorticose, tiene alto e concitato il ritmo per quasi tutte le oltre 2 ore di durata, spinge i suoi attori sempre al limite del melodramma, a tratti in maniera eccessiva, ma sempre intensa. The Normal Heart è proprio così: intenso, super gaio, esagerato, troppo lungo e con al suo interno troppi temi e troppi personaggi, eppure allo stesso tempo non si fa mancare l’elemento più importante in grado di fare da collante al tutto. Un cuore normale? No, un cuore eccezionale.
(voto 7,5/10)

martedì 4 febbraio 2014

I SEGRETI E LE SORPRESE DI OSAGE COUNTY




I segreti di Osage County
(USA 2013)
Titolo originale: August: Osage County
Regia: John Wells
Sceneggiatura: Tracy Letts
Tratto dalla piece teatrale: August: Osage County di Tracy Letts
Cast: Meryl Streep, Julia Roberts, Margo Martindale, Julianne Nicholson, Juliette Lewis, Abigail Breslin, Ewan McGregor, Dermot Mulroney, Sam Shepard, Chris Cooper, Benedict Cumberbatch, Misty Upham, Will Coffey
Genere: famigliare
Se ti piace guarda anche: La mia vita a Garden State, Little Miss Sunshine, I ragazzi stanno bene, Paradiso amaro, Young Adult

Una delle emozioni più belle per me è quella di restare sorpresi.
BOOOOOOOOOOOOOOO!

Ve la siete fatta sotto?
La mia intenzione non era quella di spaventarvi, scusate. Volevo solo sorprendervi.
BOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Cagati adosso di nuovo?
Ma no, era solo per sorprendervi.
BOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

"E tu saresti Little Miss Sunshine?
A me sembri più la figlia di Marilyn Manson..."
Ok, la smetto, prima che la paura la facciate provare voi a me.
È bello trovare qualcosa che ti sorprenda. Io sono sempre felice quando qualcosa non corrisponde alle mie aspettative. Magari lo sono meno quando questo qualcosa finisce per essere al di sotto delle mie aspettative, ma in ogni caso preferisco una pellicola che mi delude da morire, piuttosto che una che mi lascia indifferente ed è esattamente come me l’aspettavo. Per fortuna non sono questi i casi de I segreti di Osage County.

Partiamo dal titolo italiano. Quanto i nostri titolisti non hanno altre idee, ci mettono un “I segreti di…” davanti al nome del posto e sono a posto. È successo con “I segreti di Twin Peaks”, con “Desperate Housewives – I segreti di Wisteria Lane”, con “I segreti di Brokeback Mountain” e succede ora di nuovo con I segreti di Osage County, titolo originale August: Osage County. I titolisti italiani non stanno bene, questo non è un segreto.
Non è un segreto, né tanto meno una sorpresa. Ci hanno abituati anche a cose peggiori. Il film invece sì che è una sorpresa, una bella sorpresa.
BOOOOOOOOOOOOOOOO!

"Brave, figliole. Pregate affinché io possa vincere un'altra statuetta."
"Ehm, mamma, veramente pregavamo per Amy Adams."
"Brutte figlie di..."
Questa era una brutta sorpresa e ormai non era più manco una sorpresa, visto che è tutto il post che sto andando avanti con questo BOOOOO del cavolo, ma questa è l’ultima volta. Promesso.
Alla fine è sempre tutta una questione di aspettative. Io non partivo troppo convinto, con la visione di questo I segreti di Osage County. Mi attendevo una pellicoletta da tè delle 5 per signore, di quelle magari guardabili ma anche tanto noiose. Invece non mi sono annoiato un solo istante, durante le due ore di film. Se non sopportate le pellicole piene di parole e dialoghi e volete azione, è probabile che vi annoierete. Se invece avete fame di dialoghi brillanti, ficcanti, pure belli cattivelli, di quelli capaci di farti ridere e allo stesso tempo riflettere, affidatevi a Tracy Letts.
Chi è Tracy Letts?
Tracy Letts non è un autore da robe buone per il tè delle 5. Tracy Letts è uno sceneggiatore di cinema, tv e soprattutto teatro. Tra le sue opere ci sono Bug – La paranoia è contagiosa (sempre in lista tra i miei futuri recuperi) e Killer Joe, da cui poi è stato tratto il film di William Friedkin con un allora sorprendente e oggi ormai garanzia Matthew McConaughey e sceneggiato dallo stesso Letts, uno che occasionalmente fa pure l'attore.


Il suo volto vi pare familiare? No, non si tratta di uno psicopatico ricercato dalla polizia, anche se dalla foto potrebbe sembrare. Probabilmente vi sarà capitato di vederlo nella serie Homeland.

