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domenica 31 agosto 2014

LE MIE CANZONI PREFERITE - 90/81





Prosegue la classifica-maratona dedicata alle canzoni preferite di Pensieri Cannibali di tutti i tempi.
Dopo aver ascoltato le posizioni dalla 100 alla 91, oggi tocca a quelle dalla 90 alla 81.
Unica regola di questa Top 100 per il resto senza regole: lo stesso artista/gruppo non può essere presente con più di un unico brano. Cosa che significa 100 canzoni per 100 artisti/band differenti.

"E sentiamoci un po' di rilassante musica cannibale, dai."

90. Thin Lizzy “The Boys Are Back in Town”
L''inno della mia famiglia: the Gois are back in town!



89. Bluvertigo “La crisi”
I Bluvertigo sono sempre stati un gruppo troppo avanti per il resto del panorama italiano.
Talmente avanti, che parlavano di crisi già nel 1999, quando Renzi parlava al massimo dei Pokemon e giocava ancora con il Tamagotchi.



88. System of a Down “Toxicity”
Un pezzo che mi piace suonare quando sono incazzato con qualcuno.
E negli ultimi tempi è capitato spesso.
Troppo spesso.



87. Iggy Pop “Innocent World”
Questo potrebbe anche essere considerato solo un pezzo minore all'interno della ricca discografia dell'Iguana Iggy Pop.
Ma ad avercene, di pezzi così minori.



86. Bauhaus “She’s in Parties”
Scatta il momento dark, gentilmente offerto dai Bauhaus.
Che le tenebre calino su di noi.



85. The Knife "Pass This On"
Gli svedesi The Knife hanno appena annunciato il loro scioglimento, ma una canzone come questa non passerà mai di moda, né passerà via dai miei ascolti.

P.S. Il titolo di questo brano letto alla piemontese significa "pasticcione".



84. Chris Isaak “Wicked Game”
Il sesso fatto canzone.
E pure video.



83. Waterboys “Fisherman’s Blues”
Un pezzo folk-blues in una classifica di Pensieri Cannibali?
Ma allora tutto è possibile, in questo mondo!



82. Justin Timberlake “What Goes Around... Comes Around”
What goes around... comes around.
Chi lo dice?
Non solo Justin. Lo dice il karma, bitch.



81. Oasis “Don’t Look Back in Anger”
Gli Oasis, il mio primo amore musicale, Cristina D'Avena esclusa.
Non potevano quindi proprio mancare in questa lista.
Gli Oasis, intendo. Non Cristina D'Avena.

sabato 12 luglio 2014

I MIGLIORI TORMENTONI ESTIVI 2014




La settimana scorsa vi siete dovuti ascoltare i più tormentosi tormentoni offerti dall’estate 2014, oggi visto che siete stati più o meno buoni vi regalo anche la Top 10 dei brani migliori di questi caldi mesi. Almeno secondo il modesto parere di Pensieri Cannibali.
A dirla tutta, non è stata affatto una selezione semplice, visto che questa stagione estiva è stata ancora più arida del solito in quanto a musica decente, ma alla fine una Top 10 sono comunque riuscita a tirarla fuori e ve la potete gustare qui sotto.
Se invece volete fare un tuffo nelle sonorità del passato, potete recuperare anche le mie classifiche dei migliori e dei peggiori tormentoni estivi di tutti i tempi.

Top 10 – I migliori pezzi dell’estate 2014 secondo Pensieri Cannibali


10. Avicii “Addicted to You”
Sembra Adele remix e invece è un pezzo di Avicii. Per la serie: anche i tamarri hanno un cuore.



9. Ariana Grande feat. Iggy Azalea “Problem”
Il singolone teen, o forse sarebbe meglio dire tween, dell’estate 2014. E, se non vi piace perché siete troppo jurassici, non è mica un mio problem.



8. Michael Jackson feat. Justin Timberlake “Love Never Felt So Good”
Uno scarto di Michael Jackson degli anni ‘80 è uno dei brani più piacevoli dell’estate 2014. Ciò fa riflettere sulla qualità delle canzoni uscite quest’estate…



7. Jezabels “Endless Summer”
Il pezzo “Endless Summer” di questo gruppo australiano in patria è uscito nel 2011 all’interno del loro primo album “Prisoner”, ma le radio italiane lo stanno passando solo adesso, quando intanto la band ha già pubblicato un album tutto nuovo, “The Brink”. In ogni caso, per loro questo pezzo estivo si sta rivelando un successo davvero endless.



6. Kiesza “Hideaway”
Ki è sza qua e kome kazzo si è vestita?
Non lo so, ma la canzone spakka.



5. Kasabian “Eez-He (Easy)”
La base sarà anche leggermente copiata da “Do It Again” dei Chemical Brothers, però quando partono le sue note è troppo easy cominciare a muoversi.



4. Lilly Wood & the Prick “Prayer in C (Robin Schulz Remix)”
La preghiera dell’estate. In tutte le migliori chiese.



3. Iggy Azalea feat. Charli XCX “Fancy”
Estate 2014: Iggy Azalea = Estate 2013: Pharrell Williams
La rapper-popstar Iggy Azalea è la Pharrell di quest’anno, almeno negli USA dove “Fancy” e “Problem” stazionano da settimane ai primi due posti della Billboard chart dei singoli più venduti, in maniera analoga a quanto faceva Williams l’anno scorso con “Blurred Lines” e “Get Lucky”.
La differenza?
Iggy Azalea è un po’ più caruccia di Pharrell.



