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mercoledì 23 maggio 2012

Andare a scuola fa male

Film segnalato qualche tempo fa spassionatamente (non moderatamente) da moderatamente ottimista sul suo blog Piano piano, sequenza....

Polytechnique
(Canada 2009)
Regia: Denis Villeneuve
Cast: Maxim Gaudette, Karine Vanasse, Sébastien Huberdeau, Evelyne Brochu, Johnne-Marie Tremblay
Genere: stragista
Se ti piace guarda anche: Elephant, ...e ora parliamo di Kevin, Bowling a Columbine, Romanzo di una strage, United 93, La donna che canta

Cosa muove il comportamento di un pazzo assassino?
Polytechnique si ispira alla strage compiuta nel 1989 da un tizio che non si definiva un “pazzo assassino”. Si definiva un razionale.
E allora: cosa muove il comportamento di un “razionale” del genere?
Questo massacro è avvenuta a Montreal, in Canada. Come? Nel pacifico Canada avvengono cose del genere?
Sì, nel pacifico Canada. Così come nella pacifica Norvegia c’è stata la strage dell’isola di Utoya.
Se nel caso di Columbine le cause possono essere ricercate nella cultura della violenza della società americana, qui come la mettiamo?
Eppure anche in questo caso gli atti sono rivendicati come politici e dovuti a una mentalità d’odio puro. Nel caso di Utoya (che potrebbe diventare prossimamente un film di produzione americana), Breivik è un dichiarato anti-multiculturalista, anti-marxista, anti-islamista. Nel caso di questo Polytechnique, l’autore della strage è un dichiarato anti-femminista:

Avendo sempre avuto una mentalità un po' retrograda per natura
ho sempre provato rancore verso le femministe.
Si aggrappano ai vantaggi dell'essere donna,
come i costi più bassi dell'assicurazione,
il congedo per maternità, quello parentale,
ed allo stesso tempo rivendicano per loro quelli degli uomini.
The Killer, Polytechnique


Il regista Denis Villeneuve, futuro autore del bellissimo La donna che canta, nonostante il cognome non ama correre. Ci accompagna per i corridoi del politecnico di Montreal in maniera lenta e discreta, come chi sente il bisogno di mostrarci una cosa importante. Qualcosa che non ci piacerà, che ci farà stare male, che picchierà forte come un pugno allo stomaco dato da un tizio grosso stile Khal Drogo di Game of Thrones. Eppure sente il bisogno di farlo, perché è una storia che dobbiamo conoscere, dobbiamo vedere con i nostri occhi.
Polytechnique non è una visione leggera. Fin dall’inizio ci proietta dentro un incubo reale. Un vero horror che fa il paio con Elephant di Gus Van Sant, inevitabile pietra di paragone. Ma Polytechnique, oltre alla scelta del bianco e nero che rende il tutto ancora più freddo e raggelante, offre anche spunti di riflessione diversi, su tutte un maschilismo imperante difficile da estirpare anche nelle società che si dichiarano più evolute, come il colloquio iniziale della protagonista femminile ben evidenzia. E nei difficili panni di questa protagonista, suo malgrado, della triste storia raccontata dal film troviamo l’ottima Karine Vanasse. Segnatevi il suo nome. Questa stagione è stata a bordo del cast della gradevole serie 60s style Pan Am. La serie non è stata confermata, ma di lei invece credo sentiremo parlare ancora a lungo.


Non so nemmeno io se consigliarvi un film del genere o meno, soprattutto in un momento come questo dove notizie e ricorrenze certo non felici si rincorrono tra giornali e telegiornali. Polytechnique è girato ottimamente, offre parecchi spunti di riflessione e lascia il segno. Però fa male. Ti fa rimanere in stato di allerta tutto il tempo. L’attesa è qualcosa di snervante. Noi spettatori sappiamo che qualcosa di terribile sta per succedere. Loro, quelle ragazze, invece non sapevano nulla. Per loro era soltanto un’altra normale giornata di scuola.
(voto 7,5/10)


sabato 4 febbraio 2012

La donna che ca… che canta

La donna che canta
(Canada 2010)
Titolo originale: Incendies
Regia: Denis Villeneuve
Cast: Lubna Azabal, Mélissa Dèsormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Remy Girard, Abdelghafour Elaaziz, Allen Altman
Genere: il passato ritorna
Se ti piace guarda anche: Valzer con Bashir, Persepolis, La chiave di Sara

La donna che canta non è il film biografia dedicato a Laura Pausini. Quello si intitolerebbe “La donna che canta male”. O ad essere proprio perfido, si intitolerebbe "La donna che caga (dalla bocca)".
Sarò mica stato troppo cattivo?
Ma va là, che sono ancora stato gentile, con tutte quelle che ci ha fatto e continua a farci passare lei con la sua “musica”…

