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lunedì 1 febbraio 2016

Family? Ma day!





Freeheld - Amore, giustizia, uguaglianza
(USA 2015)
Regia: Peter Sollett
Sceneggiatura: Ron Nyswaner
Cast: Julianne Moore, Ellen Page, Michael Shannon, Steve Carell, Luke Grimes, Josh Charles, William Sadler, Gabriel Luna, Tom McGowan, Kelly Deadmon, Mina Sundwall
Genere: civile
Se ti piace guarda anche: Jenny's Wedding, Io e lei, Carol, The Danish Girl, The L Word

Ci sono film che andrebbero proiettati, e non intendo in una scuola di Cinema. Freeheld - Amore, giustizia, uguaglianza non è certo un capolavoro cinematografico e, sottoposto all'impietoso giudizio di un branco di spietati studenti universitari verrebbe facilmente massacrato. Lo si potrebbe bollare come un film “televisivo”, ma sarebbe un insulto. Un po' come usare la parola F per parlare di un omosessuale o dell'allenatore dell'Inter. Meglio quindi non farlo. Meglio dire che Freeheld è girato più o meno sui livelli di una fiction Rai. Dite che è un insulto ancora peggiore?
Avete ragione.

Freeheld potrebbe allora essere proiettato in una scuola, elementare, media o superiore che sia, e male non farebbe. I ggiovani d'oggi però sono meno bimbiminkia di quanto i media e i social network ci vogliono far credere. Bullismo e mentalità del branco sono ancora presenti, e purtroppo lo saranno probabilmente sempre. I ragazzi d'oggi stanno comunque crescendo con una mentalità più aperta rispetto alle generazioni precedenti, e ci metto dentro pure la mia, e non hanno più tutta questa paura per il “diverso”, che con questa brutta parola si intenda il gay oppure lo straniero.

Freeheld allora meriterebbe di essere proiettato soprattutto per quelle persone che si stanno recando a un Family Day.


mercoledì 25 febbraio 2015

HUNGER GAMES: IL CANTO DE IL VOLO





Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I
(USA 2014)
Titolo originale: The Hunger Games: Mockingjay - Part 1
Regia: Francis Lawrence
Sceneggiatura: Peter Craig, Danny Strong
Tratto dal romanzo: Il canto della rivolta di Suzanne Collins
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Donald Sutherland, Woody Harrelson, Julianne Moore, Philip Seymour Hoffman, Sam Claflin, Natalie Dormer, Willow Shields, Paula Malcomson, Elizabeth Banks, Jena Malone, Stanley Tucci, Jeffrey Wright, Elden Henson, Sarita Choudhury, Stef Dawson
Genere: rivoluzionario
Se ti piace guarda anche: gli altri Hunger Games, le foto di Jennifer Lawrence nuda

Dunque, dove eravamo rimasti?
Proprio non me lo ricordo. Hunger Games fa così tanto... 2012. Prima di passare del tutto di moda, la saga tratta dai romanzi di Suzanne Collins ha però ancora da sparare il suo gran finale, sdoppiato per l'occasione in due parti. Il classico espediente per raddoppiare gli incassi?
Nooo, ma perché pensate subito male?
A guardare questo capitolo 1 de Il canto della rivolta in effetti a tratti il dubbio viene. La prima parte della pellicola in particolare inizia con ritmi molto bassi, qua e là ci sono poi alcune scene che fanno tanto riempitivo e in più qualche sequenza sembra del tutto superflua. Eppure...
Eppure il film funziona, come d'altra parte già i due precedenti episodi Hunger Games e Hunger Games: La ragazza di fuoco. La sensazione di trovarsi di fronte a un antipasto anziché a una portata principale vera e propria non svanisce quasi mai nel corso della visione, però il tutto risulta piacevole come un aperitivo ben fatto. E neppure troppo bimbominkioso, ci crediate o meno.

mercoledì 28 gennaio 2015

STILL ALICE, UN FILM CHE PARLA DI NON MI RICORDO PIÙ COSA





Still Alice
(USA, Francia 2014)
Regia: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Sceneggiatura: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Tratto dal libro: Perdersi (Still Alice) di Lisa Genova
Cast: Julianne Moore, Alec Baldwin, Kristen Stewart, Kate Bosworth, Hunter Parrish, Shane McRae, Stephen Kunken, Seth Gilliam
Genere: smemorando
Se ti piace guarda anche: non ricordo altri titoli simili in questo momento, forse Memento

Non ho mai avuto una grande memoria.
Hey, la sapete una cosa, che credo di non avervi mai detto?
Non ho mai avuto una grande memoria. Lo so che l'Alzheimer non colpisce per forza le persone come me e un film come Still Alice ci mostra come possa manifestarsi in una professoressa di linguistica che ha sempre avuto nella memoria e nelle parole il suo punto di forza. Io magari rimarrò costante così, a un livello di memoria mediamente di merda, ma non peggiorerà troppo. Eppure quando si parla di Alzheimer è come se si parlasse di qualcosa che mi riguarda in prima persona, come se fosse destino che mi venga. Non so, è una paura che ho e ve l'ho mai detto che non ho una grande memoria? L'altro giorno mi pare fosse il Giorno della Memoria, solo che non ricordo mai in memoria di cosa sia. Forse delle persone con poca memoria come me, peccato che le persone come me non si ricordano mai in che giorno vada festeggiato.

giovedì 22 gennaio 2015

FILM PICCOLI COSÌ





Cosa c'è questa settimana?
Still Alice, certo, ma anche Still Cannibal e, purtroppo, Still Ford.
A commentare tutte le uscite cinematografiche del weekend ritroviamo ancora una volta la coppia più scoppiata della blogosfera, formata dal sottoscritto e dal suo nemico, alle prese con una rivalità e una divergenza di opinioni che negli ultimi tempi è tornata a svettare alla grande. Era ora!
Vediamo allora i loro (o meglio i nostri) pareri preventivi e si spera nuovamente discordanti sui film della settimana.

domenica 11 gennaio 2015

GOLDEN GLOBE 2015: CHI VINCERÀ E CHI MERITA DI VINCERE?





