Visualizzazione post con etichetta luca argentero. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta luca argentero. Mostra tutti i post

giovedì 7 febbraio 2019

Le nostre battaglie (cinematografiche)





Settimana molto minimal. Molto veloce. Molto short.
L'ospite della rubrica sulle uscite cinematografiche, chiamato a commentare i film in arrivo nei cinema italiani insieme a me e al mio consueto arcinemico Mr. James Ford, è Fabrizio Panzella, anche noto come The Mad Scientist. Non solo appassionato di cinema, ma pure filmmaker e videomaker e anche autore del blog (ultimamente purtroppo un po' trascurato) Short Stories. Essendo specializzato in cortometraggi, videoclip e un po' in tutte le forme di linguaggio visivo brevi, anche i suoi commenti sono short e quindi pure noi cercheremo di adeguarci. Peccato che già solo in questa intro mi sia dilungato troppo...

Via allora a questa velocissima puntata!


Il corriere - The Mule
"E schiaccia un po' sull'acceleratore, Ford!
Chi t'ha insegnato a guidare, quella signorina di Cannibal Girl?"

mercoledì 6 novembre 2013

BIANCA COME IL LATTE, MARRONE COME LA EMME




Bianca come il latte, rossa come il sangue
(Italia 2013)
Regia: Giacomo Campiotti
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci, Alessandro D’Avenia
Cast: Filippo Scicchitano, Gaia Weiss, Aurora Ruffino, Luca Argentero, Romolo Guerreri, Gabriele Maggio, Roberto Salussoglia, Pasquale Salerno, Michele Codognesi, Flavio Insinna, Cecilia Dazzi
Genere: italian teen
Se ti piace guarda anche: Come te nessuno mai, I liceali

Un film italiano decente è una notizia. Un film italiano teen decente è un miracolo.
Adesso parlare di miracolo per un filmetto come Bianca come il latte, rossa come il sangue forse, ma solo forse, è esagerato, però rende bene la situazione allarmante del nostro cinema e ancor di più della rappresentazione degli adolescenti nel nostro cinema, così come nelle nostre serie tv.
Perché, esistono delle nostre serie tv?
Fiction. Volevo dire le nostre fiction.
Nostre?
Volevo dire vostre. Io mica le guardo. A parte I liceali, che per qualche tempo ho seguito e sì, ancora me ne vergogno.

"Cosa vuoi che ti suoni?"
"Guarda, qualunque roba, basta che non sia un pezzo dei Modà."
Bianca come il latte, rossa come il sangue è un film pieno di difetti. È parecchio ingenuo, infantile se vogliamo, nella sua rappresentazione dell’amore romantico, però alla fine l’amore liceale un po’ è davvero così, quindi gli si può perdonare qualche esagerazione perché fa tenerezza. A livello cinematografico, poi, non ci troviamo certo di fronte a qualcosa di favoloso e la regia di Giacomo Campiotti è giusto un filo sopra alla media delle fiction televisive. Però se non altro è un filo sopra.
La colonna sonora invece è qualcosa di ingiustificabile. Qualcosa di agghiacciante.
Inserire una canzone dei Modà significa voler male agli spettatori.
Inserire due canzoni dei Modà significa odiare gli spettatori.
Inserire tre canzoni dei Modà significa voler vedere gli spettatori morti.
Tra l’altro, i brani dei Modà trascinati dall’insopportabile voce del leader Kekko (non provate a scrivere il suo nome senza le K che si mette a piangere), sono inseriti nelle tre scene chiave della pellicola, quelle che dovrebbero rappresentare i vertici emotivi e invece risultano dei vortici che ti trascinano nello sconforto più totale. Pretendere di commuovere con delle canzoni dei Modà è come suonare la Marcia funebre a un party. O è come suonare un pezzo di Laura Pausini mentre si fa all’amore. Ti s’ammoscia subito. Laura Pausini è l’anti-Viagra. E i Modà sono l’anti-sentimento, oltre che l’anti-musica. I Modà non fanno commuovere, al limite fanno venire una commozione cerebrale.
Questo è un limite non da poco, anche perché in un film teen la soundtrack riveste un ruolo particolarmente importante. È l’ossigeno che la fa respirare. E i Modà sono il gas nervino.