2. Calvin Harris “Summer”
L’inno tamarro dell’estate.



1. Lana Del Rey “West Coast”
Indie tormenton of the summer.



Ecco infine la Cannibal Summer 2014 playlist da ascoltare su Spotify.


martedì 11 febbraio 2014

A PROPOSITO DI DAVIS, DEL FOLK, DEI COEN, DI CAREY MULLIGAN E DI GATTI




A proposito di Davis
(USA, Francia 2013)
Titolo originale: Inside Llewyn Davis
Regia: Ethan Coen, Joel Coen
Sceneggiatura: Joel Coen, Ethan Coen
Cast: Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, John Goodman, Garrett Hedlund, Ethan Phillips, Robin Bartlett, Max Casella, Adam Driver, Alex Karpovsky, Helen Hong
Genere: folk
Se ti piace guarda anche: Sugar Man, Fratello, dove sei?, I’m Not Here

Se non è mai stata nuova e non invecchia mai, è una canzone folk.
Llewyn Davis

La frase d’apertura del “nuovo” film dei fratelli Coen spiega bene il mio rapporto nei confronti sia del loro cinema che della musica folk. E nuovo va inteso proprio nel senso che dà il protagonista della pellicola, Llewyn Davis. Anche i film dei fratelli da Oscar quest’anno ignorati dagli Oscar sono così. È come se esistessero già da sempre. È come se si rifacessero ogni volta a qualcos’altro. Di riferimenti alla Bibbia è pieno il loro cinema, si veda A Serious Man. Quanto all’Odissea, non parliamone. Sono proprio fissati i Coen. Non contenti di averne fatto la versione musical folk con Fratello, dove sei?, pure qui c’hanno inserito un personaggio chiamato Ulisse.
Quale personaggio?
Questo non ve lo svelo. Anche se la vera Odissea è quella che vive il protagonista.

I film dei fratelli Coen sono come canzoni folk già esistenti che si divertono a reinterpretare nel loro personale modo. L’amore per questo genere di musica emerge qui ancora una volta forte e chiaro, al punto che A proposito di Davis avrebbe potuto intitolarsi A proposito del folk, o in originale Inside Folk anziché Inside Llewyn Davis. Il film è liberamente ispirato alla biografia del musicista e cantore anni ’60 Dave Van Ronk, ma più che raccontare di lui o di quello che ne è il suo alter-ego fittizio ovvero Llewyn Davis, racconta uno stile di vita. Raccontare poi è una parola grossa. Quella scritta dai Coen è dichiaratamente una sceneggiatura priva di una vera e propria trama. È più un girovagare a zonzo insieme al loro protagonista. Un gattonare di casa in casa, di strada in strada, di città in città. Come un vagabondo. Come un micio randagio.

"I'm bringin' sexy back (yeah), them other fuckers don't know how to act.
Penso che ancora non siate pronti per questa musica...
ma ai vostri figli, diciamo ai vostri nipoti, piacerà."

Tutto il fascino, così come anche i limiti del film stanno qui. Per certi aspetti questa è una pellicola poco coeniana in senso stretto, e di questo da loro non-fan non posso che essere felice. I momenti non-sense, pur presenti, qua sono più contenuti.
A parlare qui, più ancora che i personaggi strambi pur sempre presenti, sono le canzoni. Belle, molto belle, soprattutto quelle cantate da Justin Timberlake, alla facciazza di chi tanto lo disprezza perché è troppo pop. Questa è una non storia che parla di musica e della vita del musicista. Non il musicista figo rock’n’roll oh yeah con le groupie attaccate al pene e una pera attaccata al braccio, quanto il lifestyle del musicista folk perdente che cerca di tirare avanti in quel di New York City a inizio anni Sessanta, prima che il genere venisse riportato in auge da un certo Bob Dylan. Sotto questo aspetto, A proposito di Davis è un lavoro assolutamente riuscito. Allo stesso tempo, per quanto il film possa non essere troppo coeniano, Llewyn Davis è invece uno dei più coeniani tra i personaggi presenti nella galleria del loro cinema. È un loser totale, uno che non vuole pensare al futuro, a progettarsi una vita, a essere come dicono gli altri.
Questo per quanto riguarda gli aspetti positivi, tra cui io ci metto dentro decisamente anche l’ottima interpretazione di Carey Mulligan. Ha un ruolo piccolo, però in una manciata di memorabili scene riesce a ritrarre bene il suo personaggio, che è un po’ l’opposto della deliziosa protagonista di An Education; nonostante riprenda il look anni ‘60 con frangetta di quel film, riesce qui a dar vita a una stronza come poche. Eppure, così come successo anche ne Il grande Gatsby, è talmente adorabile che persino nei panni di personaggi odiosi non riesce a farsi odiare del tutto. Oh Carey, quanto sei cara.
"Ma la smettete di chiedermi Father And Son e Wild World?
Vado in giro con un gatto, ma non sono Cat Stevens!"

Eppure manca qualcosa, qualcosa in grado di trasformare la simpatia/empatia per questo loser, questo Llewyn Davis, e trascinarci davvero “inside”, dentro la sua vita, dentro la sua mente, dentro il suo cuore. Se la passione per la musica folk dei Coen emerge cristallina, così non è per il protagonista. Perché fa musica? È quasi come se la odiasse.
Inoltre la mancanza di una vicenda forte in grado di tenere davvero sulle spine a un certo punto si fa sentire. Più che raccontare una storia, come le ballate folk spesso sanno fare, A proposito di Davis ha un andamento da improvvisazione jazz, non c’è alcuno sviluppo e la trama gira attorno a se stessa. What goes around… comes around, come direbbe Justin Timberlake, qui relegato a un ruolo francobollo in cui non riesce a brillare molto come attore, ma solo come cantante.
Un altro problemino del film è proprio questo. I personaggi minori restano relegati troppo sullo sfondo, si vedano John Goodman e Garrett Hedlund buttati nella mischia a casaccio e incapaci di imporsi.

Alla fine, i Coen non si smentiscono mai. Decidete voi se vada presa più come una cosa positiva o negativa. Nonostante il mio non-amore nei loro confronti, questo film a me comunque è piaciuto. Sì, direi che mi piaciuto. Tra le pellicole dei fratelli registi lo metterei al secondo posto giusto dietro Fargo. I film dei Coen sono sempre un viaggio e questa volta ammetto che il viaggio in loro compagnia è stato per me più piacevole del solito, grazie anche a una fotografia che ricrea perfettamente quel mood alla The Freewheelin’ Bob Dylan, per altro già reso da Cameron Crowe in Vanilla Sky.