Questa notte si terranno i Golden Globe 2015. Mi rendo conto che non sono un evento importante quanto gli Oscarrafoni o gli Scemmy Awards di Pensieri Cannibali, però godono comunque di un certo prestigio. La cosa più figa dei Globes è quella di premiare non solo i film, ma pure le serie tv. Il classico caso di due piccioni con una fava.
Vediamo allora chi potrebbe vincere stasera e chi invece se lo meriterebbe, attraverso le previsioni e le preferenze di Pensieri Cannibali in ogni categoria.
Considerando che diverse pellicole nominate ancora non le ho viste (come Birdman, Selma, The Imitation Game, Foxcatcher e Still Alice), si tratta di giudizi parziali, per non dire casuali, che potrebbero cambiare e di molto in futuro. Trattandosi comunque di un giochino, prendiamolo per quello che è. Let's play.


sabato 18 ottobre 2014

UN VOLO AEREO CON LIAM NEESON? UN INCUBO NON-STOP





Non-Stop
(USA, UK, Francia, Canada 2014)
Regia: Jaume Collet-Serra
Sceneggiatura: John W. Richardson, Christopher Roach, Ryan Eagle
Cast: Liam Neeson, Julianne Moore, Michelle Dockery, Corey Stoll, Scoot McNairy, Lupita Nyong'o, Nate Parker, Omar Metwally, Shea Whigham, Anson Mount, Quinn McColgan, Corey Hawkins, Bar Paly, Edoardo Costa, Jon Abrahams
Genere: volatile
Se ti piace guarda anche: Flightplan – Mistero in volo, 24, Flight

Qual è la vostra più grande paura quando salite su un aereo?
Nel periodo pre-11 settembre e pre-Lost, la risposta più comune sarebbe stata quella di precipitare a causa di un qualche guasto. Lost ci ha però mostrato come un incidente aereo possa essere soltanto l'inizio di un'avventura pazzesca in cui si finisce su una misteriosa isola deserta e si conoscono un sacco di personaggi incredibili, quindi la cosa non fa più tanta paura.
Dopo l'11 settembre, il timore più grande per molti è ormai quello che l'aereo venga dirottato. Per quanto mi riguarda, invece, sono terrorizzato dalla possibilità di fare un intero viaggio intercontinentale in compagnia di Liam Neeson, forse l'attore che detesto di più sulla faccia della Terra, anche se se la gioca con il neo inventore di app di successo Tom Hanks e con Chiappona J. Lo, oltre che con i vari expendables amati dal mio odiato blogger rivale Mr. James Ford.

Pensate un po' che incubo dev'essere un volo aereo dirottato da Liam Neeson! Eppure è proprio quanto capita in Non-Stop, un incubo a occhi aperti. A essere più precisi, non è che Liam Neeson dirotti l'aereo di persona. È solo quanto il vero e misterioso dirottatore vuole far credere a tutti, mentre in realtà Liam Neeson è chiamato al solito ruolo di eroe di turno che deve salvare la situazione. Prevedibile. Da quando ha fatto Io vi troverò e relativo seguito Taken 2 – La vendetta, l'attore più insopportabile d'Irlanda è diventato il più attempato quanto improbabile nuovo action hero del cinema mondiale. Il ruolo che ha qui, quello di un agente con problemi famigliari, non è troppo distante da quello vestito nell'agghiacciande saga di Taken. Anche qui è una specie di invincibile supereroe bravo a menare le mani, fenomenale con le armi e in grado di pensare a una soluzione anti-terroristica per ogni occasione. Un incrocio tra Rambo e Jack Bauer, esatto.

Rispetto a Taken, c'è da dire che qui il livello cinematografico è un po' più alto, grazie alla discreta regia di Jaume Collet-Serra, che con Neeson aveva già girato Unknown – Senza identità, e grazie a un cast di comprimari di buon livello che vede scendere in campo Julianne Moore, Michelle Dockery (Downton Abbey), Corey Stall (The Strain e la nuova stagione di Homeland), il premio Oscar Lupita Nyong'o (12 anni schiavo) e Scott McNairy dell'imperdibile serie tv Halt and Catch Fire. Ma attenzione, perché in una piccolissima minuscola parte c'è pure il nostro Edoardo Costa. E al confronto di Liam Neeson sembra persino un attorone!


Il livello di curiosità generato dal mistero è inoltre abbastanza buono: chi sarà il misterioso dirottatore che cerca in tutti i modi di far perdere la pazienza all'impassibile e soprattutto inespressivo Liam Neeson?
Peccato che questo sia anche l'unico motivo di interesse della pellicola e all'inizio va bene, ma dopo un po' la situazione comincia a diventare ripetitiva. La sceneggiatura si dimostra priva di altre idee, Liam Neeson diventa insopportabile sempre più a ogni minuto che passa, il livello di tensione non è minimamente degno di una qualsiasi puntata della serie tv 24 e la parte conclusiva è parecchio banale, con un tentativo di infilarci dentro un discorso politico che risulta a dir poco fallimentare. Per non parlare della scena in cui il protagonista prende una pistola al volo – letteralmente al volo – e spara un colpo perfetto. Lì capisci che questo non è un film action-thriller, bensì una pellicola di fantascienza.
Il dirottamento compiuto da Liam Neeson nei confronti del cinema action può comunque dirsi riuscito. Il suo nome è ormai diventato un brand per un certo genere di pellicole patriottiche e trash. Detto con altre parole, il suo nome è diventato sinonimo di film de mmerda. Questo Non-Stop rispetto ad altre porcate da lui girate non-stop negli ultimi anni come i citati Taken, The Grey o qualche suo altro film a caso è un filo meglio, ma ciò non cambia un fatto: Liam Neeson è attualmente il più pericoloso terrorista del cinema mondiale. Se lo incontrate, segnalatelo alle autorità competenti.
(voto 4,5/10)

"Pensieri Cannibali ha dato più di zero a un mio film? Ci dev'essere un errore..."

"In effetti il voto è stato modificato da un hacker fan di Liam Neeson."

