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giovedì 15 marzo 2012

L’arte di chiavarsela

Hip hipster hurrah!
Hip hipster hurrah!
Chi o cosa è un hipster?
Spesso, le immagini possono valere più di mille parole…




Comunque, se proprio necessitate di una spiegazione a parole, Wikipedia può correre in vostro aiuto:
“Hipster è un termine nato negli anni quaranta negli Stati Uniti per descrivere gli appassionati di jazz e in particolare di bebop. Si trattava in genere di ragazzi bianchi della classe media, che emulavano lo stile di vita dei jazzisti afroamericani. […] Norman Mailer descrisse gli hipster come esistenzialisti americani, che vivevano la loro vita circondati dalla morte - annientati dalla guerra atomica o strangolati dal conformismo sociale - e che decidevano di «divorziare dalla società, vivere senza radici e intraprendere un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell'io»
L'autore Frank Tirro, nel suo libro Jazz: a History (1977), definisce in questo modo gli hipster degli anni quaranta:
«Per l'hipster, Charlie Parker era il modello di riferimento. L'hipster è un uomo sotterraneo, è durante la seconda guerra mondiale ciò che il dadaismo è stato per la prima. È amorale, anarchico, gentile e civilizzato al punto da essere decadente. Si trova sempre dieci passi avanti rispetto agli altri grazie alla sua coscienza. Conosce l'ipocrisia della burocrazia e l'odio implicito nelle religioni, quindi che valori gli restano a parte attraversare l'esistenza evitando il dolore, controllando le emozioni e mostrandosi cool? Egli cerca qualcosa che trascenda tutte queste sciocchezze e la trova nel jazz.»”

Oggi la parola “hipster” ha però assunto dei connotati differenti, come sempre Wikipedia docet:
“Il termine è stato riattualizzato negli anni novanta e duemila e ora designa giovani sulla ventina, di classe medio-alta, istruiti e abitanti dei grandi centri urbani, che si interessano alla cultura alternativa - “non mainstream” - come l'indie rock, l'elettronica, i film d'autore e le tendenze culturali emergenti. Si professano ottimi conoscitori della lingua inglese e amano appropriarsi dei codici delle generazioni precedenti, ammantandosi di un caratteristico stile rétro. Si servono in negozi di abiti usati (infatti rigettano l'attitudine “ignorante e incolta” del consumatore medio), mangiano preferibilmente cibo biologico, meglio se coltivato localmente, sono vegetariani o vegani, preferiscono bere birra locale (o prodotta in proprio) e amano girare in bicicletta. Spesso lavorano nel mondo dell'arte, della musica e della moda, e rifiutano i canoni estetici della cultura statunitense e anche la sessualità predefinita. Non vogliono essere catalogati e eludono l'attualità. Le uniche religioni che tutti gli hipster riconoscono come tali sono i pantaloni attillati e i Wayfarer.
Il termine è utilizzato in maniera contradditoria, rendendo difficile l'identificazione di una cultura precisa, perché essa è un mix di stili ed è in costante mutazione. La peculiarità degli hipster, infatti, è la volontà di essere “inclassificabili”. Professano come loro valori il pensiero indipendente, la controcultura, la politica progressista, la creatività, l'intelligenza e l'ironia, ma si tratta più che altro di una posa piuttosto che di una reale attitudine.”

E ancora:
“Gli hipster sono quelli che sogghignano quando dici che ti piacciono i Coldplay. Sono quelli che indossano t-shirt con citazioni tratte da film di cui non hai mai sentito parlare e sono gli unici negli Stati Uniti a pensare ancora che la Pabst Blue Ribbon sia un'ottima birra. Indossano cappelli da cowboy o baschi e tutto in loro è attentamente costruito per darti l'idea che non lo sia.” (dal Time del luglio 2009)

FINE del copia/incolla da Wikipedia, promesso!

Detto - o meglio riportato - tutto questo, io sto ancora cercando di capire se posso rientrare nella categoria hipster o no. Per alcuni aspetti sì, per altri meno. Ma in quanto genere inclassificabile, quasi chiunque alla fine della fiera può essere considerato un hipster.
Sì, anche tu che odi la parola hipster.
E sì, pure tu che non pensavi saresti stato mai considerato un hipster. Proprio tu potresti essere ancora più hipster di chi si crede hipster. Perché cosa c’è di più hipster del non considerarsi hipster?
Ho creato tutta quest’introduzione lunghissima che fa molto hipster per parlare di un film di cui in realtà non ci sarebbe poi molto da dire, se non che è un filmetto hipster con un protagonista molto hipster.


