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venerdì 6 novembre 2015

Tutto può accadere a Broadway, tranne che qualcuno stia zitto un secondo





Tutto può accadere a Broadway
(USA, Germania 2014)
Titolo originale: She's Funny That Way
Regia: Peter Bodgdanovich
Sceneggiatura: Peter Bogdanovich, Louise Stratten
Cast: Imogen Poots, Owen Wilson, Rhys Ifans, Jennifer Aniston, Will Forte, Kathryn Hahn, Austin Pendleton, Debi Mazar, Illeana Douglas, Tovah Feldshuh, Cybill Shepherd, Jennifer Esposito, Lucy Punch, Michael Shannon
Genere: chiacchierone
Se ti piace guarda anche: un film a caso di Woody Allen

"Hey bionda, ti va di rifare la scena dell'ascensore di Drive?"

mercoledì 17 luglio 2013

VECCHINI DI PAROLA


Uomini di parola
(USA 2012)
Titolo originale: Stand Up Guys
Regia: Fisher Stevens
Sceneggiatura: Noah Haidle
Cast: Al Pacino, Christopher Walken, Alan Arkin, Mark Margolis, Julianna Margulies, Addison Timlin, Lucy Punch, Katheryn Winnick, Vanessa Ferlito, Craig Sheffer, Bill Burr, Courtney Galiano, Weronika Rosati
Genere: old school
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Tre amici all’ultima avventura delle loro vite. Al Pacino, Christopher Walken e Alan Arkin, tutti e tre ormai oltre la soglia dei 70 anni, si ritrovano per combinare ancora qualche casino in giro, come ai vecchi tempi.
Tutti e tre delinquenti esperti, ma solo uno di loro è finito in galera: Al Pacino, per ben 28 anni in cui non ha mai aperto bocca pur di coprire gli amici. Il film è interamente ambientato il giorno in cui finalmente esce di prigione. Dopo tutti quegli anni in gattabuia si ritrova davanti un mondo cambiato, in cui ad esempio le auto non si accendono più con le chiavi e sono quindi ancora più facili da rubare. Un mondo cambiato in cui vuole ancora dire la sua, sebbene solo per una manciata di ore. Il mattino seguente, il suo migliore amico Christopher Walken dovrà infatti ucciderlo. È costretto da un boss interpretato da Mark Margolis (il vecchino inquietante di Breaking Bad) a ucciderlo. Perché? Perché Al Pacino a suo volta e a suo tempo aveva ucciso il figlio del boss, per sbaglio… ma non è questo l’importante. L’importante è l’avventura tutta in una notte di Pacino & Walken, cui più in là si aggrega anche il terzo membro del trio, Alan Arkin, dritto dritto dall’ospizio.

Nonostante l’età, i tre ne combineranno di tutti i colori. Vanno in un bordello, dove Al Pacino avrà bisogno di un’ingente quantità di Viagra per far tornare in piedi il birillo, si sniffano medicinali (oh, sono pur sempre dei vecchietti), sfrecciano a manetta con un’auto nuova fiammante, aiutano una tizia stuprata ad avere la sua tarantiniana vendetta, e non a caso a interpretare la tizia c’è Vanessa Ferlito, quella della lap dance di A prova di morte. E poi, poi ne combinano di tutti i colori.
Uomini di parola (titolo originale Stand Up Guys) è un tutto in una notte molto ben sceneggiato e orchestrato, non ai livelli di un Collateral, certo, però riesce a mantenere l’intrattenimento su buoni livelli dalla prima all’ultima scena. I tre protagonisti, soprattutto un indemoniato e super mangione Al Pacino, sono in gran forma, manco fossero tre giovinetti alla prima uscita alcolica insieme. Diciamo che è una specie di teen movie al contrario; laddove lì vengono raccontate le prime esperienze, qui vengono raccontate le ultime, che sono altrettanto importanti e assumono contorni malinconici.
Possiamo anche vederlo come una versione meno tamarra e action, ma più riflessiva e con dialoghi decisamente migliori, degli Expendables. La vecchia scuola che cerca di dire la sua nel mondo odierno, in una pellicola che è molto più avvicente e profonda di quanto ci si potrebbe aspettare dalla classica comedy criminale. A sorpresa, tutto funziona alla perfezione, sia i momenti riflessivi, mai troppo melensi, che quelli comici, dove, nonostante alcune gag piuttosto prevedibili come quella del Viagra, non si scade troppo nel volgare o nel banale.

