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venerdì 11 aprile 2014

IL QUINTO SEDERE




Il quinto potere
(USA, Belgio 2013)
Titolo originale: The Fifth Estate
Regia: Bill Condon
Sceneggiatura: Josh Singer
Ispirato ai libri: Inside WikiLeaks. La mia esperienza al fianco di Julian Assange nel sito più pericoloso del mondo di Daniel Domscheit-Berg e Wikileaks. La battaglia di Julian Assange contro il segreto di stato di Luke Harding e David Leigh
Cast: Benedict Cumberbatch, Daniel Brühl, Alicia Vikander, Moritz Bleibtreu, Peter Capaldi, David Thewlis, Laura Linney, Anthony Mackie, Stanley Tucci, Carice van Houten, Jenny Spark
Genere: cospirazionista
Se ti piace guarda anche: The Social Network, S.Y.N.A.P.S.E. – Pericolo in rete, The Net – Intrappolata nella rete

Il quinto potere è uno dei film che più avevo paura di guardare. Non avevo mai temuto tanto nessun horror e manco alcuna pellicola (pseudo)autoriale consigliata dal mio blogger nemico MrJamesFord. Il motivo è presto detto: Julian Assange è un mio eroe personale. C’è chi ha la maglietta del Che, c’è chi in auto ha il santino di Hitler (Lars von Trier ce l’ho con te uahahah), c’è chi prega Dio, io invece la notte prima di addormentarmi rivolgo una preghiera a Julian Assange. Un mito, un modello esistenziale, un esempio da seguire, un paladino della libertà di espressione nell’era di Internet. Nonostante sia una infinita rottura di palle da leggere, WikiLeaks può tranquillamente essere considerata una delle cose più belle mai successe alla rete, insieme a Napster, eMule, YouPorn e… Pensieri Cannibali. Modestamente, si intende.
Potete quindi immaginare il mio stato d’animo nell’approcciarmi a una pellicola come Il quinto potere, boiocottata dallo stesso Assange. È stato un po’ come quando Giulio Andreotti è andato a vedere Il divo, o quando Silvio Berlusconi ha visto Il caimano, anche se quest’ultima cosa non credo sia mai successa.

"Questo sito fa schifo, dovrebbero chiamare
il grafico di Pensieri Cannibali, Cherotto de L'OraBlù!"
Dico subito che Il quinto potere non mi ha schifato o fatto indignare come immaginavo. Non si tratta di un film di ottimo livello, non è per niente imparziale, il suo obiettivo di essere una pellicola anti-Assange piuttosto che pro-Assange a un certo punto diventa chiaro, però sinceramente mi aspettavo di peggio.
La prima parte in particolare non è troppo male. Merito del regista Bill Condon, anche noto agli scopamici come Bill Condom e ai nemici come Bill Condoglianze, quello che ha firmato gli episodi più agghiaccianti della già di suo poco esaltante sega di Twilight?
No. Bill Condon dirige con quello stile da docu-inchiesta finto giornalistica, un po’ alla Lucignolo di Italia 1 e un po’ alla thrillerino sempre di Italia 1 degli anni ’90. Non proprio una regia d’alta scuola autoriale, insomma. Il merito sta piuttosto nel fascino della figura di Julian Assange, portato sullo schermo da un Benedict Cumberbatch fisicamente somigliante, anche se non del tutto convincente nel ruolo. Sarà perché la produzione gli ha imposto di far sembrare il suo personaggio il più viscido e losco possibile?

La cosa migliore del film è lui. L’hacker dai capelli bianchi, il vagabondo che vaga di città in città seminando il panico tra i poteri forti, l’impavido blogger che fa quello che i giornalisti si sono dimenticati di fare: raccontare la verità. Non la verità filtrata dal politico, dal direttore di testata, dall’ufficio marketing di turno. La verità e basta. Il problema di fruibilità di un sito come WikiLeaks è che, se pubblica 90mila documenti riservati contemporaneamente, chi diavolo ha tempo di stare a leggerseli tutti? E, soprattutto, chi ha voglia di farlo?

