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mercoledì 11 giugno 2014

3 DAYS TO KILL, MA PER UCCIDERE UN FILM BASTANO 3 MINUTI





3 Days to Kill
(USA, Francia, Grecia, Russia 2014)
Regia: McG
Sceneggiatura: Adi Hasak, Luc Besson
Cast: Kevin Costner, Amber Heard, Connie Nielsen, Hailee Steinfield, Tómas Lemarquis, Richard Sammel, Eriq Ebouaney, Marc Andréoni, Bruno Ricci, Alexis Jacquin
Genere: action movie della terza età
Se ti piace guarda anche: Unknown – Senza identità, Io vi troverò, Taken – La vendetta, The Next Three Days, Il grande match

In appena tre giorni, nel film 3 Days to Kill Kevin Costner riesce a:
A) Recuperare il rapporto con la figlia che non cagava da anni
B) Trombarsi la sua (quasi) ex moglie che non cagava da anni
C) Uccidere (almeno) una dozzina di criminali, che forse non cagavano da anni

Più modestamente, io cercherò di uccidere il sopra citato film in appena 3 minuti e attraverso 3 mosse:

"Che è 'sta roba? La nuova scatoletta del Rio Mare?"
A) Kevin Costner
Mai sopportato Kevin Costner. Sarà che ho visto Palla coi lupi quando ero troppo ggiovane e una visione del genere con il suo stile da vecchio western e la sua mortale durata da 3 o forse 4 ore non me la sono più scrollata di dosso. Non ho mai capito il motivo dei 7 premi Oscar che quella pellicola ha sgraffignato e da allora in poi Costner mi è sempre stato sulle scatole. Sarà anche che lo trovo inespressivo come pochi altri suoi colleghi, o sarà che interpreta quasi sempre film old-school più vicini ai gusti del mio blogger rivale Mr. Ford che non ai miei, o sarà anche perché fa sempre troppo il figo. Ok, sei Kevin Costner, sei un bell’uomo, però manco una bella figa a Portofino se la tira così tanto.
Negli ultimi tempi devo comunque ammettere che mi sto riappacificando con Costner. Forse è perché fa la pubblicità del Rio Mare, l’unico pesce che mangio. Lo so, agli occhi dei puristi della cucina sembrerò uno zozzone, ma così è e, d’altra parte, dopo la Top 10 dei miei cibi preferiti nessuno dovrebbe più sorprendersi. O magari è perché di recente ho seguito la mini-serie Hatfields & McCoys (di cui parlerò prossimamente) che lo vede tra i protagonisti e non mi è dispiaciuta nemmeno tanto. Così come il Costner non mi ha infastidito troppo nemmeno qui in Three Days to Kill. Certo, ancora una volta non la smette per un solo secondo di fare il figo con il suo sguardo da marpione, ma tutto sommato sono riuscito e reggere 2 ore di Costner senza aver voglia di ululare contro i lupi.

B) Il regista McG
McG è un regista scarso. A guardare i suoi film, come i pessimi Charlie’s Angels e il pur gradevole Una spia non basta, i suoi modelli cinematografici sembrano essere due: Michael Bay e Luc Besson. Non a caso quest’ultimo figura tra gli sceneggiatori di questo Three Days to Kill, ma soprattutto ricorda Michael Bay, solo un Michael Bay più noioso. Nelle due eccessive ore di durata della pellicola, McG si diletta in una serie di scene action, tra sparatorie e inseguimenti, davvero pessime. Sarebbe bello poter dire che Three Days to Kill è un film girato da cani. Invece no, è peggio di così. È un film girato da McG. Nonostante questo, la trama è ruffiana abbastanza da lasciarsi seguire come intrattenimento modesto, molto modesto, ma comunque intrattenimento. Le parti più carine sono soprattutto quelle del rapporto che lega Kevin Costner alla figlia, alias Hailee Steinfield vista ne Il Grinta dei fratelli Coen, tanto per restare in linea con il cinema old-style/western del suo paparino cinematografico. Le parti famigliari sono ruffianissime, eppure rispetto alle fracassone scene d’azione, o ai non troppo riusciti momenti pseudo comici proposti, sono la cosa migliore del film.

C) Gli action movie della terza età
Non ci sono più gli action heroes de ‘na vorta. Meno male, aggiungo io. La vecchia scuola composta da quei discoli dei vari Stallone, Schwarzenegger, Willis, Van Damme, Seagal e compagnia brutta che spopolava soprattutto negli anni ’80 non ha poi trovato dei degni eredi. Non c’è stato un vero ricambio generazionale, fatta eccezione per un Jason Statham che comunque, saga di Crank a parte, gira un sacco di schifezze invereconde peggio dei suoi ormai anziani predecessori. Mancando dei nuovi punti di riferimento, il cinema action di oggi ha cercato di inventarsi eroi improbabili, come Matt Damon, o più che altro si è affidato alla cara vecchia terza età. L’action hero che oggi spopola di più nei cinema americani?
Incassi alla mano è Liam Neeson, classe 1952, non proprio un giovanotto. Il clamoroso successo dell’abominevole saga di Taken l’ha trasformato nel “nuovo” fenomeno del cinema d’azione. Insieme a lui c’è poi la vecchia guardia rappresentata dai soliti noti sopra citati, capitanati da Sly Stallone che, stanco della vita da pensionato, si è inventato la serie degli Expendables. A questo agguerrito gruppetto di nonnetti col catetere ma ancora in grado di tirare due pugni si aggiunge ora Kevin Costner, stufo pure lui della vita al ricovero e delle canzoni di Orietta Berti suonate in loop, uno che con le sue apparizioni in L’uomo d’acciaio e Jack Ryan – L’iniziazione si è ormai orientato verso il cinema action e con questa parte da protagonista in Three Days to Kill punta dritto al titolo di nuovo Liam Neeson. Che culo!

