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venerdì 2 dicembre 2016

The Gilmore Girls are back in town





Gilmore Girls: A Year in the Life
(mini-serie tv)
Creata da: Amy Sherman-Palladino
Regia e sceneggiature: Amy Sherman-Palladino, Daniel Palladino
Cast: Lauren Graham, Alexis Bledel, Kelly Bishop, Scott Patterson, Sean Gunn, Matt Czuchry, Liza Weil, Yanic Truesdale, Milo Ventimiglia, Danny Strong, Jared Padalecki, Melissa McCarthy, Julia Goldani Telles, Ray Wise, Mae Whitman, Jason Ritter, Peter Krause, Stacey Oristano, Jack Carpenter, Carole King
Genere: materno
Se ti piace guarda anche: Parenthood, This Is Us, A passo di danza (Bunheads), Girls


Cannibal Kid
Ciao Lorelai, come stai?
Guarda, senza pensarci ho fatto la rima!
Potrei comporre la nostra intera conversazione sotto forma di rap... però hey, forse non è una gran buon idea. Siamo mica nel musical Hamilton. Non vorrei poi che mi accusassero di averlo copiato. E poi negli ultimi tempi sto scrivendo un po' troppi post in rima e la cosa comincia a diventare ripetitiva. Come una serie che va avanti per un sacco di stagioni e a un certo punto sembra riciclare sempre le stesse idee. Viene a noia. Meglio prendersi una pausa e poi ricominciare dopo anni, quando nessuno ormai se lo aspettava più. O al limite se lo poteva giusto sognare. Come avete fatto voi Gilmore Girls, ricomparse all'improvviso su Netflix dopo 9 anni di assenza dagli schermi. Sai Lorelai, è un vero piacere rivederti dopo tutto questo tempo.

mercoledì 9 febbraio 2011

It's kind of a funny story: tipo una sorta di cult

It's kind of a funny story
(USA 2010)
Regia: Anna Boden, Ryan Fleck
Cast: Keir Gilchrist, Zach Galifianakis, Emma Roberts, Lauren Graham, Zoë Kravitz, Aasif Mandvi, Jim Gaffigan, Viola Davis, Thomas Mann, Jeremy Davies
Genere: matti da slegare
Se ti piace guarda anche: Qualcuno volò sul nido del cuculo, Si può fare, Youth in Revolt, Charlie Bartlett, Wonder Boys
Uscita italiana: ?

Trama semiseria
Un ragazzino di 16 anni arriva in ospedale annunciando di essere sul punto del suicidio. L’infermiera gli ribatte: “Cavolo, eppure mi sembra che il Festival di Sanremo non sia nemmeno ancora iniziato…” e il ragazzo risponde: “Già, però prova tu ad avere come mamma una mamma per amica e poi mi dirai”. Fatto sta che lo internano nel reparto psichiatrico dell’ospedale per adulti (il reparto minori è momentaneamente chiuso: hanno rinchiuso troppe fan stalker di Justin Bieber) e lì dentro farà amicizia con un sacco di persone interessanti e conoscerà pure una gran bella tipa. Insomma gente, basta con i villaggi vacanze: quest’estate si va tutti in manicomio!

Recensione cannibale
Questi sono i miei film. Una pellicola indie girata con non troppi soldi, ma nemmeno con troppo pochi soldi, una storia più o meno adolescenziale con un protagonista più o meno fuori di testa e più o meno con manie suicide. Una colonna sonora supercool con XX, Drums, “Where is my mind?” dei Pixies suonata al piano e musiche originali dei Broken Social Scene. Una regia che ogni tanto devia dalla routine per aggiungere animazioni e trovate alla (500) giorni insieme. Un film moderno per concezione e realizzazione. E soprattutto con un pizzico di follia inside che non guasta mai.

Il protagonista di questa funny story, anzi questa sorta di funny story, è il ragazzino gay della serie tv United States of Tara, quella in cui sua madre Toni Collette è una pazza totale con un sacco di personalità multiple. Questa volta è invece lui ad avere disordini mentali, ma poi nemmeno niente di così grave: è solo un adolescente sotto stress per le prove di ammissione nei college più esclusivi degli statiunitidamerica che sta vivendo un periodo di depressione. Tutto qua. Non ha subito particolari abusi sessuali quand’era piccolo, la sua famiglia è pressappoco normale, è leggermente sfigato, va bene, ma nemmeno sopra la norma. Allora cosa c’è che non va in lui? C’è solo una sorta di mal de vivre tipicamente contemporaneo e che non ha una precisa spiegazione. C’è solo che il mondo certe volte sembra un posto così strano e malato da viverci che anche noi ci sentiamo così. Strani e malati.