Oltre alla urticante presenza dei Modà in colonna sonora, anche l’inizio della pellicola non lasciava ben sperare:

Ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. Il bianco infatti è un colore che non sopporto: non ha confini. Passare una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio bianco, avere un capello bianco...

Ma per favore! Una di quelle frasone da far cascare le palle che sembrano uscite da un biscotto della fortuna cinese. Oppure da un libro di Federico Moccia. Invece no. Il film è tratto da un romanzo di Cristina D’Avenia.
Ok, non si chiama davvero così. Si chiama Alessandro D’Avenia, ma io non ce la faccio a non chiamarlo Cristina D’Avenia, o al massimo Cristino D’Avenia. È più forte di me. Non riesco a trattenermi, così come il cantante dei Modà non riesce a trattenersi dal gridare anziché cantare. La smetto di avercela con i Modà?
Quasi. Dico ancora che a questo punto in Bianca come il latte manca giusto la Marrone come la Emme, volevo dire la Emma, e poi la colonna sonora Marrone come un’altra cosa era completa.
Ma con tutto questo concentrarsi sui Modà, del film in sé ho già parlato?

Per ora mi sono concentrato sugli aspetti negativi che, come avete visto, non sono pochi e non sono da poco. Eppure non mi sento di bocciare il film. Perché? Forse perché mi sono rammollito? O magari perché in gran segreto i Modà mi piacciono?
No. Il merito della (parziale) riuscita della pellicola sta nell’evitare, dopo l’incipit, eccessive moccianate e bimbominkionate varie. E soprattutto sta nei personaggi, fatti vivere (ATTENZIONE SPOILER e in un caso morire FINE SPOILER) dai bravi attori arruolati dalla produzione.
Più che la bianca come un cadavere del titolo, interpretata dalla rusa de cavei Gaia Weiss, un pochino troppo anonima per stare al centro di tutta la storia, c’è da segnalare un’altra convincente prova da parte di Filippo Scicchitano, uno che suscita una naturale simpatia. Per dire, uno come Nicolas Vaporidis con quella sua faccia da schiaffi suscita una naturale antipatia. Scicchitano invece si conferma perfetto per i ruoli da teenager cazzaro ma con del potenziale, come già dimostrato in Scialla! (Stai sereno), altra pellicola teen italiana a sorpresa non del tutto da buttare. C’è poi da segnalare la gradevole rivelazione Aurora Ruffino, che è la classica ragazza del banco accanto di cui innamorarsi, ben più della rossa Gaia Weiss. E inoltre c’è anche un sorprendente Luca Argentero. Che fosse qualcosa di più di un ex recluso del Grande Fratello cerebroleso l’aveva già dimostrato in passato, ma qui supera la prova del fuoco, alle prese con il personaggio più rischioso della vicenda: il prof amicone del protagonista, un Robin Williams de ‘noantri che, con le sue frasi tratte da qualche libro pronte per tutte le occasioni, rischiava di scadere nel ridicolo. Con un po’ d’ironia, il personaggio riesce invece a non essere del tutto una cagata pazzesca, così come il film.

"Sto male. Ho un tumore alle orecchie. Grazie tante, Kekko dei Modà!"
Nonostante nella seconda parte la pellicola rischi di precipitare nei territori del melodramma melenso, non lo fa del tutto. Riesce persino ad affrontare tematiche non certo semplici come il rapporto con Dio, la malattia e la morte in maniera non dico profondissima, ma nemmeno così sciocca o stereotipata. Ogni tanto il film prende qualche sbandata, ci sono delle scenette riempitivo che si sarebbero anche potute evitare, non tutto funziona alla grande no no no, la vicenda si sviluppa in una maniera parecchio prevedibile, eppure non sono riuscito a odiarlo, questo film. Avrei voluto farlo, visto che sentivo puzza di moccianata da 3 metri sopra il cielo di distanza e visto che del romanzo di Cristino D’Avenia da cui è tratto avevo sentito parlare in maniera terrificante, ad esempio dallo Zio Scriba. E soprattutto perché una pellicola con i Modà protagonisti della colonna sonora non mi sarei aspettato di promuoverla. Certo, con delle canzoni non dico belle ma dico anche solo “normali” nei momenti chiave al posto di quelle dei Modà, sarebbe potuto uscirne qualcosa di più emozionante. Però accontentiamoci. Questo è il massimo che possono offrire i teen movie nostrani oggi. D'altra parte, non si può avere tutto dalla vita. Ad esempio, sarebbe bello se si potesse non morire. E sarebbe ancora più bello se si potesse non avere i Modà a rovinare un filmetto italiano altrimenti quasi degno di nota.
(voto al film 6/10
voto alla colonna sonora 0/10)