"A questo punto non poteva mettergli un bell'otto?
Ho proprio dei fan stupidi. Chissà perché?"

mercoledì 24 settembre 2014

MAPS TO THE STARS, MAPPANDO CON LE STELLE





Maps to the Stars
(Canada, USA, Germania, Francia 2014)
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: Bruce Wagner
Cast: Mia Wasikowska, Julianne Moore, John Cusack, Robert Pattinson, Evan Bird, Olivia Williams, Sarah Gadon, Carrie Fisher, Emilia McCarthy, Niamh Wilson, Justin Kelly, Jayne Heitmeyer
Genere: stellare
Se ti piace guarda anche: The Canyons, Cosmopolis, The Informers – Vite oltre il limite

Maps to the Stars è un film superficiale e allo stesso tempo è un film stratificato.
Maps to the Stars è un classico film di David Cronenberg anche se a prima vista non sembra per niente un classico film di David Cronenberg.
Maps to the Stars è un film che qualcuno ha sbeffeggiato/sbeffeggerà e qualcuno ha eletto/eleggerà a capolavoro come e più del precedente Cosmopolis.
Maps to the Stars è una contraddizione vivente e anche questa frase è una contraddizione, poiché un film non può essere considerato qualcosa di vivente. Oppure sì?

Dentro Maps to the Stars c'è vita, per quanto tutto appaia artificiale. La vita delle star di Hollywood è così. Probabilmente è così, non posso dirlo con certezza. Sono mica una star di Hollywood, io. Se volete delle conferme andate a chiederlo a Robert Pattinson, o a Julianne Moore, o a John Cusack, o a Mia Wasikowska, le star di questa mappa delle star. Oppure andate a chiederlo a David Cronenberg, che a girare questa pellicola dev'essersi divertito un mondo, pigliando allegramente per i fondelli il mondo dello star-system.
Qualcuno potrà dire che il grande regista canadese ormai ultrasettantenne si è bevuto il cervello. Dopo aver visto l'orripilante A Dangerous Method qualche dubbio l'ho avuto pure io. Invece no. Cosmopolis era confuso, pieno di dialoghi assurdi tratti dall'assurdo romanzo omonimo di Don DeLillo, eppure aveva una sua forza visiva e riusciva in qualche modo a riflettere l'assurdità del mondo della finanza attuale, così come l'assurdità del mondo attuale in generale. Non si trattava di un lavoro del tutto riuscito, così come Maps to the Stars non appare del tutto riuscito. Allo stesso tempo, questo suo ultimo lavoro possiede ancora più del precedente una terribile forza vitale. Una spinta creativa che da un autore di 71 anni che al Cinema ha già dato molto non ci si aspetterebbe. Un autore che guarda al suo passato, soprattutto quello più recente, con un'ironica citazione di Cosmopolis: se in quel film Robert Pattinson, il suo nuovo attore feticcio (ma peeerché?) stava un'intera giornata dentro una limousine come passeggero, qui lo ritroviamo di nuovo a bordo di una limo, ma questa volta come autista. Ma soprattutto, Cronenberg è un autore che guarda al presente. La pellicola prende di mira l'ambiente hollywoodiano attuale in un sacco di modi e contemporaneamente il Cronenberg non manca di ironizzare anche su se stesso: “Un regista che ha fatto degli strani film, molto applauditi ma strani,” dice un giornalista durante un'intervista,” e non possiamo che pensare si riferisca a un regista come lui. Uno che oggi, tra Cosmopolis e questo Maps to the Stars, magari ci proporrà dei film più patinati, visivamente puliti e precisini e con dei cast super glamour rispetto al passato, ma pur sempre dei film strani.

I bersagli dell'ironia cronenberghiana, o meglio dello script di tale Bruce Wagner, sono molteplici. Un po' stereotipati, se vogliamo, ma alcuni capaci di regalare parecchie sorprese, soprattutto nel finale. Una serie di personaggi le cui vite sono intrecciate e che possiamo immaginare come delle figure piuttosto facili da incontrare, se si ha la fortuna (o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) di passeggiare per il Sunset Boulevard.
C'è l'attrice MILF Julianne Moore ossessionata dal confronto con la madre defunta diva del grande cinema di una volta, sopratutto ora che si ritrova con una carriera in fase calante come le sue tette. Anzi, più delle sue tette che qui si difendono ancora bene, visto che la Moore a 50 anni passati sfoggia un fisichino mica male.

"AAAH! Mi sono fatta il culo in palestra per mesi per sentirmi dire solo:
fisichino niente male???"

C'è l'autista di limo aspirante attore/sceneggiatore Robert Pattinson.
Io non ho niente contro Robert Pattinson, così come non ho nessun pregiudizio contro gli ex idoli adolescenziali che crescendo cercano di reinventarsi una carriera rispettabile. Parlo sempre bene di Zac Efron e di Leo DiCaprio, tanto per citare due ex teen idols. Di Robert Pattinson però non ce la faccio a dire belle cose. Più che inespressivo, mi sembra imbalsamato. Pensavo fosse per i ruoli che gli proponevano, ma a un certo punto questa scusa non regge più. È proprio lui che non è capace a recitare.

"Smettetela di dire tutti che sono un attore fenomenale. Finirò per crederci!"
"Ehm, Robert... veramente non c'è nessuno che lo dice."
"Ahahah, certo, David, come no?"

C'è poi la baby-star, l'attore 13enne interpretato da Evan Bird (già visto nella serie tv The Killing). Una specie di incrocio tra Macaulay Culkin e Justin Bieber che alla sua tenera età è già stato in rehab.


C'è quindi il padre della baby-star, un John Cusack che pure lui mi pare sempre più imbalsamato. Negli anni '80 era un idolo delle commedie adolescenziali, nel 2000 è stato il mitico protagonista di Alta fedeltà, poi basta. Negli ultimi anni ogni volta che lo vedo mi viene voglia di prenderlo a schiaffi. Qui comunque è perfetto, visto che ha il ruolo di una specie di guru/psicoterapeuta per star con la faccia da schiaffi.


Intorno a loro si muovono alcune giovanissime aspiranti starlette, di cui una, Niamh Wilson, curiosamente somigliante a Chloe Moretz. Che il suo personaggio sia una parodia proprio della Hit-Girl?


E come personaggio bonus, a fare da vero collante al tutto, c'è una tizia misteriosa, una Mia Wasikowska ustionata e sfigurata. È lei che a inizio film chiede all'autista Pattinson di poter seguire la mappa delle case delle star.
(piccola parentesi: non pensate anche voi che autista Pattinson suoni molto meglio di attore Pattinson? chiusa parentesi)
Il vero personaggio centrale è lei, la sempre straordinaria Mia Wasikowska, qui nei panni di una psyco girl che trova lavoro a Hollywood come assistente personale di Julianne Moore e che a sua volta ha pure lei una sceneggiatura nel cassetto. Solo che la sua non è una sceneggiatura che prevede di essere trasposta su schermo, bensì nella vita reale.


