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lunedì 13 maggio 2013

L’UOMO CON I PUGNI DI TIZIANO FERRO


L’uomo con i pugni di ferro
(USA, Hong Kong 2012)
Titolo originale: The Man With the Iron Fists
Regia: RZA
Sceneggiatura: RZA, Eli Roth
Cast: RZA, Rick Yune, Russell Crowe, Jamie Chung, Lucy Liu, Dave Bautista, Cung Le, Byron Mann, Daniel Wu, Zhu Zhu, Grace Huang, Gordon Liu, Eli Roth, Pam Grier
Genere: kung fiat panda
Se ti piace guarda anche: Kill Bill, The Raid: Redemption, I sette samurai, Ghost Dog

Io adoro RZA per svariati motivi. I primi che mi vengono in mente sono:

UNO
RZA è uno dei membri fondatori del Wu-Tang Clan, il clan di rapper più figo nella storia dell’hip-hop.
Dite che non ci sono stati tanti altri clan nella storia dell’hip-hop?
E allora rilancio dicendo che sono il clan più figo nella storia tutta, con buona pace degli scozzesi, di Braveheart, di Mel Gibson e pure dei Lannister!


DUE
RZA è l’autore della colonna sonora di Ghost Dog, il film di Jim Jarmush con Forest Whitaker. Più che una semplice pellicola, per me un modello esistenziale. A parte che non mi farò le treccine e non diventerò un samurai né un sicario e non alleverò piccioni, a parte tutto questo è comunque un mio modello esistenziale.


TRE
RZA è ormai entrato a far parte della Quentin’s Creek. Ha firmato brani per le colonne sonore di Kill Bill e Django Unchained e ora per il suo esordio nel magico mondo della regia si può fregiare del prestigioso marchio “Quentin Tarantino presenta”.


Il fatto che RZA se la cavi bene con la musica, non significa però per forza che debba avere anche del talento cinematografico. Come attore ad esempio non è un fenomeno. Ha fatto qualche apparizione qua e là, oltre alla splendida scena di Ghost Dog in cui compare, in film come Derailed, The Box, American Gangster, Funny People, The Next Three Days e pure nella serie tv Californication. Per il suo debutto alla regia si è assegnato molto modestamente un ruolo di primo piano, è lui infatti L’uomo con i pugni di ferro del titolo e pure qui come attore non è che convinca al 100%.
Sì, ok, ma come regista come se la cava?

RZA è bravo. Magari non posso essere il massimo dell’obiettività, avendolo esaltato fino ad adesso, però se riconosco che come attore non è eccezionale, come regista invece va detto che è bravo. Il ragazzo, oddio ragazzo, i suoi 43 anni li ha già tutti, s’ha ancora da fare. Può crescere molto. Non di statura che mi sembra già parecchio alto. È un talento acerbo e qualcosina deve sistemarla, però il suo film d’esordio è una pura gioia per gli occhi, ha ritmo, intrattiene e diverte. In pratica, fa il suo porco dovere.
L’uomo con i pugni di ferro non riesce nell’obiettivo di essere un nuovo cult assoluto, e per questo magari un pochino di delusione c’è, però è un film figo, molto figo, che si guarda con enorme piacere.
RZA dimostra inoltre di possedere una certa classe. Sa girare scene di combattimento spettacolari, e lo dice uno che con le scene di combattimento spesso si annoia piuttosto che esaltarsi. Qua e là va di scenone splatter, ma senza esagerare troppo e, pur essendo un film ambientato per larga parte dentro un bordello, riesce a non essere troppo volgare o machista. E poi naturalmente la colonna sonora da lui stesso curata è stilosa, hip-hoppara e di livello crazy sexy cool.

La storia che ha deciso di raccontare è ambientata nella Cina feudale e ci si può quindi immaginare un film di cappa e spada tradizionale. Così non è. Vi ho già detto che RZA fa parte della Quentin’s Creek e si vede. L’uomo con i pugni di ferro sta al cinema di cappa e spada classico così come Django Unchained sta al cinema western classico. Ovvero: non c’entra relativamente una mazza. Omaggia il genere nelle atmosfere e nelle ambientazioni, ma poi fa di testa sua, rielaborandolo in una maniera personale. O diciamo: al 50% tarantiniana e al 50% personale.


