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venerdì 16 gennaio 2015

AMERICAN SNIPER, STAY AWAY FROM ME





Obiettivo avvistato. Ce l'ho nel mirino. Clint Eastwood questa volta non mi sfuggirà. Non può scapparmi ancora. Sono stato sempre fin troppo buono nei suoi confronti. Da quando Pensieri Cannibali è in attività ho esaltato Invictus persino al di là dei suoi reali meriti; ho salvato alla grande quel polpettone di J. Edgar nonostante fosse piuttosto noiosetto e avesse un trucco da spavento; ho trattato con i guanti quella brutta copia di Shyamalan che rispondeva al nome di Hereafter; più di recente ho regalato persino una generosa sufficienza a un film del tutto dimenticabile e banalotto come il musicarello Jersey Boys, ma adesso basta.
Chiamatelo se volete rispetto nei confronti dei vecchietti, per quanto di solito non mi faccia problemi nei loro confronti, gli Expendables ne sanno qualcosa, però adesso non è che posso graziarlo tutte le volte. Devo ricordarmi che sono pur sempre, o almeno lo ero, uno dei blogger cinematografici più spietati della rete. Sono stato addestrato a seguire il Lato Oscuro della Forza da Darth Vader, Blair Waldorf e Marilyn Manson, non posso continuare a deluderli. Ho avuto il vecchio Clint nel mirino ben 4 volte e non ho mai premuto il grilletto fino in fondo. Ce la farò questa volta?
Calma. Prima di arrivare a lui, ho da prendere di mira qualche altro obiettivo legato al suo ultimo film, American Sniper.


mercoledì 12 giugno 2013

BEAUTIFUL (CREATURES, NON LA SOAP OPERA)


Beautiful Creatures - La sedicesima luna
(USA 2013)
Titolo originale: Beautiful Creatures
Regia: Richard LaGravenese
Sceneggiatura: Richard LaGravenese
Tratto dal romanzo: La sedicesima luna di Kami Garcia e Margaret Stohl
Cast: Alden Ehrenreich, Alice Englert, Jeremy Irons, Emmy Rossum, Thomas Mann, Emma Thompson, Viola Davis, Margo Martindale, Eileen Atkins, Zoey Deutch, Kyle Gallner
Genere: teen fantasy
Se ti piace guarda anche: The Secret Circle, Le streghe di Eastwick, Kiki - Consegne a domicilio

Grazie. Per una volta grazie ai titolisti italiani, per non aver trasformato Beautiful Creatures in una citazione di Gianna Nannini. Grazie.
Grazie perché così la posso utilizzare io!
Anzi no, meravigliose creature sarebbe troppo scontato. Inoltre, sono riuscito a pensare a un titolo di post uno ancora più stupido: Beautiful (Creatures, non la soap opera).
Terribile, vero?
Pensandoci bene, credo di aver trovato la mia professione ideale: il titolista di pellicole straniere in uscita in Italia. Credete davvero non potrei fare peggio di quelli che hanno trasformato Eternal Sunshine of the Spotless Mind in Se mi lasci ti cancello? Non sottovalutatemi.
E poi il titolo Meravigliose creature non sarebbe stato del tutto appropriato al post, visto che questo film non è che sia così meraviglioso. Ma procediamo con ordine.

"Ammazza, che mattone. Che è, la versione completa della saga di Twilight?"
Beautiful Creatures è una di quelle pellicole che hanno cercato di venderci come il “nuovo Twilight”. Non si sa bene perché, visto che la maggior parte del pubblico al solo sentir parlare di Twilght sbianca più di Edward Cullen. Fatto sta che la saga pseudo vampiresca è stata una miniera d’oro a livello commerciale e quindi a Hollywood cercano di trovarne un erede. Si è parlato allora di Hunger Games, The Host, Warm Bodies e di questo Beautiful Creatures. Tutti film molto diversi tra loro e a loro volta piuttosto distanti da Twilight, accomunati più che altro dal fatto di essere tratti da romanzi teen all’incirca fantasy. Se Hunger Games si è rivelato un successo almeno negli USA persino superiore ai virginali vampirelli, agli altri due l’etichetta di “nuovo Twilight” ha portato più sfiga di quella di “nuovo Lost”. Quando una serie è stata definita il “nuovo Lost”, i risultati sono stati disastrosi. Menziono giusto FlashForward, The Event e Terra Nova. E ai “nuovi Twilight” non è andata meglio. Se Warm Bodies non ha sfondato e The Host si è rivelato un flop commerciale, Beautiful Creatures ha fatto persino peggio. In tutti i casi ci troviamo di fronte a filmetti teen senza grosse pretese, ma in tutti i casi almeno si evita di scadere nel ridicolo totale come per la saga con Robert Pattinson e Kristen Stewart.

