Parenthood
(serie tv)
Rete americana: NBC
Rete italiana: Mediaset Premium, da dicembre
Genere: famigliare
Creata da: Jason Katims (“Roswell”)
Cast: Peter Krause, Lauren Graham, Erika Christensen, Dax Shepard, Monica Potter, Mae Whitman, Sarah Ramos, Max Burkholder, Miles Heizer, Craig T. Nelson, Bonnie Bedelia, Joy Bryant, Minka Kelly
Se ti piace guarda anche: Life Unexpected, Una mamma per amica, Modern Family
In questi giorni ho cominciato a seguire una nuova serie tv, con la scusa di doverne scrivere un articolo per il prossimo numero di
Telefilm Magazine. E, come con tutti i telefilm addictive che si rispettino, mi sono trovato a rimanerne assuefatto.
Mi sono avvicinato a “Parenthood” con un po’ di diffidenza, mi sembrava l’ennesima serie famigliare (e qui in Italia di storie famigliari ne abbiamo a basta) con un paio di attori validi ma comunque riciclati (Lauren Graham da “Una mamma per amica” e Peter Krause da “Six Feet Under” e “Dirty Sexy Money”) e una storia basata su un film del 1989 che nemmeno ho mai visto intitolato in originale “Parenthood” e da noi diventato “Parenti, amici e tanti guai”. Eppure, nonostante le premesse non eccelse, la serie tv-droga funziona.
In questo nuovo “Parenthood”, Lauren Graham ha finalmente mollato quella scassamaroni secchiona di una Rory Gilmore in mezzo alla strada e ha due nuovi figli, con cui non ha un rapporto altrettanto bello. E viva Dio, per quanto i dialoghi tra Lorelai e Rory in Una mamma per amica fossero spesso davvero brillanti, almeno qui abbiamo qualche bel conflitto. La nuova figlia che si ritrova, interpretata dalla promettente Mae Whitman, è infatti l’esatto opposto di Rory: va male a scuola, fuma, è una ribelle quasi tossica, quasi dark, quasi emo, con qualche chilo sopra la media delle attrici anoressiche e un volto incredibilmente da adulta. Ah, dimenticavo: in questa serie Lauren Graham oltre a due figli ha quasi 40 anni, nessun lavoro, zero soldi, un divorzio alle spalle ed è quindi costretta a tornare a vivere con i suoi genitori… Bella sfiga!
L’altro personaggio che rende la serie più interessante del solito è il figlioletto di Peter Krause, cui viene diagnosticata la sindrome di Asperger, una forma di autismo che lo fa vivere in un mondo tutto suo ma che lo rende anche estremamente intelligente e dotato in alcuni campi. La serie mostra le difficoltà di una famiglia nell’affrontare una “situazione” (come tutti la chiamano) del genere senza patetismi o menate varie.
Nel resto del cast oltre alle superstar tv Graham & Krause si segnalano anche la bionda glaciale Erika Christensen (era la figlia tossica di Michael Douglas in “Traffic”), con una bimbetta che non la caga minimamente e il fratello cazzone Dax Shepard (ha la stessa faccia di Zach Braff/J.D. di Scrubs), uno che si gode il suo stile di vita rock’n’roll e all’improvviso deve badare a un pargolo sbucato fuori da una vecchia relazione.
Quindi non è la solita serie famigliare? Non proprio, non esattamente, o forse sì. Forse ha dentro di sé il meglio delle buone serie famigliari: ovvero un intreccio di storie che toccano diverse generazioni e il difficile rapportarsi tra esse. Il punto di forza è proprio il complesso rapporto genitori-figli, trattato in maniera divertente, leggera a molto lontana dal catechismo di “Settimo cielo” . Ma la cosa che rende veramente riuscita questa serie tv è un’altra, quell’elemento che in un telefilm così come in un panino del McDonald’s o in una droga qualunque non deve mai mancare: creare dipendenza.
(voto 7)