Là fuori, nella vita reale, nel mondo reale, ci sarà gente che dirà, anche giustamente: “Sì, okay, ma a me che cazzo me ne frega della star Julianne Moore che si dispera per non aver avuto una parte in un film o di un baby-divo con le visioni, quando io non riesco a trovare lavoro, ho sei figli e due mogli da mantenere e c'ho il mutuo da pagare?”.
Vero, legittimo. Quello di David Cronenberg non è un film di impegno sociale, è un divertissement, una riflessione sull'ambiente cinematografico un po' fine e se stesso, non troppo distante dalle parti dei romanzi di Bret Easton Ellis e pure della sua sceneggiatura del criticatissimo The Canyons, ma volendo allargare lo sguardo i comportamenti malati, allucinati e spesso ridicoli di questi personaggi si possono estendere a tutti, visto che oggi chiunque, tra social network e selfie, si può improvvisare una star, almeno all'interno del proprio microcosmo, nella propria cerchia di followers, e tutti si possono in qualche modo ritrovare nella loro infelicità e disagio esistenziale, pur vivendo a chilometri da L.A..


Solo perché un film parla di personaggi superficiali, non significa che sia un film superficiale. E qui torniamo a inizio post. Maps to the Stars è un film patinatissimo ma pure stratificato, ricco di significati. A chi si vuole godere un semplice prodotto di intrattenimento per svagare la mente dopo una dura giornata di lavoro non dirà niente e non gliene fregherà niente, perché di certo nel mondo ci sono problemi più grandi cui pensare di quelli che riguardano questi tizi qua. A chi invece ha del tempo da perdere per riflettere su una pellicola, come l'autore di questo blog, Maps to the Stars appare come una visione sì emotivamente freddina, eppure allo stesso tempo è anche un'opera ricchissima su cui indagare e pensare a lungo. Una pellicola che ci consegna un autore come Cronenberg magari non al top assoluto della sua forma, ma ancora vitale e capace di cambiare pelle, pur restando se stesso. Anche se forse alla fine c'ha la ragione la gente.
Ma a me, che cazzo me ne frega di Julianne Moore e dei suoi stupidi problemi?
(voto 7,5/10)

martedì 1 luglio 2014

QUEL CHE SAPEVA MAISIE E QUEL CHE SO IO




Quel che sapeva Maisie
(USA 2012)
Titolo originale: What Maisie Knew
Regia: Scott McGehee, David Siegel
Sceneggiatura: Nancy Doyne, Carroll Cartwright
Ispirato al romanzo: Ciò che sapeva Maisie di Henry James
Cast: Onata Aprile, Julianne Moore, Steve Coogan, Joanna Vanderham, Alexander Skarsgård
Genere: infantile
Se ti piace guarda anche: qualche film del Giffoni Film Festival








sabato 24 maggio 2014

CAN-CAN CANNES




Il vero vincitore del Festival di Cannes 2014?
Il labrador Hagen, che si è portato a casa l’ambito Palm Dog grazie alla sua interpretazione nel film ungherese White God di Kornel Mundruczo, presentato nella sezione Un Certain Regard.


Hagen ha battuto una concorrenza davvero inferocita che comprendeva il meticcio del nuovo film di Jean Luc Godard Adieu au langage, così come anche i cani presenti in Saint Laurent e in Maps to the Stars (e non mi riferisco a Robert Pattinson). Sconfitto pure il quotatissimo Gabriel Garko, presente a Cannes in Incompresa di Asia Argento.
Al di là della Palm Dog, White God (Fehèr Isten) dell'ungherese Kornèl Mundruczò ha pure vinto la categoria Un Certain Regard. Nella sezione Quinzaine des Rèalisateurs c’è stato invece il trionfo del francese Les Combattants dell’esordiente Thomas Cailley.

Passiamo ora più veloci della luce a vedere i premi nella categoria più importante, il Concorso ufficiale.
La Palma d’Oro, consegnata da un sempre più drogato scatenato Quentin Tarantino e da una sempre affascinante Uma Thurman, è finita nelle mani del turco Nuri Bilge Ceylan per Winter Sleep (Kış Uykusu). Considerando che è il regista del soporifero C’era una volta in Anatolia, si preannuncia un mattonazzo di proporzioni epiche.


Il secondo premio più importante, il Gran premio speciale della giuria, è invece stato tutto all’insegna del tricolore. Sophia Loren l’ha consegnato ad Alice Rohrwacher per Le meraviglie. Considerando quanto il suo film precedente Corpo celeste non mi avesse certo entusiasmato, e considerando come il premio alla regia sia andato all’americano Bennett Miller, già autore dei poco fenomenali Truman Capote e Moneyball, i premi assegnati quest’anno dalla giuria capitanata da Jane Campion non è che siano molto in linea con i miei gusti.
Più interessante, per quanto mi riguarda, il premio della giuria andato ex aequo al grande passato (Jean-Luc Godard) e al promettente futuro (Xavier Dolan) del cinema mondiale. Il prix di migliore attore se l’è poi aggiudicato Timothy Spall per Mr. Turner di Mike Leigh e quello di migliore attrice è finito a Julianne Moore per Maps to the Stars.
Premi meritati o meno?
In attesa che questi film passino anche sugli schermi di Pensieri Cannibali, per il momento sono contento giusto per Xavier Dolan, per il resto vi lascio con un dubbioso MAH!

Ah già, quasi dimenticavo. Vi lascio poi pure con l’elenco di tutti i premi.

