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sabato 23 novembre 2013

UN WEEKEND DA BAMBOCCIONI 2, IL RUTTO-STARNUTO-SCOREGGIA MOVIE




Un weekend da bamboccioni 2
(USA 2013)
Titolo originale: Grown Ups 2
Regia: Dennis Dugan
Sceneggiatura: Fred Wolf, Adam Sandler, Tim Herlihy
Cast: Adam Sandler, Kevin James, Chris Rock, David Spade, Salma Hayek, Maria Bello, Maya Rudolph, Taylor Lautner, Milo Ventimiglia, Jake Goldberg, China Anne McClain, Steve Buscemi, Cheri Oteri, Nick Swardson, Jon Lovitz, Shaquille O’Neal, Tim Meadows, Oliver Hudson, Allen Covert, April Rose, Aly Michalka, Erin Heatherton, Andy Samberg, Steve Austin, Kamil McFadden
Genere: bamboccione
Se ti piace guarda anche: Un weekend da bamboccioni, Questi sono i 40, Indovina perché ti odio, Vacanze di Natale

Ma che bel film, Un weekend da bamboccioni 2!
Ok, questa era una battuta e magari non era un granché ma è comunque meglio di molti siparietti comici che troverete dentro la pellicola.
Un weekend da bamboccioni 2 più che un film è una farsa.
Cosa ridete? Questa non era una battuta. Nel primo episodio a fare da collante alle vicende dei protagonisti c’era se non altro il pretesto di far ritrovare dei vecchi amici di infanzia in occasione della morte del loro vecchio coach di basket. Espediente classico che ha generato varie perle, dal classico Il grande freddo alla versione italiana verdoniana Compagni di scuola (che io personalmente preferisco al suo "collega" americano). Il livello in questo caso è più basso.
Molto più basso.
Ancora più basso di quanto potreste immaginare.

"Cosa sono queste poltrone vuote?
Sono tutti andati a vedere il film con Checco Zalone?"
Il secondo capitolo di Un weekend da bamboccioni non è più nemmeno ambientato durante un weekend, ragion per cui il solito titolo idiota italiano, più idiota ancora della stessa pellicola intitolata Grown Ups, si è ritorto contro i suoi geniali creatori. Un weekend da bamboccioni 2 non si svolge in un weekend e i tizi protagonisti non sono nemmeno catalogabili come bamboccioni nel senso che il compianto (ma da chi?) Padoa-Schioppa aveva dato al termine, visto che sì, sono un pochino immaturi, un pochino tanto immaturi, ma sono tutti o quasi sposati e con figli e con un lavoro più o meno fisso.
Se nel primo episodio gli amici protagonisti erano cinque, adesso sono rimasti quattro amici al bar, forse per far contento Gino Paoli. Dov’è finito Rob Schneider?
Boh, non ho un gran ricordo del primo film, ma non mi pare che morisse…
Scomparso non si sa bene per quale motivo ma senza grossi rimpianti Schneider, a essere rimasti ci sono il sempre mitico Adam Sandler, il sempre poco divertente Kevin James, l’uomo zerbino Chris Rock e il cazzaro e più bamboccione di tutti David Spade.

Come detto, qui non è che ci sia una vera e propria trama. Rivediamo i cinque, pardon quattro amici alle prese con la vita di tutti i giorni. Siamo dalle parti di Questi sono i 40, solo che questi sceneggiatori non sono Judd Apatow e hanno messo insieme una serie di sketch e battutacce poco divertenti. Vediamo i protagonisti impegnati con i figli, con le mogli/compagne, con il lavoro (poco), il tutto per arrivare alla festa del finale. Un grosso party a tematica anni ’80. Perché?
Fondamentalmente perché, e se conoscete la sua filmografia come me che sono un suo mezzo fan, saprete bene che Adam Sandler è uno degli attori hollywoodiani più fissati con quel decennio in circolazione. L’unica che può competere con lui è Drew Barrymore, con cui non a caso ha girato Prima o poi me lo sposo e 50 volte il primo bacio, due film in qualche modo legati agli 80s, in particolare il primo. E, attenzione fans della coppia Sandler + Barrymore e quindi degli anni ottanta, ocio che i due stanno preparando un nuovo film insieme!