giovedì 13 giugno 2013

PAZZE DEL NONGIO? ALLORA SIETE DAVVERO PAZZE


Nongio tutto fare: qui in versione fusto da spiaggia...
Pazze di me
(Italia 2013)
Regia: Fausto Brizzi
Sceneggiatura: Fausto Brizzi, Federica Bosco, Marco Martani
Cast: Nongio Francesco Mandelli, Valeria Bilello, Loretta Goggi, Claudia Zanella, Marina Rocco, Chiara Francini, Lucia Poli, Paola Minaccioni, Maurizio Micheli, Gioele Dix, Flavio Insinna, Alessandro Tiberi, Pif, Fabrizio Biggio, Edy Angelillo, Luca Argentero
Genere: temino
Se ti piace guarda anche: Notte prima degli esami e qualsiasi altra infausta faustobrizzolata

Sindrome da temino. Questo è uno dei mali principali della commedia italiana odierna.
Se fosse un temino delle elementari, a un componimento come Pazze di me gli daresti anche un 7+, un buono, un B+ o che cazzo di voti si danno nella scuola di oggi. Come pensierino va più che bene, c’è una intro accattivante, uno svolgimento definito e una conclusione che rimanda alla intro. L’avesse scritto un bambino delle elementari, non potresti dirgli niente. Il giorno dell’incontro con i genitori, potresti pure suggerir loro di incitare il figlio a continuare a scrivere, che un giorno se si impegna potrebbe aprire un bel blog e fare concorrenza persino a Pensieri Cannibali. Se fosse un tema scritto da un bambino delle elementari, Pazze di me sarebbe un compito davvero degno di nota.

...e qui in versione sex symbol.
Fausto Brizzi però non è un bambino delle elementari. È un adulto cresciuto, ha 44 anni, ha esordito con una commedia piacevole come Notte prima degli esami che si è rivelata un successo clamoroso e un (quasi) cult adolescenziale. Dopodiché la sua carriera ha proseguito sui sentieri della commedia italica sentimentaleggiante stupidotta, d’altra parte da uno che si è fatto le ossa scrivendo le sceneggiatura per cinepanettoni come Merry Christmas e Natale sul Nilo, cosa aspettarsi?
Con questo nuovo Pazze di me, il Brizzi non Enrico ha scritto una nuova pagina del suo personale romanzo sui conflitti tra uomini e donne dopo i vari Ex, Maschi contro femmine, Femmine contro maschi e Com’è bello far l’amore. Il protagonista del film è un ragazzo che vive insieme a 7 femmine: sua mamma, tre sorelle, sua nonna, la badante extracomunitaria della nonna e una cagna. Ovviamente ci troviamo nella fiera degli stereotipi: mamma autoritaria, nonna rincoglionita, badante fissata con telenovelas e tv spazzatura, una sorella femminista, una sorella egocentrica e un’altra sorella puttanone, alla faccia della cagna. Ci sono in pratica un po’ tutti i tipi standardizzati di donna che girano intorno alla vita del vessatissimo protagonista, interpretato dal Nongiovane Francesco Mandelli.

