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martedì 27 marzo 2012

Jake Gyllenhaal: psycho killer o bubble boy?

Jake Gyllenhaal è un attore pazzesco. O forse è un pazzo che fa l’attore. O forse è soltanto un attore perfetto per fare il pazzo. O forse ancora è tutte queste cose combinate insieme.
Fatto sta che la sua ultima interpretazione è davvero folle. Nel senso buono del termine. Cioè, buono per un attore. Non buono per il suo personaggio, che è un matto pericoloso totale. Di quelli che se li incontri per strada, la tua vita cambia per sempre. Perché finisce.
Un nuovo fratellino di Patrick Bateman, oltre allo Sean Bateman de Le regole dell’attrazione. Un American Psycho a Londra. Quindi un English Psycho. Un English Donnie Psycho Killer, qu'est-ce que c'est, fa fa fa fa fa fa fa fa fa.
Un interpretazione che però non vedrete al cinema, bensì qui sotto.
Jake Gyllenhaal è il protagonista del nuovo videoclip o meglio minifilm dei The Shoes, duo elettronico francese (sì, come gli Air e sì, come i Daft Punk). Nonostante il nome, non sono nient’affatto delle scarpe e sono anzi assolutamente da tenere d’occhio o meglio d’orecchio. Il pezzo “Time to Dance” è irresistibile e, se volete un consiglio, è perfetto come colonna sonora per correre (e non solo per commettere atroci violenze).
Tralasciando l’aspetto musicale, comunque interessante, questo cortometraggio girato e montato alla grande è un allucinato e violentissimo viaggio dentro una mente malata con una performance insane del Gyllenhaal. Uno che per fare il pazzo sembra proprio esserci nato. Roba da dargli subito un Oscar, anche se è “solo” un video musicale. Altroché Meryl Streep
(si astengano dalla visione soltanto i facilmente impressionabili, visto che la clip è piuttosto pulp)


E dopo lo schermidore psycho, viaggiamo indietro nel tempo insieme al coniglio Frank andando a rispolverare un vecchio American Gyllenhaal d’annata.
Annata 2001, la stessa non solo dell’Odissea nello spazio, ma anche dell'odissea nel Donnie Darko.

Bubble Boy
(USA 2001)
Regia: Blair Hayes
Cast: Jake Gyllenhaal, Marley Shelton, Swoosie Kurtz, Danny Trejo, Verne Troyer, John Carroll Lynch, Dave Sheridan, Zach Galifianakis, Stacy Keibler
Genere: demenziale
Se ti piace guarda anche: Fatti strafatti e strafighe, American Trip, Scemo e più scemo, Jack

Mentre Donnie Darko deve ancora esplodere come cult cinematografico grazie al passaparola via Internet, nel 2001 l’allora ancora piuttosto sconosciuto Jake Gyllenhaal affronta un altro ruolo da protagonista. Ovvio, pure qui tanto normale il suo personaggio non è. Anzi, al confronto di Bubble Boy, Donnie Darko era quasi un ragazzino a posto.
In questo film, il Gyllenhaal veste i panni di Jimmy Livingston, un tizio nato senza difese immunitarie e costretto a vivere dentro una bolla. Sempre. Da quando è nato. Una storia liberamente ispirata al film tv del 1976 The boy in the plastic bubble con John Travolta, a sua volta ispirata alla vera vita di due ragazzini.
I genitori gli hanno costruito in casa un ambiente totalmente protetto in cui il nostro cresce isolato da tutto e da tutti, con la madre bigotta vecchio stile che gli fa da insegnante e da maestra unica di vita. La sua visione del mondo è quindi parecchio limitata però almeno Jimmy il “bubble boy” cresce al sicuro. Fino a che… si innamora. Eh, sì. La sua nuova vicina di casa è infatti una bella topolona, Marley Shelton, biondazza che già faceva vedere i colori al protagonista in b/n di Pleasantville e che qui fa provare al ragazzo nella bolla i primi istinti sentimentali e, già che c’è, sessuali. Soprattutto sessuali.
Il loro è però un amore impossibile. Tra loro non ci può essere contatto fisico, per via della condizione alquanto singolare di Jimmy e la loro relazione assomiglia a quella tra i protagonisti della serie tv Pushing Daisies, che per altro per i toni surreali non è poi molto distante da questo Bubble Boy.


"Mamma, mi è apparso un coniglio e mi ha detto che un giorno sarò un sex-symbol!"
"Era ubriaco?"
Da quanto vi ho detto finora, potrete immaginarvi un drammone di quelli pesanti. Una riflessione profonda sulla difficoltà di vivere chiusi dentro una bolla. O potreste aspettarvi una love story dalla lacrima facile.
Niente di più sbagliato.
Bubble Boy ha infatti i toni della commedia surreale e goliardica, non lontana da pellicole in voga una decina d’anni fa come Fatti, strafatti e strafighe. Al punto che visto oggi appare un po’ superato e sciocco. Oddio, forse alcune scene sarebbero sembrate sciocche pure se viste una decina d’anni fa, ma tant’è che il film in Italia non è mai uscito e l’ho recuperato adesso perché qualcuno ha finalmente deciso di realizzare i sottotitoli in italiano di questa misconosciuta vecchia prova gyllenhaaliana. E lui in un ruolo così singolare ci sguazza, tanto che possiamo definirla una pellicola in pieno “stile gyllenhaal”, vicina a Fuga da Seattle, sebbene non certo una delle sue più riuscite.