Veniamo poi ai punti deboli della pellicola, giammai mi si accusi di non essere obiettivo.

VIVA RZA! SEI UN GRANDE! SEI IL MIGLIORE, YO!

Dicevo… devo essere obiettivo. La verità è che RZA non è Quentin Tarantino. A tratti prova a replicare lo style delle sue pellycole, in particolare Kill Bill, epperò non è che adesso un rapper si mette dietro la macchina da presa e diventa subito come Tarantino con un film solo. Non è così facile, yo. RZA si abbevera alla stessa fonte di Quentin, ma i risultati non sono esattamente gli stessi. Per adesso comunque va più che bene così. Il regista rapper sembra possedere tutte le armi e tutti i pugni di ferro per poter migliorare ancora e in futuro credo ci possa regalare un cult a tutto tondo. Magari con una sceneggiatura più articolata e personaggi più sfaccettati.

"Se io c'ho i pugni di ferro, tu c'hai proprio i pugni di merda, caro Bautista ahah!"
Laddove nei film del Tara ormai vi è una cura maniacale nella costruzione dei personaggi, qui questi appaiono invece piuttosto monodimensionali. Oltre alla storia di vendetta tipicamente tarantiniana incarnata dall’uomo con i pugni di ferro interpretato da RZA, abbiamo la sua innamorata, la zoccoletta pardon geisha Jamie Chung, la pappona delle zoccolette pardon geishe Lucy Liu, il combattivo Russell Crowe, attore che di solito non mi convince un granché ma che qui trova la sua dimensione ideale altroché Les Misérables, il guerriero Rick Yune e il cattivone indistruttibile Dave Baustista, wrestler riciclatosi attore con risultati modestissimi, come d’altra parte capita a tutti i wrestler (tiè, Ford!). Tutti personaggi più da cartone animato che da pellicola vera e propria.
Sui personaggi e sulla sceneggiatura il nostro RZA, qui aiutato dall’altro membro del Quentin Team Eli Roth, deve quindi ancora lavorare. A livello visivo invece lo stile c’è già tutto. Basta solo affinarlo un po’, distaccarsi dal suo modello di riferimento, d’altra parte pure il cast tra Lucy Liu, Gordon Liu e un’invecchiata Pam Grier urla: “Tarantino!” a gran voce, e poi il gioco è fatto.
Perché volendo essere obiettivi, RZA è bravo.
E non volendo essere obiettivi che tanto l’obiettività mi fa schifo: VIVA RZA! SEI UN GRANDE! SEI IL MIGLIORE, YO!
(voto 7/10)



domenica 30 settembre 2012

Un giorno questo film ti sarà utile. Di certo non oggi

Un giorno questo dolore ti sarà utile
(USA, Italia 2011)
Titolo originale: Someday This Pain Will Be Useful to You
Regia: Roberto Faenza
Cast: Toby Regbo, Marcia Gay Harden, Peter Gallagher, Deborah Ann Woll, Lucy Liu, Stephen Lang, Aubrey Plaza, Ellen Burstyn
Genere: vorrei essere il giovane Holden
Se ti piace guarda anche: L’arte di cavarsela, Tadpole, Igby Goes Down, Roger Dodger

Vorrei sapere se un giorno questo film mi sarà utile. Non credo, perché questo è il classico film inutile.
Non ho letto il romanzo di Peter Cameron da cui è tratto, che pare sia un capolavoro, una sorta di nuovo Giovane Holden o giù di lì. Pur non avendolo fatto, l’impressione guardando il film è quella di un’occasione mancata, di un adattamento che probabilmente ha cercato di ritagliare insieme vari momenti tratti dal libro, senza però riuscire a catturarne lo spirito. Un po’ come capitato di recente con la visione di Molto forte, incredibilmente vicino (dal romanzo omonimo di Jonathan Safran Foer) e Norwegian Wood (da Tokyo Blues di Haruki Murakami).
Pure supposizioni, visto che non ne ho letto manco uno dei tre, ma credo che chi ha amato questi romanzi difficilmente amerà altrettanto le poco trascendentali trasposizioni. A prescindere, credo in particolare che nessuno amerà questo film.
Non che sia inguardabile. Questo no. Però dall’inizio alla fine traspare una grande pochezza. Si percepisce la volontà di dire qualcosa di importante sulla vita, obiettivo probabilmente centrato dal romanzo, e si percepisce allo stesso la sensazione di non riuscire a dire niente.