"Allora, dottore, è un bimbo o una bimba?"
"Mi spiace, signorina: è un Nongio."
Io gli ho anche sempre voluto bene, al Nongio. Lo seguo dai suoi primissimi passi su Mtv. Lo seguo da Tokusho, per Dio! Ultimamente però sta diventando onnipresente e ha davvero fracassato los cojones. Mi spiace dirlo, ma è così. Come attore, il Nongio poi non regge. Eh, no. Un conto è fare il coatto Ruggero De Ceglie nei Soliti idioti che gli riesce bene, un altro conto è reggere come protagonista di una intera commedia romantica. Un ruolo che uno pensa sia facile e invece col cavolo lo è. Persino lo specialista Matthew McConaughey, che negli ultimi tempi ha dimostrato di essere un attore coi fiocchi, come interprete di romcom non aveva mica vita facile. Non è semplice per niente in pratica e per il Nongio, con la sua recitazione da spot televisivo, è un’impresa proibitiva.
Un poco meglio le interpreti femminili, che si ritrovano ahi loro a fare i conti con personaggi come accennato parecchio monodimensionali. La più promettente sembra comunque essere Chiara Francini, la sorella stronza ed egomaniaca, mentre le maggiori risatine (risate vere e proprie no) le provoca Paola Minaccioni nei panni della badante scansafatiche dell’Est. Il resto del cast è molto ggiovane e molto Mtv (vabbè, Loretta Goggi e Maurizio Micheli a parte), con le partecipazioni di Valeria Bilello, Pif e l’immancabile socio del Nongio, Fabrizio Biggio. Negli ultimi giorni si vocifera però che i due soliti idioti siano sul punto di separarsi, un po' come altre due idiote artiste come Paola e Chiara.
In più, ci sono pure l’ex GF Luca Argentero e Alessandro Tiberi, lo stagista di Boris che ha lavorato pure per Woody Allen. Prima di esclamare “E sticazzi!” vi ricordo che l’ha fatto per quella boiata di To Rome With Love.

Non è allora tanto male, questo Pazze di me. Come temino, non è da buttare nel cestino. Non è nemmeno da incollare al frigorifero tra i migliori componimenti scritti durante l'anno scolastico, però andrebbe più che bene. Questo però non è un temino. Dovrebbe essere Cinema. E, come film, si becca una bella insufficienza. Occhio, bimbo Brizzi, non importa che alle elementari quasi nessuno venga bocciato, tu sei sulla strada buona.
(voto 4--/10)



venerdì 28 ottobre 2011

C’è chi dice boh


C’è chi dice no
(Italia 2011)
Regia: Giambattista Avellino
Cast: Luca Argentero, Paola Cortellesi, Paolo Ruffini, Myriam Catania, Claudio Bigagli, Marco Bocci, Roberto Citran, Massimo De Lorenzo, Harriet McMasters Green, Edoardo Gabbriellini, Max Mazzotta
Genere: finto contro
Se ti piace guarda anche: Immaturi, Generazione mille euro, Tutta la vita davanti

Figli di papà. Chi non se l’è trovati tra le scatole, nel lavoro, a scuola e più in generale nella vita? (Ho detto figli di papà, in uno strano moto di politically correctismo, ma se preferite definirli figli di puttana siete liberissimi di farlo).
C’è chi dice no ci racconta la storia di 2 tipi (Luca Argentero e Paolo Ruffini) e una tipa (Paola Cortellesi) che si oppongono a questo sistema, a questo regime di nepotismo che affligge il mondo del lavoro, non esclusivamente in Italia, ma diciamo che da noi è il modello imperante e ci sguazziamo alla grande.
Perfetto, come non considerarli simpatici, persino eroici?
I tre uniscono le loro forze per abbattere questo sistema, con ognuno di loro impegnato a demolire il “figlio di papà” dell’altro. Per fare ciò, ricorrono però a tipici modelli all’italiana: lo stalking, le telefonate minatorie, l’assoldamento di extracomunitari per fare il lavoro sporco al posto loro, la (quasi) prostituzione maschile.
Vabbè, ma combattere un’ingiustizia con altre giustizie automaticamente porta alla Giustizia?
Personaggi che sarebbero risultati molto facilmente simpatici fanno quindi di tutto per diventare odiosi, con l’apice di quello interpretato da Luca Argentero, giornalista vittima del sistema di raccomandazioni che però appena intravede una mezza possibilità di carriera personale ci si butta dentro a capofitto in quegli stessi metodi di raccomandazione da lui condannati. Arrivando ad andare (quasi) a letto con la figlia di un pezzo grosso, nonostante nella telefonatissima storiella d’amore presente all’interno del film sia già innamorato della Cortellesi.