Concorso ufficiale
Palma d'oro: Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan
Grand Prix: Le meraviglie di Alice Rohrwacher
Migliore Regia: Bennett Miller per Foxcatcher
Premio della Giuria (ex aequo): Mommy di Xavier Dolan e Adieu au langage di Jean-Luc Godard
Migliore attore: Timothy Spall per Mr. Turner
Migliore attrice: Julianne Moore per Maps to the Stars
Migliore sceneggiatura: Andrey Zvyagintsev e Oleg Negin per Leviathan
Palma d'oro per il miglior cortometraggio: Leidi di Simón Mesa Soto
Camera d'or (migliore opera prima): Party Girl di Claire Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli

Un Certain Regard
Premio Un certain regard: Fehér Isten (White God) di Kornél Mundruczó
Premio della giuria: Force majeure (Turist) di Ruben Östlund
Premio speciale Un Certain Regard: The Salt of the Earth di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado
Premio "d'ensemble": Party Girl di Claire Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli
Migliore attore: David Gulpilil per Charlie's Country di Rolf de Heer

Semaine Internationale de la Critique
Gran Premio: The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkiy
Premio SACD: Hope di Boris Lojkine
France 4 Visionary Award: The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkiy

Quinzaine des Réalisateurs
Art Cinema Award: Les Combattants di Thomas Cailley
Premio SACD: Les Combattants di Thomas Cailley
Label Europa Cinema: Les Combattants di Thomas Cailley
Premio Illy per il miglior cortometraggio: Sem coração di Nara Normande e Tião
Menzione speciale: Trece si prin perete di Radu Jude

Premi vari
Palma Queer: Pride di Matthew Warchus
Palma Dog: Fehér Isten (White God) di Kornél Mundruczó
Premio della Giuria Ecumenica: Timbuktu di Abderrahmane Sissako
Premio FIPRESCI (Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica) - Concorso internazionale: Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan
Premio FIPRESCI - Un Certain Regard: Jauja di Lisandro Alonso
Premio FIPRESCI - Sezioni parallele: Love at First Fight di Thomas Cailley

domenica 18 maggio 2014

DE INGLISH TICCER - DE REVIÙ




"Oh mai gad! I dont anderstend a uord!
The English Teacher
(IUESSEI 2013)
Dairector: Craig Zisk
Vraiters: Dan Chariton, Stacy Chariton
Casst: Julianne Moore, Michael Angarano, Lily Collins, Greg Kinnear, Charlie Saxton, Nathan Lane, Fiona Shaw, Norbert Leo Butz, Jessica Hecht, Nikki Blonsky, Sophie Curtis
Genre: aigh-skull
If you laik it, you ken uoch olso: Bad Teacher, Il papà migliore del mondo, School of Rock

I nid a inglish ticcer, becous my inglish is not veri gud. I min, der is pipol that spik a inglish worst den main, laik Aldo Biscardi & Giorgio Napolitano & Paolo Sorrentino, bat I fink I have a lot of margins of migliorament. So, I nid some1 laik Julianne Moore.
I uont a ticcer laik Julianne Moore for meni meni risons. De first 1 is that she is a MILF. I min, in de real laif she is de mader of two childrens, but in de muvi De inglish ticcer she is not a MILF. She does not have childrens. She is a… Au do you say “zitella” in inglish? Zaitell? Is it correct?
Enyways, she is a zaitell, but she is abbastanz fuckable, tu.
De second rison becous I uont er is that she is a gud ticcer. She loves her uork and she loves buks, tu. Yeah, she is a nerd.
De terz rison is that she has red eir. I laik uimen wif red eir.
De quart reason is that she is a MILF. Have I ollredi dett that?

"Uot de fak?"
So, I don’t now if you have anderstud, but I rilli laik de part of Julianne Moore and I fink she is de mein point of forz of de muvi. And den der is also Michael Angarano. I laik him, tu. I min, I do not laik him in a sexual huey. I laik him becous he has a nais feis. He luks laik a simpa boy. If I still go to skull, I wuld laik to go to skull wif him because I fink it wuld B fanni (have you sin de correct use of de conditional verbs?).
Apart de veri gud 2 protagonists, 4 de rest not evrifing in dis muvi is greit. De comedy part of dis film is not veri strong. I have not laf a lot uoccing it. Enyweys, de story is interestanting. It spiks abaut a inglish ticcer, of cors, Julianne Moore, of cors agayn, that… anzi no, ho sbagliato, sorri… a inglish ticcer who mits a old stiudent, Michael Angarano. I min, he is not veri old. He is 25 or samfing and he wrot a tiater play, a opera that nobady ghivs a schit abaut. Nobady until de inglish ticcer Julianne Moore, who uonts to rappresent it in her aigh-skull. So, de 2 uork tugheder on it and dey uork olso wif Lily Collins, who is a yang stiudent and who is de meyn actress in dis tiater play. She is veri fackabol tu, even if she has veri big, bat veri veri veri big eyebrows (I have serchd dis uord on uordreferens.com becous I did not now B4). End so der is a love triangol, laik in olmost all de films and telefilms I iusually uocc.
End den, in de end uot eppens?
I do not tell you. No spoiler. I uont you to uocc dis muvi, tu. Uai? Becous de inglish ticcer is a veri nais film. It is not a piece of master, but I fink it is abbastanz cul.
Denk you 4 de attenscion.
(grade C+)

"GRRR! I fink dis reviù is not veri veri correct."

lunedì 20 gennaio 2014

CARRIE, IL REMAKE CHE MANCO SATANA




Lo sguardo di Satana – Carrie
(USA 2013)
Titolo originale: Carrie
Regia: Kimberly Peirce
Sceneggiatura: Lawrence D. Cohen, Roberto Aguirre-Sacasa
Tratto dal romanzo: Carrie di Stephen King
Cast: Chloë Grace Moretz, Julianne Moore, Gabriella Wilde, Ansel Elgort, Judy Greer, Portia Doubleday, Alex Russell, Zoë Belkin, Samantha Weinstein, Karissa Strain, Katie Strain, Connor Price, Demetrius Joyette, Barry Shabaka Henley
Genere: rifatto
Se ti piace guarda anche: Carrie – Lo sguardo di Satana, Denti, Blood Story, La casa

Io mi chiedo che senso abbia fare il remake di un film d’autore, in questo caso di Brian De Palma. È come fare la copia di un quadro di van Gogh. O fare la cover di un pezzo dei Beatles. Che risultati si può raggiungere? Ben che vada, un’imitazione quasi dignitosa. Mal che vada, un disastro. Posso ancora comprendere il rifacimento di una pellicoletta commerciale che ben si può prestare a un’operazione del genere. Rifare un film d’autore e svuotarlo della parte autoriale è invece un omicidio. Una crudeltà degna di Carrie.

Chi è Carrie?
Carrie in questo caso non è Carrie Bradshaw di Sex and the City. E non è manco quella della lagnosa canzone degli Europe. Carrie qui è Carrie White, la protagonista del romanzo Carrie di Stephen King diventato nel 1976 un cult horror movie firmato da Brian De Palma, Carrie – Lo sguardo di Satana, con protagonista un’inquietante e giovanissima Sissy Spacek. Inquietante non perché giovanissima ma perché era proprio inquietante nei panni di Carrie.