Però, c'è sempre un però. Una volta arrivati a destinazione, l’impressione è anche questa volta di non essere andati da nessuna parte, di aver girato a vuoto. Un bel girare a vuoto, ma pur sempre un girare a vuoto. Questo è il cinema dei Coen, un tipo di cinema che mi fa lo stesso effetto del folk, genere che occasionalmente ascolto anche e non mi dispiace, ma che di rado mi prende fino in fondo. L’ultima volta mi è capitato con la musica di Rodriguez scoperta grazie a Sugar Man, quasi un gemello in versione documentaristica di A proposito di Davis. Come una canzone folk, i loro film non invecchiano mai ma allo stesso tempo non dicono niente di nuovo. Così è il loro cinema, prendere o lasciare. E io per questa volta prendo, anche perché questa è una pellicola molto gattosa felina. E come fai a non volere bene a un gatto, o a una Carey Mulligan, o a un povero cantante folk sfigato?
(voto7,5/10)


"Llewyn Davis non funziona, amico! Dovresti trovarti un nome d'arte, qualcosa tipo... Gatto Panceri."

lunedì 6 gennaio 2014

VIDEOS OF THE YEAR 2013 - I MIGLIORI VIDEO E CORTOMETRAGGI DELL'ANNO



Le classifiche di fine anno sono inutili?
Secondo qualcuno sì, secondo me... no, altrimenti sarei proprio scemo a farne così tante.
Ma visto che non ne ho fatte già abbastanza, come i Telemici, i Teleratti e i Cannibal Music Awards, eccone un'altra, questa volta dedicata ai migliori video dell'anno e sdoppiata in due charts. La prima è una Top 10 dedicata ai miei 10 videoclip musicali preferiti del 2013, l'altra è una Top 5 dedicata ad altri filmati brevi/cortometraggi che sono stati apprezzati particolarmente quest'anno qui su Pensieri Cannibali.

Top 10 video musicali 2013

10. Killers "Just Another Girl"
I Killers sono una presenza fissa delle mie classifiche. Ormai più che per la musica, ancora valida ma non esaltante come un tempo, per i loro video. E così, dopo la loro presenza nella classifica del 2012 grazie a una clip diretta da Tim Burton, ecco che timbrano la loro presenza pure quest'anno grazie all'interpretazione di una straordinaria girl, la (ormai ex) star di Glee Dianna Agron, in questo video più Brandon Flowers dello stesso Brandon Flowers.
Tra(n)sformista.



9. Passion Pit "Carried Away (Tiësto Remix)"
Gli effetti speciali più spettacolari visti quest'anno. Cinema compreso.
Effettato.



8. Fiona Apple "Hot Knife"
La cantante Fiona Apple e il regista Paul Thomas Anderson qualche anno fa stavano insieme, poi si sono mollati. Adesso sono tornati insieme, anche se soltanto a livello lavorativo. E per l'occasione l'autore di Magnolia e The Master ci ha regalato una magistrale lezione su come si trasforma una canzone in immagini.
Bomba.



7. Tame Impala "Mind Mischief"
Lo studente e la prof.
Lo spunto per una commedia erotica italiana anni '70?
No, per un video psichedelico degli australiani Tame Impala comunque anch'esso molto erotico (ma non italiano) anni '70.
Intrippante.



6. Jon Hopkins "Collider"
Cosa succede se si confonde il giorno con la notte, se si rivive alla luce del sole quanto capitato in una serata parecchio movimentata?
Ce lo spiega il folle video per il pezzo "Collider" dell'artista elettronico Jon Hopkins.
Allucinato.



5. Indochine "College Boy"
La canzone è degli Indochine, storico gruppo rock francese. Praticamente noi c'abbiamo Vasco e loro c'hanno gli Indochine...
Perché continuo a vivere in Italia?
Per la loro "College Boy", il giovane regista canadese Xavier Dolan, quello di Les Amours Imaginaires e Laurence Anyways, ha girato un video sul tema del bullismo.
Potentissimo.
(grazie a Rumple del blog OverExposed per avermi segnalato questo gioiellino)



4. Lana Del Rey "Tropico"
Triplo video, tripla Lana, tripla goduria.
Esagerato.



3. Gesaffelstein "Hate or Glory"
Il gangsta movie dell'anno. Ed è "solo" un videoclip, con regia firmata dal promettentissimo duo di francesi Fleur & Manu.
Epico.



2. Justin Timberlake "Mirrors"
Una canzone ggiovane per un video diretto da Floria Sigismondi che ci racconta la storia d'amore di due vvecchini.
Poesia pura.



1. Arcade Fire "Afterlife"
Video girato dal vivo da Spike Jonze durante gli YouTube Awards 2013 e interpretato da un'incredibile Greta Gerwig. Dopo di questo, i video live non saranno mai più gli stessi.
Pazzesco.



Menzione d'onore
Menzione speciale per il video interattivo della celebre, così pare, "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan, con cui potete divertirvi a interagire sul SITO UFFICIALE.

E ora una top 5 di cortometraggi e video virali parecchio apprezzati nel corso degli ultimi 12 mesi sempre qui su Pensieri Cannibali.

Top 5 corti 2013

5. How Animals Eat Their Food
Un video virale tanto stupido quanto geniale.
Animalesco.



4. It's not porn...
Un video dedicato a un noto network televisivo americano. Scoprite quale...
Veritiero.



3. James Franco & Seth Rogen "Bound 3"
La spassosa parodia del video "Bound2" di Kanye West con Kim Kardashian.
Meglio dell'originale. Molto meglio.



2. The Auteurs of Christmas
Il video più geniale di queste feste. Una chicca da non perdere per tutti i cinefili.
D'autore.



