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mercoledì 18 febbraio 2015

TAKEN 3 - L'ORA DELLA VENDETTA DI LIAM NEESON NEI MIEI CONFRONTI





Taken 3 - L'ora della verità
(Francia 2014)
Titolo originale: Taken 3
Regia: Olivier Megaton
Sceneggiatura: Luc Besson, Robert Mark Kamen
Cast: Liam Neeson, Maggie Grace, Famke Janssen, Forest Whitaker, Dougray Scott, Leland Orser
Genere: Liam Neeson movie
Se ti piace guarda anche: Io vi troverò, Taken 2 - La vendetta, John Wick


Taken 3 è giunto in un momento oserei dire unico nella mia vita. È arrivato infatti subito dopo che ho provato per la prima e sola volta simpatia nei confronti di Liam Neeson, ovvero quando ho guardato questo fantastico spot pubblicitario del giochino Clash of Clans: Revenge trasmesso nel corso dell'ultimo Super Bowl.

sabato 26 gennaio 2013

THE FOLLOWING, ANCHE I SERIAL KILLER HANNO LE GROUPIE

The Following
(stagione 1, episodio pilota)
Rete americana: Fox
Rete italiana: dal 4 febbraio su Premium Crime e Sky Uno
Creata da: Kevin Williamson
Cast: Kevin Bacon, James Purefoy, Natalie Zea, Shawn Ashmore, Nico Tortorella, Annie Parisse, Kyle Catlett, Maggie Grace
Genere: serial thrilla
Se ti piace guarda anche: Il silenzio degli innocenti, Seven, Criminal Minds

Non ci sono solo i film d’autore. Ci sono anche le serie d’autore e The Following è una di queste.
Perché? Chi è che la firma?
Kevin Williamson.
Kevin Williamson in ambito televisivo è noto soprattutto per le sue amate (anche da me, naturalmente) bimbominkiate teen Dawson’s Creek, The Vampire Diaries e The Secret Circle. Chi è cresciuto negli anni ’90 ricorda però bene di come il genere thriller horror non gli sia materia affatto estranea, poiché la firma sulle sceneggiature di So cosa hai fatto e dei primi 2 (e pure del recente quarto) Scream è la sua. La sua specialità è quella di prendere le regole tradizionali del genere e stravolgerle, ironizzandoci su. Con questa sua nuova creatura televisiva Kevin Williamson cerca di dare prova di maturità, abbandonando al loro destino gli amichetti teen che finora tanta fortuna gli avevano portando e facendosi molto serio. Se vogliamo trovare un difetto a questo altrimenti impeccabile pilot di The Following è proprio la mancanza di umorismo, che si intravede appena giusto in un paio di momenti. Un tratto distintivo dello stile di Williamson qui poco presente. Probabilmente una scelta voluta per rendere il tutto più teso possibile.

La trama di The Following, appena partita negli USA e in arrivo dal 4 febbraio pure in Italia, segue la più classica tradizione del thriller sui serial killer. Kevin Bacon, ben calato nella parte, più vicina a Mystic River che a Footloose, è un detective ormai non più operativo. Sarà però richiamato al suo dovere quando il pazzo serial killer che aveva catturato qualche anno prima è fuggito di prigione. Un classico, ve l’ho detto. Così come è da tradizione il serial killer cattivone, Joe Carroll (James Purefoy): un professore di letteratura affascinante, colto e… psicopatico, of course, e che inoltre ha una fissazione maniacale per le opere di Edgar Allan Poe. Un vero personaggio, che in prigione ha un seguito di groupie maggiore di quello che attende Fabrizio Corona.
Niente che non si sia mai visto prima, ma ciò che colpisce è la grande cura nella costruzione non solo nei personaggi principali (quelli secondari sono invece ancora tutti da verificare con i prossimi episodi), ma anche nelle atmosfere, molto da thriller anni ’90, e nei dettagli.