DING DING DING
Ho vinto una bambola di Carrie per aver battuto il record mondiale dell’uso della parola Carrie in un solo paragrafo. Carrieamba! Che sorpresa.

"Non mi sono ancora spuntate le tette, ueeè!"
C’era bisogno di rifare un film così mitico e che anche visto di recente faceva ancora la sua porchissima figura?
No, naturalmente no. Però per soldi si fa questo e altro. Era già capitato di recente con La casa di Sam Raimi, ristrutturata senza l’ironia dell’originale, risuccede ora con questo modestissimo (ma se non altro non orrido quanto La casa 2.0) remake dell’ormai classico di Brian De Palma. Ci va del coraggio, per rifare De Palma. Quentin Tarantino potrebbe essere degno di rifarlo, pochi altri. Di certo non Kimberly Peirce, autrice in passato, ormai 15 anni fa, del pur dignitoso ma non fenomenale Boys Don’t Cry, indie gay movie con protagonista una Hilary Swank generosamente premiata con l’Oscar.
Alle prese con un paragone tanto scomodo, la Peirce cerca di salvare la faccia e, almeno da un punto di vista superficiale, ci riesce anche, grazie a una fotografia curata, una colonna sonora indie cool e a riprese nemmeno troppo malaccio. Allo stesso tempo, è come intimorita e non riesce mai a scostarsi del tutto dall’insuperabile modello originale, finendo per costruire una versione aggiornata al gusto teen contemporaneo e decisamente troppo edulcorata del film 70s depalmiano. È come se fosse il pilot di una serie fantasy di The CW alla The Vampirl Diaries/The Secret Circle.

Per capire come l’operazione sia un fallimento basta la seconda scena. Sulla prima, pessima, con Julianne Moore è meglio stendere proprio un velo pietoso, così come sul finale che è davvero tremendo. Questa seconda scena riprende quella d’apertura del film originale, in cui un gruppo di fanciulle faceva la doccia con le zinne di fuori. D’altra parte, chi fa la doccia vestito? Nel remake, a quanto pare si. Non ci sono scene di nudo. Non si intravede niente. Che cazzo di scena nella doccia è?
Da qui possiamo già capire come i tempi siano cambiati, dal 1976 a oggi, e, anziché andare verso una maggiore libertà nei costumi, come il naturale corso della Storia prevederebbe, è successo il contrario. È la dimostrazione di come, almeno nel cinema USA, il politically correct ha vinto. Ha battuto persino la Storia.

"Uffi, signora maestra, mi sfottono perché mi è appena venuto il ciclo."
"Dannate pompinare!"

"Dite che più che lo sguardo di Satana ho lo sguardo
da bimbaminkia? Beh, mi sa che non avete tutti i torti."
Qualcuno potrà dire che però, se non altro, in questo remake sangue e morti non mancano. Vero, ma sono morti stupide, spettacolarizzate, alla Final Destination, una baracconata. Nel Carrie 2.0 – 2013 Edition non c’è tensione, non c’è paura, non c’è niente. È una visione che procede senza scossoni e ripercorre in maniera prevedibile e impersonale il film di De Palma. Più che un remake, sembra un update, la nuova versione di un software. Sì è aggiunto un tocco moderno, con il bullismo che è diventato cyber grazie all’uso di video diffusi in maniera virale, e Carrie è stata trasformata in una specie di anti-eroina sullo stile del protagonista di Chronicle, però non si va oltre questo. Non è manco un remake. È solo un update.
E qui si ritorna alla domanda iniziale: che senso ha, un’operazione del genere?
Sì, ok, i soldi. Considerando però come non è che gli incassi di questa nuova Carrie siano stati così stellari, evidentemente in pochi sentivano il bisogno di un remake come questo.

Così così persino il cast, sulla carta non male. Julianne Moore recita col pilota automatico la parte della madre bigottona della protagonista, perdendo nettamente il confronto con Piper Laurie. Carrie è invece interpretata da una Chloë Grace Moretz solitamente bravina, ma che qui appare spaesata nella parte ed è ben lontana dagli exploit di (500) giorni insieme e Kick-Ass. E poi ormai – diciamolo – con tutte le sue smorfiette e faccine sta cominciando a stufare. Considerando inoltre come, dopo Blood Story - Let Me In, abbia realizzato il secondo remake horror inutile della sua breve carriera, se continua così la sua breve carriera rischia di rimanere davvero breve.
Chi non ha visto l’originale magari lo troverà un teen-horror di discreta fattura, sebbene sullo stesso genere ci sono in giro cose ben più interessanti e malate come Excision e Denti - Teeth. Ma chi non ha visto l’originale dovrebbe vedersi l’originale con una perfetta Sissy Spacek e rinunciare a dare a questo inutile remake uno sguardo. Di Satana.
(voto 4,5/10)

"La pagherete, per questo remake. La pagherete cara!"

lunedì 2 dicembre 2013

PORN JON




Scarlett, non lamentarti se poi mettono le foto di te nuda in rete...
Don Jon
(USA 2013)
Regia: Joseph Gordon-Levitt
Sceneggiatura: Joseph Gordon-Levitt
Cast: Joseph Gordon-Levitt, Scarlett Johansson, Tony Danza, Glenne Headley, Brie Larson, Rob Brown, Jeremy Luke, Julianne Moore, Anne Hathaway, Channing Tatum, Cuba Gooding Jr., Meagan Good
Genere: porncom
Se ti piace guarda anche: 40 giorni & 40 notti, La febbre del sabato sera, Jersey Shore

Io non sono il tipo che guarda i film. Veramente li guardavo spesso, da ragazzino. Prima di scoprire che esistesse il porno.
Jon (Joseph Gordon-Levitt) in Don Jon

Certe volte mi chiedo perché continuo a perdere tempo con i film. I film veri. Che poi cosa sono, i film “veri”? Ce ne sono pure alcuni che una qualità inferiore rispetto alle produzioni a luci rosse.
Certe volte penso che potrei chiudere Pensieri Cannibali. Oppure non chiuderlo chiuderlo, solo trasformarlo. Trasformarlo in un sito porno. Scommetto che le visite decuplicherebbero nel tempo di dire la parola “decuplicherebbero”.
Passare da così…


A così…


$ento già il profumo dei dollari.

