Ma come fa a far tutto?
Non è il titolo di un film con Sarah Jessica Parker (o meglio, lo è se considerate quella roba un film), bensì la domanda che mi faccio io su George Clooney.
Perché George Clooney è ovunque. Vai a tagliarti i capelli e te lo ritrovi sulle riviste patinate di gossip, impegnato a sbattersi (per finta) o a scaricare (per davvero) la Elisabetta nazionale o a provare mosse di wrestling insieme alla sua nuova fiamma Stacy Keibler. Su altri magazine te lo ritrovi invece alle prese con dichiarazioni impegnate sull’ambiente e poi accendi la tv e lo vedi sorridere mentre ti chiede: “Nespresso, what else?”. Eppure l’else c’è, perché subito dopo cerca pure di venderti un contratto a Fastweb.
A questo punto te lo immagini insieme a quei vecchi divi ritirati che fanno di tutto fuorché cinema. E invece no. Invece ti vai a leggere le nomination ai Golden Globe 2012 ed è un Clooney di qui, un Clooney di là. È il protagonista in versione papà di The Descendants, il nuovo acclamato film di Alexander Payne (quello là di Sideways e A proposito di Schimdt), che da noi uscirà nelle sale il 24 febbraio 2012. Ed è regista, attore non protagonista e pure co-sceneggiatore di questo Le idi di marzo.
Le idi di Marzo
(USA 2011)
Titolo originale: The Ides of March
Regia: George Clooney
Cast: Ryan Gosling, George Clooney, Evan Rachel Wood, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Marisa Tomei, Max Minghella, Jeffrey Wright, Gregory Itzin, Hayley Meyers
Genere: po-li-ti-co
Se ti piace guarda anche: Leoni per agnelli, Thank You For Smoking, Good Night, and Good Luck., Boss (serie tv)
Lo dico subito, perché non bisogna tenersi le cose dentro. Fa male tenersi le cose dentro. Le idi di marzo poteva essere un capolavoro. Invece è solo un gran bel film. Che facciamo, ci accontentiamo? Considerando il piatto molto ricco che ci è stato servito sulla tavola, per questa volta ci accontentiamo.
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Philip Seymour Hoffman tocca il Sacro Gosling:
nemmeno lui sembra immune al suo fascino |
Senza voler spoilerare troppo, la storia del film è politica. Molto politica. Talmente politica con i suoi discorsi a proposito di Democratici e Repubblicani che si potrebbe pensare a Le idi di marzo come a un film americano, troppo americano, ma considerando come i discorsi a proposito di Sinistra e Destra italiane non sono così lontani, questa storia è decisamente allargabile a qualunque contesto.
Anche perché la politica è merda. In tutto il mondo, è merda.
George Clooney ci scaraventa dentro il circo di una campagna elettorale in maniera inizialmente speranzosa. Il candidato da lui stesso interpretato alle primarie democratiche, il passo prima delle presidenziali vere e proprie, sembra infatti il volto del change, con un evidente parallelo con Obama, anche a livello dei poster promozionali che tappezzano le strade americane. Bei discorsi e belle parole, rigorosamente serviti dal team che gli sta dietro, per l’uomo che sembra poter cambiare faccia all’America. Guardando al futuro, all’ambiente, a un progresso eco sostenibile. Quello che il film si domanda, tra le altre cose, è fino a che punto ci si può spingere, fino a che compromessi e patti col diavolo si può scendere, in modo che il candidato giusto vinca le elezioni.
Un’altra cosa che si chiede è: ma questo candidato giusto è davvero giusto?