"Sono bello, intelligente, sensibile, simpatico e non mi interessano le altre."
"Sì, ma un difetto ce l'avrai pure. Funziona tutto bene, lì sotto?"
Beautiful Creatures parte anche in maniera quasi beautiful. Sottolineo quasi. La sua dote maggiore è una notevole dose di humour volontario. Sottolineo volontario, come humour, non come quello esilarante ma del tutto involontario presente in dosi massicce in Twilight.
La prima parte del film scivola leggera come una teen comedy dalle tinte romanticheggianti. Il protagonista è il tipico ragazzo che nella realtà non esiste, ma può vivere soltanto nella mente (malata) di una donna. In questo caso, addirittura di 2 donne. La pellicola è infatti tratta da La sedicesima luna, prima parte della saga di The Caster Chronicles, scritta a 4 mani da Kami Garcia e Margaret Stohl. Il protagonista è bello, ma più che bello fascinoso, in più è simpatico, sensibile, non è superficiale e non pensa solo al sesso, è intelligente, acculturato, legge Kurt Vonnegut e Charles Bukowski, quando scopre che la tipa che frequenta è una strega, potenzialmente anche una strega cattiva, non dà di matto, non scappa a gambe levate ma se ne innamora ancora di più.
Sul fatto che le streghe esistano o meno nella realtà si può anche discuterne, però di certo un ragazzo di 18 anni del genere NON esiste da nessuna parte. Toglietevelo dalla testa. Manco nel mondo più fantasy possibile.

"Se i miei fratelli di Shameless mi vedono conciata così, me menano!"
Il film parte quindi da un personaggio del tutto di fantasia. L’umano, più ancora che la giovane streghetta. La giovane streghetta ha un destino simile a quello di Kiki nel film di Miyazaki di recente tornato nelle sale italiane. Soltanto che il suo noviziato non inizia a 13 anni, bensì a 16 quando scopre il suo futuro destino, ovvero se diventerà una strega buona o una strega cattiva come sua madre. Dopo una prima parte leggera e anche piuttosto frizzante, il film nella seconda parte si dirige quindi in territori dark e fantasy, perdendo ritmo, umorismo e precipitando nella noia. Peccato, perché con qualche sforbiciata qua e là, qualche personaggio secondario poco riuscito fatto fuori e una minore serietà nella parte conclusiva, ci saremmo potuti trovare di fronte a qualcosa di più avvincente.

Resta comunque una pellicolina teen fantasy guardabile, sebbene con un po’ troppa melassa mocciosa qua e là, e impreziosita da un cast nient’affatto malvagio. Ma se i nomoni importanti  Jeremy Irons, Emma Thompson e Viola Davis si limitano a svolgere il compitino, ed Emmy Rossum all’infuori della serie Shameless US dove è bravissima oltre che nudissima non riesce a trovare la parte giusta (si veda l’orripilante Dragonball Evolution), i più convinti e convincenti sono i due giovani protagonisti. Lei, l’australiana Alice Englert, con quel suo fascino da darkona non sembra la tipica sciacquetta alla Kristen Stewart, somiglia piuttosto a Mia Wasikowska, e in futuro potremmo ancora tornare a parlare di lei.

"Vieni cara, andiamo ad appendere un lucchetto come simbolo del nostro amore."
"Vuoi essere subito trasformato in un rospo?"
Il numero uno è però lui, il protagonista maschile. Quello che nella realtà non esiste, però Alden Ehrenreich invece esiste ed è talmente calato nella parte che ci fa quasi credere che qualcuno del genere possa esserci per davvero. Anche se di certo no, ragazze, mettetevi pure il cuore in pace. Alden Ehrenreich è il nuovo cocco di Francis Ford Coppola, che l’ha lanciato in Tetro - Segreti di famiglia e rilanciato in Twixt, e a breve anche in Stoker di Chan-wook Park a fianco di Nicole Kidman e della citata Mia Wasikowska. Insomma, se c’è un nome di un attore su cui puntare per il futuro, io faccio il suo, Alden Ehrenreich, anche se non ho la più vaga idea di come si pronunci.
Quanto al film, non sarà la meravigliosa creatura promessa dal titolo, ma non è nemmeno la merdavigliosa creatura che l’etichetta portasfiga di “nuovo Twilight” sembrava destinata ad appioppargli. Possiamo già gioirne.
Hurrah!
Beh, gioirne, ma con minore entusiasmo...
Hurrah!
(voto 6-/10)



domenica 23 ottobre 2011

Redstate sta finendo

Red State
(USA 2011)
Regia: Kevin Smith
Cast: Michael Angarano, Kyle Gallner, Nicholas Braun, John Goodman, Michael Parks, Melissa Leo, Kerry Bishé, Alexa Nikolas, Kaylee DeFer, Anna Gunn, Stephen Root, Kevin Alejandro, Kevin Pollack, Patrick Fischler
Genere: fritto misto
Se ti piace guarda anche: La casa dei 1000 corpi, Machete, South Park, Breaking Bad