Se Bubble Boy è una visione imprescindibile per i fan hardcore del più grande viaggiatore del tempo cinematografico di sempre (oltre a Donnie Darko, lo fa anche in Source Code e Prince of Persia), per i non-Gyllenhaaliani, che Dio possa perdonare la loro malafede, non è invece un film imperdibile.
La prima parte, molto 80s, lascia presagire una pellicola dai toni sì grotteschi, ma magari anche un minimo riflessivi. Lo svolgimento invece va nella direzione dell’on the road movie caciarone, pieno di personaggi e situazioni assurde. Troppo.
Quando Bubble Boy scopre che la sua bella sta per sposarsi, decide infatti di costruirsi una “bolla portatile” e uscire nel mondo esterno per impedire questo matrimonio che non s’ha da fare. Nel suo viaggio, si imbatte in tizi che sono persino più particolari di quanto non lo sia lui. Tra nani, freaks, tamarri in motocicletta e membri di una setta, Bubble Boy sembra quasi la persona più normale dell'Universo. O quasi...

Pur rischiando di scivolare nella farsa, il film è in grado di strappare più di una risata, grazie a qualche momento riuscito. Vedi l’ottima apparizione di un Zach Galifianakis pure lui ai tempi sconosciuto e oggi parecchio più famoso.
Come, chi è Zach Galifianakis?
È quello di Una notte da leoni. Vi si è accesa la lampadina?


"George, mentre tu ti fai arrestare per futili motivi,
guarda un po' che attriciona sono io. Cazzo ridi?"
Ma nel sorprendente cast svetta pure Danny Trejo.
Chi è Danny Trejo, chiedete ancora?
È Machete. Vi basta come risposta?
C'è pure Verne Troyer. Vi dico che è, prima che me lo chiediate, il Mini Me di Austin Powers.
Allo stesso tempo, Bubble Boy presenta però anche varie scenette più o meno comiche meno riuscite e parecchie trovate che sconfinano nel kitsch. A tal proposito, casca a fagiuolo l’apparizione di Stacy Keibler.
Chi è Stacy Keibler?
Ma allora vi devo spiegare proprio tutto. È una (ex?) wrestler che adesso sta con George Clooney e che qui compariva nelle vesti di sexy lottatrice nel fango.
C’è il contributo video?
Abbiamo il contributo video!
E poi ditemi voi se queste chicche le trovate sui siti cinematografici seri. Ditemi voi se le trovate…


Bubble Boy è confuso: è una storia d’amore e pure un road movie, ma soprattutto è una commedia grottesca stralunata, folle e per questo parecchio divertente. Affrontando un tema del genere rischiava di scivolare nella pellicola deprimente, invece è l’esatto opposto: leggero, troppo leggero. Talmente leggero da rischiare di volare via, proprio come una bolla.
(voto 6+/10)

venerdì 22 aprile 2011

AAAAAAAAAAAAH X 4

Scream 4
(USA 2011)
Regia: Wes Craven
Sceneggiatura: Kevin Williamson
Cast: Neve Campbell, Courteney Cox, David Arquette, Lucy Hale, Shenae Grimes, Anna Paquin, Kristen Bell, Brittany Robertson, Aimee Teegarden, Hayden Panettiere, Emma Roberts, Marielle Jaffe, Alison Brie, Marley Shelton, Erik Knudsen, Rory Culkin, Nico Tortorella, Adam Brody, Anthony Anderson, Mary McDonnell, Heather Graham
Genere: teen-horror
Se ti piace guarda anche: gli altri Scream, So cosa hai fatto, Scary Movie

“Qual è il tuo film dell’orrore preferito, Cannibal?”
“Hey, un momento, come fai a sapere il mio nome? Comunque anche se sei un pazzo squilibrato che mi sta per fare fuori te lo dico, visto che non ho dubbi in proposito: Scream!”

La saga di Scream è come un amico fidato e se ti pugnala, lo fa solo per ridere. A distanza di 11 anni dal terzo episodio, fanno dunque il loro gradito ritorno Ghostface, Sidney e compagnia inquieta direttamente dagli anni ’90, senza dimenticare che: nuova decade, nuove regole. E quindi: anche le vergini potranno morire!

Anche le vergini potranno morire? Tranquille, tanto voi non lo siete certo
Il primo Scream ha rappresentato una rivoluzione assoluta per il genere horror, con un effetto analogo a quello del Grande Fratello sulla televisione moderna. Attenzione: non li sto certo paragonando a livello qualitativo, ma solo in quanto a impatto avuto. Scream ha infatti presentato un tipo di cinema dell’orrore (ma non solo) nuovo, che con dosi impressionanti di ironia si fa beffe del genere, svelando i trucchi del gioco. Tutto è finzione e niente va mai preso troppo sul serio. “Why so serious?” domanderebbe il Joker. Praticamente il mio manifesto ideale non solo di cinema, ma proprio di vita.
Imitatissimo da in pratica ogni teen-horror arrivato successivamente, Scream è anche l’esempio supremo del metacinematografico e dell’antirealismo; anche il nuovo episodio prosegue sulla stessa scia, portando la sfida a un livello ancora superiore, riuscendo così non solo a non deludere le notevoli aspettative, ma a portare nuova linfa vitale alla saga e al genere pauroso.

