Visualizzazione post con etichetta lee daniels. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta lee daniels. Mostra tutti i post

venerdì 9 maggio 2014

THE PAPERBOY, UNA PISCIATA CI SALVERÀ




The Paperboy
(USA 2012)
Regia: Lee Daniels
Sceneggiatura: Lee Daniels, Peter Dexter
Ispirato al romanzo: Un affare di famiglia di Peter Dexter
Cast: Zac Efron, Matthew McConaughey, Nicole Kidman, David Oyelowo, John Cusack, Macy Gray, Scott Glenn, Nealla Gordon
Genere: trash thriller
Se ti piace guarda anche: Pazzi in Alabama, The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca
Uscita italiana prevista: in DVD e Blu-Ray dal 5 giugno 2014

Perché un film come The Paperboy è stato tanto massacrato dalla critica?
Non me lo so spiegare io.
ATTENZIONE SPOILER
Sarà mica per la sequenza in cui Zac Efron viene attaccato da un branco di meduse e Nicole Kidman gli piscia addosso, salvandogli così la vita e dimostrando che l’urina è davvero efficace in questo caso, nonostante qualcuno sostenga sia solo un falso mito?


O sarà forse per la scena di sesso “a distanza” in cui Nicole Kidman, ancora lei, mostra le sue parti intime vagamente alla Sharon Stone in Basic Instinct e John Cusack guardandola viene nelle mutande?


Oppure è perché John Cusack, così come ne Il ricatto e Il cacciatore di donne, si ostina a interpretare ruoli da cattivone che proprio non fanno per lui? È un po’ come Robin Williams quando a un certo punto della sua carriera aveva deciso che si era stufato di fare il pirla e s’era accaparrato due parti da villain in One Hour Photo e Insomnia. Lui tra l’altro se l’era ancora cavata piuttosto bene, però non sono i ruoli che più gli competono. Di sicuro, non sono i ruoli che competono a John Cusack, più convincente come protagonista di commedie che non di thriller.


O per caso a molti critici non è andato giù Zac Efron come protagonista? L’ex Troy Bolton di High School Musical è un attore ancora acerbo, è vero, e qui non offre un’interpretazione mostruosa, è vero anche questo. Allo stesso tempo, appare comunque piuttosto convincente nella parte del giornalista in erba che si infatua di quel vaccone di Nicole Kidman, finendo per esserne ossessionato. Un’attrazione un po’ dalle parti di quella del laureato Dustin Hoffman per la MILF Mrs. Robinson. Che poi The Paperboy non è Il laureato, è vero pure questo, ma non è nemmeno così schifoso come si dice in giro.


O ancora il film è stato tanto criticato perché ha una sceneggiatura confusa e confusionaria, che mette al suo interno tanta roba, troppa roba, senza approfondire davvero nessun aspetto? C’è una parte thriller, ma non è che sia così tesa. A tratti sembra di essere quasi dentro una versione trash di True Detective realizzata dalla The CW anziché da HBO. Un giallo ambientato nel Sud degli Stati Uniti in tipico stile Matthew McConaughey, qui più sottotono rispetto alle sue ultime spettacolari prove attoriali, solo condotto in maniera blanda, con ritmi sonnacchiosi e una vicenda gialla che non riesce a coinvolgere mai davvero.

"Ok, mi arrendo. Questo film non è al livello di True Detective.
Manco lontanamente..."

Più interessanti sono invece le altre questioni messe dentro il calderone. La tematica razziale, dopo tutto questo è un film ambientato nell’America di fine anni Sessanta, in cui il conflitto bianchi VS neri era più che mai incendiario, ed è pur sempre un film di Lee Daniels, il regista del valido Precious e del decente The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca, altro lavoro trattato malissimo dalla critica ma che in realtà non era malvagio. In comune con quest’ultima pellicola, The Paperboy ha la voglia di raccontare troppo, finendo per raccontare poco.
In The Paperboy vengono poi affrontati anche i rapporti famigliari, con il conflitto tra il protagonista principale Zac Efron e il padre, e la relazione più positiva con il fratello Matthew McConaughey. In più, giusto per non farsi mancare niente, è pure una pellicola romantica, a suo modo. Quella che può sembrare giusto  un’attrazione adolescenzial-ormonale di Zac Efron per Nicole Kidman è in realtà un amore profondo…

Naaah, vuole solo ciularsela, come tutti i personaggi di questo film a parte uno, che si scoprirà gay, ma non vi dico chi è…

No, a sorpresa non è Zac Efron che, nonostante la sua passione per il ballo, messa pure qui in mostra in una scena, non è gay. Alla fine, non è che a tutti quelli cui piace ballare sono gay. Prendiamo Roberto Bolle… Ehm, esempio sbagliato.
Prendiamo allora John Travolta…
Ehm, ok, come non detto. Comunque, nonostante balli, Zac Efron non è gay. Almeno, non in questo film.

