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lunedì 10 giugno 2013

THE BAY, IL RESOCONTO MOCKUMENTARY


Il 4 luglio 2012, un gruppo selezionato di preparatissimi blogger cinematografici è stato invitato alla premiere mondiale del film mockumentary The Bay. Al termine della proiezione, alcuni di loro sono misteriosamente scomparsi. Ecco il resoconto di quella serata, fino ad ora tenuto segreto dal Governo degli Stati Uniti.

The Bay
(USA 2012)
Regia: Barry Levinson
Sceneggiatura: Michael Wallach
Cast: Kether Donahue, Christopher Denham, Kristen Connolly, Stephen Kunken, Frank Deal, Tara Polhemus
Genere: mockumentary
Se ti piace guarda anche: Piranha 3D, Monsters, Chronicle, Troll Hunter

Ma che è The Bay? Un mockumentary girato da Michael Bay?
E comunque questo film non m’è piaciuto. Non c’è manco una scorreggia. Ghost Movie, quello sì che è un vero grande e realistico mockumentary! E poi ci sono un sacco di scorregge.
Giggi lo scorreggione del blog Cinema & Scoregge. Subito dopo aver postato questa breve recensione sul suo seguitissimo blog, per qualche tempo il più letto della rete persino più di quello di Beppe Grillo, Giggi lo scorreggione è deceduto. Inizialmente le teorie complottiste sostenevano fosse stato fatto fuori dalle major di Hollywood, per via delle sue prese di posizioni radicali nei confronti di molte pellicole. Celebre ad esempio la sua campagna contro Argo all’indomani della vittoria agli Oscar, al grido di “Argo vaffanascorreggia!”.
Tali teorie si sono però presto sgonfiate e ormai sono tutti concordi sulla causa del suo decesso: Giggi è morto asfissiato dalle sue stesse scorregge.


L'atmosfera che si respira nel corso dell'ora e mezza scarsa della durata si pone a metà strada tra lo scenario del survival videoludico e la satira sociale nello stile del Maestro Romero - sfruttando, in questo senso, il quattro luglio come cartina tornasole per l'evolversi dell'invasione dei parassiti pronti a mettere in ginocchio la piccola realtà delle cittadine balneari del Maryland.
Non siamo certo - ne saremo mai - dalle parti di pietre miliari come La notte dei morti viventi o Zombi, ma considerata la penuria che spesso e volentieri il panorama di questo tipo di prodotti offre da queste parti ci si accontenta ben volentieri dell'insolito - considerato il regista - The bay, seguendo le storie che ne compongono l'affresco passando dalla curiosità per quello che è accaduto ai cittadini dei luoghi mostrati alla tensione che finisce per accumularsi rispetto alle singole lotte per la sopravvivenza ingaggiate con gli obiettivamente brutti - nonchè pericolosi - parassiti.
Questo è un estratto dalla recensione di Mr. James Ford sul suo blogghetto WhiteRussian. È il suo ultimo post. Dopo l’accostamento tra questa pellicola e i film di George A. Romero, Mr. Ford è sparito nel nulla. C’è chi sostiene che i fan del regista lo abbiano trasformato in uno zombie, c’è chi è sicuro di averlo visto su un ring della WWE mentre combatteva (combatteva? diciamo che faceva finta di combattere) contro John Cena in un agguerrito incontro di wrestling. Quest’ultima ipotesi è la più accreditata.


Questo film è ‘nammerda. Non c’è manco una tetta. Manco mezza. Manco ‘na scopata. Ma che razza di gente permette che escano delle robacce del genere?
Anthony LaMinkia del blog Cinema & Tette. Pochi giorni dopo la sua illuminante recensione, il blog è sparito dalla rete ed Anthony ha deciso di convertirsi alla castità. Oggi gestisce un nuovo sito, chiamato: “YouPorn, I Don’t” e ha cambiato anche il suo nickname nel più politically correct Anthony IlPene.


"C’era davvero bisogno di un altro mockumentary? The Bay è ben fatto e tutto, per carità. Barry Levinson, regista molto tradizionalista celebre per l’ormai lontano Rain Man - L'uomo della pioggia, rivela qui un inaspettato spirito ggiovane e al passo coi tempi, dimostrando di sapersi destreggiare bene tra macchine a mano, videofonini e altre amenità varie tipiche del genere mockumentary. Il suo film sotto questo aspetto è ben realizzato e funziona anche. È una pellicola che si lascia vedere, con quel senso di voyeurismo tipico che si prova a guardare ad esempio le tragedie umane mostrate da Studio Aperto. Quando si giunge al termine della visione, un grosso punto interrogativo si solleva però sulla testa. Un grosso: “E allora???”.
Perché girare un film di questo tipo? Non avrebbe più senso girare un documentario vero, piuttosto che un finto documentario di denuncia? E se invece si voleva realizzare una pellicola di puro intrattenimento, perché non scegliere i mezzi classici del cinema di fiction? Barry Levinson ha voluto semplicemente mettersi alla prova con un genere che, non si sa bene perché, negli ultimi anni va per la maggiore? Ha solo voluto risparmiare soldi con una pellicola così low-budget perché c'è crisi?
The Bay insomma si può guardare, scivola via senza problemi, ha qualche momento di leggera, leggerissima tensione, però non lascia un bel niente, se non la sensazione di aver visto qualcosa di completamente evitabile e di cinematograficamente irrilevante.
Mockumentary, che genere inutile!
(voto 5,5/10)"