Nonostante nessuno legga effettivamente WikiLeaks, tutti temono WikiLeaks, anche la DreamWorks e la Walt Disney che hanno prodotto questo film con l’intenzione di massacrare Assange. Ma perché lo odiano?
Alla DreamWorks non è andata giù che WikiLeaks ha svelato la vera provenienza di E.T.: non è un extra-terrestre, bensì un messicano clandestino.
Ecco in esclusiva il momento in cui E.T. ha superato illegalmente il confine americano.


Quanto alla Disney, non sopporta che il sito di Assange abbia svelato i segreti riguardanti alcuni suoi personaggi, nell’inchiesta passata alla Storia come DisneyLeaks.







Paradossalmente, il film prodotto dalla DreamWorks e distribuito dai Walt Disney Studios ha quindi il suo punto di forza principale nel personaggio che cerca, in maniera più o meno velata, di denigrare. Julian Assange è l’anima e core de Il quinto potere, nonostante il vero protagonista, nonché gli “occhi” attraverso i quali riviviamo la clamorosa epopea di WikiLeaks e dei danni – danni? a me sembrano solo benefici – provocati al mondo da questo sito sia un altro. Il vero protagonista del film è il personaggio interpretato da Daniel Brühl, ovvero Daniel Domscheit-Berg.
Chi ca**o è Daniel Domscheit-Berg?

"Julian Assange deve smetterla di scrivere sul suo blogghetto che non legge
nessuno che Daniel Bruhl è troppo bello per interpretare la mia parte.

Daniel Domscheit-Berg è stato a lungo il braccio destro di Julian Assange, un elemento fondamentale per la diffusione di WikiLeaks. Detto ciò, WikiLeaks è e resta sempre tutto frutto della mente di Assange, il quale più tardi volterà le spalle all’amico, con una mossa molto alla Mark Zuckerberg. Domscheit-Berg, incazzato, per sfogarsi ha poi scritto il libro “Inside WikiLeaks. La mia esperienza al fianco di Julian Assange nel sito più pericoloso del mondo” che è la fonte di ispirazione principale di questa pellicola insieme a un’altra pubblicazione piuttosto anti-Assange, “Wikileaks. La battaglia di Julian Assange contro il segreto di stato”, scritto dai giornalisti del britannico Guardian Luke Harding e David Leigh.
Io mi chiedo: se volevano fare un film obiettivo, come hanno dichiarato autori e produttori de Il quinto potere, non potevano prendere ispirazione da un libro anti-Assange e da un libro pro-Assange?
No, perché a Hollywood evidentemente interessava di più mettere in moto quella “macchina del fango” di cui si parla all’interno dello stesso film e di cui la pellicola finisce per essere parte integrante.

Come detto, Assange è però talmente forte da imporsi per una buona parte del film su questi tentativi di screditare la sua figura. Assange allora ha sconfitto Hollywood?
Eh, insomma, non del tutto. La prima parte della visione, costruita sull’affiatata accoppiata Assange + Domscheit-Berg soli contro il mondo together forever ❤ riesce ad affascinare, o se non altro a conquistare l’attenzione. Solo che, via via che il tempo passa, i ritmi si dilatano, il minutaggio diventa eccessivo e due cose emergono chiare:

"Le rivelazioni su DisneyLeaks sono troppo scottanti persino per noi!
Non possiamo permettere che Pensieri Cannibali le pubblichi."
1) Bill Condon non è David Fincher. Vorrebbe esserlo, ma non lo è. Allo stesso tempo, il suo Il quinto potere vorrebbe essere il nuovo The Social Network e ok, dalla sua parte ha una buona colonna sonora electro, delle belle location europee e una sempre più splendida Alicia Vikander, ma non è lo è manco da lontano.