1. Paperman
C'è poco da fare, la Disney quando ci si mette sa ancora come colpire al cuoricino. Persino degli insensibili come me.
Da Oscar.



domenica 8 dicembre 2013

MAN OF THE YEAR 2013 – N. 11 JUSTIN TIMBERLAKE



Justin Timberlake
(USA 1981)
Genere: cantattore
Il suo 2013: ha pubblicato ben due album, The 20/20 Experience e The 20/20 Experience – 2 of 2, il primo davvero niente male, il secondo più che altro una raccolta di B-sides e riempitivi che comunque fanno la loro porca figura. Come attore, si è visto invece in Runner, Runner, in attesa che esca anche in Italia Inside Llewyn Davis dei fratelli Coen. Agli Mtv Music Awards americani ha inoltre fatto una piccola (ed evitabile) reunion con la sua ex band, gli 'N Sync.
Se ti piace lui, ti potrebbero piacere anche: Ryan Phillippe, Matthew Morrison, Robin Thicke
È in classifica: perché ha fatto uno dei dischi più stilosi e di classe dell'anno, in bilico tra commercio pop e sperimentazione, con pezzoni come "Mirrors" e "Suit & Tie" accompagnati da super video diretti da Floria Sigismondi e David Fincher. E intanto zitto zitto prosegue pure la sua carriera cinematografica.
Il suo discorso di ringraziamento: "Accetto questo riconoscimento, Cannibal, ma solo se ti metti pure tu in Suit & Tie."

Dicono di lui su
cinguettator
Joey Fatone @FatJoey
Non capisco perché, tra tutti noi #NSync, ha fatto carriera proprio lui che non sa far niente ed è pure bruttarello e non io... #MisteriInspiegabili



lunedì 26 agosto 2013

MTV VMA 2013, IL TRIPUDIO DEL PUTTAN POP




Hannah Montata
o, se preferite, Hannah Montanal.
La scorsa notte si sono tenuti gli Mtv Video Music Awards 2013 e io ho capito una cosa: mi sa che non sono più il bimbominkia di una volta. Un tempo mi sarei alzato alle 3 di mattina per guardare tutto l’evento, red carpet pre-show compreso. Quest’anno invece l’ho seguito solo il giorno dopo a spezzoni e in maniera alquanto distratta.
Non sarò più il bimbominkia di una volta, ma ciò non toglie che mi sono esaltato comunque come un bimbo per alcune cose molto minkiose come Selena Gomez che ha vinto il premio per Best Pop video. Hurrah! XD
Anche se il momento migliore della serata per me è stata l’esibizione ben poco bimbominkiosa di Dio Kanye West.


"Son di nuovo finito con gli 'N SYNC. Oh mio Dio, ma questo è un incubo!"
La serata ha incoronato un re assoluto, Justin Timberlake, che si è portato (meritatamente) a casa il premio di miglior video per la splendida clip di “Mirrors”. E non solo. Si è aggiudicato pure altri premi tra cui il Michael Jackson Vanguard Award, una specie di Oscar alla carriera videoclipposa, si è esibito in un tour de force una performance di una ventina di minuti in cui ha proposto un medley dei suoi successi e, tanto per non farsi mancare nulla, ha fatto pure una mini reunion con il gruppo che (ahilui) l’ha lanciato, gli ‘N SYNC. Un paio di ex membri della ex boy band sono apparsi alquanto appesantiti e si sono forse pentiti di aver disdetto l’abbonamento in palestra e di aver mangiato qualche porchetta dal paninaro di troppo.



Se il re è stato Justin Timberlake, la corona di regina della serata se la sono contesa una serie di dive pop.
Lady Gaga ha aperto lo show in cerca di “Applause”, con una serie di cambi di look impressionante persino per lei.



Katy Perry ha risposto con i pugni, manco fosse il povero moribondo Mike Tyson, da ben 6 giorni a digiuno di alcool & droghe. Come farà a sopravvivere?


Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più puttan pop del reame?
A sorpresa, nella battaglia tra Gaga e Perry, la più sputtaneggiante di tutte è stata la giovincella Miley Cyrus, scatenata sul palco sia da sola che con Robin Thicke. Ha troieggiato talmente tanto da far impallidire persino una attapiratissima Rihanna, che forse si sarà pentita di aver rifiutato di interpretare una hit come “We Can’t Stop”, inizialmente a lei proposta, per lasciarla nelle grinfie della neo rivale…





"Mmm... forse è meglio se non sorrido."
Che altro è successo?
È stata pure la serata del duo hip-hop Macklemore & Ryan Lewis, bravini ma sopravvalutati, c’è stata un’ottima esibizione di Drake, mentre a rappresentare il rock, genere ormai quasi del tutto scomparso dalla cartina della musica mainstream ggiovane di oggggi, è arrivato Jared Leto dei 30 Seconds to Mars. In più c’è stata un’apparizione aliena dei Daft Punk e qualche premio discutibile assai, come quello ai One Direction per la migliore canzone dell’estate, a discapito dei Daft Punk stessi.
La cosa più importante di questi VMA 2013, comunque, è che ho capito di non essere più il bimbominkia di una volta.
O quasi…
V@1 Selen@ G0meZ! T L ♥vv ♥, 6 Tr0pp0 l@ M1gl10Re!


Ok, la smetto.

Ecco a voi l’elenco completo dei premi degli Mtv VMA 2013 che, se proprio vi interessano, vanno in replica questa sera alle 22.00 su Mtv Italia.

I One Direction con una escort.
Ah no, è Lady Gaga!
Video Of The Year: Justin Timberlake – “Mirrors”
Best Male Video: Bruno Mars – “Locked Out Of Heaven”
Best Female Video: Taylor Swift – “I Knew You Were Trouble”
Best Pop Video: Selena Gomez – “Come And Get It”
Artist To Watch: Austin Mahone – “What About Love”

Best Collaboration: Pink Feat. Nate Ruess – “Just Give Me A Reason”
Best Video With A Social Message: Macklemore & Ryan Lewis – “Same Love”

Best Rock Video: 30 Seconds To Mars – “Up In The Air”
Best Hip-Hop Video: Macklemore & Ryan Lewis Feat. Ray Dalton -”Can’t Hold Us”
Best Art Direction: Janelle Monae Feat. Erykah Badu – “Q.U.E.E.N”
Best Choreography: Bruno Mars – “Treasure”
Best Cinematography: Macklemore & Ryan Lewis Feat. Ray Dalton – “Can’t Hold Us”
Best Direction: Justin Timberlake Feat. Jay-Z – “Suit & Tie”
Best Editing: Justin Timberlake – “Mirrors”
Best Visual Effects: Capital Cities – “Safe And Sound”
Best Song of the Summer: One Direction – “Best Song Ever”