"Nicole, mi sa che hai sbagliato film. Questo non è mica Nymphomaniac..."

Con un sacco di carne al fuoco, e con carne intendo soprattutto quella di Nicole Kidman, è ovvio che non tutto risulti cotto a puntino. Alcune scene vanno oltre ogni limite del buon gusto e del buon senso, appaiono del tutto gratuite e inutili per gli sviluppi della storia. La storia, narrata dalla cantante-attrice Macy Gray, perché a Lee Daniels piace tanto lavorare con cantanti-attori come anche Mariah Carey e Lenny Kravitz, è un gran pasticcio e non è nemmeno così interessante. I momenti più visionari sono girati malamente. I dialoghi più che divertenti appaiono spesso e volentieri ridicoli.
Eppure… eppure io un film pasticciato e pasticcione come questo non me la sento di odiarlo. The Paperboy è una porcheria e una porcata trash, però ha ritmo, una buona colonna sonora, si lascia seguire con un sorriso divertito dall’inizio alla fine, senza annoiare nonostante poggi su una trama thriller poco entusiasmante. È il classico film di cui è talmente facile parlare male che io non voglio farlo, perché The Paperboy fa schifo, ma uno schifo bello.
Vabbè, bello, adesso non esageriamo. Diciamo uno schifo bellino.
(voto 6+/10)

mercoledì 15 gennaio 2014

THE BUTLER – UN BLOGGER ALLA CASA BIANCA




Buongiorno badroni bianghi, cosa vi botere bortare?
Voi volere recensione di The Butler?
Lo so che voi aspettare già da un bo’, berò io essere imbegnato con classifiche di fine anno e boi essere imbegnato a servire un tibo abbastanza imbortante, uno che vive in una casa bianga, bianga come voi, e quindi scusare tanto se no trovare tembo ber fare recensione. Che boi non essere una di quelle recensioni fondamentali, amico. No si trattare di una di quelle che esaltare e consigliare di vedere il film a tutti i costi, e no si trattare nemmeno di stroncatura secca. Essere biuttosto una di quelle recensioni medie per una bellicola media che avere bregi e difetti e io boi berché barlare così? Io avere studiato in ottima scuola con voi bianghi e boi in questo film gente no barlare così, io confondere con Australia di Baz Luhrmann, quindi io ora smettere di barlare così, okay badroni?


The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca
(USA 2013)
Titolo originale: The Butler
Regia: Lee Daniels
Sceneggiatura: Danny Strong
Ispirato all’articolo: A Butler Well Served by This Election di Wil Haygood
Cast: Forest Whitaker, Oprah Winfrey, David Oyelowo, Cuba Gooding Jr., Terrence Howard, Yaya Alafia, Jesse Williams, Lenny Kravitz, John Cusack, Robin Williams, James Marsden, Minka Kelly, Liev Schreiber, Nelsan Ellis, Alan Rickman, Jane Fonda, Mariah Carey, David Banner, Alex Pettyfer, Vanessa Redgrave
Genere: servizievole
Se ti piace guarda anche: The Help, Forrest Gump

La prima cosa di una pellicola che salta all’occhio di un pubblico di bianchi sono i difetti. Ah, i bianchi, mai contenti di niente! Sempre a guardare il lato negativo delle cose. The Butler è un film di quelli che trattano una tematica impegnata, come lo schiavismo e il razzismo, è pieno di retorica, è un’americanata ruffianata, in pratica. Questo è un difetto, senza dubbio. Però al suo interno non ci sono solo difetti.
Gli attori sono bravissimi e questo potrebbe non sembrare un difetto, però forse un po' lo è perché sono di quel bravissimo perfetto per l’Academy e per i premi vari. Un bravissimo talmente perfetto che perfino l’Academy potrebbe non cascarci più, considerando ad esempio come ai Golden Globe il film a sorpresa sia stato ignorato alla grande. Ed è un peccato, perché Forest Whitaker offre una performance notevole, non ai livelli di Ghost Dog, che quello rimane un film che vale una carriera e pure una vita, però è comunque notevole. Molto più ad esempio del pessimo Tom Hanks del pessimissimo Captain Findus. E ancor più degna di nota è la non protagonista Oprah Winfrey. Sì, “quella” Oprah Winfrey. La presentatrice più importante e ricca della tv americana, qui davvero fenomenale nei panni vestiti in maniera dannatamente naturale della moglie di Forest Whitaker.