Paradossalmente, la cosa migliore per capire questo mondo fuori di testa è andare a vivere insieme a dei malati di mente: in questa funny story il nostro giovane protagonista finisce così praticamente internato nel braccio folle di un ospedale ed è qui che fa amicizia con lo squinternato Zach Galifianakis, sì proprio il simpatico cicciobombo cannoniere non dei Take That bensì di Una notte da leoni, Parto col folle e della serie tv Bored to Death. Sì, ecco il nuovo Jack Black solo con il cognome greco e un successo al botteghino decisamente superiore, visto che Black a parte School of Rock non ne ha più azzeccata una e il suo nuovo I viaggi di Gulliver ho davvero una gran paura a vederlo ma presto o tardi mi sacrificherò per voi e lo guarderò.

Tornando sui sentieri normali del post, cioè tornando alla follia del film, il ragazzino pazzo (ma non pazzo pazzo come Donnie Darko o come Natalie Portman ne Il cigno nero, solo un tizio moderatamente fuori) fa conoscenza anche con una sua affascinante coetanea suicide girl interpretata da Emma Roberts. Il cognome forse vi farà scattare un campanello d’allarme, visto che Emma è la nipotina non di Mr. Neutro Roberts, ma di Miss Julia Roberts. Ok, penserete che è la solita raccomandata e forse all'inizio è stata anche così e l’ha agevolata nella gavetta, però la ragazzetta dimostra di avere una personalità tutta sua e da qui in avanti può benissimo camminare con le sue gambe senza aiuti famigliari alla Checco Zalone. E a proposito di parenti dei famosi, nel film c’è anche la figlia di Lenny, Zoë Kravitz, niente male pure lei.

Forse non tutto in questa pellicola funziona al meglio, altrimenti staremmo a parlare di mio cult personale totale: c’è qualche trovata un po’ facile in fase di sceneggiatura, qualche personaggio di contorno schizzato è piuttosto stereotipato e il momento musicale sulle note di “Under Pressure” vorrebbe essere una figata ma perde il confronto con una scena qualsiasi di Glee.
Nel complesso però è un mio chiamiamolo mezzo-cult. Insomma, una sorta di funny story e insomma anche tipo una sorta di mio cult. Kind of.
(voto 7,5)

Canzoni cult: Maxence Cyrin "Where is my mind?", The XX "Intro"

giovedì 23 dicembre 2010

Le meglio serie tv 2010 - n. 13 Parenthood

Parenthood
(stagione 1)
Rete americana: NBC
Rete italiana: Joi
Creata da: Jason Katims (Roswell, Friday Night Lights)
Cast: Peter Krause, Lauren Graham, Erika Christensen, Dax Shepard, Monica Potter, Mae Whitman, Sarah Ramos, Max Burkholder, Miles Heizer, Craig T. Nelson, Bonnie Bedelia, Joy Bryant, Minka Kelly

Genere: famigliare
Perché è in classifica: ci sono personaggi talmente vari e di ogni generazione e carattere che è impossibile non riconoscersi in almeno uno di loro, dopodiché ci si affeziona anche gli altri come in una vera famiglia
Se ti piace guarda anche: Life Unexpected, Una mamma per amica, Modern Family

In pillole
Quattro fratelli: Lauren Graham (Una mamma per amica) dopo il divorzio torna con i suoi due problematici figli a vivere con i genitori pensionati; Peter Krause (Six Feet Under, Dirty Sexy Money) ha un figlio autistico e una figlia che ha appena scoperto i ragazzi e il sesso e per lui potete capire che la vita si fa quindi davvero dura; Erika Christensen (la tipa tossica di Traffic) è una glaciale avvocatessa che ha problemi con la figlia; Dax Shepard (un tizio uguale a Zach Braff/J.D. di Scrubs) è un farfallone che si ritrova a sorpresa con un figlioletto. Le loro vite misteriosamente si intrecciano... per forza, sono fratelli.