Michael Jackson Video Vanguard Award: Justin Timberlake

domenica 26 maggio 2013

C’EST LA VIE (D’ADELE)


Festival di Cannes 2013, ultimo atto.
Detto così, sembra che qui a Pensieri Cannibali si sia seguito l’evento cinematografico giorno per giorno, film dopo film. Non è esattamente così. Purtroppo non ero presente sulla Croisette, ma se il prossimo anno qualche giornale, rivista, sito e/o compagnia di catering volesse sponsorizzarmi la trasferta, mi offro ben volentieri! GRAZIE

Poco fa si è tenuta la cerimonia di chiusura della manifestazione, condotta dalla madrina Audrey Tautou, arrivata direttamente dal magico mondo del cinéma. Quali sono stati i verdetti della giuria, presieduta quest’anno dall’ormai bollito, almeno come regista, Steven Spielberg?
Le sue decisioni saranno state ai livelli del mediocre Lincoln o addirittura del tragico War Horse?
Scopriamolo subito…

Miglior attore
Bruce Dern per Nebraska di Alexander Payne.
Attore dalla carriera lunghissima visto anche ne Il grande Gatsby versione 1974, dove interpretava la parte di Tom Buchanan. In più, è pure il paparino di Laura Dern, la musa numero 1 del cinema di David Lynch. Sarà stato un premio meritato? Boh, di certo Alexander Payne, quello di Paradiso amaro e Sideways, è un regista che sa tirare fuori il meglio dai suoi attori.

Miglior attrice
Berenice Bejo per The Past di Asghar Farhadi (il regista iraniano di Una separazione). Pollice su, per la francesina rivelazione di The Artist.

A presentare il premio per la miglior sceneggiatura c’è Asia Argento, con un tono di voce da femme fatale dark che sembra stia per avere un orgasmo da un momento all’altro. E mentre la nostra Asia si distrae, l’award va a Thian zu Ding per la pellicola A Touch of Sin del cinese Jia Zhang-ke. Che tutti conosciamo, nevvero?

"Un saluto dall'Italia, Mr. Spielberg!"

Premio della Giuria
Like Father. Like Son, del giapponese Hirokazu Koreeda, regista noto per aver affrontato spesso nei suoi film il tema del lutto. Un allegrone, in pratica. Yatta!

Il Prix de la mise en scène per il miglior regista va… al messicano Amat Escalante per Heli.

Kim Novak, e dico la donna che visse due volte Kim Novak, consegna il Gran Premio della Giuria a Inside Llewyn Davis. Nonostante generalmente non sopporti un granché i fratelli Coen, questo film a tematica musicale con Oscar Isaac, Justin Timberlake e Carey Mulligan mi incuriosisce assai.




Palma d’Oro
La Dea Uma Thurman consegna il premio più ambito a…
Il favorito della vigilia: La vie d'Adele, pellicola francese firmata dal regista tunisino Abdellatif Kechiche. Non ho visto i film precedenti del regista, che ho lì lì da recuperare, però una pellicola con scene lesbo tra la splendida e bravissima Léa Seydoux e la rivelazione Adèle Exarchopoulos, entrambe molto commosse durante la premiazione, sulla fiducia la Palma d’Oro se la merita tutta.
Certe che al giorno d’oggi a chiamarsi Adele si vincono Grammy, Oscar, Mtv Awards e ora pure la Palma d’Oro.




La Palma d’Oro alla gnoccaccine, premio consegnato in esclusiva da Pensieri Cannibali, va invece a…
Emma Watson

"Thank you, Cannibal!"

Riassunto dei premi del Festival di Cannes 2013 per chi non aveva voglia di leggersi tutto il post
Palma d'oro: “La Vie D'Adele” di Abdellatif Kechiche
Gran Prix: “Inside Llewyn Davis” di Ethan e Joel Coen
Premio alla regia: Amat Escalante per “Heli”
Premio della giuria: “Like Father, Like Son” di Kore-Eda Hirokazu
Miglior attore: Bruce Dern per “Nebraska” di Alexander Payne
Migliore attrice: Berenice Bejo per “Le Passé” di Asghar Farhadi
Miglior sceneggiatura: Jia Zhangke per Tian Zhu Ding (A Touch Of Sin)
Palma d'oro al miglior cortometraggio: Safe di Moom Byoung-gon
Menzione speciale al cortometraggio: Hvalfjordur (Whale Valley / Le Fjord des Baleines) di
Gudmundur Arnar Gudmundsson
Camera d'Or: Ilo Ilo di Anthony Chen (Quinzaine des Réalisateurs)

E Paolo Sorrentino? E Toni Sorvillo? E La grande bellezza? E i film di Ozon, Polanski, Soderbergh e Jim Jarmush? E il fischiato Solo Dio perdona di Refn?
Per loro niente. Potrà Dio perdonare Steven Spielberg?

mercoledì 20 marzo 2013

JUSTIZIA PER JUSTIN

Justin Timberlake “The 20/20 Experience”
Genere: pop psychedelico
Provenienza: Memphis, Tennessee, USA
Se ti piace ascolta anche: Timbaland, Frank Ocean, Bruno Mars, Miguel, Kanye West, The Weeknd