Stupisce pure una irriconoscibile Mariah Carey in un piccolo ruolo, mentre Lenny Kravitz si conferma caratterista di razza ed è ormai capace di far dimenticare di essere una rockstar sexy e desiderata in tutto il mondo. Al cinema anzi è proprio bruttarello. È più bello Forest.
Da tenere d’occhio poi la fighissima e stylosissima Yaya Alafia (anche nota come Yaya DaCosta), quella de I ragazzi stanno bene, e il giovane David Oyelowo, che ha la parte del figlio maggiore di Whitaker. È proprio nel rapporto padre/figlio, nello scontro tra due differenti generazioni e tra due differenti modi di essere “negro” che il film ha i suoi momenti più intensi ed efficaci. È qui che sta il cuore del film.


Forest Whitaker è il cameriere di colore che passa la sua vita al servizio dei bianchi. Vive dentro al Sistema ma, zitto zitto, contribuisce in qualche modo a cambiarlo. Se oggi alla Casa Bianca siede un uomo di colore è anche grazie a uno come lui. Dall’altra parte il figlio David Oyelowo è invece un rivoluzionario, un ribelle, una Black Panther, uno che non ci sta a servire l’uomo bianco, lo Zio Tom, sì badrone. È anche grazie a quelli come lui se oggi alla Casa Bianca siede un uomo di colore. È qui che il presunto buonismo della pellicola, molto evidente in superficie, comincia a non essere poi tanto evidente. A contribuire al cambiamento sociale, al Change, ci sono stati pure i movimenti violenti. Questo è ciò che suggerisce il film e non è che sia proprio un messaggio così ruffiano o politically correct, che ne bensate, badroni?
La vera mazzata offerta dallo script di Danny Strong, mitico Jonathan in Buffy – L’ammazzavampiri e goldenglobbizzato per l’ottima sceneggiatura del film tv HBO Game Change, è però un’altra. Il film paragona infatti in maniera esplicita la segregazione razziale americana ai campi di concentramento nazisti, una cosa che non si sente certo tutti i giorni in una grossa produzione hollywoodiana. Non ad esempio nel ben più ruffiano Forrest Gump, film che voi badroni bianchi tanto amare.

"Il mio nome è Forest Gum... volevo dire Forest Whitaker."

Peccato che non tutta la pellicola sia altrettanto coraggiosa. Non lo è ad esempio la regia di Lee Daniels. L’autore del notevole Precious sembra aver messo da parte la ferocia di quel film, potente non solo a livello di contenuti ma anche stilisticamente, e qui adotta una regia molto formale, molto piatta. È come se Lee Daniels fosse passato dall’essere un giovane ribelle nero incazzato, come David Oyelowo nel film, a un uomo maturo che cerca di convivere dentro il sistema giocando secondo le regole, come Forest Whitaker nel film. Ed è così che ha firmato una pellicola che a livello registico poteva osare di più e che a livello di contenuti ha qualche spunto non male ma poi a un certo punto è come se tirasse indietro la mano, mentre a livello emotivo non riesce a essere coinvolgente tanto quanto una pellicola che affronta una tematica simile come il più efficace The Help.

La sfida di un racconto diluito parecchio nel tempo come questo, si parte dagli anni ’20 e si arriva al presente, era ardua. La sceneggiatura di Danny Strong ne esce in maniera tutto sommato decente, considerando i quasi 100 anni da raccontare. Nel voler trattare una storia e una Storia tanto ampie e lunghe, a essere tratteggiati in maniera inevitabilmente superficiale sono i vari presidenti degli USA per cui il personaggio di Forest Whitaker lavora: John Cusack nonostante il nasone che gli hanno appiccicato in faccia non c’azzecca un granché con Richard Nixon, Robin Williams è un Eisenhower macchiettistico, James Marsden si sforza ma non è per niente un JFK convincente, Liev Schreiber come Lyndon Johnson si poteva evitare, mentre Alan Rickman come Ronald Reagan ci sta, così come Jane Fonda nei panni della moglie Nancy Reagan.