2) I tentativi di mostrare Julian Assange come uno stronzo manipolatore pazzo autistico egocentrico si fanno sempre più evidenti soprattutto nella seconda parte del film. Nonostante le intenzioni perfide degli autori, ciò non fa però che accrescere il fascino del personaggio. E cercare di paragonare la “menzogna” di Assange sul suo colore di capelli alle bugie del governo degli Stati Uniti sui crimini insabbiati nelle guerra in Iraq e Afghanistan non fa altro che contribuire a rendere ridicolo il punto di vista del film, non certo del creatore di WikiLeaks.

Per certi versi, questo Il quinto potere mi ha ricordato Saving Mr. Banks, un’altra produzione Disney/DreamWorks che in quel caso cercava di lodare la figura di Walt Disney, finendo per quanto mi riguarda per avere l’effetto opposto. Qui Julian Assange invece si cerca di screditarlo, ma l’obiettivo finale è ugualmente opposto. Da questa pellicola esce fuori un personaggio controverso e pieno di lati oscuri, nessuno dei quali riesce comunque a screditarlo o a diminuire anche solo di un briciolo l’importanza che ha avuto nella Storia recente. In attesa che magari su di lui venga realizzata una pellicola un minimo più impaziale, è per questo che io, a differenza di Assange, non mi sento di boicottare la visione de Il quinto potere. Se questo è il massimo che gli Stati Uniti e Hollywood sono riusciti a ideare per cercare di farlo passare come un terrorista cattivone, il loro obiettivo si può dire miseramente fallito.
(voto 5,5/10)

venerdì 17 agosto 2012

Democazzia





Julian Assange continua a essere un perseguitato politico, nonostante alla ridicola accusa/scusa di stupro non credano probabilmente nemmeno le due ragazze “violentate”. L’Ecuador è l’unica nazione che ha le palle di dargli rifugio nella sua ambasciata e gli altri stati, quelli democratici, che fanno? Si indignano. Perché l’Ecuador gli ha concesso asilo, mica perché un uomo è segregato senza alcuna ragione apparente se non quella di aver fatto un lavoro che molti si sono dimenticati di fare, quello del giornalista.
Altri stati invece tacciono per sempre, vedi l’Italia che sulla vicenda se ne sta buona buonina in disparte dispartuccia. Come se questa non fosse la più grave violazione del diritto all’informazione dai tempi… dai tempi in cui non c’erano le grandi democazzie, pardon democrazie.

In Russia, le Pussy Riot sono state condannate per essersi esibite in una Chiesa con una canzone “scandalosa”. Scandalosa perché contro il regime, pardon la democazzia, pardon la democrazia, di Puttano pardon Putin.
È bello vivere in delle belle grandi libere democazzie, pardon democrazie. Scusate, ma oggi questa parola proprio non riesco a non denunciarla, pardon non riesco a pronunciarla.

sabato 2 luglio 2011

Julian Assange non so se ti darò dei soldi però ti voglio bene

Spot dell’anno so far



Venti telefoni protetti per tenere al sicuro le conversazioni? Cinquemila dollari.
Affrontare le spese legali in cinque paesi diversi? Un milione di dollari.
Mantenere i server in tutto il mondo? Duecento mila dollari.
Donazioni perse dovute al blocco delle banche?
Quindici milioni di dollari. Costi aggiuntivi a causa degli arresti domiciliari? Cinquecento mila dollari.
Guardare il mondo che cambia grazie al tuo lavoro? Non ha prezzo.


OkNotizie

domenica 2 gennaio 2011

Man of the year 2010 - La classifica

Perseguitati, star del rap, attori, registi, allenatori, eroi di YouTube, cantanti, politici, scrittori che fanno tv, giornalisti che incredibilmente fanno il loro lavoro, nerd, imprenditori nerd... ce n'è per tutti i gusti nella mia classifica degli uomini che hanno segnato il 2010. Ma Sergio Marchionne no, per carità. Giusto La Stampa poteva eleggerlo personaggio dell'anno, mentre solo Libero poteva scegliere Augusto Minzolini come "giornalista dell'anno"...
Ecco comunque i miei 20 men of the year del 2 0 1 0, con tanto di link alla relativa scheda personale.