"Meryl Streep di nuovo nominata agli Oscar? Ma basta!"
Dopo Bug e Killer Joe, Letts ha firmato di nuovo l’adattamento di una sua opera teatrale, August: Osage County premiata addirittura col premio Pulitzer, e ha affidato la regia a John Wells, che a livello cinematografico non sembra un fenomeno, però si è occupato dell’adattamento americano della serie Shameless ed è quindi uno che se ne intende di famiglie particolari.
Dietro al film c’è quindi una grande qualità, soprattutto di scrittura. Ma anche davanti alla macchina da presa le cose non sono da meno. Tutt’altro.
Meryl Streep è brava e si sa, lo conferma ancora una volta con la parte della matriarca della famiglia protagonista, i Weston, o dovremmo dire le Weston. Dopo la morte del padre di famiglia in circostanze misteriose, rimangono infatti una Meryl Streep fuori di testa dipendente da droghe e sonniferi e le sue figlie. Solo che Meryl Streep è sempre di quel bravo che te lo fa pesare. Tipo il secchione della classe. Quello che si prende 10, o A, o che cazzo di voti si danno oggi e se lo merita pure. Però che palle. Botte al secchione!

Quanto è brava Julia Roberts invece è una cosa che non tutti sanno o che qualcuno fa finta di non sapere. Io un tempo non la sopportavo, la Roberts. Non la sopportavo tipo ai livelli di una Tom Hanks al femminile. La vedevo solo come la reginetta delle romcom, la fidanzatina d’America, la pretty woman che io non trovavo nemmeno così pretty. Con Erin Brockovich tutto è cambiato. Ho guardato la pellicola partendo dal presupposto: “Hanno dato un Oscar a Julia Roberts? Sono scemi???” e nel corso della visione mi sono ricreduto. Completamente. Di rado ho visto un’attrice mettere tutta se stessa come la Roberts in Erin Brockovich. Grande personaggio, grande interpretazione e da allora ho cominciato a rivalutarla. Un altro film in cui mi ha sorpreso è stato Closer. Lì c’è un Clive Owen pazzesco e c’è una Natalie Portman capace di oscurare persino il sole. Eppure Julia Roberts, con il suo personaggio sotto le righe, è lì e regge un confronto tanto impegnativo. Poi, per carità, la Portman è insuperabile, ma la Roberts non sfigura. Dopo l’ottimo ruolo da regina cattivona nell’altrimenti evitabile Biancaneve, qui Juliona Roberts ci regala una nuova parte bella acidella. Ed è monumentale. Julia Roberts in questo film è monumentale.
Altra sorpresa: io agli Oscar non terrò per Jennifer Lawrence. Nella categoria di miglior attrice non protagonista io tiferò per lei, Julia Roberts. Sì sì. Non è tra le favorite e non vincerà. La migliore interpretazione però è la sua. June Squibb in Nebraska ancora mi manca, Sally Hawkins mi ha convinto parecchio in Blue Jasmine, Lupita Nyong'o in 12 anni schiavo è notevole in una maniera molto sofferta, Jennifer Lawrence in American Hustle si conferma un fenomeno, ma la mia preferita della cinquina in corsa per la statuetta è Julia Roberts che qui è qualcosa di fantastico. È sorprendente quanto sia diventata brava la Roberts, in maniera analoga a quanto fatto da Matthew McConaughey, pure lui ex reuccio delle commedie romantiche oggi riabilitatosi alla grande. E quanto è bella, Julia Roberts.
In questo film, il personaggio di Meryl Streep sostiene che le donne invecchiando non perdono solo fascino, diventano proprio brutte. Julia Roberts è la dimostrazione vivente di quanto questa teoria sia sbagliata. Prima poteva anche essere una pretty woman, ora è davvero una very beautiful woman.


"Cos'è tutto questo affetto, Julia?"
"Affetto? Veramente stavo cercando di strozzarti..."
Se la Roberts giganteggia come e più della Streep, pure il resto del cast fa un figurone e ogni personaggio in qualche modo si ritaglia il suo momento, sebbene per dare il meritato spazio a ciascuno servirebbe un’intera serie tv e chissà che, prima o poi, non venga pure realizzata. C’è una svampita Juliette Lewis con una parlata del Sud fantastica, un Benedict Cumberbatch in versione cucciolo indifeso che fa una tenerazza incredibile, c'è un idolesco Dylan McDermott che si dirige a un funerale pompando musica tamarra a tutto volume sulla sua Ferrari, c'è uno Ewan McGregor un po’ sottotono ma probabilmente per esigenze di copione, c'è una ormai cresciuta Abigail Breslin, ex Little Miss Sunshine, pellicola che presenta una famiglia stramba non troppo distante da questa, e c'è una grande Julianne Nicholson, attrice vista soprattutto in tv (Masters of Sex, Ally McBeal e Boardwalk Empire) dal potenziale enorme anche in chiave cinematografica, come qua ci dà ampia dimostrazione.
Tra le altre gradite sorprese c’è un dolce momento musicale che vede protagonista un membro del cast e ci sono i titoli di coda sulle note dei Kings of Leon.
E poi?
Poi basta. Non vi dico altro che se no vi rovino tutte le sorprese della visione. Se già non l’ho fatto.
BOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!
(voto 7,5/10)
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