Ad accompagnare i tre vecchini all-stars, ci pensa un cast di contorno femminile di pregevola fattura: c’è la già citata Vanessa Ferlito, che ha delle labbrazza che Madonna sono la fine del mondo, c’è la splendida Addison Timlin (Afterschool, Californication), che è la cameriera che vorremmo tutti avere nella tavola calda sotto casa, se solo sotto casa avessimo una tavola calda, la sempre simpatica Lucy Punch (Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, Take Me Home Tonight, Bad Teacher…), la bionda Katheryn Winnick della serie Vikings in versione prostituta mega arrapante e Julianna Margulies della serie tv The Good Wife che qui ritorna a lavorare in un ospedale come ai tempi di E.R.

Da segnalare inoltre la stilosissima colonna sonora, ricca di suoni funk/soul di oggi e soprattutto di ieri, in cui spicca “When Something Is Wrong With My Baby” di Sam & Dave, ballata da Al Pacino insieme a una giovane sgallettata.
Nonostante le illustrissime presenze femminili e le musiche, il motore e il cuore della pellicola restano loro, i tre vecchietti criminali. Tre amici arrivati all’ultima avventura delle loro vite. O chissà? Forse no. Forse non per tutti e tre sarà davvero l’ultima. Il finale non è troppo distante da quello di Spring Breakers, giusto con una differenza d’età tra i protagonisti di una 60ina di anni - ma cosa volete che siano? -, e ci lascia intendere che questi vecchini potrebbero andare avanti ancora. Per sempre.
Stand up forever, guys!
(voto 7/10)

Post pubblicato anche su The Movie Shelter.

"Con tutta la patata che c'è in questo film, non credo di aver mai più bisogno del Viagra!"



lunedì 12 settembre 2011

Pu**ana pu**ana, pu**ana sta maestra

E così oggi milioni di studenti ritornano nelle buie e tristi aule scolastiche per iniziare un nuovo entusiasmante anno all’insegna dello studio. Sì, come no.
Visto che ricordo (in fondo non è passato poi così tanto tempo) quanto tragico fosse il rientro a scuola, dopo un’estate passata a cazzeggiare, eviterò gli sfottò e le matricole di turno e anzi, dedico una rece a tutti quelli che oggi si siederanno tra i banchi.
Sfigati.

Bad Teacher: una cattiva maestra
(USA 2011)
Regia: Jake Kasdan
Cast: Cameron Diaz, Lucy Punch, Justin Timberlake, Jason Segel, Phyllis Smith, John Michael Higgins, Matthew J. Evans, Kathryn Newton, Kaitlyn Dever
Genere: commedia demenziale
Se ti piace guarda anche: School of rock, Role Models, Babbo bastardo 


Sarà anche una banalità dirlo, ma è più difficile far ridere che commuovere. Realizzare una commedia davvero valida al giorno d’oggi sembra infatti diventata un’impresa mica da… ridere, ehm appunto.
Le commedie americane le fanno con lo stampino e se una volta un personaggio politically scorrect e qualche situazione più o meno volgare potevano essere di un’ilarità pazzesca, ormai sono la norma, quindi bisogna sbattersi un po’ di più, cari sceneggiatori.
Andiamo, avete per caso visto una commedia americana recente senza qualcuno strafumato?
Se non te l’aspetti è Comix. Il problema della nouvelle vague della comedy a stelle e strisce è invece proprio quello che tutto è così ampiamente prevedibile e già visto che non è comix.
No sorpresa, no risate, no party. Te capì?


