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"Ti prego, Cannibal: sii buono con questo film, se no Ford si mette a piangere!" |
J. Edgar
(USA 2011)
Regia: Clint Eastwood
Cast: Leonardo DiCaprio, Judi Dench, Armie Hammer, Naomi Watts, Josh Lucas, Ed Westwick, Damon Herriman, Dylan Burns, Jordan Bridges, Geoff Pierson, Dermot Mulroney, Lea Thompson, Jeffrey Donovan, Miles Fisher
Genere: biopic
Se ti piace guarda anche: The Aviator, Big Fish, The Iron Lady, I Kennedy, Nemico pubblico, Milk
John Edgar Hoover non era un bell’uomo. Era anzi un uomo piuttosto spaventoso. La scelta di Leonardo DiCaprio appare quindi già una scommessa, visto che fisicamente Leo, per sua fortuna, con J. Edgar non c’entra un cazzo. Con i miracoli del trucco si possono però modificare i divi a proprio piacimento, lo sappiamo bene. Charlize Theron è diventato un vero Monster, tanto per fare un esempio. Ed era piuttosto credibile nella parte, anche se non del tutto e l’Oscar è stato il solito regalo molto generoso dato dai membri dell’Academy a quegli attori che si fanno lo sbattone di sottoporsi a torture fisiche di vario genere.
Il problema arriva quando ti affidi a dei truccatori ridicoli, come in questo caso, ed è così che la credibilità va fin dall’inizio a farsi benedire. La grandezza sta nei dettagli, e qui non si tratta nemmeno di un piccolo dettaglio, visto che persino ai tempi di Cocoon si riusciva a fare di meglio. Per non parlare poi di una piccola produzione italiana come quella de I soliti idioti in cui il Nongio riesce a diventare un Nonvecchio parecchio verosimile. Dai cazzo, truccatori di J. Edgar!
(su questo
sito potete trovare le fonti di ispirazione per il trucco dei protagonisti)
Questa quindi è una pecca che mina fin dall’inizio la riuscita completa del film, però cerchiamo di andare oltre le apparenze.
Visto che l’abbiamo menzionato, torniamo all’argomento Theron. Gentili lettori del Sud Italia, non è un insulto nei vostri confronti, ma è solo il cognome di una splendida attrice. Questa qui sotto.
Sorry, ho sbagliato foto. Ecco Charlize Theron in tutto il suo splendore.
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"Ah truccatori, dovevate farmi sembrare vecchia, mica morta..." |
La Theron avrebbe dovuto avere la parte dell’interesse sentimentale femminile di J. Edgar nel film, salvo poi (forse) scoprire che J. Edgar era (forse) gay e quindi la sua parte non sarebbe stata (forse, anzi sicuramente) poi così rilevante all’interno del film. Il ruolo è passato dunque nelle mani sapienti di Naomi Watts. Naomi Watts che dopo Mulholland Drive, The Ring e 21 Grammi sembrava dovesse aprire Hollywood in due come una mela e poi è invece finita risucchiata nel pericoloso circolo vizioso di remake, filmetti e piccole particine come in questo caso. Un vero peccato perché di talento ne ha da vendere e il suo ruolo in J. Edgar è troppo minuscolo per renderle onore. E pure con lei il trucco non è stato molto generoso...
MA VA' A CAGARE, VA'!
Comunque passiamo al vero protagonista del film, anche perché il film prende, in teoria, proprio il suo nome.
Chi è l’uomo che odia di più i comunisti al mondo?
La risposta non è la più semplice. Non è infatti Berluscon de’ Berlusconi, che comunque occupa un secondo posto di tutto rispetto, bensì John Edgar Hoover.
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"Edgar era gai... e adesso sta con l'FBI" |
Hoover è stata una delle figure più controverse nella storia d’America, un uomo capace di frasi enfatiche degne del miglior, anzi peggior, Premier italiano sopra citato del tipo: “E se non l’avessimo fatto, lei forse sarebbe nato in uno stato comunista, anziché nel paese che lei oggi ama!”
Approcciarsi a un personaggio del genere è materia parecchio ostica, visto che dall'altra parte incontriamo il J. Edgar considerato un vero eroe americano o quasi. Hoover ha infatti diretto per una cinquantina di anni l’FBI, portandolo ad essere il servizio investigativo anti-crimine più famoso del mondo.
È ad esempio grazie all’FBI se nelle ultime settimane abbiamo assistito alla chiusura di tutti i vari servizi di film e serie tv in streaming online come Megavideo o dei vari comodi siti di upload come Megaupload, Multiupload, Hotfile etc.
Grazie tante, FBI e grazie tante J. Edgar!
Ma l’FBI ha fatto anche tante cose belle e buone che adesso non mi vengono in mente ma sono sicuro ci sono.