Vi ho riportato la recensione che io stesso, Cannibal Kid, di questo stesso blog Pensieri Cannibali, avevo realizzato. La distribuzione del film mi aveva però impedito di pubblicarla fino a questo momento, probabilmente perché non era un’opinione entusiasta e quindi poteva danneggiare la promozione della pellicola. Io adesso l’ho postata, ma sento già degli spari fuori dalla porta di casa mia. Quelli della distribuzione di The Bay sono venuti a cercarmi e proveranno in tutti i modi di farmela togliere, ma io non voglio fare la brutta fine di Giggi lo scorreggione, Mr. James Ford e Anthony LaMinkia e resisterò. Resisterò fino alla mort365q43huy6t7’531yhugq’re89r’ yw8ef89husaeiyhveiafhf<
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AAAAIA,MI_FATE.MALE-KAZZ0!

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martedì 4 settembre 2012

The casin in the woods

Quella casa nel bosco
Titolo originale: The Cabin in the Woods
(USA 2011)
Regia: Drew Goddard
Sceneggiatura: Joss Whedon, Drew Goddard
Cast: Kristen Connolly, Chris Hemsworth, Fran Kranz, Anna Hutchison, Jesse Williams, Richard Jenkins, Bradley Whitford, Amy Acker, Brian White, Tom Lenk, Jodelle Ferland, Sigourney Weaver
Genere: horror sci-fi
Se ti piace guarda anche: Dollhouse, Buffy, Scream

Geniale.
Ecco cosa ho pensato di Quella casa nel bosco - The Cabin in the Woods dalla prima all’ultima scena. Non che mi aspettassi niente di meno da quel genio di Joss Whedon, però insomma… temevo che negli ultimi tempi si fosse perso troppo tra i suoi progetti da superstar hollywoodiana, leggi il pessimo The Avengers, e avesse smarrito la retta via.
E invece no. Joss Whedon domina ancora. Quando vuole.

Per chi non conosce i suoi precedenti lavori, un film come Quella casa nel bosco può essere sembrato davvero sorprendente. Per chi è un whedoniano di lunga data come me invece è stata una piacevole riscoperta di tutte le sue tematiche, frullate qui dentro in una forma compiuta ed efficace. Come in passato, più che in passato. E pensare che il primo passo nel mondo dello show business di Whedon è stato tutt’altro che memorabile.

Buffy - L’ammazza vampiri, film del 1992 con Kristy Swanson e Luke Perry da lui sceneggiato, si rivela infatti un mega flop colossale ai botteghini e cinematograficamente non è certo niente di eccezionale.


"Bella ed Edward chiiiiiiiiiiiii?"
Nonostante quest’esperienza fallimentare, la Warner Bros. gli vuole comunque dare fiducia e qualche anno più tardi, nel 1996, accetta di produrre una serie di Buffy. Questa volta con protagonista la ben più efficace Sarah Michelle Gellar e questa volta è tutta un’altra storia. Eppure, anche in questo caso l’inizio non è subito folgorante. La prima stagione di Buffy è carina, ma non ancora del tutto straordinaria. Whedon evidentemente è uno lento a carburare. Ma quando lo fa, non ci sono ca**i che tengano per nessuno. Dalla stagione 2, Buffy conquista del tutto, grazie anche all’amore tormentato tra la cacciatrice di vampiri e un vampiro vegetariano, Angel, che ispirerà suo malgrado i vari succhiasangue della nuova generazione, da Twilight a The Vampire Diaries fino a True Blood, molto più di quanto fatto dall’ormai pensionato Dracula. E forse, ma solo forse, persino più del mitico Conte Dacula.