20. Michael Douglas
19. Eminem
18. Ian Somerhalder
17. Fabri Fibra
16. Vasco Brondi
15. Leonardo DiCaprio
14. Plan B
13. Damon Albarn
12. Nichi Vendola
11. Yosemitebear

10. Enrico Mentana
  9. Stephen Dorff
  8. Roberto Saviano
  7. Christopher Nolan
  6. Michael Cera
  5. José Mourinho
  4. Mark Zuckerberg
  3. Jon Hamm
  2. Kanye West
  1. Julian Assange

mercoledì 22 dicembre 2010

Man of the year 2010 - n. 1 Julian Assange

Julian Assange
Genere: libero, veramente
Provenienza: Townsville, Australia
Nel 2010: paladino di Wikileaks
Nel 2011: si spera non in galera, di nuovo
Perché è in classifica: è il simbolo della ricerca della verità, che poi dovrebbe essere uno degli scopi principali nella vita di qualunque uomo

Io credo in pochissime cose. Se devo elencarle brevemente diciamo che credo nell’esistenza di Kurt Cobain, credo in ciò che viene detto in “South Park” e credo nella libertà di informazione, di parola, di espressione, di raccontare la verità. Valori che sono un lontano ricordo in un mondo del giornalismo sempre più asservito al potere o ai poteri. In Italia ci sono esempi molteplici e clamorosi, ma anche nel resto del mondo la situazione è ben poco incoraggiante. Persino quegli Stati Uniti d’America che ci hanno sempre trasmesso (o voluto trasmetterci) questa Grande idea di libertà ci hanno solo pigliato per i fondelli.

Julian Assange è l’uomo che ha buttato giù il muro delle ipocrisie. Le verità tirate fuori da Wikileaks possono non necessariamente essere tutte sconvolgenti o inaspettate, però hanno dato inizio a una rivoluzione nel modo di informare senza filtri e senza censure che non si fermerà. Avevano bloccato Napster, ma la condivisione su Internet non si è certo interrotta; adesso cercano di incastrare Assange con una ridicola accusa di stupro, basterà per mettere a tacere un ingranaggio che oramai si è messo in moto?
In 39 anni della sua vita Assange non è mai stato indagato per alcun crimine sessuale, quand’ecco che il 18 novembre 2010, guarda caso ad appena una manciata di giorni dall’uscita delle “bombe” di Wikileaks, si mette a stuprare non una, ma due donzelle. Ci tengo a sottolineare la data, che spesso non è specificata da molti media come se ci godessero segretamente (ma neanche troppo segretamente) a gettare su di lui quell’ombra di sospetto, quella macchina del fango che non riposa mai e cerca sempre di incastrare chi vuole cambiare le cose.
I lettori di Time lo hanno scelto come uomo dell’anno, ma i giornalisti del magazine hanno preferito dare il premio a Mark Zuckerberg. Premio legittimo, o forse un filo di invidia perché Assange oggi è l’unico che fa veramente la loro professione?
Come dice lui:

È preoccupante che il resto dei media di tutto il mondo stia lavorando così male che un piccolo gruppo di attivisti riesca a pubblicare un maggior numero di informazioni di questo tipo di tutto il resto della stampa mondiale messa insieme.

Per quanto riguarda il futuro temo che cercheranno di spalargli addosso altro fango, per danneggiare sempre più la sua figura, ma Julian Assange ormai ha acceso la luce verso la verità e la rivoluzione è cominciata.


martedì 14 dicembre 2010

Aspettando meteoriti

Julian Assange verrà liberato su cauzione, unica notizia positiva di una giornata che nemmeno un horror

e sperare che domani ci colpisca un meteorite

giovedì 9 dicembre 2010

Freedom?

I won't let you down
I will not give you up
Gotta have some faith in the sound


(adesso vogliamo liberare anche Julian, per favore, o l'Iran è davvero più democratico di tutti i nostri bei liberali stati occidentali?)