C’è chi dice no, a un film del genere. Io, ad esempio. Perché se le intenzioni sono più che lodevoli, i metodi utilizzati dai tre tizi per guadagnarsi la loro Giustizia personale sono parecchio discutibili e il messaggio del film finisce affogato nell’ipocrisia insieme alla marketta Tim che salta fuori puntuale come il titolo di un film italiano preso da quello di una canzone.
Nonostante la pessima scelta qui caduta su un pezzo di Vasco, la colonna sonora tenta una via internazionale con pezzi brit-rock carucci quanto poco in sintonia con le immagini, a far da accompagnamento ad alcune gag riempitivo di cui la sceneggiatura davvero scontata, prevedibile e noiosa è costellata. Pur partendo da un tema di maledetta attualità, il film presenta quindi una serie di personaggi che più stereotipati non si potrebbe e scivola in una sfilza di situazioni inverosimili: la cosa più assurda di tutte è che gli sbirri incastrano i protagonisti utilizzando il computer!
Sì, certo. Come no? L'unica volta che il film prova a uscire dagli stereotipi di turno, mi va a scegliere proprio la cosa più impossibile del mondo???

Altro problema, non da poco per una commedia, è che è davvero poco divertente. Gli attori poi non sembrano del tutto a loro agio nella parte dei falliti in cerca di riscatto: la Cortellesi è molto più convincente in Nessuno mi può giudicare, Paolino Ruffini è uno dei personaggi meno di talento usciti da Mtv e infatti è finito a condurre Colorado Cafè con Belén (e ho detto Colorado Café, non un sextape), Luca Argentero sarà invece anche il personaggio di maggior talento uscito dal Grande Fratello, ma questa non è una cosa di cui vantarsi troppo.
Tra le cose positive, va segnalato l’unico momento divertente e (vagamente) cinematografico, con un “raccomandato” che dopo essere stato drogato dai protagonisti si mette a cantare e a dar vita a un siparietto musical alla Gene Kelly, più l’interpretazione della promettente Myriam Catania, la più convincente del cast e quella cui è stato affidato il personaggio meno scontato, e il discreto finale sulle note dei Baustelle che risolleva un po’ le sorti di un film apparso fino ad allora piuttosto privo di idee azzeccate.

Alla fine l’impressione è comunque pressappoco la stessa di quella avuta da Immaturi (anche se C’è chi dice no è un filino meglio, concediamoglielo), altro sconfortante esempio di attuale immatura commedia all’italiana e altro esempio di tentativo fallito di parlare con intelligenza e con uno sguardo meno superficiale della precaria vita dei 30enni di oggi. La soluzione che propone al sistema di raccomandazioni (ovvero lo stalking, mica il merito o il talento lavorativo) è poi una cosa davvero sconfortante.
Se è facile identificarsi nei protagonisti, ritrovare nei loro problemi a fare carriera senza avere “calci nel culo” da parenti o amici potentati i nostri stessi problemi, questo non significa però automaticamente apprezzare un filmetto dalle capacità cinematografiche davvero limitate. Tanto che, ironia della sorte, si finisce per chiedersi: “Ma regista e sceneggiatore da chi sono stati raccomandati?”
(voto 5-/10)

lunedì 8 novembre 2010

Mangia prega ama. Ma di sc*pare proprio non se ne parla?

Mangia prega ama
(USA 2010)
Regia: Ryan Murphy
Cast: Julia Roberts, Javier Bardem, Billy Crudup, James Franco, Richard Jenkins, Luca Argentero, Tuva Novotny, Viola Davis, Arlene Tur
Titolo originale: Eat Pray Love
Tratto dal romanzo di: Elizabeth Gilbert
Genere: esistenziale
Links: IMDb, mymovies
Se ti piace guarda anche: Sotto il sole della Toscana, Letters to Juliet, Into the wild

Le rovine sono un dono. La distruzione è la via per la trasformazione.