La serie si apre sulle note inquiete di Sweet Dreams versione Marilyn Manson. Non una scelta proprio originale, si tratta infatti di un pezzo già usato parecchio in passato, ma io voglio vederlo come un omaggio di Kevin Williamson a se stesso. In un episodio dalle tinte vagamente horror di Dawson’s Creek era la canzone che risuonava mentre Jen (Michelle Williams), in versione speaker radiofonica, veniva minacciata da uno stalker o qualcosa del genere. Inoltre, subito dopo viene utilizzato il vecchio pezzo dallo stesso titolo “Sweet Dreams” di Patsy Cline, pure questo un brano molto utilizzato, ad esempio in Buffy e Lost, giusto per nominare due serie poco conosciute. Dalla cura in cui sono collegati i pezzi della colonna sonora, si nota subito che il prodotto è ben studiato e niente sembra lasciato al caso.
"Avevo finito i fogli e mi sono scritta sul corpo. E allora?"
E questa è l’analisi soltanto del primo minuto della nuova serie. Forse è meglio se da adesso in poi faccio un’analisi meno specifica, altrimenti viene un post che ci vogliono 3 ore per leggerlo e parla di un pilot della durata di appena 40 minuti. Sto ancora perdendo tempo, il vostro prezioso tempo.
“Cannibal, ti dai una mossa, che c’abbiamo l’acqua sul fuoco e dobbiamo andare a magnà?”
Va bene.

Facciamola breve, o almeno proviamoci: The Following è una serie che i groupie e le groupie dei thriller e dei crime non si possono, non si devono perdere, ma anche i fan più occasionali del genere si possono godere un prodotto davvero ben fatto, perfettamente orchestrato. Se vogliamo proprio fare i pignoli, rispetto a Scream e al Williamson del passato come detto manca il senso dell’umorismo, mentre non manca il gusto di citare e giocare con i generi e con i suoi cliché.

"Oh, ma scrivere sulla carta non va davvero più di moda?"
ATTENZIONE SPOILER
Come in Scream, anche in The Following Kevin Williamson si diverte a prendere i cliché e a ribaltarli: ad esempio pure qui fa fuori la bella dolce fanciulla che pensavamo fosse destinata a essere la protagonista femminile della vicenda. Là era Drew Barrymore, durata appena una manciata di minuti, qua è Maggie Grace di Lost, cui dobbiamo fare ciao ciao prima della fine della puntata pilota.
FINE SPOILER

Se non ci troviamo di fronte quindi a un qualcosa di totalmente nuovo, Kevin Williamson sa però usare al meglio tutti gli elementi del crime e delle storie di serial killer tradizionali, per proporci una serie dagli sviluppi potenzialmente infiniti. Tutto funziona ottimamente, però voglio limitare l’entusiasmo iniziale in attesa di vedere i prossimi episodi. Non vorrei infatti che le ottime premesse fin qui mostrate si smontassero e il serial da visione killer si trasformasse nel solito crime con puntate autoconclusive come già troppi ne circolano in giro. Staremo a vedere.
Certo è che la parte finale dell’episodio pilota, che non sto a svelarvi, presenta un crescendo pauroso, di quelli che ti portano a voler vedere assolutamente cosa capita nella puntata successiva. Così si cattura lo spettatore. Così si fanno le serie. Così si costruisce un notevole seguito di groupie. Bravo Kevin Williamson, vecchio volpone.
(voto 7+/10)


lunedì 15 ottobre 2012

Liam Neeson, non trovarmi per favore

Io vi troverò
(Francia, USA, UK 2008)
Titolo originale: Taken
Regia: Pierre Morel
Cast: Liam Neeson, Maggie Grace, Katie Cassidy, Famke Janssen, Arben Bajraktaraj, Jon Gries, Leland Orser, Xander Berkeley, Holly Valance
Genere: giustizialista
Se ti piace guarda anche: Giustizia privata, Il giustiziere della notte, From Paris With Love

Taken 2 - La vendetta è il sequel di Io vi troverò, che in originale si chiamava Taken, ed è arrivato in questi giorni nei cinema italiani.
Questa volta i titolisti italiani sono stati piuttosto fedeli all’originale. Hanno tenuto il Taken 2, e poi ci hanno aggiunto quel La vendetta che tanto gli piace, perché è più forte di loro. Però sono stati piuttosto fedeli, questo gli va concesso. Peccato che il pubblico italiano si chiederà: Taken 2, e Taken 1 qual era, visto che da noi il primo era uscito come Io vi troverò?
A questo punto, sarebbe stato quasi meglio chiamarlo Io vi ritroverò, per coerenza.
Ma non importa, quel che importa qui e ora, in questo post, è che, giusto dopo qualche annetto di attesa, ho deciso di recuperare Taken 1, quello da noi noto anche come Io vi troverò.
Perché l’ho fatto?
Ho pensato - sbagliando - che se ne avevano girato persino un sequel, magari qualche spunto di interesse o di originalità questo primo episodio l’avrebbe anche contenuto.
Ma cosa diavolo stavo pensando?
Ormai un sequel lo si concede a qualunque film, persino a Ghost Rider (che poi è pure finito per essere meglio del primo), quindi… cosa ca**o stavo pensando, sul serio?