(ecco un video di quando Canale 5 proponeva ancora programmi decenti)

Buffy nel corso delle sue sette pazzesche stagioni ha rivoluzionato il genere vampiresco, ma pure quello teen, ma ha pure proposto personaggi nerd in una maniera approfondita e lontana degli stereotipi come mai prima, ma ha pure proposto con coraggio (e venendo censurata dalla bacchettona Italia 1) la tematica lesbo anticipando persino The L Word, ma ha pure dato nuova linfa e idee al mondo dei supereroi (perché Buffy è a tutti gli effetti una supereroina), ma ha pure regalato alcuni degli episodi più memorabili nella storia della tv.
Tanto per citarne uno, L’urlo che uccide (Hush), della stagione 4. Un episodio che è un omaggio al cinema muto stile The Artist solo anni prima di The Artist e in cui tutti gli eventi clou e le vicende della stagione raggiungono il loro climax, il tutto senza l’uso di parole. Che parola usare allora per qualcosa del genere se non: geniale?


Qualcosa del genere avviene anche con l’episodio probabilmente più celebre e imitato nella storia di Buffy, La vita è un musical (Once More, With Feeling), la puntata musical della sesta stagione. Siamo nel 2001, prima del successo di Moulin Rouge, prima degli Oscar a Chicago, molto prima di Glee, e il musical è un genere morto, che nessuno si fila e a cui nessuno darebbe una minima opportunità. Soprattutto in televisione. E invece l’episodio si rivela un successone, le canzoni composte dallo stesso Whedon all’esordio musicale con la collaborazione del compositore della serie Christophe Beck sono davvero notevoli, e tutti i nodi principali della stagione vengono al pettine proprio grazie ai brani interpretati dagli attori. Tra cui James Marsters, il vampiro Spike, ovviamente in versione Billy Idol, e Sarah Michelle Gellar, che ha una voce davvero strana. Non brutta, non bella. Solo strana. Da lì in poi, il musical risorgerà a nuova vita e pure in tv diventeranno tutti pazzi per il genere, da serie come Glee e Smash, fino agli episodi musicali di Scrubs e Grey’s Anatomy, per arrivare persino all’Italia con Tutti pazzi per amore.

Tra le puntate più belle e toccanti c’è poi stata anche quella della morte della madre di Buffy, Un corpo freddo (The Body) della stagione 5, in cui l’orrore del soprannaturale cui la serie ci aveva abituati fino ad allora scompare, in favore di un realismo nudo e crudo del tutto raggelante.

Ma il punto di forza principale di una serie come Buffy, insieme a Twin Peaks e Lost sicuramente uno dei telefilm più importanti e che più ha cambiato il mondo della televisione (così come quello del cinema), è l’ironia. Oggi può suonare come una cosa normale, però a fine anni ’90 non lo era tanto. La maggior parte delle serie tv si prendeva ancora troppo dannatamente sul serio. Buffy ha invece portato una ventata di freschezza tutta nuova, con riferimenti molto nerd e geek ai fumetti, così come al soprannaturale vissuto a 360 gradi, riflettendo e giocando allo stesso tempo sul suo essere un prodotto di fiction. In cui tutto può succedere, persino cose del tutto nonsense.
All’inizio della stagione 5, ad esempio, sbuca fuori dal nulla il personaggio di Dawn Summers, la sorellina di Buffy, e per tutti gli altri personaggi è come se lei ci fosse sempre stata. Cosa che portava lo spettatore a chiedersi: “Ma che ca**o sta succedendo qui?”. Solo successivamente e con calma veniva spiegato cosa diavola stava succedendo lì.
Whedon insomma si è divertito a sorprendere e a lasciare senza riferimenti il suo pubblico spesso e volentieri all’interno di Buffy, cosa che ha ripetuto alla grande con Quella casa nel bosco, dove non gli è interessato tanto fare un film horror. Nonostante sia un grande, grandissimo horror, Quella casa nel bosco è anche e soprattutto una riflessione sulla narrazione. Sul cinema. Sul guardare e sull’essere guardati. Sui reality-show, senza parlare in maniera diretta dei reality-show. Jossh Whedon ancora una volta ha fatto un prodotto di genere, apparentemente diretto soprattuto ai nerd, ai fan della sci-fi, del fantasy e dell’horror, e ancora una volta ha realizzato un prodotto che in realtà parla pure di altro e affronta tematiche alte con una leggerezza e un divertimento unici.

Benché Buffy sia la sua creatura più celebre, Whedon ha inoltre realizzato altri lavori maledettamente interessanti. Se la serie Firefly e la sua versione cinematografica Serenity me li sono persi perché troppo startrekkosi per i miei gusti, non mi sono invece fatto sfuggire la mini-serie in 3 soli episodi realizzata per il web Dr. Horrible’s Sing-Along Blog con Neil Patrick Harris. Una storia pure questa contaminatissima tra generi vari, musical + supereroi + commedia + nuove tecnologie, e una storia pure questa geniale. Potete recuperarla in rete velocemente, la durata totale è di circa un’oretta.