"Siete del Team Edward? Filate subito fuori di qui!"
Tra una serie di scontri generazionali con la confraternita capitanata dal lupetto di Twilight Taylor Lautner, qui nelle verosimili vesti di un idiota totale, la comparsata di qualche figona come Aly MichalkaApril Rose ed Erin Heatherton e un’apparizione tragica dell’ex cestista Shaquille O’Neal, Un weekend da bamboccioni 2 nella parte conclusiva fa quindi un tuffo dentro gli 80s, con i protagonisti vestiti come vari personaggi trash del decennio e l’arrivo dell’ex wrestler Steve Austin che farebbe la felicità del mio blogger rivale MrFord, se solo vedesse questo film e non credo lo farà mai, considerando che è troppo uno snob radical-chic.
Nonostante abbia una trama inesistente, sia girato da cani e come film faccia sostanzialmente schifo, ma schifo forte, devo dire che qualche risata Grown Ups 2 me l’ha tirata fuori. Me ne vergogno, ridere guardando questo film è un po’ come ridere di fronte a una persona che si caga addosso, come capita nel seguente video, ma è difficile non farlo.



Se per film come i vari Vacanze di Natale o Un weekend da bamboccioni, che ne è un po’ una versione americana, può essere valida la definizione di “scoreggia movie”, Un weekend da bamboccioni 2 alza il tiro: questo è un “rutto-starnuto-scoreggia movie” e, se avete il coraggio di vedere il video qui sotto, capirete perché si merita una definizione del genere…
(voto 4/10)



"Siete proprio sicuri di non voler vedere questo film?"

venerdì 15 novembre 2013

PRISONERS, PRIGIONIERI E PRIGIONOGGI




Prisoners
(USA 2013)
Regia: Denis Villeneuve
Sceneggiatura: Aaron Guzikowski
Cast: Jake Gyllenhaal, Hugh Jackman, Maria Bello, Terrence Howard, Viola Davis, Paul Dano, Melissa Leo, Dylan Minnette, Zoe Borde, Erin Gerasimovich, Kyla Drew Simmons, Wayne Duvall, David Dastmalchian
Genere: labirintico
Se ti piace guarda anche: A History of Violence, Mystic River, Amabili resti, The Village, The Killing, Broadchurch

Prisoners, prigionieri, non lo siamo forse un po’ tutti?
Prigionieri delle convenzioni sociali. Prigionieri dello Stato. Prigionieri di Equitalia (evvai di populismo!). Prigionieri nel rapporto con gli altri. Prigionieri di quello che le persone si aspettano da noi. Prigionieri del personaggio che ci siamo creati. Chi può dire di essere davvero libero?
Io ad esempio mi ritrovo quasi costretto moralmente a scrivere stupidaggini e cacchiate, perché è questo a cui il personaggio Cannibal Kid ha ormai abituato il suo (esiguo) pubblico. Ma adesso basta. Oggi cercherò di scrivere una recensione seria. Forse.

ATTENZIONE: C’E’ QUALCHE SPOILER QUA E LA’. NIENTE DI CLAMOROSO, MA QUALCHE SPOILERINO POTRESTE BECCARVELO, QUINDI SE NON AVETE ANCORA VISTO IL FILM OCIO!


Come detto, chi più, chi meno siamo tutti prigionieri. Tra i “chi più” ci sono i personaggi di Prisoners. Da un film con un titolo del genere, cos’altro vi aspettavate?
Nei sobborghi di una cittadina della Pennsylvania, la tipica cittadina inquietante americana, due tipiche famiglie americane, una black e una white, passano insieme il Giorno del Ringraziamento, la festa americana più americana che ci sia. La giornata passa in maniera piacevole e tranquilla e molto americana, i grandi stanno tra grandi a fare cose da grandi, i piccoli stanno tra piccoli a fare cose da piccoli. Tipo sparire nel nulla. Solo che non è nascondino. Passano le ore, viene sera e le due bambinette delle due famiglie non si trovano più. Dove sono finite? Voi le avete viste? Io no. Chi potrebbe saperne qualcosa è il tizio che stava sul furgone parcheggiato nella via dove le bimbe sono sparite. Forse.