"Troppo forte la suoneria del Pulcino Pio, non riesco a smettere di sentirla."
Io vi troverò è un filmetto che lancia Liam Neeson come eroe action.
Io con gli eroi action non è che abbia un buon rapporto. Per niente. Ma Liam Neeson??? Really?
Cioè, adesso se Liam Nixon all’età di 60 anni può diventare un eroe action, chiunque può diventarlo. Potrebbero girare persino una pellicola riesumando tutti gli action heroes degli anni ’80 anche se oggi hanno tra i 60 e i 90 anni e metterli insieme.
Ah, l’hanno già fatto?
Addirittura due volte?
Expendables 1 ed Expendables 2 (recensione a breve, brevissimo)?
Allora è proprio vero che un sequel lo si concede a qualunque film, al giorno d’oggi.

"Eddai papà, smettila di sentire il Pulcino Pio e rispondi a quel ca**o di cellulare!"
A sorpresa, non solo Liam Nessun è stato trasformato in spaccaculi, ma Io vi troverò ha pure avuto un notevole successo: $145 milioni nei soli USA! E su IMDb ha pure una notevole media voto di 7.9! E pure il sequel sta andando alla grande!
Perché?
Come è possibile ciò?
Il film si lascia anche vedere, scivola via senza annoiare troppo. Fine dei complimenti alla pellicola.
Per il resto è una roba brutta, ridicola, inverosimile.
La storia, da un’idea partorita dal solito Luc Besson probabilmente mentre si trovava in bagno, è quella di un uomo separato che, dopo una vita intera dedicata a un misterioso lavoro (il bodyguard? la spia? l'accompagnatore per signore?), decide di dedicare il resto della sua vita da pensionato alla figlia adolescente che fino ad allora aveva sempre ignorato alla stragrande. Non si sa bene cosa lo spinga a questo cambiamento radicale, però è meglio non farsi troppe domande, visto che qui le cose succedono a caso e basta.
La figlia adolescente è interpretata da Maggie Grace, ex Shannon di Lost, che nei panni della ragazzetta verginella a sorpresa riesce a risultare piuttosto credibile. L’unica in un cast che vanta persino la (ex) popstar Holly Valance. Gran gnoccolona, ma come attrice? Come on, non esiste.

"Io ti tromberò... volevo dire: io ti troverò!"
Tornando alla storia, Maggie Grace vuole andare in vacanza a Parigi con l’amica zoccola, Katie Cassidy di Gossip Girl, Melrose Place 2.0, Montecarlo e la nuova serie Arrow, a proposito di attrici eccezionali. Parigi è una gran bella città, che chiunque dovrebbe visitare almeno una volta nella vita, perché mai uno non dovrebbe andarci?
Liam Neeson però deve rompere i maroni, nel suo nuovo ruolo di padre oppressivo che si è cucito addosso dopo non aver cagato la figlia per tutto il resto della sua infanzia. Gli interessa solo adesso che è diventata una bella gnocchetta? E dov’era quando piangeva e c’era da cambiarle i pannolini e consolarla perché il suo personaggio in Lost veniva fatto fuori, tra l’altro da un altro padre maniaco che non aveva tutte le rotelle al posto giusto?
Dov’era allora, Liam Neeson?
E così le dice che a Parigi non può andare, perché è pericoloso, e la sua amica zoccola chissà in che postacci la porterà e così lei non parte e il film finisce…
Troppo bello per essere vero. Liam Neeson in un lampo di lucidità si rende che la sua decisione è stata affrettata e allora cambia idea. Lascia andare la figlia a Parigi, ma solo ad alcune ragionevoli condizioni:

- Deve chiamarlo ogni 15 minuti.
- Deve twittare ogni suo spostamento.
- Deve taggare l’amica zoccola in tutte le immagini che posta su Facebook, così almeno Liam Neeson saprà come trastullarsi la notte.