Prima di approdare nei lidi dorati di Hollywood con The Avengers, la pellicola di maggiore incasso di tutti i tempi escludendo quelle girate da quel furbone di James Cameron (ovvero Avatar e Titanic, se negli ultimi 15 anni aveste vissuto su Pandora anziché sulla Terra), Joss Whedon ha però tirato fuori un’altra serie. Notevolissima quanto sottovalutatissima. Parlo di Dollhouse.
Come per Buffy, la partenza si è rivelata un po’ in sordina ma poi, episodio dopo episodio, è cresciuta in maniera esponenziale. Al contrario di Buffy, purtroppo, non ha mai riscosso un grande successo ed è stata cancellata dopo appena 2 stagioni. 2 stagioni parecchio interessanti che vi consiglio di recuperare.
Perché?
Perché è una figata, e poi perché Dollhouse è il riferimento principale per Questa anzi per Quella casa nel bosco. Il tema fondamentalmente è infatti lo stesso: siamo noi che decidiamo il nostro destino, o c’è qualcuno dietro che ci pilota, che ci guida?
Una tematica universale e antica quanto il mondo, che spinge molte persone a trovare una risposta nella Fede, qualunque nome dia al suo Dio, e che spinge invece i più geek come Whedon a cercarla nel cinema, nelle serie tv, nel racconto di fiction.
In Dollhouse, un gruppo di uomini e donne di bell’aspetto venivano “noleggiati” da dei facoltosi clienti per farne ciò che volevano, per realizzare le loro fantasie più profonde e perverse. Erano delle specie di prostituti di ingeniosa e raffinata concezione, in pratica. Per ogni cliente, alla persona/bambola veniva impiantata una nuova personalità con delle caratteristiche specifiche e a ogni nuova lavoro la loro memoria veniva resettata. Fino a che qualcuno di loro non capiva che forse c'era qualcosa di strano...
Dal cast di Dollhouse non a caso provengono un paio di attori, Amy Acker, già affezionata di Whedon dai tempi di Angel, lo spinoff di Buffy, e poi l’idolo indiscusso sia di Dollhouse che di Quella casa nel bosco, Fran Kranz. Mentre da Buffy è un piacerissimo rivedere, seppure in un minuscolo ruolo, Tom Lenk, il mitico Andrew del mitico Trio di super cattivoni super ridicoli.
Per quanto riguarda il resto del cast, segnalo anche la presenza di Jesse Williams da Grey's Anatomy, Chris Hemsworth al primo film interessante della sua carriera, e Kristen Connolly, che è la solita rossa whedoniana, erede della Alyson Hannigan di Buffy e della Felicia Day di Dr. Horrible's.

"Wow, questo è persino meglio di YouPorn!"
ATTENZIONE SPOILER
In Quella casa nel bosco, il “gioco” è differente eppure simile a quello di Dollhouse, con i personaggi che sono burattini nelle mani di qualcosa che sembra il destino, ma potrebbe essere qualcosa altro.
Ci troviamo di fronte a 5 personaggi che rappresentano uno stereotipo tipico del cinema horror: la verginella, il tipo serio e studioso, il tipo atletico, la zoccola e il nerd fattone. Raccontato così, il film potrebbe prendere una piega prevedibile. Potrebbe diventare il classico horrorino su un gruppo di ragazzotti che va in gita in una casa sperduta nel nulla e, come da copione, finisce massacrata brutalmente.
Un po’ è così, però è solo una parte. È solo un film nel film.
A questo punto, potrete pensare allora a una sorta di parodia del genere, alla Scream. Ancora una volta, avrete un pochino di ragione. Perché c’è anche questa componente.
Eppure, avrete pure torto, perché Quella casa nel bosco è anche altro. Molto altro. È cinema in continua evoluzione, che muta i suoi punti di riferimento, non lascia certezze. Sorprende e stupisce di continuo. Il tutto girato alla grande dall’esordiente dietro la macchina da presa Drew Goddard, un talento che Whedon si è coltivato da lunga data. Goddard ha infatti scritto la sceneggiatura di alcuni episodi di Buffy, tra cui uno dei più interessanti dell’ultima stagione (“Conversations with Dead People”), oltre a puntate assortite di Angel, Alias, Lost e aver realizzato lo script del valido Cloverfield.

Di più, preferisco non dirvi. Anche perché mi rendo conto di essermi dilungato a dismisura, per quanto abbia parlato più di Whedon che del film. Aggiungo solo: guardatelo e aspettatevi uno dei migliori e più originali horror degli ultimi anni. Ma non aspettatevi solo questo. Perché Quella casa nel bosco è grande cinema che riflette su se stesso e sulla vita e sul destino e sul libero arbitrio e su Dio.
Quella casa nel bosco è…
non mi viene in mente altra parola:
geniale.
(voto 9/10)

"E se poi ci infila dentro una scena così, va pure oltre il geniale!"



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