UPDATE: a quanto pare Sakineh non è stata rilasciata, ma è stata ripresa in casa sua soltanto per un servizio tv. La libertà è una cazzata in tutte le parti del mondo.

lunedì 6 dicembre 2010

Vieni via con me: puntata cannibale

Vado via perché qui ti mettono in galera per aver tradotto male un’intercettazione.
Vado via perché delle intercettazioni chiare e limpide non bastano invece per far mettere in galera certi politici.
Resto qui perché tanto è così che vanno le cose ovunque.
Vado via perché anche nel programma più intelligente e culturale dell’anno gli italiani dimostrano sempre di avere gusti musicali di merda. Vogliamo essere politically correct? Ok, allora diciamo gusti musicali antiquati.
Vado via perché non sono una velina, non sono minorenne e non sono nemmeno una donna.
Resto qui perché non sono una donna e se fossi una donna me ne andrei a gambe levate da un paese tanto maschilista.
Resto qui perché voglio vedere se un gay comunista lo mette in culo a Berlusconi alle prossime elezioni.
Vado via perché c’è gente che non vede l’ora di tirar fuori dei bei cartelli razzisti e giustizialisti.
Vado via perché ci sono giornalisti che ucciderebbero pur di avere un Avetrana 2.
Resto qui per vedere se con una laurea triennale + specialistica + master riesco ad arrivare a uno stipendio di 1000 euro al mese.
Vado via perché a fare il cameriere a Londra faccio più di 1000 euro al mese.
Vado via perché ormai non siamo più nemmeno campioni del mondo. Po-popoppo-po-po-pooo
Resto qui perché c’è ancora gente in grado di proporre dei programmi originali, creativi, intelligenti.
Vado via perché tanto di programmi così non ce ne saranno più per taaanto tanto tempo.
Vado via perché se dei tipi come Fabio Fazio o Giovanni Floris sono considerati dei rebel rebel sovversivi, siam messi male.
Vado via perché nei programmi di approfondimento di Canale 5 l’approfondimento lo fanno su Michelle Hunziker.
Vado via perché “Cotto e mangiato” è il momento più giornalistico dell’intero palinsesto Mediaset.
Resto qui per sentire se D’Alema finalmente dirà una cosa di sinistra. Se ce l’ha fatta un (ex?) fascista ce la farà anche lui, eccheccazzo.
Resto qui perché ogni tanto succedono delle cose belle: Emilio Fede che viene menato da Amaro Giuliani, per dire.
Vado via perché la prostituzione è illegale.
Resto qui perché per trovare delle prostitute basta andare in redazione del TG4.
Vado via perché nei cinema non c’è un cinepanettone. Ce ne sono due.
Resto qui perché da quando Bertolaso è andato in pensione mi sento un po’ più protetto.
Vado via perché devo lavorare per pagare la pensione a Bertolaso quando io probabilmente una pensione mai la riceverò nemmeno.
Ai stei iar bicos mai inglisch its not veri guud.
Vado via xké tanto anke l’itagliano mika l’ho sò tantobbene.
Resto qui perché gli scioperi studenteschi hanno mostrato che la rivoluzione invocata da Mario Monicelli non è così impossibile.
Vado via perché gli scioperi dei calciatori di serie A mi fanno cadere le palle.
Resto qui perché tanto la libertà è un’utopia in qualunque parte del mondo e almeno da noi si mangia bene.
Vado via perché io adoro il junk food e poi la birra all’estero, ammettiamolo, è più buona.
Vado via da tutto e da tutti per raccontare la verità come Julian Assange.
Resto qui perché in Svezia mi denunciano subito per stupro.
Via, via. Vado via perché tanto il mio blog lo posso scrivere da ovunque.
Resto qui perché sono loro che devono andare via.
Vado via perché non si può mica rimanere sempre nello stesso posto.
Resto qui perché se no dove cazzo vado?


cannibal kid

venerdì 3 dicembre 2010

Viva la libertà


Oscurato il sito Wikileaks.
Il provider EveryDNS.net che ospitava il dominio è stato infatti costretto a interrompere il suo servizio perché il sito aveva subito troppi attacchi negli ultimi giorni.