Bad Teacher prosegue senza infamia e senza lode la tendenza, presentandoci come protagonista una scatenata e cattivissima Cameron Diaz in versione prof. di una scuola media con zero passione per l’insegnamento, infatti anziché svolgere la sua professione in maniera tradizionale, preferisce mostrare in classe dei film di ambiente scolastico (perfino Scream!), ché poi secondo me sono molto più educativi i film dei professori, perché “i professori sono quasi tutti fuori dal tempo.”
Dante Alighieri? No, Morgan periodo Bluvertigo.
L’unico motivo per cui Cameron Diaz fa questo lavoro quindi sono i soldi e per passare il tempo in attesa che trovi qualche uomo facoltoso da spennare. Sto parlando del suo personaggio nel film, non della vera Cameron Diaz, nel caso aveste dubbi. Proprio così, è una gold digger, una cacciatrice di dote, e proprio quando sta per sposarsi e il suo sogno sta per diventare realtà, sul più bello il suo promesso sposo capisce tutto e la lascia. E così a lei tocca tornare a scuola. Di nuovo. Back to school, again.
Al proposito, ascoltiamoci un fighissimo contributo musicale firmato Deftones. Perché? Perché il blog è mio, qui comando io, porcodiquellozio! Anzi, porco Diaz!


Il regista di Bad Teacher è Jake Kasdan, già dietro la macchina da presa per i presto dimenticabili Orange County (non la serie tv) e Walk Hard - La storia di Dewey Cox, nonché figlio culattone raccomandato di Lawrence Kasdan, il regista de Il grande freddo, che ci ricorda come il sistema di raccomandazioni valga anche per l’America e non solo per l’Italia.
Se la sceneggiatura è più prevedibile del risultato di una partita tra Barcellona e Napoli (e forse tra Barcellona e Milan, ma per quello staremo a vedere…) e la regia non lascia certo il segno, le note positive arrivano allora dal cast.
Cameron Diaz si trova alle prese con un personaggio che vorrebbe essere una versione più perfida della terribile ed esilarante Sue Sylvester di Glee e lo interpreta tutto sommato in maniera azzeccata, ricordandoci per di più di essere ancora in gran forma fisica con una scenona di sexy lavaggio d’auto del tutto gratuita quanto ben accetta.
Nota curiosa: dopo The Green Hornet, anche qui viene usata “Gangsta’s Paradise” di Coolio. Che Cameron Diaz abbia inserito tra le clausole del suo contratto l’obbligo di suonarla in colonna sonora, altrimenti lei non partecipa? Bizzarrie da star!

Ma il meglio arriva dal contorno, tanto che io avrei regalato maggior spazio ai comprimari rispetto alla bad (ma poi alla fine nemmeno così bad) teacher: Justin Timberlake continua a convincere in tutto quello che fa, sia come cantante, ballerino, playboy, attore drammatico (vedi The Social Network) o, in questo caso, attore brillante. Se il suo personaggio è quello di un insegnante che pur di essere amico di tutti è privo di una sua personalità, la performance di Timberlake sprigiona invece personalità da tutti i pori e ci regala pure una ottima interpretazione musicale (volontariamente) stonata. O quasi stonata, è pur sempre Justin Timberlake. E, ritirando in ballo Glee, se Cameron è un po’ una Sue Sylvester meno incarognita, Justin sembra invece una parodia (volontaria o meno?) del precisino prof. Schuester.
Ma er mejo der mejo de tutti in assoluto è Lucy Punch, già una delle poche ragioni di esistere dell’Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni di Woody Allen, e qui davvero esilarante con la sua faccia “strana” nella parte dell’insegnante perfettina che prova a mettere i bastoni tra le ruote della bad Cameron. Poi c’è anche un ordinario Jason Segel dalla sitcom How I met your mother, nei panni del prof. di ginnastica, e una serie di ragazzini i cui personaggi sono però un po’ troppo abbozzati e lasciati al loro giovane destino.