Il vero protagonista della vicenda non è però Clooney, che per sé ritaglia un ruolo da comprimario, iconico e d’impatto, ma pur sempre comprimario e con una personalità (volutamente?) poco incisiva. Non gli si può davvero rimproverare nulla, al Clooney: pure altruista è. Il protagonista è infatti
Ryan Gosling, sì proprio il
Man of the year 2011 di questo sito, che ci consegna un personaggio più loquace del suo solito, visto che è il portavoce del Clooney aspirante presidente degli United States of sta cippa. Se quindi possiamo sentire la sua voce più che in altri suoi film, in particolare Drive, qui Gosling ci consegna comunque un altro personaggione dei suoi, quelli ambigui, dalla doppia personalità e dalla doppia faccia. Quella del tipo che crede veramente in quello che fa, crede per davvero nel suo candidato e vuole aiutarlo a vincere le elezioni in maniera onesta, solo attraverso le idee che rappresenta. Però piano piano scopriamo anche un altro volto del Gosling, decisamente meno “dreamer” e molto più ambiguo.
Insieme a lui in questo viaggio elettorale troviamo la sexy stagista intepretata da
Evan Rachel Wood che vuole portarselo a letto, e indovinate un po’: ci riuscirà o no? In più c’è un’altra attrice di The Wrestler (certo che Clooney negli ultimi tempi sta in fissa col wrestling più del mio blogger rivale
Mr. Ford!), ovvero
Marisa Tomei in versione giornalista/gola profonda/unica amica del Gosling portavoce. E in più alla seconda ci sono anche i sempre ottimi, ma qui in particolare,
Philip Seymour Hoffman e
Paul Giamatti, nei panni degli altri “complici” di Gosling nel dietro le quinte di questi intriganti giochini politici. Se a Cesare potrebbe sembrare una nuova pugnalata, immagino invece Enrico Mentana gongolare guardando questo film, che sembra scritto pensando apposta a lui e a chi è interessato alla politica e ai suoi retroscena. Gli altri potrebbero invece perdersi qua e là, visto che Clooney non gioca nemmeno troppo sulla carte della storia romantica tra Gosling e la E.R. - Stagista in prima linea Wood. A Clooney interessa raccontare altro perché, come già detto, il film è politico, molto politico. Pure troppo?
George Clooney ci tiene la manina a inizio viaggio, amorevole come un papà. Un papà che però a un certo punto decide di tirare via il velo di falsità e ipocrisie e raccontare a noi figlioletti la verità. Babbo Natale non esiste e i Democratici sanno fare porcate tanto quanto i Repubblicani. Anche peggio, se necessario. Perché se i Repubblicani non nascondono di come qualunque sotterfugio vada bene, pur di vincere, i Democratici giustificano le loro magagne con il motto: il fine giustifica i mezzi.
Le idi di marzo è un film molto duro con la politica, lascia aperte poche speranze, però avrebbe potuto colpire ancora più duro, in fondo il protagonista della nuova grandiosa serie tv
Boss fa anche di ben peggio. Clooney è un regista molto classico e dirige con classe. Una classe che lo contraddistingue in tutto quello che fa, anche se solo uno spot pubblicitario. Questo è il suo grande pregio ma per me anche il suo principale limite. A livello visivo troviamo delle immagini forti, le bandiere americane onnipresenti e i volti svuotati di emozioni dei protagonisti, ma sembra mancare il pugno allo stomaco totale.
Queste idi di marzo ci riconsegnano un cinema politico denso e impegnato, che guarda agli anni ’70 per rappresentare con ferocia il presente, un po’ come l’ultimo Redford dell’interessante Leoni per agnelli. L’impressione che lascia il film è che ancora una volta, quando ci si trova di fronte al Clooney, sia regista che attore, è che tutto funzioni bene, eppure manchi giusto il colpo da K.O.
E invece il momento più forte del film arriva proprio con il finale, con delle parole che ronzeranno nelle orecchie a parecchi, politici ma non solo, terminata la visione. Qualcuno le ricorderà e le farà proprie, qualcun altro si rigirerà nel letto per un po’ prima di riuscire a prendere sonno. E poi spegnerà la luce.
(voto 7,5/10)