Mi sono chiesto come mai non fossi un fan di Kevin Smith un sacco di volte. Okay, forse non un sacco di volte, ma solo una volta: questa volta. Comunque la cosa è piuttosto strana, visto che sembrerebbe avere tutte le carte in regola per piacermi: è un regista di culto uscito dalla scena indipendente, ha un umorismo politically scorrect che prende spesso di mira soprattutto la religione, i dialoghi dei suoi film sono infarciti di un sacco di riferimenti geek e in generale alla pop-culture. Eppure non mi ha mai convinto. Perché, perché?
Questo suo ultimo film, il cui pregio maggiore (e unico?) è proprio quello di NON sembrare un film di Kevin Smith, nonostante le differenze con il suo cinema precedente mi ha aiutato a capirlo. Forse.

Dall’esordio con Clerks ho sempre pensato che allo Smith fosse andata di culo. Con quel film ha infatti avuto un’idea davvero azzeccata: quella di girarlo in bianco e nero. Fosse uscito a colori, sono convinto sarebbe passato del tutto inosservato. Così invece con quel suo piglio finto amatoriale (ma nemmeno tanto finto) e con quel b/n finto intellettualoide assumeva i contorni del film finto artistico. Dopo quell’esordio fortunato (nel senso appunto che gli è andata di culo), Mr. Smith ha abbandonato la scena indipendente per darsi alle major.
Roba da gridargli: sei un venduto!
Peccato che tutti i suoi film pseudo commerciali si siano rivelati un flop dietro l’altro, nonostante la presenza di attori solitamente abituati a fare buone cose ai botteghini come i vari Matt Damon, Ben Affleck, Bruce Willis, Seth Rogen.
E così Smith si è buttato a fare una serie di commedie di medio livello, qualcuna guardabile, qualcuna quasi divertente, qualcuna pessima come Poliziotti fuori e quell’orrore di Jersey Girl, film che ha rischiato di stroncare la carriera di Ben Affleck, il quale però lì ha avuto l’illuminazione: se il mio amico Smith fa il regista, perché non posso farlo pure io? E lì Affleck ha trovato la sua vera strada, a differenza dell’amico Smith…

Dopo la lunga parentesi major, adesso Kevin Smith è finalmente tornato ora a fare un film indie. Cosa che, almeno da un punto di vista visivo, segna un punto a favore del regista, che però si ispira qui per stile in maniera un po’ troppo sospetta alla serie tv Breaking Bad, tra riprese a mano e lunghe scene lente che poi all’improvviso si accendono in lampi di violenza. Peccato non abbia nemmeno da lontano la stessa forza della serie, cui di certo Smith avrà dato un’occhiata molto attenta, considerando anche la presenza in una piccola parte di Anna Gunn, la protagonista femminile appunto di Breaking Bad.
Red State segna quindi una svolta totale, molto ambiziosa, per il cinema dello Smith. Pur tornando a riprendere in mano la spinosa tematica della parodia religiosa come in Dogma, questa è infatti la sua prima non-commedia, ma se si sa quale tipo di film non-sia, non si capisce invece bene che genere di film sia. La partenza è da teen horror puro, con tre liceali che in cerca di una scopata assicurata si affidano a Internet, alla versione porno di Facebook, dove beccano una MILF promettente. Arrivati alla roulotte della tipa, si trovano davanti una Melissa Leo che non è tutta ‘sta bomba sexy però si accontentano, peccato che la storia finirà per loro molto male…
Il film qui svolta, con una lunga e verbosa scena dedicata al sermone di un tizio di una setta che annoia come un qualunque altro sermone di una qualunque altra parrocchia. La parodia delle sette religiose è ammirevole, ma finisce per essere troppo esagerata e assurda per andare a colpire veramente il bersaglio e per attaccare realmente il bigottismo americano. Inoltre la tematica ricorda molto quella della seconda stagione di True Blood (la presenza di Kevin Alejandro, il boyfriend di Lafayette, conferma che Smith è probabilmente pure un True Blood-addicted), con la differenza che se lì la setta se la prendeva con i vampiri, qui il bersaglio sono gli omosessuali. E, non so bene perché, mi è venuta in mente anche una delle primissime puntate dei Griffin dedicata all’uomo in bianco, il capo di una setta altrettano fuori di testa.