La carriera di Justin Timberlake è una delle più pazzesche e uniche di tutto lo showbiz attuale. È vero, ci sono altri entertainer che mischiano il loro lavoro nella musica con quello nel cinema. Con risultati però spesso e volentieri sul ridicolo andante, come Will Smith e Jennifer Lopez. Will Smith mi rifiuto di considerarlo sia un rapper che un attore. Quanto a J. Lo, come cantante è un po’ la Laura Pausini portoricana e come attrice… beh dai, lasciamo stare che è meglio, come direbbe Puffo Quattrocchi.
JT è partito prima dal Mickey Mouse Club e poi è riuscito a uscire vivo da una boy band, gli *N SYNC, che tra l’altro è stata la boy band di maggior successo nella storia degli Stati Uniti. Roba che a fine anni ’90 hanno sfracellato qualunque record di vendite che manco i Beatles. Eppure passo dopo passo Justin ce l’ha fatta a emanciparsi. Prima con il disco d’esordio “Justified” che lentamente prendeva le distanza dal sound bimbominkioso della sua band di provenienza, quindi con il secondo “FutureSex/LoveSounds” ha stravolto le regole del pop mainstream grazie alle geniali produzioni di Timbaland. Nel frattempo si è anche costruito una carriera di tutto rispetto a Hollywood, anche qui un passo alla volta. Dai primi piccoli ruoli in Alpha Dog, Southland Tales e Black Snake Moan a parti poi da prima donna nella commedia romantica Amici di letto, nel fantascientifico In Time, nello sportivo Di nuovo in gioco e conquistandosi pure i plausi della critica e convincendo tutti ma proprio tutti in The Social Network di David Fincher.

Dopo una lunga assenza dalle scene musicali, adesso è tornato con il terzo disco “The 20/20 Experience” che prosegue sulla stessa linea del predecessore e qui sta un po’ il suo unico limite, visto che manca l’effetto sorpresa. A questo giro, il Timberlake sposta però il gioco a un livello superiore, uscendosene con un lavoro gigantesco e ambiziosissimo, composto non da semplici canzoni, ma da vere e proprie sinfonie della durata di 7/8 minuti l’una. Il pop commerciale degli *N SYNC è un lontanissimo ricordo. Qui dentro c’è un pop maturo e di gran classe, si senta il primo singolo “Suit & Tie”, un brano che se lo ascolti vestito in tuta ti senti a disagio e ti viene un’immediata voglia di metterti in giacca e cravatta (o papillon) come nell’elegantissimo video diretto dal fido David Fincher.



Non solo. Dentro al suo nuovo album Justin ha infilato un sound dalle forti influenze soul e R&B, senza dimenticare l’hip-hop di marca Timbaland, una roba ad un livello altissimo di quelle che attualmente in circolazione si può permettere il solo Frank Ocean. Il tutto con una sua personalità definita, senza ammiccamenti alla dubstep o ai suoni pop-dance commerciali in voga al momento e lambendo piuttosto una nuova psychedelia pop, basti ascoltare viaggiare con “Don’t Hold the Wall”. Non mancano nuove sonorità (la sculeggiante “Let the Groove Get In”), ed echi dei suoi due album precedenti: “Mirrors” ad esempio è l’erede di “Cry Me a River” e “What Goes Around… Comes Around” ed è accompagnata da un nuovo splendido video diretto dalla nostra Floria Sigismondi, regista del film Runaways e di svariate clip storiche, da Marilyn Manson ai Sigur Ros, oltre che dell’ultimo “The Stars (Are Out Tonight)” di David Bowie. In particolare la prima parte del video, dedicato ai nonni di Justin, è un capolavoro assoluto. Raggiunge livelli di poesia che manco Up e Amour messi insieme…



Più che un semplice disco pop, “The 20/20 Experience” è - lo dice il titolo stesso - un’esperienza. Più che contenere delle canzoncine da 3 minuti 3 strofa-ritornello-strofa, esibisce delle suite che per struttura fanno venire alla mente sinfonie di musica classica. Chi l’avrebbe detto che il biondino sarebbe arrivato fino a questo punto, mentre cantava e ballava come una marionetta insieme agli *N SYNC? Per fortuna ormai a quel Justin abbiamo detto “Bye Bye Bye”.
(voto 7,5/10)

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sabato 16 marzo 2013

DI NUOVO IN GIOCO CON CLINT TIMBERLAKE

Di nuovo in gioco
(USA 2012)
Titolo originale: Trouble with the Curve
Regia: Robert Lorenz
Sceneggiatura: Randy Brown
Cast: Clint Eastwood, Amy Adams, Justin Timberlake, John Goodman, Matthew Lillard, Scott Eastwood, Robert Patrick, Bob Gunton, Matt Bush, Jay Galloway
Genere: vecchini alla riscossa!
Se ti piace guarda anche: Promised Land, Gran Torino, Space Cowboys, Moneyball

Diciamolo subito: Di nuovo in gioco non è la pellicola celebrativa del ritorno in campo di Silvio Berlusconi alle ultime elezioni. Di nuovo in gioco è una celebrazione della terza età. E pure in questo caso non una celebrazione della terza età di Berlusconi. Si tratta di una pellicola vecchio stile che trasuda spirito classico da vecchia America da tutti i pori. Niente di più, niente di meno. Se si parte con la giusta predisposizione mentale e con la mano sul petto mentre passano le note dello Star-Spangled Banner, allora ci si può anche godere a sufficienza la visione. In molti invece sono rimasti alquanto delusi, aspettandosi di vedere qualcosa ai livelli delle migliori pellicole girate da Clint Eastwood. Il fatto è che questa, per quanto pellicola al 100% intrisa di eastwoodismo, non è una pellicola girata da Clint Eastwood, ma porta la firma dell’esordiente Robert Lorenz. Per quanto Lorenz sia stato assistente alla regia e collaboratore del texano dagli occhi di ghiaccio già da lunga data, non è il texano dagli occhi di ghiaccio.

"Questa sera dovevo andare a fare sesso con Justin Timberlake.
Ma ho preferito rimanere al computer a leggere Pensieri Cannibali.
Non riesco più a farne a meno!"
Il vecchio Clint qui si limita (si fa per dire) a essere il protagonista assoluto del film, tornando davanti alla macchina da presa per la prima volta dal suo Gran Torino del 2008. Con un personaggio, nel caso ve lo stiate chiedendo, praticamente uguale. Clint Eastwood fa la solita parte del tipo vecchio stile che non riesce a stare al passo coi tempi. Un talent scout che ignora l’uso (e forse l’esistenza) dei computer, e anziché alle statistiche e ai software come quelli del Jonah Hill di Moneyball, preferisce affidarsi all’esperienza diretta. Alla prova sul campo. A ciò che gli dicono i suoi occhi malconci (pure lui con la congiuntivite?) o le sue già più affidabili orecchie.
Clint è Clint e a fare il Clint se la cava sempre. Però, e lo diceva anche Sergio Leone mica io, non è che sia l’attore più espressivo del mondo. È un po’ l’antenato di Ben Affleck: attori dalle due espressioni (con o senza il cappello Clint, con o senza Matt Damon Ben), che il loro meglio lo danno dietro la macchina da presa piuttosto che davanti.