Puntiamo il dito contro la censura di governi come quello cinese, ci indigniamo per la condizione delle donne in Iran, andiamo in missione di pace in Iraq e Afghanistan per difendere il sacro nome della democrazia e poi facciamo questo?

Una delle pagine più nere nella storia recente della libertà di informazione. E della libertà in generale.
Che schifo

(la pagina è comunque accessibile agli indirizzi IP 88.80.13.160 e 213.251.145.96, perché you can't stop the Internet, baby)

mercoledì 1 dicembre 2010

Intrigo internazionale: Julian Assange edition

Julian Assange se ne va in giro con uno zaino. Dentro naturalmente tiene il suo portatile con cui comunica con il resto del mondo. Assange me lo immagino around the world come l’Alexander Supertramp/Emile Hirsch di “Into The Wild” o come il Frank Abagnale/Leonardo Di Caprio di “Prova a prendermi”. Paga solo in contanti, viaggia usando degli alias, non si ferma a dormire in alberghi o hotel, si tinge i capelli (e io che pensavo lo facesse per assomigliare a Silas/Paul Bettany ne “Il codice da Vinci”), cambia il telefonino più spesso di un teenager italiano.

Su Assange pende ora un mandato di cattura internazionale da parte dell'Interpol (no, il gruppo musicale non c’entra niente) su richiesta della Svezia, dopo che il 18 novembre la procura di Gothenburg aveva emesso un mandato d'arresto con l'accusa di violenza sessuale nei confronti di due donne. Due, non una, così agli occhi dell’opinione pubblica non sembrerà solo l’invenzione di una mitomane. Il 18 novembre, guarda caso proprio pochi giorni prima che Assange sganciasse le sue “bombe”. Per noi non sono venute fuori cose così sconvolgenti, come le “rivelazioni” sul nostro Premier, però su Hillary Clinton una bella bombetta l’ha tirata fuori, quella stessa Hillary Clinton che oggi dichiara: “Berlusconi è il nostro migliore amico”, come se fosse una cosa di cui andare fieri.
Al di là del contenuto dei file, la portata rivoluzionaria di Wikileaks è però quella di aver rivoluzionato il mondo delle informazioni riservate dei nostri Governi, mandando al diavolo il tanto difeso (dai potenti) “segreto di Stato”. Quello che potrebbe essere il primo passo verso una politica più trasparente e pulita. Quello che tutti i governi internazionali stanno cercando di evitare in tutti i modi.

Di lui la Repubblica scrive:

Come Bill Gates (Microsoft), Larry Page (Google) o Mark Zuckerberg (Facebook) anche Assange è un innovatore rivoluzionario, usando le nuove tecnologie ha scardinato consuetudini diplomatiche antiche di secoli.

Con il pretesto di un (chiaramente) inventato stupro uscito da quella "macchina del fango" raccontata da Roberto Saviano, tutto il mondo adesso dà la caccia all’australiano dietro Wikileaks, un sito nato come “Un organo d'informazione internazionale non-profit, un sistema a prova di censura, per generare fughe massicce di documenti riservati senza tradirne l'origine”.

Sembra di essere dentro una puntata di “24”, in un agghiacciante intrigo internazionale in cui Assange viene definito “terrorista” mentre Berlusconi abbraccia l’amicona Hillary Clinton, anche se dietro le spalle chissà cosa si diranno.
Ma non siamo in un film, nè siamo in un telefilm: questo è il mondo democratico in cui viviamo, un mondo in cui chi vuole tirare fuori la verità nient’altro che la verità viene braccato come un criminale mentre i criminali veri brindano seduti felici al loro tavolo del Potere. Brindando all’Interpol, brindando alla Libertà, brindando soprattutto a noi (noi in senso generico) che li abbiamo votati.
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