Pregi: crea dipendenza con grande facilità e tratta tematiche anche pesanti in maniera leggera
Difetti: non è poi niente di nuovo
Personaggio cult: il bambino autistico

Leggi la mia RECENSIONE

mercoledì 17 novembre 2010

Parenti perdenti

Parenthood
(serie tv)
Rete americana: NBC
Rete italiana: Mediaset Premium, da dicembre
Genere: famigliare
Creata da: Jason Katims (“Roswell”)
Cast: Peter Krause, Lauren Graham, Erika Christensen, Dax Shepard, Monica Potter, Mae Whitman, Sarah Ramos, Max Burkholder, Miles Heizer, Craig T. Nelson, Bonnie Bedelia, Joy Bryant, Minka Kelly
Se ti piace guarda anche: Life Unexpected, Una mamma per amica, Modern Family

In questi giorni ho cominciato a seguire una nuova serie tv, con la scusa di doverne scrivere un articolo per il prossimo numero di Telefilm Magazine. E, come con tutti i telefilm addictive che si rispettino, mi sono trovato a rimanerne assuefatto.
Mi sono avvicinato a “Parenthood” con un po’ di diffidenza, mi sembrava l’ennesima serie famigliare (e qui in Italia di storie famigliari ne abbiamo a basta) con un paio di attori validi ma comunque riciclati (Lauren Graham da “Una mamma per amica” e Peter Krause da “Six Feet Under” e “Dirty Sexy Money”) e una storia basata su un film del 1989 che nemmeno ho mai visto intitolato in originale “Parenthood” e da noi diventato “Parenti, amici e tanti guai”. Eppure, nonostante le premesse non eccelse, la serie tv-droga funziona.

In questo nuovo “Parenthood”, Lauren Graham ha finalmente mollato quella scassamaroni secchiona di una Rory Gilmore in mezzo alla strada e ha due nuovi figli, con cui non ha un rapporto altrettanto bello. E viva Dio, per quanto i dialoghi tra Lorelai e Rory in Una mamma per amica fossero spesso davvero brillanti, almeno qui abbiamo qualche bel conflitto. La nuova figlia che si ritrova, interpretata dalla promettente Mae Whitman, è infatti l’esatto opposto di Rory: va male a scuola, fuma, è una ribelle quasi tossica, quasi dark, quasi emo, con qualche chilo sopra la media delle attrici anoressiche e un volto incredibilmente da adulta. Ah, dimenticavo: in questa serie Lauren Graham oltre a due figli ha quasi 40 anni, nessun lavoro, zero soldi, un divorzio alle spalle ed è quindi costretta a tornare a vivere con i suoi genitori… Bella sfiga!

L’altro personaggio che rende la serie più interessante del solito è il figlioletto di Peter Krause, cui viene diagnosticata la sindrome di Asperger, una forma di autismo che lo fa vivere in un mondo tutto suo ma che lo rende anche estremamente intelligente e dotato in alcuni campi. La serie mostra le difficoltà di una famiglia nell’affrontare una “situazione” (come tutti la chiamano) del genere senza patetismi o menate varie.
Nel resto del cast oltre alle superstar tv Graham & Krause si segnalano anche la bionda glaciale Erika Christensen (era la figlia tossica di Michael Douglas in “Traffic”), con una bimbetta che non la caga minimamente e il fratello cazzone Dax Shepard (ha la stessa faccia di Zach Braff/J.D. di Scrubs), uno che si gode il suo stile di vita rock’n’roll e all’improvviso deve badare a un pargolo sbucato fuori da una vecchia relazione.

Quindi non è la solita serie famigliare? Non proprio, non esattamente, o forse sì. Forse ha dentro di sé il meglio delle buone serie famigliari: ovvero un intreccio di storie che toccano diverse generazioni e il difficile rapportarsi tra esse. Il punto di forza è proprio il complesso rapporto genitori-figli, trattato in maniera divertente, leggera a molto lontana dal catechismo di “Settimo cielo” . Ma la cosa che rende veramente riuscita questa serie tv è un’altra, quell’elemento che in un telefilm così come in un panino del McDonald’s o in una droga qualunque non deve mai mancare: creare dipendenza.
(voto 7)

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