Per compiere questo passaggio in maniera graduale e senza traumi, ho deciso allora di offrire, come ultima recensione cinematografica, quella di Don Jon. Perché Don Jon è uno di quei film che potrebbero piacere anche alla gente che di solito non guarda i film, ma solo i porno. Allo stesso tempo, è anche uno di quei film che potrebbero piacere alla gente che guarda un sacco di film. E contemporaneamente, potrebbe piacere sia a quelli che guardano sia un sacco di film che un sacco di porno. Chi l’ha detto che io faccia parte di quest’ultima categoria?

Don Jon ha per protagonista Jon, un bel ragazzo italoamericano, un latin lover, un Don Giovanni come viene ribattezzato dai suoi due amici, il terrunciello Jeremy Luke e il fratello di colore Rob Brown, ottimo protagonista di Scoprendo Forrester poi purtroppo mai esploso del tutto. A interpretare Jon troviamo invece naturalmente lui, Joseph Gordon-Levitt, che di questo film oltre a essere protagonista assoluto è pure regista e sceneggiatore. Al chè uno può pensare questo sia uno di quei pipponi autoreferenziali e invece no. Autoreferenziale non lo è, mentre di pipponi nella pellicola se ne fa parecchi. Si fa anche parecchie fighe, ma soprattutto un sacco di seghe.
Ancor prima che un rubacuori, Jon è infatti un pornomane. Non tanto un erotomane. La sua passione principale, ancor più delle donne o dello scopare, è il porno. Il porno su internet. Quello che presto potrebbe farmi guadagnare un $acco di $oldi con il mio nuovo sito spin-off Pensieri Maiali. Ma per quello non è ancora ora. Torniamo al film.
La tematica del porno, che in rete si trova facilmente, che si trova ovunque, che si troverà presto anche su Pensieri Cannibali Maiali, potrebbe farlo apparire come un The Social Network del porno. Senza raggiungere i livelli del film di David Fincher, la pellicola di Joseph Gordon-Levitt riesce comunque a essere una leggera riflessione su questo aspetto, su come il rapporto con internet, in questo caso il porno su internet, abbia cambiato il mondo delle relazioni personali.

Don Jon è però soprattutto una commedia romantica. Una variante particolare della romcom classica, diciamo che è una porncom. Una porncom che funziona alla grande, di certo rientra tra le visioni più divertenti e frizzanti degli ultimi mesi.
Da una parte, Don Jon segue tutte le regole tradizionali del genere romcom. Nella prima parte ci viene presentato il protagonista, un ragazzo che ha uno stile di vita tutto suo: è un tamarro del New Jersey di quelli pronti a entrare in una nuova eventuale stagione di Jersey Shore al posto di Mike The Situation e, oltre a essere un abbonato fisso alla palestra, è anche molto devoto alla Chiesa. La sua passione numero 1 comunque è un’altra, come abbiamo visto: il porno. Jon più che un novello Don Giovanni è un nuovo Tony Manero, solo non con la fissa per il ballo ma con la fissa per i film XXX. Per lui non c’è niente di meglio del porno, nemmeno il sesso con una donna in carne e ossa. Nemmeno il sesso con Scarlett Johansson.
Proprio così. Davvero. Non ci credete? E invece le cose così stanno. Sì, lo so. Nemmeno io all’inizio pensavo che qualcosa del genere potesse essere umanamente concepibile e invece è quanto capita in questo Don Jon. E no, non si tratta di un film di fantascienza.


Ocio, Scarlett, che poi ti rubano pure queste immagini...
Anche per l’aspetto della vicenda “boy meets girl”, Don Jon segue in maniera abbastanza fedele le regole della romcom tipica. Lui incontra lei, Scarlett, ed è “la cosa più bella su cui abbia mai posato gli occhi.” Scarlett Johansson, la Scarlett Johansson di questo film è davvero l’ottava meraviglia del mondo. Ma diciamo anche la prima. Spettacolare tra l’altro l’uso della fotografia: le prime volte che compare, Scarlett è sempre illuminata più di tutte le altre, quasi come se fosse un’apparizione religiosa. Il rapporto tra sesso e fede cristiana viene tra l’altro anch’esso affrontato in maniera leggera, ma tutt’altro che stupida o superficiale. Come molte altre intriganti pellicole viste quest’anno, da Spring Breakers a Bling Ring, da La grande bellezza fino al meno riuscito The Canyons, anche qui abbiamo un protagonista superficialone e anche qui abbiamo  riflessioni sulla società attuale più profonde di quanto potrebbe apparire a uno sguardo veloce.

L’evoluzione della storia con Scarlett prenderà poi pieghe non del tutto prevedibili, che deragliano un po’ dal solito percorso delle commedione romantiche, quelle per dire con Anne Hathaway e Channing Tatum, che con autoironia compaiono in un film all’interno del film. Quindi Don Jon riesce a essere non solo una riflessione sociale e pornografica, ma anche una romcom sui generis, una porncom appunto. La cosa più bella della pellicola, Scarlett Johansson a parte, è  quella di riuscire a tenere tutte queste componenti diverse insieme ed essere una visione veloce, esaltante, esilarante, senza un attimo di tregua e con un’attenzione particolare pure ai personaggi più piccoli. Grande in tal senso l’uso di Brie Larson, la sorellina del protagonista che in OGNI scena in cui è presente ha lo sguardo fisso sul cellulare, a parte un paio in cui si ritaglia due momenti notevoli.
Se proprio vogliamo trovare un difetto alla pellicola che le impedisce di diventare un cult assoluto, diciamo che la colonna sonora non è proprio fenomenale, nonostante l’uso simpatico di “Good Vibrations” di Marky Mark, l’un tempo rapper oggi conosciuto come Mark Wahlberg, però per il resto Joseph Gordon-Levitt dietro la macchina da presa è riuscito a realizzare un botto d’esordio, con una sua cifra stilistica piuttosto personale. Dovrà ancora affinarla, dovrà ancora maturare come regista, ma per il momento va più che bene così. Per dire.