Parte così quello che può sembrare un thriller tradizionale e in parte lo è. Un thriller tradizionale di quelli che così bene, ah, non ne facevano da quando ero anch’io piccolo come le bimbette scomparse. Tipo da Il silenzio degli innocenti del 1991. In tv qualcosa di non troppo distante per storia e qualità di recente lo si è pure visto, come The Killing e Broadchurch, al cinema non tanto.
Prisoners comunque è anche qualcos’altro. È un thriller-politico un po’ come The Village di M. Night Shyamalan era un horror-politico. Sì, proprio quel M. Night Shymalan, quello di porcherie come L’ultimo dominatore dell’aria e After Earth, però prima che si bevesse completamente il cervello. Perché dico questo? Perché si può tentare una lettura politica, riguardo a ciò che succede in Prisoners.

IT’S LETTURA POLITICA TIME
Il personaggio di Hugh Jackman, il padre della bambina bianca scomparsa, è l’America post 11 settembre della Guerra al terrore. Quella che tortura i propri nemici per avere le info che vuole. Quella che fa di tutto, non importa quanto ciò trasformi il torturatore in un mostro alla pari se non peggiore dei terroristi che combatte. In due parole: Jack Bauer. In tre parole: George W. Bush.
Il personaggio di Terrence Howard, il padre della bambina di colore scomparsa, è invece l’America del post Guerra al terrore. È l’America che non si sporca in prima persona le mani con il sangue, non ufficialmente, però non è nemmeno contraria a usare qualunque – QUALUNQUE – mezzo pur di ottenere ciò che vuole. Quella che non usa violenza, ma nemmeno ci prova a fermarla. Si limita a guardare dall’altra parte. Nel comportamento di Terrence Howard e della moglie Viola Davis possiamo vedere un riflesso degli Stati Uniti di oggi, gli Stati Uniti di Barack Obama.
E noi?
Dove sta l’Europa?
Maria Bello è l’Europa. Maria Bello, la moglie di Hugh Jackman, che si imbottisce di sonniferi e psicofarmaci e preferisce non sapere quello che il marito sta facendo.
Raccontato così, Prisoners potrebbe apparire un film anti-americano. Quello del regista canadese Denis Villeneuve potrebbe sembrare un atto d’accusa nei confronti degli Stati Uniti e invece…
Invece è una pellicola che preferisce non dare una morale. Non imprigiona lo spettatore a un pensiero unico. Chi guarda può farsi la propria idea. In fondo questo è solo un thriller, o no?
IT’S THE END OF THE LETTURA POLITICA TIME AS WE KNOW IT (AND I FEEL FINE)

"No, non è di mia foglia. E' mio. Chi lo dice che sono troppo grande per giocare con i pupazzi?"

A livello politico il film consente varie chiavi di lettura, questa è solo la mia personale, ognuno può trovare la propria. C’è chi può vederci dentro una condanna o al contrario una giustificazione di quanto fatto dagli americani a Guantanamo e non solo a Guantanamo (si veda Zero Dark Thirty) per ottenere le informazioni dai terroristi, e c’è anche chi può vedere la lettura politica come una forzatura e godersi semplicemente il film, che è un thrilerazzo della Madonna. Due ore e mezzo di tensione costante, che non scende fino alla fine. Di recente mi era capitato di rado di rimanere prigioniero di una pellicola con un livello di coinvolgimento simile. Anche nei bei film, può capitare un calo per un paio di minuti. Qui manco per un istante. Erano mesi che non mi capitava qualcosa del genere, ma che dico mesi? dico giorni. Anche un altro film nel passato recente mi ha coinvolto (quasi) allo stesso modo di Prisoners, ma ne parlerò a breve.

Il regista Denis Villeneuve ha un super potere: quello di schiantarti dentro i suoi film. Era capitato con il raggelante Polytechnique, era ricapitato con lo splendido La donna che canta, è riricapitato ora con Prisoners. Merito del canadese, che evita virtuosismi ma dirige con una precisione pazzesca. Detto così, potrebbe apparire uno stile freddo, in realtà Villeneuve fa sentire vicini ai suoi personaggi come pochi altri registi contemporanei. C’è una scena in particolare, quella in cui Hugh Jackman riconosce il calzino con il coniglietto della figlia, che mi ha messo i brividi. E io che ho i brividi per una scena con Hugh Jackman è una cosa mai successa. MAI.

"Donna invisibile, m'è appena sparita la figlia. Scusa neh, ma non ho tempo per venire a giocare a nascondino con te.