"Ciao, sono la nuova postina di Maria de Filippi: c'è posta per teee!"
La donna che canta invece e per fortuna è tutta un’altra musica. Nell’aria propaga infatti onde sonore e visive di quelle tipiche del grande film, di quelli impegnati socialmente e politicamente, di quelli che a vederli ti fanno sentire una persona più intelligente e matura, però non di quelle mattonate pesanti che ti raccontano una storia importante ma ti stremano a livello fisico. Si può parlare di tematiche pesanti senza per questo diventare pesanti per lo spettatore.
Il film, già inserito tra i miei top film del 2011 a una prestigiosissima 6a posizione, riesce a mantenersi incredibilmente in bilico tra la necessità di raccontare una storia rappresentativa dell’eterno conflitto in Libano tra Palestina e Israele, quella di una donna (sì, la donna che canta) e dei figli nati da uno stupro subito mentre era in prigione, senza però finire nel piagnisteo da C’è posta per te con Maria de Filippi.
Oddio, me sento male al solo nominarla.
Uff, Pausini e de Filippi. Se il film non è pesante, lo starò mica diventando io con questo post?

"Maria, c'è posta anche per te!"
Per raccontarci a ritroso la storia non certo leggera della donna che canta, tratta da un’opera teatrale di Wajdi Mouawad, il regista Denis Villeneuve insieme alla co-sceneggiatrice Valérie Beaugrand-Champagne (voglio anch’io un cognome così cool!) ha adottato una formula matematica.
Cosa, cosa?
In pratica, il prodotto dell’equazione del film è la prima splendida sequenza, illuminata dalle note di “You and Whose Army?” dei Radiohead, pezzo che tornerà poi ancora nel corso della pellicola, a mo’ di lietmotiv. Si scriverà così lietmotiv? Sì, ho controllato su Google e su Google ci sta la Verità Suprema.
Il resto della pellicola procede a ritroso cercando di risolvere quest’equazione. Spiegato così è un casino e io di matematica dalla seconda liceo in poi ho cominciato a capirne sempre meno, mano a mano che i numeri venivano sostituiti da incognite, variabili, ellissi (?!) e altre cose per me ancora oggi del tutto prive di senso.
La componente matematica è presente ma non preponderante, altrimenti il film si chiamerebbe “La donna che conta”.
Ahahaha, dopo questa battuta credo mi prenderanno a condurre Zelig!

La donna che canta invece è ben altro e riesce a fare una cosa che una formula matematica non riuscirebbe mai a fare (a parte forse gente non del tutto normale come Will Hunting): emozionare. Senza retorica o facili patetismi. In una sceneggiatura così potente e ben orchestrata emerge un solo piccolo difetto, come ha messo in evidenza il collega blogger Oh Dae-Soo, che riguarda la verosimiglianza dell’età dei figli e del padre-stupratore. Però a questo punto le questioni matematiche le abbiamo già lasciate da parte e quindi meglio non addentrarci troppo nei cavilli tecnici e goderci semplicemente la visione del film. Ok?

"Mamma, smettila coi tuoi ridicoli pensieri e guarda come sono brava a tuffarmi!"
Cast da applausi con una enorme Lubna Azabal nella parte della madre, l’attore feticcio del regista Maxim Gaudette e la rivelazione assoluta Mélissa Dèsormeaux-Poulin, una sorta di versione più giovane di PJ Harvey. Non che PJ Harvey sia vecchia, però insomma, ci siamo capiti, no?
Alla solidissima regia c’è il citato Denis Villeneuve che dimostra come questo cognome non significhi solo talento dietro a un volante ma pure dietro a una macchina da presa. Il suo sguardo è infatti lucido, preciso, asciutto, ma anche capace di illuminarsi improvvisamente. Un talento già dimostrato con il precedente Polytechnique, un Elephant canadese che rappresentava un’altra bella mazzata.
Volendo proprio trovare un difetto a questo Denis Villeneuve è che i suoi film sono così seri e belli e importanti che è difficile ironizzarci sopra. E per me questo è grave. Mi obbliga a cercare di essere serio e a provare a fare un’analisi profonda delle tematiche qui espresse.
C’è la guerra, l’eterna guerra, ci sono gli uomini che odiano le donne (come già in Polytechnique), ci sono due figli alla ricerca di risposte sul loro passato e sulla misteriosa vita della loro madre. Ci sono tutti questi temi molto importanti e altri ancora ma a parlarne troppo rischierei di suonare borioso e, soprattutto, noioso.
E quindi vi lascio alla visione consigliatissima di questa pellicola che invece evita in scioltezza tali rischi.
Niente boria. Niente noia. Bella storia.
(voto 8/10)

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