"Ti sparerei, Cannibal. Peccato debba prima trovare gli occhiali da vista..."
Le due ragazze atterranno a Parigi e, tempo 2 minuti, finiscono rapite da un’organizzazione di criminali albanesi che ha intenzione di trasformarle in tossicodipendenti e poi prostitute.
Ma in un giorno si può diventare tossicodipendenti?
E, comunque, negli USA girano tutti con una pistola in tasca e l’Europa viene dipinta come un luogo pericoloso in cui, appena metti piede, vieni rapito, stuprato, drogato, ucciso e fatto a pezzettini? Sul serio?
La vicenda si sviluppa poi in maniera prevedibile con Liam Neeson che cercherà di farsi giustizia da solo. In maniera prevedibile ma veloce, e quest’ultimo almeno è l’unico merito della pellicola. Per il resto, lascio a voi il brividone di scoprire come andrà a finire…

Quanto a questo post, va a finire anch’esso in maniera prevedibile, con io che mi chiedo come possa un filmetto del genere avere avuto tanto successo.
E Liam Neeson action hero?
No dai, a questo punto c’è una possibilità che lo diventi pure Matt Damon…
Come? Hanno fatto girare una intera saga action pure a lui?
(voto 4/10)

lunedì 30 luglio 2012

Lockout, 2079: Odissea trash nello spazio

Lockout
(Francia 2012)
Regia: James Mather, Stephen St. Leger
Cast: Guy Pearce, Maggie Grace, Joseph Gilgun, Peter Stormare, Lennie James, Vincent Regan, Tim Plester, Peter Hudson
Genere: trashata action fantascientifico carceraria
Se ti piace guarda anche: 2013: La fortezza, Cella 211, The Island

Ve lo ricordate 2013: La fortezza, leggendaria trashata di primi anni ’90 con Christopher “Highlander” Lambert? Per quanto io ne conservi un ricordo molto vago, ogni volta che vedo un film carcerario mi ritorna sempre in mente quello, bello come era (?), forse ancor di più. Tutta colpa dell’infanzia. Quando sei bambino, ci sono cose che ti rimangono impresse indelebilmente e che, tuo malgrado, ti rimangono dentro e ti segnano per sempre. 2013: La fortezza per me, ahimé, è una di quelle.
Lockout, nuovo filmetto action in una per una volta azzeccatissima uscita estiva dalle nostre parti (e infatti forse è stato posticipato...), si va a inserire in questo filone e anche in questo caso è ambientato nel futuro. Se al 2013 di christopherlambertiana memoria ormai manca davvero poco, profezie funeste permettendo, questo film si colloca temporalmente ben più in là, nel 2079. E se a voi il genere carcerario farà venire in mente altre pellicole più impegnate, come Cesare deve morire, Cella 211 o Il profeta (che nonostante il titolo non è un film su di me), qui invece siamo proprio dalle parti di 2013: la fortezza, appunto. Ovvero: le parti della trashata action fantascientifico carceraria. Sebbene sia presente anche la tematica della rivolta dei prigionieri, proprio come nello spagnolo Cella 211.

In altre epoche, in altri decenni, un film come Lockout sarebbe potuto diventare un cult totale. A cavallo tra gli anni ’80 e i ’90, diciamo. Oggi è una visione che appare un piacevole tuffo nel passato, rivestito con una veste molto moderna, pure troppo. A livello visivo, sembra infatti spesso il filmato di presentazione di un videogame di ultima generazione, più che cinema vero e proprio. Si veda in proposito la scena all’inizio del fugone in moto del protagonista. Una pacchianata allucinante da far storcere il naso persino ai Wachowski Bros. per eccesso di videoludicità.
Per fortuna, gli effetti speciali nel resto della pellicola sono piuttosto ridotti, probabilmente per ragioni di budget non troppo elevato a disposizione, e Lockout può mettere in mostra i suoi punti di forza. Che ci sono, cosa nient’affatto scontata per siffatto genere di film.
L’originalità?
No, l’originalità non è per niente tra i suoi punti di forza. Lo spunto di partenza del film nasce da un’idea, un’ideona, avuta dal solito Luc Besson, il regista dei vari arcinoti Nikita e Leon e recente autore del soggetto di un’altra (a sorpresa) piacevole tamarrata come From Paris with Love, quella con l’accoppiata Jonathan Rhys Meyers/John Travolta. Un’idea, quella del Besson, già sentita e strasentita: in una prigione di massima sicurezza di nuova concezione, lanciata nello spazio, scoppia una rivolta. In quel momento dentro il carcere, per puro caso, si trova anche la figlia del Presidente degli Stati Uniti in persona, e allora il Governo decide di mandare un condannato a liberarla in cambio della sua, di liberazione. Trama classica classica da trashata action fantascientifico carceraria, avete capito bene.