Se Wolverine è alla sua migliore interpretazione in assoluto, che dire di Jake Gyllenhaal, qui il detective che cerca di risolvere il mistero della sparizione delle due bimbe?
Jake Gyllenhaal, che attore straordinario! Il suo personaggio, oltre a un taglio di capelli scalato di quelli alla Rihanna/Miley Cyrus/Skrillex che vanno tanto tra i ggiovani d’oggi, ha un tic agli occhi pauroso. Non so se la cosa era presente in sceneggiatura, oppure è una particolarità che ha voluto aggiungere lui al personaggio, però recitare così è un rischio. Rischi di fare la figura dello scemo e sputtanare il film, invece Gyllenhaal è riuscito così a farci avvicinare ancora di più al suo detective. Il suo è un personaggio all’apparenza “neutro”, non troppo distante da quello di Jessica Chastain in Zero Dark Thirty; di entrambi sappiamo pochissimo, non vivono travolgenti storie d’amore, non li vediamo con la famiglia o con gli amici o altro. Nessuna nota personale. Li vediamo impegnati solo nella loro ossessiva caccia all’uomo, eppure tutti e due, grazie alle performance larger than life dei loro interpreti, sono dei personaggi vivissimi e umani come non capita spesso di vedere, non nei thrilleroni americani, se non altro.
Altra strepitosa prova è poi quella di un’irriconoscibile Melissa Leo, ma attenzione anche al volto nuovo David Dastmalchian e nota di merito pure per Paul Dano, alle prese con un personaggio super sfigato, persino più dei suoi soliti, in cui si trova parecchio a suo agio. Sarà un caso?


"Oh, ma che è? Rompermi il deretDano è diventato il nuovo sport nazionale americano?"
"Hey Donnie, lasciami. Non sono Paul Dano!"
"Ah ok scusami, ti avevo scambiato per lui..."

In tutto questo ben di Dio registico e recitativo il punto di forza assoluto è però un altro ancora. E non mi riferisco nemmeno alla splendida colonna sonora da brividi composta dall’islandese Jóhann Jóhannsson, impreziosita da “CODEX”, una chicca dei Radiohead, già usati dal regista pure in La donna che canta, dove “You and Whose Army?” era un po’ il tema sonoro che accompagnava la pellicola. Villeneuve possiamo quindi considerarlo a tutti gli effetti un fan delle teste di radio ed è una ragione in più per amarlo.
La vera arma di distruzione di massa messa in campo da Prisoners a cui mi riferisco è la sua fenomenale sceneggiatura, firmata dal quasi esordiente Aaron Guzikowski. Una sceneggiatura non tratta da romanzi, graphic novel, seghe fantasy, giochi da tavolo o altro. Una sceneggiatura originale, finalmente. La storia come detto non è nuova, il mistero della sparizione di ragazzine è una situazione in cui il genere thriller ha sempre giocato e continua a farlo, però è raccontata con la giusta dose di personalità, con un sacco di riferimenti come visto alla politica ma anche alla religione. È una sceneggiatura costruita in maniera perfetta, impeccabile, stratosferica, che Villeneuve è riuscito a trasformare in una pellicola incentrata sul simbolismo, tra labirinti, serpenti, effigi cristiane, un Jake Gyllenhaal che non parla con dei coniglioni ma è comunque parecchio ossessionato e un Hugh Jackman che non tira fuori gli artigli dalle mani ma riesce a fare di peggio.
Prisoners è un film che sa spiazzare, senza sparare fuori colpi di scena assurdi o improbabili, ma che colpisce solo con colpi (di scena e allo stomaco) ben assestati. Un film su cosa significa restare prigionieri che ti fa suo prigioniero per 2 ore e mezza senza mai darti alcuna certezza, lasciandoti in costante tensione e restandoti incollato dentro pure al termine. Un film che mostra cosa significa avere Fede, non solo da un punto di vista religioso, e soprattutto cosa significa perderla. Un film che fa finalmente fa riacquistare la Fede nel thrillerone americano.

IT’S LABIRINTO TIME
Per scoprire il voto cannibale a questo film, dovete risolvere il seguente labirinto.


Okay, potete scoprirlo anche senza risolverlo, ma sappiate che state barando.



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