Scazzo, raga?
L’arte di cavarsela
(USA 2010)
Titolo originale: The Art of Getting By
Regia: Gavin Wiesen
Cast: Freddie Highmore, Emma Roberts, Michael Angarano, Elizabeth Reaser, Alicia Silverstone, Sam Robards, Blair Underwood, Rita Wilson
Genere: hipster
Se ti piace guarda anche: Fa’ la cosa sbagliata, Igby Goes Down, Roger Dodger, L’amore che resta, The Good Girl, Tadpole

Vi siete mai chiesti perché da Il giovane Holden non è mai stato tratto un film?
Io sì. Roba da pensarci intere giornate o giù di lì.
Per prima cosa è uno di quei romanzi talmente letterari che portati sullo schermo non renderebbero allo stesso modo. Una cosa che però veniva detta ad esempio anche di American Psycho o del Signore degli anelli, ma alla fine le loro trasposizioni cinematografiche si sono rivelata piuttosto riuscite. Se il Signore degli anelli ha fatto il pieno di incassi, Oscar e consensi, nel caso di American Psycho la pur valida Mary Harron non ha reso tutta la stessa inquietante ambiguità e forza delle parole di B.E. Ellis, ma il suo tentativo non è stato comunque affatto disprezzabile.
Insomma, l’antifilmabilità di un romanzo non ha mai fermato nessuno dal realizzare un adattamento filmico.
Se il più grande romanzo americano del ‘900 non è diventato una pellicola, è allora probabilmente dovuto all’ostracismo di J.D. Salinger nei confronti del cinema, come si evince con facilità fin dalla primissima pagina dello stesso Giovane Holden: “Se c’è una cosa che odio sono i film. Non me li nominate nemmeno.”
"Ma secondo te Cannibal è hipster oppure no?"
In seguito alla morte del grande autore, sembra però essersi aperta la caccia ai diritti da parte delle varie multinazionali cinematografiche. Il Romanzo per eccellenza diventerà presto un film?

Per quanto non esista (finora) un adattamento ufficiale, Il giovane Holden ha vissuto sul grande schermo attraverso una moltitudine di personaggi a lui più o meno ispirati. Tra gli altri posso citare Igy Goes Down, Un giorno questo dolore ti sarà utile, Tadpole, Jake Gyllenhaal in The Good Girl, Chapter 27 (con l’assassino di John Lennon ossessionato oltre che dal Beatle pure dal romanzo di Salinger), se vogliamo anche una buona fetta del cinema di Wes Anderson, più Roger Dodger e Il calamaro e la balena, entrambi con Jesse Eisenberg. Se si facesse davvero una pellicola sul giovane Holden, il candidato numero uno per la parte per me sarebbe lui: Jesse Eisenberg.

"E' tutto il giorno che ci penso e ho concluso: Cannibal è più pirlster che hipster!"
A queste pellicole più o meno salingeriane, si aggiunge ora questo L’arte di cavarsela. Il protagonista è un tipo molto hipster, in più o meno tutti i vari sensi che nell’intro al post abbiamo visto. George è infatti un teenager apatico a cui non frega niente di seguire i dettami della società, di andare bene a scuola per poter entrare in un buon college, ottenere un lavoro ben pagato e condurre una decente quanto ordinaria vita borghese. George vorrebbe di più, ma non sa nemmeno lui cosa. Ok, ho descritto un teenager tipico, più che uno atipico. In più lui sembra vagamente interessato al mondo dell’arte per via della sua passione per la pittura e per via di un suo nuovo (unico?) amico. Anche se la cosa che (giustamente) sembra attirare di più la sua attenzione è una ragazza, Emma Roberts, figlia di Eric Roberts nonché nipotina di Julia Roberts, che si è già segnalata in altri film ad alto potenziale hipster come 5 giorni fuori e l’horror hipster Scream 4.
Tra loro inizia un rapporto di amicizia barra amore barra un misto tra le due cose e tutto il film è un po’ così: confuso su quale direzione prendere.

"Saremo noi vecchi, ma anche dopo questo "illuminante" post
non l'abbiamo mica capito cus'è  'sto hipster... Una malattia o un virus?"
Come il protagonista, il poco convincente Freddie Highmore (già bimbo piagnucolone di Neverland), rimane eternamente al bivio, incapace di scegliere. Sarebbe potuto essere un film più comico, se si fosse tentata la strada di una maggiore ironia. Sarebbe potuto essere un film più drammatico e toccante, se come in L’amore che resta si fosse giocata la carta della malattia terminale di qualcuno dei personaggi. Sarebbe potuto essere un film più estremo, se ci si fosse diretti sulla via del sesso droga e rock’n’roll. Invece di sesso ce n’è pochino, di droga giusto un accenno e di rock’n’roll manco a parlarne. Appena una manciata di pezzi indie.
Sprecata poi la presenza in un minuscolo ruolo di Alicia Silverstone, lei sì vera hipster ante litteram ai tempi dei video degli Aerosmith e del cult Ragazze a Beverly Hills, e presente in questo film con look nerd e occhialini molto... yes, hipster!
L’arte di cavarsela finisce per rimanere nel limbo di quelle pellicole troppo deboli per risultare cult e allo stesso tempo troppo deboli pure per dare fastidio, e risulta più che altro un’occasione persa per realizzare il film manifesto hipster degli Anni Zero.
Il giovane Holden l’avrebbe odiato. Così come tutti i film. Non nominateglieli nemmeno.
(voto 6-/10)

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