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mercoledì 13 novembre 2013

KANNIBAL KID – PER VINCERE DOMANI




Karate Kid – Per vincere domani
(USA 1984)
Titolo originale: The Karate Kid
Regia: John G. Avildsen
Sceneggiatura: Robert Mark Kamen
Cast: Ralph Macchio, Pat Morita, Elisabeth Shue, Randee Heller, Martin Kove, William Zabka, Chad McQueen, Frances Bay
Genere: di formazione
Se ti piace guarda anche: Kill Bill, Gran Torino, Donnie Darko

Daniel when I first saw you
I knew that you had a flame in your heart
And under our blue skies
Marble movie skies
I found a home in your eyes
We'll never be apart

Non è quello che può sembrare dall'immagine.
Karate Kid è un film maledettamente perfetto. Commerciale fin che si vuole. Ingenuamente ma più che altro genuinamente Anni Ottanta fino al midollo, eppure ancora oggi godibilissimo e più che mai attuale. Karate Kid 1 – Per vincere domani ha rappresentato un modello per il cinema degli anni a venire. Non mi riferisco tanto a quelle cagate scopiazzate come la serie de Il ragazzo del kimono d’oro, o nemmeno al pur decente (a sorpresa) recente remake con Jaden “figlio raccomandato di Will” Smith, o manco a tutti i film su scazzottate e combattimenti vari. Karate Kid è stato ed è anche e soprattutto una pietra di confronto fondamentale per il cinema di formazione successivo e per il genere teen in generale. Se vogliamo anche dei revenge movies. Karate Kid è un film i cui echi si sono sentiti su grandi film degli ultimi anni come Donnie Darko, che lo cita apertamente nei costumi scheletrici di Halloween, o come Kill Bill e Gran Torino, per il rapporto tra allievo e maestro, e poi tanti altri che in questo momento non mi vengono in mente ma probabilmente ne esistono.

Karate Kid è un film sul karate? No. Oddio, un pochino sì, ma è anche e soprattutto una storia d’amicizia, d’amore, una vicenda che parla del trovare se stessi, dell’affrontare i propri problemi e superarli, racconta di un rapporto tra insegnante e studente, di un rapporto di tipo quasi paterno che si instaura tra i due protagonisti, di crescere e imparare, del confronto tra generazioni e stili di vita differenti, del prendere gli insegnamenti della cultura orientale e unirli all’irruenza occidental-americana. Karate Kid è un film filosofico ed esistenziale.
Se vogliamo è anche un film sullo sfruttamento del lavoro minorile. O anche, se proprio andiamo a guardare bene da vicino, è la storia di un vecchino orientale psicopatico e ubriacone che dorme da seduto e che insegna il karate a un bimbominkia italo-americano scartato dalle selezioni di Jersey Shore solo perché troppo poco muscoloso e tamarro. Ma non sottilizziamo troppo.

And when the fires came
The smell of cinders and rain
Perfumed almost everything
We laughed and laughed and laughed

Il cerchietto, il non plus ultra del sexy negli anni Ottanta.
Il punto di forza principale del film sta in una sceneggiatura davvero brillante e completa, che calibra alla perfezione l’action con il romanticismo, la commedia con il dramma, l’epicità con un tocco genuino e semplice. Dentro Karate Kid c’è tutto, non solo il racconto di un ragazzetto che partecipa a un torneo di arti marziali per vendicarsi dei bulletti che gli fanno il culetto a scuola. Proprio per questo è sconfortante vedere la fine fatta dallo sceneggiatore Robert Mark Kamen (a quanto pare non parente del cantante 80s Nick Kamen), qui autore di uno script fenomenale e in tempi recenti tornato a notorietà grazie alla terrificante saga di Taken con Liam Neeson.
Anche a livello registico, il film non è niente male. Dietro la macchina da presa c’è John G. Avildsen, quello che ha diretto il primo Rocky, uno che negli ultimi anni non ha poi più girato niente, ma se non altro lui c’ha risparmiato delle porcherie con Liam Neeson. In Karate Kid ci sono scene degne di Brian De Palma, come quella in cui il protagonista Daniel è seduto alla tavola calda con la madre e intanto alle sue spalle i cattivoni del club di karate stanno architettando un attentato nei suoi confronti a sua insaputa, ma non a insaputa dello spettatore. A inizio pellicola ci sono inoltre magistrali sequenze quasi horror, come quella dell’inseguimento dei karateki vestiti da skeletri. Altra perla è poi la scena del più grande smerdamento nella storia del cinema. Il maestro Miyagi è tutta la vita che prova a prendere una mosca con le bacchette, arriva il minkiettino Daniel San e ci riesce dopo 4 tentativi 4 appena. “Hai la fortuna dei principianti,” gli dice, mentre intanto muore dentro.