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"Pronto, Cannibal? Attento a ciò che dici che chiudiamo pure il tuo sito!" |
La lotta alle streghe anticomunista che ha portato vari registi a dover fuggire dagli Stati Uniti per trovare rifugio in Europa?
I pestaggi nei confronti degli afro-americani?
La cattura di Hannibal the Cannibal?
Tutte cose che nel film vengono messe in un angolino e si sarebbero potute approfondire meglio (a parte l'ultima fittizia cui sono stati dedicati già abbastanza film), tanto per dipingere un quadro più preciso dell’FBI e di J. Edgar.
La pellicola preferisce invece rendere onore ai suoi effettivi meriti, come aver introdotto un archivio per le impronte digitali e aver dato un peso maggiore alle prove scientifiche nella risoluzione dei casi. Senza di lui, in pratica, Grissom e soci oggi sarebbero dei signori disoccupati e i RIS ad esempio non sarebbero mai riusciti a risolvere casi come l’omicidio di Garlasco…
Come? Non hanno ancora trovato un colpevole? Tutti innocenti?
Scusate, ho sbagliato esempio.
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Una scena in anteprima da Cocoon 3 |
J. Edgar ha quindi portato avanti il buon nome dell’anti-crimine, contribuendo alla cattura di vari gangsters e all’omicidio di John Dillinger, come raccontato anche in Nemico pubblico. Quale sia stato e quanto sia stato effettivamente determinante il suo contributo è tutto da stabilire, così come la pellicola stessa mette in discussione.
Sebbene le ombre intorno a questa figura cardine della storia americana del Novecento fossero numerose e qui non vengano sviscerate tutte, il merito del film di Eastwood e soprattutto dell’ottima interpretazione di Leo DiCaprio è stato quello di aver dato umanità a un personaggio del genere. Un personaggio piuttosto odioso ma che aveva anche il pregio di non essere un lecchino, nemmeno nei confronti dei vari presidenti degli Stati Uniti che si sono succeduti durante il corso della sua presidenza dell’FBI. Diamogli atto di questo.
La pellicola può dunque essere letta fondamentalmente su due piani: quello storico e quello personale.
Per quanto riguarda la prima parte, il problema principale era quello di tenere in piedi un racconto il più possibile omogeneo nonostante la materia affrontata sia come abbiamo visto ostica e soprattutto vada a ricoprire un arco temporale molto lungo e con vari episodi cruciali del Novecento americano, dalle relazioni extraconiugali di JFK alla lotta ai gangster passando per il rapimento del figlio dell’aviatore
Lindbergh.
Una sfida molto impegnativa, rispetto a un film più “facile” come
Invictus, in cui Eastwood si trovava a raccontare un personaggio più apprezzato dall’opinione pubblica come Nelson Mandela e inoltre non aveva il compito di doverne raccontare l’intera vita, ma concentrarsi soprattutto su un singolo evento, i Mondiali di rugby del 1995.
La faccenda con J. Edgar si fa dannatamente più complessa, ma a dare un contributo fondamentale e a rendere il tutto comprensibile (o quasi) ci pensa la valida sceneggiatura di Dustin Lance Black, già premio Oscar per quella di Milk e quindi esperto nei biopic a tematica gaya.
Per coprire l’intera vita e carriera del protagonista, i piani temporali si sovrappongono gli uni agli altri, in un gioco ad incastri che assomiglia a una versione politica di Se mi lasci ti cancello. Giusto meno visionario e diretto in maniera molto ma mooolto più classicheggiante. Un gioco che ad alcuni spettatori potrebbe risultare complesso da seguire, ma che io ho trovato realizzato in maniera fluida. Tutto bene, allora? No, perché non vi è un vero e proprio crescendo di ritmo, come invece avveniva nella bella parte finale di Milk, e al tutto si preferisce donare un alone di mistero in stile Big Fish. Cosa che si addiceva perfettamente alle atmosfere favolistiche del film di Tim Burton, meno a una storia così storico-politica come quella raccontata da Clint.
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"Dio, se fai guarire mia mamma ti prometto che non vado più su quei
sitacci sconci tipo Pensieri Cannibali!" |
Mentre giocavamo a fare i recensori seri, dicevamo di due piani narrativi. Di quello storico/politico abbiamo parlato in abbondanza e speriamo di non avervi smaronato troppo. Se l’abbiamo fatto, ormai è troppo tardi per lamentarsi.
E perché, di grazia, stiamo parlando con il pluralis maiestatis? Proprio non lo sappiamo.
In ogni caso, il secondo piano è quello personale. Qui il film si gioca le carte più interessanti e lo fa pure in questo caso con meriti e demeriti.
A regalare una forte umanità al poco amichevole direttore di FBI di quartiere è il rapporto con la madre, interpretata da Judi Dench.