"Coraggio, a me il sederino!
Ma no, cosa hai capito? Ti devo solo fare una puntura..."
Quello che funziona, e qui finalmente arriviamo al punto di forza cardine della pellicola, è la forte componente di umorismo. Quell’umorismo tipico da action 80s/90s movies con Bruce Willis, soltanto che qui come protagonista nelle inedite vesti di action hero di turno troviamo Guy Pearce.
Guy Pearce è un attore che, a parte Memento, non mi ha mai convinto del tutto e anche qui se non avessimo avuto lui ma un altro al suo posto (basta che non fosse Christopher Lambert), magari le cose sarebbero andate ancora meglio. Chi può dirlo? Però accontentiamoci, perché il Pearce s’è pompato i muscoli e soprattutto ha affilato la lingua con una serie di battute a raffica old-style che lo fanno apparire decisamente appropriato alla parte. Merito suo, oppure di una sceneggiatura parecchio scoppiettante, se non a livello di originalità della trama, almeno per quanto riguarda i dialoghi?

Il protagonista Snow è idolesco e se, come detto prima, il film fosse uscito in un’altra epoca, oggi sarebbe salutato come un nuovo vero mito alla John McClane della Die Hard Saga. E invece è piombato nel tempo sbagliato, sia a livello cinematografico che a livello di trama del film, dove è un (anti)eroe vecchia scuola inviato nello spazio per risolvere l’intricata questione di cui sopra. Come è ovvio che sia, si troverà coinvolto in qualche scaramuccia d’amore/odio con la protagonista femminile, la figlia del Presidente degli USA interpretata dalla Maggie Grace reduce da Lost, dove era Shannon. Finché il suo personaggio è durato, almeno…

"Zitto, non dirle che quei capelli fanno pena. Sai come sono le donne su 'ste cose..."
L’isola di Lost si sta rivelando una bella maledizione per i suoi interpreti. L’unico che si è ritagliato un ruolo da star post-Lost sembra essere per il momento Ian Somerhalder, il vampiro che scatena più urletti dalle fan dopo (e forse ormai nemmeno dopo) Robert Pattinson e che tra l’altro in Lost è durato/sopravvissuto ben poco, ancor meno della sua sorella televisiva Maggie Grace.
Agli altri invece le cose a livello di carriera non è che stiano andando alla grande: Evangeline Lilly s’è ritagliata qualche particina in filmetti come Real Steel, ma attenzione perché presto sarà anche in Lo Hobbit, mentre Matthew Fox s’è preso un periodo di pausa più o meno volontario dalle scene. Josh Holloway sembrava essere il candidato più autorevole al titolo di megastar del post-Lost e invece sta arrancando abbastanza, visto che 5 minuti di presenza circa nell’ultimo Mission: Impossible non è che siano proprio il massimo. Qualcun altro si è riciclato in tv, come Daniel Dae Kim e Terry O’Quinn in Hawaii Five-0, Emilie De Ravin in Once Upon a Time, Michael Emerson in Person of Interest, Henry Ian Cusick in Scandal, Sonya Walger e Dominic Monaghan in FlashForward, Nestor Carbonell in Ringer, Elizabeth Mitchell in V e Jorge Garcia in Alcatraz, queste ultime tutte serie già (giustamente) cancellate.
Maggie Grace non fa eccezione rispetto alla maggioranza dei colleghi: liberatasi dagli impegni di Lost da diversi anni, la sua carriera cinematografica non è ancora decollata, tra una microparte da vampira in Breaking Dawn ed action movie pessimi come Faster o validi come questo, ma nemmeno è precipitata del tutto in un’isola sperduta, come ad esempio per coloro che dopo Lost si sono proprio lost, tipo Naveen Andrews e Yunjin Kim. Qualcuno li ha più visti?

Tra i membri del cast di Lockout, spunta poi fuori un’altra conoscenza telefilmica: Joseph Gilgun, la new-entry Rudy dell’ultima non esaltante stagione dei Misfits che qui nella parte del criminale psicopatico se la cava più che bene.
Alla fine, tutto questo lungo excursus per dire che sì, il cast della pellicola è piuttosto convincente. E sì, questo film mi sento di consigliarlo come buona visione estiva. Per lo meno se siete in vena di una sana trashata action fantascientifico carceraria. E sì, i francesi nello straordinario periodo di forma cinematografico attuale hanno azzeccato pure la trashata action fantascienti-fico carceraria. E sì, la finisco qui.
(voto 6,5/10)

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