"Allora, com'è 'sto nuovo disco di Justin?"
"Mi secca dirlo, ma quel giovinastro ha del talento, li mortacci sua!"
Di nuovo in gioco gioca tutte le carte della pellicolona commerciale americana. Non solo la tematica sportiva, ben presente e nemmeno troppo noiosa anche per coloro ai quali, come me, a sentire parlare del baseball si fanno due balls grosse così. C’è infatti anche l’immancabile storiona romantica, ed è qui che scendono in campo i due top players: Amy Adams e Justin Timberlake.
Così come quello del vecchio Clint, anche i loro più giovani personaggi sono parecchio stereotipati: lei è un’avvocatessa di città super concentrata sul lavoro e super impegnata che nella vita di provincia, nelle uscite al bar del paese a giocare a biliardo e nelle partite di baseball locale riscoprirà i piccoli piaceri della vita. Che poi sono i migliori.

"Ragazzo, il tuo disco mi è anche piaciuto ma non provare a toccare mia figlia,
altrimenti il tuo prossimo album te lo faccio cantare tutto in falsetto..."
Justino invece ha la tipica parte dell’ex giocatore a cui le cose non sono andate per il verso giusto sul campo e allora prova a reinventarsi talent scout. Imparando, of course, dal Maestro Clint. Se però il rapporto tra Clint e Justin non è caratterizzato più di tanto, a convincere maggiormente è la relazione tra Amy e Justin. Grazie alle loro brillanti interpretazioni, i loro due personaggi sulla carta stereotipati prendono vita. Ormai entrambi sono una conferma: Amy Adams è sempre impeccabile, non ha ancora girato un film che mi abbia trascinato completamente, però è sempre… impeccabile, sì è la parola più giusta per descriverla.
Il Timberlake pure lui ormai si sta costuendo una solida carriera cinematografica, a parte giusto il poco riuscito In Time, in cui in versione action-hero alla Will Smith non sembrava del tutto a suo agio. Per il resto se la cava più che bene in tutto: nella commedia romantica (Amici di letto), nel drammatico con brio (il sommo The Social Network), come comico (vedi la sua recente comparsata al Saturday Night Live), è pure un grande ballerino e il suo nuovo album è parecchio fico. Alla faccia di chi lo considera solo un cantantucolo mainstream, ha tirato fuori un disco con ben poche concessioni al pop che va per la maggiore oggi e c’ha infilato dentro delle suite R&B da 7-8 minuti l’una che non sono proprio il massimo del commerciale.



Tornando al film: sport, rapporto padre-figlia, rapporto mentore-allievo, un pizzico di storiella d’amore… c’è davvero tutto, forse perfino troppo, ma in fin dei conti Di nuovo in gioco va accettato per quello che è: classicità americana allo stato puro, scontato quanto gradevole, lieto finalone compreso. Una palla non curva da prendere (ovviamente con il guantone da baseball) o lasciare.
(voto 6,5/10)


martedì 28 febbraio 2012

In time - Raga, vi presento mia mamma: Olivia Wilde

In Time
(USA 2011)
Regia: Andrew Niccol
Cast: Justin Timberlake, Amanda Seyfried, Olivia Wilde, Cillian Murphy, Johnny Galecki, Matt Bomer, Alex Pettyfer, Vincent Kartheiser, Rachel Roberts, Jessica Parker Kennedy, Melissa Ordway
Genere: fantamoney
Se ti piace guarda anche: I guardiani del destino, Demolition Man, Io Robot, Il mondo dei replicanti

In Time parte da un bello spunto, una buona base di partenza per una storia: in un ipotetico futuro, tutte le persone sono geneticamente modificate in modo da avere 25 anni per sempre.
Forever young, I want to be forever young, do you really want to live forever, forever young?
Lacrimuccia alphavillosa.
La tematica si fa quindi molto Peter Panesca, anche molto vampiresca. Le saghe letterarie, cinematografiche, telefilmiche sui succhiasangue da Twilight a The Vampire Diaries vanno forte per quale motivo? Perché i vampiri sono creature non solo immortali, ma anche eternamente giovani e fighe. Avete mai visto un vampiro cesso?
Sì, una volta in True Blood ce n’era uno obeso e inguardabile, ma infatti l’han fatto durare giusto una o due puntate…
Come si gioca questa carta dell’eternà giovinezza il film In Time? Male, il tema non viene assolutamente sviluppato a sufficienza. Se non con scenette come quella mostrata nel trailer: queste sono mia moglie, mia suocera e mia figlia. E sono tre biondazze giovani che sembrano uscite da un catalogo di Victroia's Secret.