Dopo abbiamo un’altra svolta nel film: entra in scena John Goodman, che porta con sé un tocco un po’ Coeniano, alla Fargo in questo caso, e un po’ alla Damages, serie da lui interpretata di recente. Quindi è la (s)volta di dare una spruzzata di splatter al tutto, visto che le intenzioni iniziali erano pur sempre quelle di fare un horror, e quindi ci mette dentro un bel massacro in stile film di Rob Zombie.
Il problema è che la pellicola è girata tutta con un tono profondamente ironico, eppure non si ride quasi mai. Ma pur non divertendo, questo tocco grottesco è comunque ben presente e impedisce di avere una visione davvero tesa o angosciante. Il risultato finale assomiglia così a una puntata di South Park (omaggiato ad esempio nella scena in cui lo sceriffo idiota uccide uno dei ragazzi in ostaggio), peccato non faccia (quasi) mai ridere e non possieda nemmeno lontanamente lo stesso livello di genialità.

Ci troviamo insomma di fronte a un gran calderone molto confuso in cui Kevin Smith sbatte dentro tutti i suoi pensieri sull’America contemporanea, fondendoci dentro anche le sue visioni, cinematografiche e soprattutto televisive, ma quello che ne esce è un fritto misto in cui c’è di tutto e di più, tranne una vera personalità. E se vanno apprezzate le buone intenzioni di criticare aspramente gli IuEsEi of America, allo stesso tempo Smith non ci dice fondamentalmente niente di nuovo.
La White America conservatrice è bigotta? Non sopporta i gay? Ama le armi e la violenza? Dopo l’11 settembre si sente in diritto di fare di tutto con la scusa della guerra al terrorismo?
Nooo, ma cosa mi dici mai, Kevin? Se non c'eri tu, non lo sapevamo proprio!
L’unico momento davvero riuscito è allora l’ultimissima scena, che mi ha strappato la prima (e unica) fragorosa risata della visione.
Red State si rivelerà allora un primo passo verso una nuova fase nella carriera del regista oppure, come lui stesso ha dichiarato, farà ancora un film (o forse un doppio film) sull’hockey e poi si ritirerà? Di certo non perderò il sonno la notte in attesa di una risposta, come forse invece faranno i fan dell’autore, una cerchia di seguaci, agguerriti e fedeli (quasi) quanto quelli della setta religiosa qui presa di mira.

Se la critica di Kevin Smith si perde dentro la sua stessa confusione mentale, a salvare (parzialmente) il film è un valido cast in cui spiccano un’inquieta e inquietante Melissa Leo, la bionda rivelazione Kerry Bishé, i due teen Michael Angarano e Kyle Gallner, un John Goodman ultimamente in gran spolvero e soprattutto un ottimo Michael Parks, attore ritirato fuori dal cassetto dal solito Tarantino in Kill Bill Vol. 2…
Ma hey, ecco qui la folgorazione! Ho capito perché non sono un fan di Kevin Smith. Quella del “copiare” è un’arte molto complicata e per maneggiarla bisogna fare molta attenzione: un’arte in cui Quentin con tutte le sue citazioni e omaggi è un Maestro assoluto, perché riesce a fonderle all’interno di un prodotto del tutto nuovo e personale; al limite opposto troviamo invece Zucchero, uno che più che citare saccheggia a man bassa e ultimamente tra l’altro lo fa dai Coldplay (gruppo che già nel “prendere in prestito” le idee da altri ci va giù pesante). Kevin Smith, purtroppo per lui, non riesce a raggiungere i livelli di Quentin. Neanche lontanamente, in questo che è un po’ il suo film Grindhouse non richiesto, visto che Tarantino e Rodriguez non l’hanno invitato a giocare insieme a loro. Per fortuna però non sprofonda nemmeno nella “zuccherata” totale. Almeno di questo rendiamogli atto.
E alla fine fa quasi tenerezza, lo Smith, perché con questo film ricorda un po’ il Kluivert quando era arrivato al Milan: gioca in attacco, ci prova, peccato non c’entri mai nemmeno una volta, manco per sbaglio, lo specchio della porta.
(voto 5/10)

martedì 28 settembre 2010

Nightmerd

Nightmare
(USA 2010)
Regia: Samuel Bayer
Cast: Jackie Earle Haley, Rooney Mara, Kyle Gallner, Katie Cassidy, Thomas Dekker, Kellan Lutz, Connie Britton, Clancy Brown
Links: imdb, mymovies

Si può considerare un film valido solo perché ci si identifica talmente tanto nei protagonisti, che come loro non si riesce a tenere gli occhi aperti? Peccato che ciò non avviene per paura di incontrare Freddy Krueger nei sogni, ma perché il film è davvero noioso, prevedibile e non tiene certo sulle spine.