Un film guardabile? Assolutamente sì. Ben recitato? Questo è il suo miglior pregio. Fa ridere? Ogni tanto, però il più delle volte si percepisce una sensazione di fatica, di sforzo eccessivo nel voler provocare la risata a tutti i costi. E questa è una cosa che nelle commedie riuscite non accade, perché lì la risata viene spontanea e naturale.
Bad Movie? Nah.
Good Movie? Nemmeno.
Io gli affibio al massimo l’etichetta di Decent Movie e può ringraziare il cielo che non posso rimandarlo a settembre, perché siamo già a settembre.
E quindi tornateve a scuola...
sfigati.
(voto 6-/10)

Solita nota a dir poco scettica sulla scelta del titolo italiano: visto che di tenere solo Bad Teacher proprio non se ne parlava, si pensava a un Bad Teacher: una prof da sballo, che non sarebbe stato malaccio ed era in linea con la pellicola. Invece no, alla fine si è scelto il letterale quanto insipido Bad Teacher: una cattiva maestra…

lunedì 11 luglio 2011

Si esce fichi dagli anni 80



Take me home tonight
(USA, Germania 2011)
Regia: Michael Dowse
Cast: Topher Grace, Anna Faris, Dan Fogler, Teresa Palmer, Chris Pratt, Michelle Trachtenberg, Lucy Punch, Seth Gabel, Nathalie Kelley, Michael Biehn, Angie Everhart
Genere: 80s!
Se ti piace guarda anche: Adventureland, Fuori di testa, Al di là di tutti i limiti, Licenza di guida

Everything changes, but nothing changes

Trama semiseria
Anni ’80. Topher Grace è un neolaureato del M.I.T. che però non sa cosa fare del resto della sua vita e allora per il momento lavora nella videoteca del centro commerciale, sognando ancora la ragazza per cui aveva una cotta al liceo. Tutto per lui cambierà nel giro di una notte, una notte folle in compagnia del suo amico strafatto di coca e proprio della sua teenage dream adolescenziale, per un tuffo completo negli 80s stile video di Last Friday Night di Katy Perry. Sì, ci sono tutti gli elementi immancabili del decennio ma no, in colonna sonora non c’è La notte vola di Lorella Cuccarini, quindi smettetela di incrociare quelle cazzo di mani!

Recensione cannibale
Un film che inizia con un primo piano di un mega stereo di quelli belli giganti belli anni Ottanta sulle note di Video killed the radio stars dei Buggles, può essere meno di un capolavoro? Certo che no.
Un film che ruba, ma diciamo prende in prestito, il titolo da una canzone di Eddy Money, ma i riferimenti sembrano essere anche a Smiths (il celebre verso “take me out tonight”) e Boston (con la loro Let me take you home tonight), può essere meno di una figata?
No no no, perché questo è un nuovo cult cannibale servito su un piatto d’argento.