"Questa mossa mi servirà nel prossimo combattimento?"
"No, giovane Daniel San. Ti tornerà utile in appuntamento con Elisabeth Shue."
Il cuore del film sono loro: Daniel San (Ralph Macchio, che dove cacchio è finito?) e il maestro Kesuke Miyagi (Pat Morita, purtroppo morto nel 2005 ma che voglio ricordare così) . Il secondo parte come un pirletti e poi diventa un idolo totale. Quanto a Daniel, lui c’è da dire che è un po’ Il Pirletti assoluto. Quando quella gnocca di Elisabeth Shue gli concede il primo appuntamento, lui si fa portare dalla mamma. Dalla mamma… dai, che vergogna! E c’ha pure uno scassone di auto che non parte… dai, che doppia vergogna! A questo punto faceva più bella figura se si presentava a piedi o magari sulla BMX. Anche per questo, ancor più per cose come questa, Karate Kid fa una notevole tenerezza. Ci sono degli episodi di bullismo feroce nel corso della visione, però c’è anche una rappresentazione dell’adolescenza innocente, che oggi non sarebbe più possibile immaginare.

And in the golden blue
Crying took me to the darkest place
And you have set fire to my heart

"E questa mossa qua?"
"Pure questa farà un sacco felice Elisabeth. Garantito."
Karate Kid non è un semplice film. È un caposaldo. Quando le cose si fanno dure, quando tutto pare perduto, quando non pensi di sapere più chi sei, guardi Karate Kid e tutto sembra riacquistare un senso. Il mondo torna a essere un posto di cui potersi ancora fidare, in cui avere speranza, almeno un pochino. Le cose possono andare meglio, basta che dai il VHS di Karate Kid al tuo videoregistratore e togli Karate Kid dal tuo videoregistratore, e poi ancora e ancora e ancora.
Dai Karate Kid, togli Karate Kid.
Dai Karate Kid, togli Karate Kid.
Dai Karate Kid, togli Karate Kid…
(voto 8/10)

When I run in the dark, Daniel
To a place that's vast, Daniel
Under a sheet of rain in my heart
Daniel, I dream of home
Bat for Lashes “Daniel”



Questo post partecipa all’evento The Fabolous 80’s Special, organizzato da Arwen Lynch del blog La fabbrica dei sogni e dedicato alle recensioni di film cult degli anni Ottanta. Per partecipare anche voi fate un salto QUI, oppure QUI.


lunedì 6 settembre 2010

Made in China

Karate Kid – La leggenda continua
(USA, Cina 2010)
Regia: Harald Zwart
Cast: Jaden Smith, Jackie Chan, Taraji P. Henson, Wenwen Han
Links: imdb, mymovies
Trovate il film nei cinema o QUI

Kung Fu vive in tutto ciò che facciamo.

Partivo prevenuto. Le premesse non mi sembravano un granché, non tanto perché sia contrario a remake o rivisitazioni, né perché fossi particolarmente legato all’originale (lo considero una buona pellicola 80s, ma non rientra tra i cult assoluti della mia infanzia come I Goonies, Ritorno al futuro o I Gremlins). Dopo il Karate Kid 4 con protagonista Hilary Swank (futura doppio premio Oscar, anche se a vederla lì non lo si sarebbe mai detto) e l’imbarazzante italianizzazione con la serie del Ragazzo dal kimono d’oro, ero preoccupato che questa nuova versione potesse seguire tali tracce. A non convincermi fondamentalmente era la scelta degli attori: Jaden Smith in La ricerca della felicità mi era sembrato l’unico attore più faccia da schiaffi di suo padre Will; quanto a Jackie Chan, non sono mai riuscito a sopportare più di 15 secondi di un suo film. Eppure…