Scream 4 è metacinema allo stato puro e non è nemmeno semplice cogliere tutti i suoi mille e uno riferimenti, perlomeno se non si è ben allenati e non si ha una conoscenza enciclopedica non solo della Saga, ma anche del cinema horror e dei telefilm in generale.
Per prima cosa non manca quindi l’autoironia sulla serie stessa, riprendendo gli omicidi del primo capitolo ma con qualche sostanziale differenza, riproponendo il film fittizio dentro il film Stab (Squartati), con un primo episodio diretto da Robert Rodriguez (!) e persino scherzando sulla relazione anche all’infuori dal set tra Courteney Cox e David Arquette.
Ci sono un sacco di citazioni e riferimenti poi ad altri horror recenti, da L’alba dei morti dementi a Final Destination, dal voyeurismo di Paranormal Activity all’infinita serie di Saw - L’enigmista, bollata come semplice pornografia senza minima cura nella psicologia dei personaggi. I personaggi di Scream invece non contenti di vivere a Woodsboro, che è una specie di Avetrana + Cogne + Novi + Erba + Columbine, passano anche tutto il loro tempo a vedere solo pellicole horror e a parlare al telefono con tizi dalla voce inquietante che ti chiedono “Qual è il tuo film dell’orrore preferito?”.
Insomma, se i carabinieri facessero delle intercettazioni a Woodsboro non si beccherebbero mica discorsi sulle escort, al limite qualche psicopatico che urla, anzi screama: “Ti faccio fuori, puttana!”.

Se in Scream 1 era tutto nuovo un po’ come nella prima edizione del Grande Fratello, qui ci troviamo in un’edizione che cerca di reinventare il brand attraverso una serie di nuove e vecchie trovate, mentre per quanto riguarda il cast siamo più dalle parti dell’Isola dei famosi; compaiono infatti un sacco di personaggi più o meno celebri soprattutto dal mondo telefilmico, che vanno a costituire un testo all’interno del testo, con le accoppiate di vittime predestinate formate da fighette di diverse generazioni tv: Kristen Bell (Veronica Mars) con Anna Paquin (True Blood); Lucy Hale (Pretty Little Liars) con Shenae Grimes (90210); Brittany Robertson (Life Unexpected) con Aimee Teegarden (Friday Night Lights). Ma nel film sono presenti anche altri numerosissimi volti di serie tv, da Hayden Panettiere (Heroes) ad Alison Brie (Mad Men) e Adam Brody (il mitico Seth Cohen di O.C.).

Pur nel suo giochino autoreferenziale al massimo, Scream 4 riesce però in maniera paradossale a dare una rappresentazione feroce, spietata ma dannatamente vera del mondo di oggi, tra iPhone, Facebook, multimedialità, voglia di essere ripresi sempre comunque dovunque, seguendo la filosofia del diventare famosi a tutti i costi, costi quel che costi.
La cosa però forse non è nemmeno così paradossale, perché quel vecchio Krueger di un Wes Craven ha capito che per dare una rappresentazione fedele dell’assurda reality di oggi la maniera migliore è proprio quella di fare un prodotto che si dichiara in maniera esplicita come fiction. Semplificando, quindi: i reality sono finti? E allora rappresentiamo la realtà con un prodotto che si mostra senza vergogna in tutta la sua finzione.

La sceneggiatura del film è firmata di nuovo da Kevin Williamson, che aveva saltato il terzo capitolo (non a caso il meno riuscito) e che come la serie si è preso un decennio sabbatico anche in tv, per tornare dopo Dawson’s Creek a sfornare un altro grande successo di oggi: The Vampire Diaries.
Non mancano poi all’appello nemmeno i protagonisti storici: Neve Campbell, Courteney Cox e David Arquette, con qualche rughetta in più intorno agli occhi ma pure con ancora la voglia di combattere contro le giovani leve e contro la lama affilata di Ghostface.
A questo giro spunta poi un nuovo psicopatico doc di livello davvero notevole che ovviamente non vi svelo. E se nella prima parte il film si diverte e ride di se stesso e del genere, nel gran finale regala pure una dose notevole di tensione in grado di pugnalare alle spalle qualsiasi cazzo di episodio della saga di Saw o degli altri horror venuti nell’ultimo decennio.

“Qual è il tuo film dell’orrore preferito di quest’anno, Cannibal?”
“Facile: Scream 4! E comunque smettila di rompere le palle a me e vai a stalkerare qualche fichetta.”
(voto 7,5)

(per chi non l'avesse capito, e vi capisco se non l'avete capitolo: il titolo del post è la traduzione italiana del titolo del film)

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