L’operazione revival anni Ottanta di Take me home tonight è curata nei minimi dettagli e la ricostruzione assolutamente impeccabile, con una colonna sonora del tutto favolosa che spazia tra Duran Duran, Missing Persons, Yaz e N.W.A., con un paio di momenti memorabili sulle note di Bette Davis Eyes di Kim Carnes con il classico ingresso da lasciare senza fiato della bionda da sogno Teresa Palmer e una scena di delirio collettivo sull’anthem Come on Eileen dei Dexys Midnight Runners.
Ma sono da notare anche i più piccoli dettagli, dai look amazing! ai teleschermi che trasmettono il film kitsch per eccellenza Bigfoot e i suoi amici (con il come sempre inquietante John Lithgow), fino al poster di Ritorno al futuro in videoteca. Una ricostruzione pazzesca, elemento essenziale per immergerci in una storia di quelle magari non rivoluzionarie, ma comunque anche in questo caso perfettamente hot-tanta, con una vicenda che in maniera leggera ci mette di fronte a dubbi esistenziali che tutti (o quasi) noi abbiamo: “E adesso cosa combino? Cosa diavolo ne faccio della mia vita?”
Domande a cui il film cerca di trovare una risposta, ma senza pretendere di darne una assoluta, in un tutto in una notte di quelli che sembrano usciti da un film di Chris Columbus, solo più strafatto di coca. E a proposito… il film è rimasto nei cassetti della distribuzione americana per un paio d’anni, pare perché nel film “nevica” troppa cocaina. Ma d’altronde la coca per un film anni ’80 è un elemento imprescindibile quanto una canzone dei Duran Duran, e poi l’uso che ne viene fatto in questa pellicola è molto divertente, mica un’apologia a strafarsi. Forse. Sembra poi una decisione molto ipocrita visto che in ogni commedia americana degli ultimi anni c’è qualche personaggio che si fa un bong di maria, però la coca no, è tabù. Mostriamo solo della gente che si fa dei torcioni che così siamo politically correct.

Il protagonista, nonché autore del soggetto originale della pellicola, è Topher Grace, uno che con quei Wayfarer su vorrebbe essere fico come Tom Cruise in Risky Business o rampante come Michael J. Fox ne Il segreto del mio successo, ma più che altro riesce ad essere indeciso come Andrew McCarthy in St. Elmo’s Fire o Al di là di tutti i limiti. Inoltre Topher è uno che di tuffi nel passato se ne intende, visto che è stato per anni nella serie That ‘70s Show, sitcom divertentissima e strepitosa con anche Ashton Kutcher e Mila Kunis, purtroppo molto ignorata in Italia (e trasmessa alla cazzo di cane prima dal satellitare Jimmy e poi da Mtv) ma che io non posso fare a meno di consigliarvi di recuperare, se non l’avete mai vista. E se al pronunciare “Mila Kunis” non vi siete fiondati a scaricarvi tutte le puntate di tutte e 8 le stagioni, non so se avrò il coraggio di rivolgervi ancora la parola…
E se in una serie di ruoli piccoli ma divertenti si segnalano anche Michelle Trachtenberg (sorellina di Buffy nonché Georgina Sparks di Gossip Girl), Lucy Punch (la zoccola dell’ultimo di Woody Allen) e il sex symbol Ottanta-roba Angie Everhart, la rivelazione è Dan Fogler, un tipo che dopo essere stato licenziato dal lavoro si trova a dover fare i conti con un destino incerto e allora si spara una notte da leoni. E da fattoni.
Un film che dovrebbe essere proiettato nelle scuole per spiegare ai bimbiminkia di oggi cosa sono stati gli anni Ottanta. O di cosa forse sono stati, visto che in quel decennio ero anch’io soltanto un bimbominkia.

Portami a casa? No, non ancora. Perché questa è la notte cinematografica più figa dell’anno ed è un peccato finisca. Come dice la frase di lancio: Best. Night. Ever.
(voto 8,5)

(lo trovate in rete in inglese sottotitolato in italiano, mentre nei nostri cinema chissà se e quando mai uscirà…)


OkNotizie

lunedì 13 dicembre 2010

Incontrerai il Woody Allen dei tuoi sogni

Incontrerai il Woody Allen dei tuoi sogni
(USA, Spagna 2010)
Titolo originale: You Will Meet a Tall Dark Stranger
Regia: Woody Allen
Cast: Anthony Hopkins, Naomi Watts, Josh Brolin, Gemma Jones, Freida Pinto, Lucy Punch, Antonio Banderas, Roger Ashton-Griffiths, Ewen Bremner, Anna Friel
Genere: Woody Aia
Links: IMDb, mymovies
Se ti piace guarda anche: qualunque altro film di Woody Allen