Avevo letto pareri sul disastroso andante riguardo a questo “Mangia prega ama” ma, seppure definirlo un bel film sarebbe una cazzata tanto quanto definire Berlusconi una persona di cuore, non mi è dispiaciuto nemmeno. Sarà anhce che l’ho visto in mezzo a “L’ultimo dominatore dell’aria” e “The American” e al loro confronto mi è davvero sembrata una pellicola interessante..

La vicenda è quella di una donna alla ricerca di se stessa. Lascia il marito, lascia la sua routine patinata da scrittrice cool di New York, lascia un giovane amante attore bello & dannato e parte per un’avventura alla “Into the wild” in versione poco wild e molto Alpitour: decide di passare un anno sabbatico facendo tappa in Italia, in India e in Indonesia.

L’Italia come al solito in queste pellicole neo-realistiche hollywoodiane è fotografata in maniera veritiera e priva di stereotipi. La Roberts a Roma finisce infatti in una bettola gestita da una tipa che parla in siciliano, fa una tappa in una Napoli incredibilmente scevra di rifiuti, si magna spaghetti & pizza, fa l’amore con il sapore, cazzeggia tutto il giorno perché in Italia nessuno fa un cazzo e cose di questo tipo. Insomma, la normale routine quotidiana di tutti noi italiani.

A Napoli stai attenta alla borsetta, Julia!
Una cosa positiva di questo film è che, sebbene eccessivamente lungo, perlomeno quando una parte comincia a diventare troppo noiosa e ricca di luoghi comuni avviene il cambio di location e la noia si trasferisce da uno stato all’altro. Dall’Italia del piacere alimentare e di vivere si passa quindi a una India molto spirituale, dove la Roberts, dopo aver messo su ciccia & brufoli nel nostro belpaese, prega per perdere peso. Ci riuscirà la nostra eroina? Certo che sì, avete mai mangiato la cucina indiana? (scherzo, amici indiani, la vostra cucina è buonissima!)
L’ultima tappa dell’Into the wild robertsiano è in Indonesia, dove ritrova la sua guida spirituale, un vecchino simil Miyagi con una moglie che spara le battute più divertenti di tutto il film. Ed è qui che la Roberts si imbatte in Javier Bardem, attore spagnolo cui viene affidata la parte del brasiliano (vabbè…) e che pure lui strappa qualche sorriso.

Una volta Julia Roberts non la sopportavo, poi con “Erin Brockovich” e “Closer” mi sono dovuto ricredere radicalmente su di lei. Se un tempo dunque non avrei retto alle due ore di “Mangia prega ama” in cui mostra il suo campionario di pose & smorfiette al completo, adesso applaudo a un’attrice che regge alla grande per tutta la durata, accompagnata dallo stuolo di uomini della sua vita: l’ex marito Billy Crudup (il chitarrista di “Almost Famous” e il figlio di “Big Fish”), un James Franco nella sua solita parte da artista tormentato, il nostro Luca Argentero che, pur non raggiungendo chissà quali vertici interpretativi, se non altro tiene alto il nome del nostro paese molto meglio di quanto faccia quel buffone di Premier che ci ritroviamo, Richard Jenkins in versione vecchio (poco) saggio e il già citato Bardem, il migliore del lotto che non a caso riuscirà a conquistare il cuore, e non solo quello, della bella Julia.
Standard la regia di Ryan Murphy, che ogni tanto esagera con il montaggio alternato e che al cinema è purtroppo ancora lontano dai livelli di originalità delle sue creature telefilmiche “Nip/Tuck” e “Glee”.
Non male poi le musiche originali del nostro Dario Marianelli, premio Oscar per “Espiazione – Atonement” ed ennesimo caso di talento italiano che per fare carriere se n’è dovuto andare all’estero.

Visto tra “The Social Network” e “Scott Pilgrim Vs. The World” (CAPOLAVORI di cui parlerò a breve!) mi sarebbe sembrato ‘na strunzata, come pare l’abbia considerato un po’ tutto il mondo, ma visto dopo il pasticcio non-sense de “L’ultimo dominatore dell’aria” e prima della noia assoluta di “The American” vi assicuro che mi è sembrato manna dal cielo. E non sono nemmeno dovuto volare in India per pregare di averla!
(voto 5/6)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com