Nonostante si chiami Karate Kid per mantenere un legame con la serie originale, qui di karate non ce n’è affatto. Al nuovo Dre San viene infatti insegnata quell’arte ancora più ricca di fascino acrobatico e poetica filosofia spicciola che risponde al nome di Kung Fu. E così, in maniera analoga a quanto avviene in Kung Fu Panda, un protagonista improbabile si trova nel giro di pochi giorni a diventare una bestia delle arti marziali. Non credo che ciò nella realtà sia effettivamente possibile, ma d’altronde il cinema deve saper sintetizzare i tempi (e già questo film che dura 2h e 20min non è che lo faccia più di tanto).

Dre è un ragazzino trasferitosi con la madre in Cina. Il suo impatto con i mangiariso non è proprio dei migliori, visto che non fa in tempo a ordinare un involtino primavera che questi già l’hanno massacrato di botte a colpi di kung fu professionistico. Per sua fortuna fa anche conoscenza con una cinesina carina con cui scambia un tenero bacio (di più non possono fare oh, Jaden Smith ha pur sempre 12 anni!). Tra bullismo, risvolti romantici e l’incontro con un improbabile maestro di arti marziali, il film segue piuttosto fedelmente la linea tracciata dalle mani del karate kid originale. Però tra i nuovi colpi che mette a segno ha un’ambientazione cinese davvero suggestiva e piuttosto inusuale da vedere nel cinema americano (era da L’ultimo imperatore di Bertolucci che una troupe occidentale non entrava ad esempio nella Città proibita) e soprattutto riesce ad aggiornare in maniera inventiva i tormentoni dell’originale: Jackie Chan risolve a modo suo la “lotta” contro la mosca, mentre il “togli la cera, metti la cera” si trasforma in “togli il giubbino, metti il giubbino”.
Soluzioni che rivelano una certa cura e intelligenza, per una sceneggiatura da perfetto blockbuster che sa coniugare momenti divertenti, qualche scena più commovente (con un Jackie Chan in grado di convincere in versione drammatica!) che piacerà alle nuove generazioni e magari farà storcere il naso (ma non troppo) a chi è indissolubilmente legato al Daniel San degli anni Ottanta.

Insomma, a me è piaciuto; prova ne è il fatto che ho persino rivalutato Jaden Smith. A soli 12 anni direi che è già un attore migliore del padre (ma non è che ci vuole molto…). E probabilmente in uno scontro a 2 sarebbe anche capace di fargli il culo a colpi di kung fu!
(voto 7)

lunedì 31 maggio 2010

flash, 31 maggio

Poche novità oggi, visto che negli U.S.A. è festa per il Memorial Day e sui siti italiani la notizia più interessante che ho trovato è stata questa.

I Korn hanno fatto un nuovo video bello violento.
Dopo l’ottimo comeback dei Deftones e l’imminente ritorno dei Limp Bizkit, che sia già ora per un revival nu-metal?



Uno dei video più brutti visti quest’anno, dalla colonna sonora di quello che si preannuncia il peggior remake di tutti i tempi: la nuova versione di Karate Kid con il figlio (che avrà 6 anni ma se la tira già come se fosse la più grande star di Hollywood) di Will Smith. Insieme a lui in questo pessimo pezzo c’è il bimbo-minkia più bimbo-minkia del momento: Justin Bieber.


Dopo vari tentativi falliti, a 42 anni Celine Dion è finalmente riuscita a rimanere incinta: avrà addirittura due gemelli! Sì, oggi dite ignari: “Chissenefrega”. Ma un domani che ‘sti due Dion qua sforneranno la cover di “My heart will go on” per il remake in 5D che James Cameron farà di Titanic, allora vi ricorderete amaramente di questo giorno…

E per lasciarvi nel cuore della notte con un gran video e una grandissima canzone, ecco “Night” dei Zola Jesus

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