Non sono un fan di Woody Allen. Mi piace il suo sense of humor e trovo alcuni suoi film validi, tra gli ultimi soprattutto “Sogni e delitti” e “Vicky Cristina Barcelona”, mentre “Match Point” è una buona pellicola ma nonostante Scarlett mi sembra troooppo sopravvalutato. Nessuno dei suoi film ha comunque mai raggiunto il mio cuore.
Una delle ragioni per cui non sono suo fan è che preferisco i registi meno prolifici, quelli come Tarantino Kubrick Lynch, per non dire quelli come Terrence Malick che fanno un film ogni 100 anni, anche perché se fai un film all’anno è difficile che siano tutti capolavori. Clint Eastwood ci prova ad altissimi livelli ma nemmeno lui fa sempre centro pieno, pur andandoci clamorosamente vicino.
Un altro motivo è che non mi piacciono i gusti musicali di Woody: per ogni suo film sceglie queste musiche classiche o jazz o musica da ascensore da sbadiglio senza la minima sorpresa. E per me la soundtrack è un buon 50% di una pellicola.
Terzo motivo: i suoi film e i suoi personaggi, con giusto qualche variante (ultimamente la città), sono tutti uguali e io adoro invece chi sa rischiare, sbandare su territori imprevisti e magari anche sbagliare. Non a caso le sue pellicole che ho preferito sono quelle in cui ha cercato di prendere qualche strada di periferia diversa dal suo solito. E poi, ammettiamolo, con la macchina da presa non è certo un virtuoso.

“Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”, solita deturpazione italica che fa perdere la bella ambivalenza del titolo originale “You Will Meet a Dark Tall Stranger” (che si può riferire a un uomo quanto alla morte), è invece il solito Woody con il pilota automatico. A differenza di molte altre sue pellicole però i dialoghi sono davvero poco ispirati, non si ride praticamente mai e allora meno male che gli attori sono davvero bravi e riescono a tenere acceso perlomeno un minimo di interesse su vicende sentimental-famigliari altrimenti trite e ritrite.
Naomi Watts è come al solito eccelsa, Josh Brolin si conferma uno dei migliori in circolazione (tranne quando fa “Jonah Hex”), Anthony Hopkins è in forma come non lo vedevo da parecchio, la “millionaire” Freida Pinto è una visione celestiale, mentre Lucy Punch è la classica prostituta alleniana, niente di più niente di meno, e si segnala più che altro per la fastidiosa voce del doppiaggio italiano (spero che la sua originale sia meno da tappi nelle orecchie). Bravo anche Banderas.

In mezzo a vicende e personaggi di scarso appeal, la cosa più irritante è però il finale: ok, Woody Allen vuole sottolinearci come la vita altro non sia altro che una successione di casualità ed eventi senza senso, il ché probabilmente è anche vero. Il cinema, così come la letteratura o l’arte in genere, dovrebbe però aiutarci a dare un minimo di spiegazione, o perlomeno un punto di vista sulle vicende che racconta, altrimenti che differenza c’è tra un film come questo e un reality-show che si limita a filmare la vita e basta? La differenza è il livello di recitazione altissimo, certo, e il fatto che i personaggi sono culturalmente più elevati del tamarro da Grande Fratello medio. E il rischio è anche quello di sembrare la puntata pilota di una serie tv che non verrà mai girata perché a nessuno interessa seguire gli sviluppi futuri di questi personaggi volutamente sospesi e incompleti.
La sensazione quindi è che a questo giro Woody Allen abbia fatto un film tanto per fare, come se fosse obbligato per contratto a fare il suo cinepanettone per intellettuali annuale. È ancora bravo a raccontare, Woody, solo che sembra rimasto senza niente da dire.
(voto 5)

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