"Allora figliolo, come sta Ryan Atwood? Oops, scusa, ho sbagliato parte..."
Il protagonista è il tipico adolescente newyorkese di buona, buonissima famiglia, alla ricerca di se stesso. Un tipo piuttosto strambo, originale, particolare e asociale. Anche se, per essere un asociale, si incontra con un sacco di persone. Nei primi minuti di film ci viene presentato come un aspirante suicida, un irrecuperabile solitario, eppure allo stesso tempo ha un rapporto che non sembra nemmeno malaccio con madre, sorella, padre, nonna, psicoterapeuta/coach life e con un collega di lavoro. Non ha molti amici, è vero, però non sembra nemmeno così messo male come ci era stato dipinto.
Un incongruenza che rende bene l’atmosfera di tutto il film. Ci vuole presentare il suo protagonista come un tipo assolutamente unico e fuori dal comune, e invece è solo la copia sbiadita dello stesso personaggio visto in un sacco di altre parti in maniera molto più riuscita: su tutte, nel già citato Il giovane Holden, modello inavvicinabile e irragiungibile, quanto in una miriade di pellicole più o meno indipendenti e più o meno interessanti, come Igby Goes Down, Tadpole, L’arte di cavarsela, Fa’ la cosa sbagliata, Roger Dodger, ma sono sicuro ce ne siano almeno un’altra mezza dozzina che adesso mi sono scordato.

Cosa abbia quindi di tanto speciale, non ci è dato saperlo, nel film. Nel romanzo sono (quasi) sicuro che invece questa unicità e particolarità venga fuori e lo stile di David Peter Cameron venga fuori con prepotenza. Cosa che invece non si può certo dire a proposito della regia dell’italiano Roberto Faenza, che si aggira per le strade di New York City in maniera stereotipata, vagamente mucciniana e già stravista nelle pellicole sopra citate e in almeno un’altra mezza dozzina di migliaia di altre.
A differenze di quelle altre, dove la colonna sonora se non altro è sempre di ottimo livello, qui fa davvero pena. Le musiche sono state realizzate da un Andrea Guerra del tutto fuori forma, coadiuvato dall’odiosa voce di Elisa che fa più danni di Giorgia con le sue Gocce di memoria che piovono sulla Finestra di fronte. Ed essere peggio di Giorgia è un “complimento” che riservo solo a Laura Pausini, quindi calcolate voi quanto possa aver apprezzato questa soundtrack.

A non aiutare nella riuscita di questo adattamento è poi il poco convincente protagonista, gli manca del tutto quel non so che, quella capacità di bucare lo schermo e trascinarti dentro il suo personaggio. Lo seguiamo peregrinare per New York, tra un incontro con i genitori, una Marcia Gay Harden stereotipatissima nei panni della classica artista riccona snob e uno spento papà Peter Gallagher, un siparietto con la sorella, la sempre valida Deborah Ann Woll meglio conosciuta come Jessica di True Blood, un incontro con la life coach Lucy Liu, un litigio con il collega gay Gilbert Owuor e una chiacchierata con la nonna Ellen Burstyn che vorrebbe essere profonda e rivelare chissà quale significato nascosto della vita e invece finisce per non dire niente.
Per essere un personaggio e una pellicola tanto confusi e incerti su quale direzione prendere, tra commedia che non fa ridere manco per sbaglio e dramma che non fa riflettere manco per sbaglio, alla fine ti lascia comunque con una certezza incontrovertibile: un giorno questo film non ti sarà utile.
(voto 5-/10)

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