"Aiuto, voglio la mamma! Anzi, la vorrei anche se non fossi in pericolo..."
Andiamo avanti nel time con la trama.
Dopo aver raggiunto i 25 fatidici anni, ogni persona ha un solo altro anno di vita. A meno che non si guadagni più tempo. Sì, guadagnare, perché il tempo è la moneta del futuro, o almeno di questo strambo futuro. Niente euro. Niente dollari. Niente yen. Il tempo è denaro, letteralmente.
Bello spunto di partenza dicevamo. Peccato che sortisca anche degli effetti ridicoli assai.
Il protagonista Justin Timberlake ha infatti come mamma… Olivia Wilde!
Olivia Wilde mamma di Justin Timberlake?!?!
What the fuck!
Credo che in questo caso la parola M.I.L.F. (Mother I'd Like to Fuck) non sia nemmeno abbastanza sufficiente per definire la situazione dentro cui si trova il Justin. Una situazione in cui se non pensi all’incesto non sei normale.
Il pericolo di scadere in situazioni potenzialmente ridicole è di per sé molto presente nel cinema di fantascienza, più che in altri generi. Alcuni film riescono comunque ad aggirare l’ostacolo bene, qui invece l’ostacolo non viene saltato proprio.
Olivia Wilde mamma di Justin Timberlake?
Dai, è davvero troppo comico.
Ci manca solo la scena in cui Justin fa conoscere la mamma agli amici:
"Per l'ennesima volta, Justin: sei troppo grande per essere ancora allattato!"
“Hey raga, vi presento mia mamma… E dai, non sbavate. È pur sempre mia mamma. Sì, va bene, anch’io c’ho perso la vista a forza di fare pensieri impuri su di lei, però dai raga, è la mia vecchia mamma. Riallacciatevi quei pantaloni, forza. Mamma, io comunque ti amo… ehm, volevo dire ti voglio bene. Come un figlio può voler bene a una madre, non intendo mica come un camionista che vorrebbe possederti carnalmente in un cesso di uno squallido benzinaio sull’autostrada potrebbe volerti bene. Ah, mamma: questa sera posso dormire insieme a te che ho ancora quegli incubi ricorrenti?”.

ATTENZIONE SPOILER
Fatto sta che questa situazione tanto assurda non regge molto. Tempo una manciata di minuti e la povera mamma MILF super MILF super extra MILF di Justin ci rimette la vita, in una sequenza altamente patetica, eccessiva e ridicola in cui Justin si ritaglia il solito momento da filmone americano, dove è lasciato libero di gridare:
“NOOOOOOOOOOOOOO! Prendi meeeeeeeee!”

"Sei meno figa della mia anziana madre, Amanda, però mi ti farei comunque..."
Quindi la storia si evolve, entra l’inevitabile interesse amoroso che ha le vesti di Amanda Seyfried, da me anche ribattezzata Amanda Seyfrigida. Tipa caruccia, ma che non mi ispira troppo sesso. Sarà l’omosessualità che avanza… chi lo sa?
Fatto sta che la premiata (?) accoppiata Justin + Amanda together forever tiene in piedi la baracca di una storia che si sfilaccia mano a mano che procede, ma che rimane comunque entro i limiti della guardabilità. Come se ci trovassimo di fronte a un film con Will Smith, però senza l’insopportabile presenza di Will Smith. Differenza non da poco.
Non che JT sia fenomenale in questo film, in The Social Network ad es. era molto più convincente, però è pur sempre moooooolto meglio di WS. Sia al cinema che in ambito hip-hop.
Yo, Willy, beccati questa.
"Affare fatto, Vincent: se tu torni a fare Mad Men, io torno insieme a Britney."
Dietro la macchina da presa siede un regista che un tempo faceva sperare grandi, grandissime cose. Andrew Niccol ha infatti esordito alla regia con quell’autentico gioiellino della fantascienza recente che è Gattaca, uno spettacolo per gli occhi come per il cuore, grazie alla toccante parabola di un uomo imperfetto in un mondo di essere geneticamente perfetti e programmati per eccellere, di cui questo In Time è solo un pallido riflesso.
Subito dopo, il buon Niccol firmava anche la sceneggiatura di The Truman Show, pellicola che nel 1998 affrontava credo prima di tutti gli altri la complessa tematica della reality tv, che avrebbe poi segnato, e purtroppo segna tutt’ora, i successivi Anni Zero.
Dopodiché Niccol aveva girato un’altra riflessione interessante sul rapporto reality-fiction con la diva creata al computer di S1mOne, film magari non del tutto riuscito ma comunque affascinante che aveva tra l’altro il merito di lanciare una giovanissima Evan Rachel Wood. Scusate tanto se è poco.
Quindi, Niccol sganciava un'altra bomba come Lord of War, pellicola notevolissima sul commercio d’armi in cui - udite udite - riusciva a far passare Nicolas Cage per un attore vero! Era il 2005 e quello sarebbe stato l’ultimo film decente con Cage protagonista [in Kick-Ass, per fortuna, è solo un comprimario di lusso (lusso?)].
Viene da chiedersi allora cosa sia successo tra quelle pellicole, in cui delineava un suo stile bello personale, e un filmetto d’intrattenimento, decente ma nemmeno dei migliori, come questo. La risposta sono sicuro ve la possiate immaginare anche perché è un po’ la tematica di In Time stesso: il denaro.
È un vero peccato che grandi talenti visivi passino da grandi film a robette commerciali del genere, parlo di Andrew Niccol ma anche di un altro regista che me lo ricorda come Alex Proyas, trasferitosi dagli ottimi e scurissimi Il Corvo e Dark City a - per parlarci chiaro - puttanatine come Io, Robot e Segnali dal futuro. Non a caso con i già menzionati Willy Smith e Nicky Cage.

"Sbrigati, che se la nostra fuga funziona ti posso cantare: Aaamanda è libera!"
Ci sono esempi di pellicole di fantascienza entertaining che riescono a fare il loro porco dovere alla grande, come un paio con gli eroi del mio antagonista Mr. Ford, ovvero Demolition Man con Stallone e Atto di forza con Schwarzy, ma questo In Time resta a un livello inferiore, diciamo più dalle parti de Il sesto giorno sempre con l’ex governatore della California. O anche de Il mondo dei replicanti, quello invece con Bruce Willis. Ecco, In Time pressappoco è su quei livelli lì. È un film che scivola e ogni tanto cade proprio nel ridicolo ed è un peccato, perché da Andrew Niccol mi aspettavo molto di più. E perché alla fine la pellicola lancia anche un bel messaggio anti-capitalista sulla redistribuzione della ricchezza che, soprattutto di questi tempi, avrebbe potuto condurre a ben altre e più alte riflessioni. Invece si è preferito puntare sul solito filmone, o meglio filmino, di puro intrattenimento di stampo action hollywoodiano blockbusteriano. In Time? Sì, magari l’avessero fatto negli anni Novanta. Adesso è arrivato un pochino fuori… time.
(voto 5,5/10)

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