Tanto tempo, troppo tempo, troppi Presidenti, troppi decenni da raccontare, troppi cambiamenti epocali e parecchi ovviamente non trovano lo spazio che avrebbero meritato. Da una materia così complessa, sia a livello temporale che di contenuti, si poteva tirare fuori un disastro, invece The Butler riesce a portare il suo servizio a buon, diciamo discreto compimento. Il film non dice niente di troppo nuovo a parte il citato paragone schiavismo/nazismo, e ci racconta storie che già conoscevamo. Eppure si lascia guardare dall’inizio alla fine e alcuni momenti, per quanto noti, è sempre bello riviverli. Come l’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, un passaggio storico epocale almeno quanto il primo passo dell’uomo sulla Luna.

Si poteva, era legittimo pretendere un maggiore coraggio, certo. Ma a volte è meglio non strafare. A volte è meglio agire in maniera più composta, più sotterranea, e contribuire anche così a mutare le cose. C’è poco di rivoluzionario in un film come The Butler, però solamente un paio di passaggi di sceneggiatura per niente politically correct e scontati, come in questo caso, possono bastare. Le cose si possono cambiare pure così. Passo dopo passo. Presidente dopo Presidente. Film dopo film. Un pochino alla volta. Come fare Forest Whitaker in questo The Butler e come fare io, umile cameriere blogger al servizio di voi breziosi e illustri lettori bianghi di Bensieri Cannibali. Certo berò che una volta voi botere anche lasciare a me mancia, brutti badroni sbilorci!
(voto 6+/10)

mercoledì 1 dicembre 2010

Prezioso (mi spiace amici tamarri: è un post sul film Precious non sul Dj Prezioso)

Precious
(USA 2009)
Regia: Lee Daniels
Cast: Gabourey Sidibe, Mo’nique, Paula Patton, Mariah Carey, Lenny Kravitz, Angelic Zambrana
Genere: life is hard
Links: IMDb, mymovies
Se ti piace guarda anche: Winter’s Bone, Fish Tank, The Blind Side
Ho visto “Precious” parecchio tempo fa, visto che negli USA è uscito già da una vita mentre in Italia è stato distribuito nei cinema solo nell’ultimo weekend. Non lo dico per tirarmela, ma solo per segnalare come in rete oltre agli (pseudo) scoop di Wikileaks si possano anche trovare film in lingua originale (con sottotitoli italiani prontamente realizzati da qualche idolo e postati su siti come ItalianShare e ItalianSubsAddicted), senza dover per forza aspettare i porci comodi della distribuzione nostrana.
D’altra parte “Precious” è solamente un film osannato in patria, un caso mediatico e cinematografico premiato al Sundance che ha avuto 6 nomination agli Oscar portandosene a casa 2, sponsorizzato da Oprah Winfrey e definito il primo film dell’era “obamiana”. Vi sembra uno di quei film importanti da distribuire subito?
E poi anticipo che l’ho visto da parecchio anche per mettere le mani avanti se questa non sarà la mia solita recensione brillante (lo so, oltre a tirarmela sono pure modesto), però il film non è più così scolpito nella mia memoria.

Nonostante dalla visione sia passato del tempo, mi è però rimasto ancora un livido sullo stomaco. Perché questo film sa picchiare durissimo: “Precious” racconta la vita di Precious, una ragazzina afro “leggermente” sovrappeso nella Harlem degli anni ’80, un quartiere che certo non è il residenziale Wisteria Lane di “Desperate Housewives” (che oddio, la vita poi può essere un casino pure lì). Precious ha qualche difficoltà di apprendimento e quindi deve andare in una scuola per ragazze incasinate. Fosse solo quello il suo problema… Precious infatti ha anche due figli e li ha avuti dal padre che la stuprava. In più vive con una madre che la massacra di botte e le dà della puttana perché il padre preferiva scoparsi lei. Eh, lo so: life is sweet.

Da notare che la storia è girata dall’ottimo Lee Daniels come se fosse un incubo, perché una vita così altro non può essere, eppure ci regala anche squarci onirici poetici, vie di fuga videoclippare e lampi di speranza e di luce in un film altrimenti davvero black, in tutti i sensi.
In stato di grazia il cast, da una Gabourey Sidibe che però d’ora in poi avrà qualche difficoltà a scrollarsi di dosso un personaggio così pesante (chiedo scusa per la battutaccia), a una Mo’nique premiata con l’Oscar per il suo ruolo di “mamma dell’anno”. Lontani, lontanissimi dall’immagine proposta nelle loro clip musicali ci sono poi Lenny Kravitz e Mariah Carey (dimenticate quella merda di “Glitter”, qui se la cava bene).

Un cazzotto in pieno stomaco, che picchia forte e dopo del tempo ancora fa male. Ma anche un film pieno di voglia di vivere, di forza di volontà, di coraggio e dignità. Una lezione di vita davvero precious.
(voto 7/8)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com