Film segnalato qualche tempo fa spassionatamente (non moderatamente) da moderatamente ottimista sul suo blog Piano piano, sequenza....
Polytechnique
(Canada 2009)
Regia: Denis Villeneuve
Cast: Maxim Gaudette, Karine Vanasse, Sébastien Huberdeau, Evelyne Brochu, Johnne-Marie Tremblay
Genere: stragista
Se ti piace guarda anche: Elephant, ...e ora parliamo di Kevin, Bowling a Columbine, Romanzo di una strage, United 93, La donna che canta
Cosa muove il comportamento di un pazzo assassino?
Polytechnique si ispira alla strage compiuta nel 1989 da un tizio che non si definiva un “pazzo assassino”. Si definiva un razionale.
E allora: cosa muove il comportamento di un “razionale” del genere?
Questo massacro è avvenuta a Montreal, in Canada. Come? Nel pacifico Canada avvengono cose del genere?
Sì, nel pacifico Canada. Così come nella pacifica Norvegia c’è stata la strage dell’isola di Utoya.
Se nel caso di Columbine le cause possono essere ricercate nella cultura della violenza della società americana, qui come la mettiamo?
Eppure anche in questo caso gli atti sono rivendicati come politici e dovuti a una mentalità d’odio puro. Nel caso di Utoya (che potrebbe diventare prossimamente un film di produzione americana), Breivik è un dichiarato anti-multiculturalista, anti-marxista, anti-islamista. Nel caso di questo Polytechnique, l’autore della strage è un dichiarato anti-femminista:
Avendo sempre avuto una mentalità un po' retrograda per natura
ho sempre provato rancore verso le femministe.
Si aggrappano ai vantaggi dell'essere donna,
come i costi più bassi dell'assicurazione,
il congedo per maternità, quello parentale,
ed allo stesso tempo rivendicano per loro quelli degli uomini.
The Killer, Polytechnique
Il regista Denis Villeneuve, futuro autore del bellissimo La donna che canta, nonostante il cognome non ama correre. Ci accompagna per i corridoi del politecnico di Montreal in maniera lenta e discreta, come chi sente il bisogno di mostrarci una cosa importante. Qualcosa che non ci piacerà, che ci farà stare male, che picchierà forte come un pugno allo stomaco dato da un tizio grosso stile Khal Drogo di Game of Thrones. Eppure sente il bisogno di farlo, perché è una storia che dobbiamo conoscere, dobbiamo vedere con i nostri occhi.
Polytechnique non è una visione leggera. Fin dall’inizio ci proietta dentro un incubo reale. Un vero horror che fa il paio con Elephant di Gus Van Sant, inevitabile pietra di paragone. Ma Polytechnique, oltre alla scelta del bianco e nero che rende il tutto ancora più freddo e raggelante, offre anche spunti di riflessione diversi, su tutte un maschilismo imperante difficile da estirpare anche nelle società che si dichiarano più evolute, come il colloquio iniziale della protagonista femminile ben evidenzia. E nei difficili panni di questa protagonista, suo malgrado, della triste storia raccontata dal film troviamo l’ottima Karine Vanasse. Segnatevi il suo nome. Questa stagione è stata a bordo del cast della gradevole serie 60s style Pan Am. La serie non è stata confermata, ma di lei invece credo sentiremo parlare ancora a lungo.
Non so nemmeno io se consigliarvi un film del genere o meno, soprattutto in un momento come questo dove notizie e ricorrenze certo non felici si rincorrono tra giornali e telegiornali. Polytechnique è girato ottimamente, offre parecchi spunti di riflessione e lascia il segno. Però fa male. Ti fa rimanere in stato di allerta tutto il tempo. L’attesa è qualcosa di snervante. Noi spettatori sappiamo che qualcosa di terribile sta per succedere. Loro, quelle ragazze, invece non sapevano nulla. Per loro era soltanto un’altra normale giornata di scuola.
(voto 7,5/10)