Se si esludono gli effetti narcotici, da un remake (anzi reboot) come questo Nightmare 2.0 non si può che restare delusi. Chi si aspettava un horror al livello (o anche quasi) dell’originale troverà qui dentro ben poco di cui rimanere soddisfatto. In realtà io non contavo molto su questo, visto che di film su Freddy Krueger dopo il primo mitico firmato Wes Craven ne sono stati fatti un sacco e alcuni di livello davvero infimo, vedi l’ultimo Freddy Vs. Jason. Le mie aspettative erano però tutte riposte nel regista Samuel Bayer, qui al suo esordio cinematografico.
Samuel Bayer è l’uomo che ha praticamente definito gran parte dell’immaginario mio e di molti altri kids cresciuti negli anni ’90, avendo diretto “Smells like teen spirit” dei Nirvana (una rivoluzione sociale, più che un videoclip), “Bullet with butterfly wings” degli Smashing Pumpkins (la rabbia e il disagio esistenziale racchiusi in 4 minuti 4), e più recentemente il corto capolavoro “What goes around… Come around” con Justin Timberlake e Scarlett Johansson, più video per Garbage, Cranberries, Blind Melon, Metallica, Marilyn Manson, Green Day, My Chemical Romance…
Ecco, della magia che riesce a dare quest’uomo ai videoclip in Nightmare c’è ben poco, giusto i titoli di testa e poco altro. Ma cazzo se avrebbe potuto dare di più, perlomeno nei numerosi momenti onirici… Del suo approccio rock non c’è praticamente nulla e anche la colonna sonora latita. Speriamo quindi che il buon Bayer (niente a che fare con la casa farmaceutica) al suo prossimo impegno cinematografico abbia a disposizione un copione più interessante e magari più libertà creativa.

Samuel Bayer e i suoi sceneggiatori non sembrano essere stati attenti a lezione e non hanno preso appunti sui film dell’orrore del passato: non c’è infatti traccia degli horror politici anni ’70, pochissimo dagli splatterosi, forse un filo kitsch ma anche estremamente divertenti horror anni ’80, quasi niente dall’ironia post-Scream anni ’90 (c’è una sola battuta quasi divertente in tutto il film) e si cerca malamente di ricalcare il modello nippo-horror degli ultimi anni ripescando nel passato traumatico dei protagonisti. Di buono c’è giusto una fotografia curata e un approccio visivo interessante. Ma è davvero troppo poco.

Il cast racchiude alcuni idoli teen del momento, che però non sembrano essere particolarmente ispirati e a loro agio come scream kings & queens. Katie Cassidy come liceale è poco credibile, un po’ perché nel mondo della fiction l’abbiamo già vista come spregiudicata novella Amanda Woodward in Melrose Place, un po’ perché ha un fisico già (molto) ben definito e (probabilmente) rifatto non proprio da teenager di provincia nell’età dello sviluppo. Kyle Gallner con il suo pallore emo è già un esperto nel genere (ha fatto anche Jennifer’s Body e Il messaggero – The Haunting in Connecticut), mentre Thomas Dekker è già stato avvistato in Heroes e in Sarah Connor Chronicles e Kellan Lutz arriva dritto da Twilight.
A vestire i panni inquietanti (ma qui nemmeno troppo) del bel Freddy Krueger al posto dello storico Robert Englund troviamo stavolta Jackie Earle Haley, nominato agli Oscar per Little Children (film di cui ho recentemente parlato). Ci sono attori che fanno solo ruolo da macho, attrici incasellate nel genere commedia romantica; il rischio per lui è invece quello di rimanere intrappolato nella parte del pedofilo. E non è una bella cosa.

La più in forma del cast è allora la protagonista Rooney Mara, autentica rivelazione dell’anno che presto vedremo anche in The Social Network e più in là nella parte di Lisbeth Salander nella versione americana di Uomini che odiano le donne. È sicuramente lei la cosa migliore del film, insieme a una ultimissima scena che tira fuori tutto lo splatter tenuto a freno nell’ora e mezzo precedente.
Nightmare: dal (sonno) profondo della notte.
(voto 5-)

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