Parentesi Judi Dench. Purtroppo, negli ultimi giorni ha comunicato una brutta notizia sulle sue condizioni di salute: l’attrice 77enne è infatti stata colpita da una grave forma di maculopatia degenerativa che la dovrebbe portare in breve tempo alla cecità. Nonostante questo, la Dench ha annunciato l’intenzione di proseguire nella sua carriera recitativa. Chiudiamo questa (triste) parentesi J. Dench sottolineando come la sua interpretazione in J. Edgar sia superlativa.
Nel rapporto con la figura materna intravediamo un lato fragile di J. Edgar, intimorito e quasi schiacciato dalle sue parole, che gli fanno capire in maniera molto chiara di come non voglia un figlio diverso: “Meglio un figlio froscio che un figlio della Lazio!”, mi sembra gli dica in una scena. O qualcosa del genere…
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"Ma quanto siamo bromantici? Ehm, volevo dire... elegantici? |
E qui entriamo nella questione più spinosa e curiosa della figura di J. Edgar. Un uomo vecchio stampo come il super mega direttore galattico dell’FBI, era omosessuale?
Nel conflitto, nell’ambiguità che può scaturire da una faccenda così complicata ci si poteva tuffare a bomba per rendere il personaggio ancora più complesso. Il vecchio Clint timidamente, o forse per imbarazzo, pur affrontando l’argomento, preferisce allo stesso tempo mantenere un po’ le distanze.
Abbiamo assistito Eastwood affrontare di petto il tema dell’eutanasia in Million Dollar Baby e tenere con umorismo le redini del confronto razziale in Gran Torino, cose non certo scontate per un Repubblicano classe 1930. Eppure, di fronte alla tematica dell’omosessualità, il regista rimane pudico come una scolaretta che arrosisce di fronte alla parola pene.
Clint, se dico pene arrosisci? E la parola vagina? E cunnilingus? E se dico squirting?
L’aspetto gayo/bromantico della vicenda poteva quindi essere sfruttato meglio e con un po’ più di coraggio, anche perché regala le parti più emotivamente intense dell’intera pellicola.
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Lea Thompson in versione GILF agli Oscar |
Così come John Edgar Hoover, anche il film J. Edgar a lui dedicato è quindi contraddittorio, fatto di luci e ombre, aspetti positivi e meno positivi. Per questo si può considerare una pellicola che rende in pieno la figura che va a raccontare, a differenza di un film simile per approccio ma ben lontano per risultati come il pessimo
The Iron Lady su Margaret Thatcher, un’altra che certo non era una simpaticona.
Tra gli aspetti positivi come detto le notevoli interpretazioni di DiCaprio e della Dench, cui va aggiunta quella forse un po’ troppo forzatamente gaya di
Armie Hammer e un cast di contorno molto telefilmico. Una cosa notata anche con il precedente e meno riuscito
Hereafter: Clint deve guardare un sacco di serie tv o, se non altro, chi si occupa del casting per lui. In J. Edgar sfilano infatti in piccole parti
Ed Westwick di Gossip Girl, Geoff Pierson di Dexter e Jordan Bridges di Dawson’s Creek e Rizzoli & Isles. Ma magari è solo un caso.
Ciliegina sulla torta del cast:
Lea Thompson. Ai tempi di Ritorno al futuro era letteralmente la prima MILF ante litteram della storia. Anche se più che MILF forse si doveva definire Marty McFly un SILF (Son I’d Like to Fuck), visto che era lei a volersi fare suo figlio… Comunque sia, qui la ritroviamo ancora affascinante in versione GILF (Grandma I’d Like to Fuck). Ma, il destino bastardo le è proprio avverso: se in Ritorno al futuro ci provava con il sangue del suo sangue, pure qui ce l’avrà dura a conquistare Gay Edgar…
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"Ripeti ad alta voce, figliolo: sono un ottimo attore e devo smetterla
di recitare in quella cazzata di Gossip Girl!" |
Aspetti meno positivi del film sono una colonna sonora che rimane del tutto in secondo piano, per non dire che è quasi inesistente, e che invece sarebbe potuta essere utilizzata per rendere più immediati i passaggi tra i vari decenni.
Ma la pecca principale della pellicola è un’altra, oltre al pessimo trucco di cui parlavamo in apertura. E forse non è poi nemmeno questa grande pecca.
Per quanto i pezzi siano disposti con cura e Clint ci regali un affresco storico complesso e affascinante, il film non decolla mai del tutto e alla fine l’immagine di J. Edgar ne esce incompleta. Come un puzzle che ci è stato venduto difettoso, mancante di qualche pezzo, e che quindi passeremo tutta la vita a cercare di finire. Senza mai riuscirci.
(voto 7/10)