Don Jon è una pellicola profonda mascherata da pellicola leggera ed è anche uno di quei film che potrebbero piacere alla gente che di solito non guarda i film, ma solo i porno. E potrebbe far loro persino venir voglia.
Voglia di altro porno?
No, voglia di vedere altri film e magari leggere pure recensioni di film. Prima che Pensieri Cannibali si trasformi definitivamente in Pensieri Maiali.
(voto 8/10)

"Ma quando sarà online, questo Pensieri Maiali?"
"Non lo so, ma è già il mio nuovo sito preferito!"



sabato 3 novembre 2012

Sarah che due Palin

Se vi dico film tv, vi potrebbe venire in mente la rivista settimanale FilmTv, ma non è questo il caso.
Potrebbero anche venirvi in mente gli sceneggiatini prodotti da Rai o Mediaset, e non è nemmeno questo il caso.
Dietro la produzione di questo film tv vi è infatti HBO. E scusate se è poco. E il cast è capeggiato da Julianne Moore, Ed Harris e Woody Harrelson. E scusate sempre se è poco. In più, ha vinto 5 awards agli Emmy Awards 2012. Scusate di nuovo. Capite quindi che rispetto ai filmini tv nostrani è un cambiamento. Un Game Change. Questo è il titolo del film tv trasmesso ieri sera da Rai 3 di cui vi parlerò oggi.

Game Change
(film tv, USA 2012)
Rete americana: HBO
Regia: Jay Roach
Cast: Julianne Moore, Ed Harris, Woody Harrelson, Sarah Paulson, Ron Livingston, Peter MacNicol, Brian D’arcy James, Melissa Farman
Genere: elettorale
Se ti piace guarda anche: Veep, Political Animals, Boss

Game Change è incentrato sulle elezioni del 2008. Sì, quelle che hanno fatto diventare Barack Obama il primo presidente di colore nella storia degli Stati Uniti. Una grande storia per un film. Ma non è questa la storia qui narrata. Durante quell’elezione, c’è infatti stata un’altra grande vicenda, umana e mediatica, ancor più che politica.

"Pronto Sarah, ti andrebbe di comparire in
American Horror Story? Saresti perfetta..."
John McCain, stimato repubblicano ed eroe di guerra americano, era un candidato deboluccio contro Obama che finiva sulle copertine delle riviste di tutto il mondo, Obama che teneva discorsi storici a Berlino, Obama superstar, Obama rock’n’roll. A rendersene conto è stato lui stesso in primis, così come il suo staff. Cosa fare allora per cercare di battere Obama, quando tutti i sondaggi lo davano sotto di parecchi punti?
Se il motto di Obama era Change, la campagna presidenziale di McCain aveva bisogno di un Game Change. Di un candidato alla vicepresidenza in grado di stravolgere tutto. Dove cercarlo, se non su Google e su YouTube? È così che lo staff di McCain ha scovato una governatrice tosta, una donna col fucile, una madre di 5 figli in cui gran parte dell’elettorato femminile poteva riconoscersi. Oh yes, proprio lei: Sarah Palin. Sbucata fuori dal nulla, o da un posto ancor peggiore del nulla: l’Alaska.

Sarah Palin è la grande protagonista della storia qui narrata. Sembra la concorrente di una puntata del programma di Mtv Made, solo che il compito in questo caso è leggermente più impegnativo del solito. Non si tratta di voler diventare una rockstar oppure una cheerleader o una roba del genere. Qui si tratta di diventare vice presidente degli Stati Uniti d’America, in appena un paio di mesi. Sarà all’altezza una che all'infuori dell'Alaska non ha la minima idea di cosa ci sia di tale gravoso compito?
Tra gaffe e crisi personali, la risposta è no, però ci sarà da ridere. La figura della Palin ha ispirato anche la spassosa comedy Veep, sempre targata HBO, che vi consiglio di recuperare. In Game Change la vicenda è invece vista sotto una luce maggiormente drama, ma comunque due risate ce le facciamo pure qua.

"Non sei per nulla divertente!"
A vestire letteralmente i panni della Palin c’è una Julianne Moore impressionante per doti mimetiche. La sua interpretazione è grandiosa e c’è solo da inchinarsi al suo cospetto. A livello personale, io però preferisco le interprezioni in cui l’attore non si nasconde dietro un’imitazione totale. Come quella di Ed Harris che, pur essendo pure lui parecchio somigliante a John McCain, risulta sempre riconoscibile. Il migliore del cast per quanto mi riguarda è però il come sempre immenso Woody Harrelson. Anche lui interpreta un personaggio realmente esistente, Steve Schmidt, l’uomo dietro la campagna elettorale di McCain, e pure lui gli somiglia parecchio, però essendo un personaggio meno noto, Harrelson è anche meno vincolato da un'interpretazione di “imitazione”. Con un trittico di attori del genere, risulta azzeccata allora la scelta di usare per i “rivali” Barack Obama e il suo vice Joe Biden immagini di repertorio, anche perché se no avrebbero dovuto trovare degli attori all’altezza dei tre repubblicani (per fiction) e non sarebbe stato facile.

Alla regia c’è Jay Roach, già regista di Austin Powers e del primo Mi presenti i tuoi? che negli ultimi tempi sembra aver virato pesantemente verso la politica, considerato anche come il suo ultimo film sia la comedy Candidato a sorpresa, uscito da poco nei cinema italiani e a breve recensito pure qui. Un regista non fenomenale che però fa il suo discreto lavoro e che è riuscito a realizzare un film tv che ha poco o nulla da invidiare a un film non tv.
Curiosità da segnalare: la sceneggiatura, tratta dall’omonimo libro scritto dai giornalisti John Heilemann e Mark Halperin, è stata scritta da Danny Strong, il nerd Jonathan di Buffy visto poi anche in Una mamma per amica e Mad Men, che dimostra di essere un grande anche come sceneggiatore.


"Beh,  non lamentiamoci: 'sta volta Cannibal le ha sparate meno grosse del solito..."
Se vi interessano i dietro le quinte della politica americana e se volete prepararvi in maniera adeguata alle nuove elezioni ormai imminenti (gli ammericani voteranno il 6 novembre), questa è la visione ideale. Ma lo è anche se di politica ve ne frega ben poco e volete semplicemente godervi una storia avvincente su un personaggio suo malgrado perfetto specchio dei tempi in cui viviamo. Sarah Palin, politica molto limitata, ma donna dalle molteplici sfaccettature e risorse. Chi l’avrebbe detto, al solo guardare la spassosa parodia fatta da Tina Fey al Saturday Night Live?

Grazie per aver letto questo post e che Dio benedica i Pensieri Uniti Cannibali!
(voto 7+/10)


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