"Eeh, 'ste fan non riesco a staccarmele di dosso un secondo."
"Ma papà, io sono tua figlia!"
"Certo, certo..."
Se il confronto è quello, Costner riesce a vincere a mani basse. Paragonato a Io vi troverò e Taken – La vendetta, Three Days to Kill fa un figurone. Al punto che è riuscito a battere, oltre ai film con Liam Neeson, persino le mie perfide intenzioni iniziali di una stroncatura secca. Pur nella sua mediocrità assoluta, non sono riuscito a detestare questo film come avrei voluto, dannazione! Magari è per merito della sempre gradevole presenza di Amber Heard, o perché Kevin Costner aveva senso odiarlo quando vinceva Oscar e dominava i botteghini. Oggi che non se lo fila quasi più nessuno, casalinghe arrapate dello spot del Rio Mare a parte, non è più detestabile come un tempo.
Forza allora, Kevin, vai via insieme a quel registucolo di McG. Per questa volta vi va bene, siete salvi. Ho deciso di non massacrare il vostro filmetto, ma non fateci l’abitudine. Levatevi dalla mia vista, ora, prima che cambi idea.
No, Amber Heard no. Tu puoi rimanere!
(voto 5/10)

lunedì 7 maggio 2012

Una spia non basta, un triangolo sessuale sì

Una spia non basta
(USA 2011)
Titolo originale: This Means War
Regia: McG
Cast: Reese Witherspoon, Tom Hardy, Chris Pine, Chelsea Handler, Abigail Spencer, Til Schweiger, Angela Bassett, Rosemary Harris, Warren Christie, Natassia Malthe, Laura Vandervoort
Genere: triangolo sentimentale
Se ti piace guarda anche: Il cacciatore di ex, Mr. & Mrs. Smith, La dura verità

Una spia non basta. E nemmeno un solo genere cinematografico, a quanto pare. Il film in questione, titolo originale molto più fico: This Means War, prova infatti la commistione tra pellicola action da una parte e commedia romantica dall’altra. Un mix per far stereotipicamente contenti sia il pubblico maschile che quello femminile, unire le due metà della mela sullo stesso albero, o almeno dentro la stessa sala del multiplex o almeno almeno sullo stesso divano. Un compito duro che di recente ha portato a risultati atroci piuttosto che no, come il pessimo Mr. & Mrs. Pitt Smith.
"Vai tranquilla, quello è un film consigliato da Cannibal!"
"Ambé, allora sto proprio in una botte di ferro..."
Anche se il modello dichiarato del regista McG sembra essere… Hitchcock. Alfred Hitchcock? Sul serio? In un dialogo del film, Chris Pine e Reese Witherspoon dialogano a proposito della fusione tra generi diversi all’interno dei suoi film. Ecco, direi che questo paragone è un attimo improponibile.

Come vanno le cose in Una spia non basta? Se non siamo dalle parti di Hitchcock, proprio no, almeno le cose vanno meglio rispetto a Mr. & Mrs. Smith.
La parte action però non è un granché convincente nemmeno qui. La sottotrama criminale è definibile esile, a essere generosi, di nessun interesse, a essere sinceri. Le scene più concitate non risultano un granché, d’altra parte in cabina di regia siede pur sempre McG, un uomo che con un nome del genere dovrebbe aprire una catena di fast-food e invece no, s’è messo a fare il regista, s’è messo. Per giunta della stessa scuola del cinema fracassone alla Michael Bay o alla Tony Scott. Uno che nel CV ha il pessimo remake cinematografico delle Charlie’s Angels, più un Terminator Salvation dalla cui visione mi sono salvato.

"Dai, muoviti! Vai a vedere su Pensieri Cannibali che si dice sul nostro film..."
La parte sentimentale è invece quella che funziona di più. Complice un trio di attori in splendida forma e una serie di dialoghi parecchio brillanti (più qualche battuta divertente della comica Chelsea Handler), la pellicola regge. Ci sono alcune scene ripetitive, c’è persino la solita gag per nulla divertente con gli animali (ma per fortuna brevissima) e alcuni appuntamenti romantici finiscono per somigliare a una versione deluxe di quelli di Uomini e donne (il programma di Maria de Filippi ndas, nota dell’autore scimunito), però nel complesso la pellicola regge.
Reese Witherspoon torna a rimettersi sulla testolina la corona di reginetta delle romcom e con questo film è come se gridasse: “The bitch is back, bitches!” alle sue nuove rivali nel genere, da Katherine Heigl a Rachel McAdams passando per Anne Hathaway e Zac Efron (il nuovo reginetto delle romcom). La scena in cui canta e balla la hit rap 90s "This How We Do It" di Montell Jordan da sola basta per reincoronarla.
La rivincita della bionda? Oh yeah, puttanelle!

Chris Pine riesce agevolmente nella parte del playboy figo della situazione, un farfallone incapace di una relazione stabile, almeno fino a che non incontrerà la piccola Reese. Tom Hardy al momento resta più a suo agio in ambiti drammatici, però anche in questa inedita veste comedy fa la sua porca figura e qui interpreta il ruolo del duro dal cuore tenero, uomo spericolato d’azione ma anche padre single sensibile.
"Tu avevi scommesso sulla vittoria dello scudetto della Juve?"
"No, ma ho puntato sulla perdita del parrucchino di Conte durante i festeggiamenti."
Pure la parte da "buddy movie" funziona più che bene. I due lavorano insieme come agenti segreti di un’organizzazione che sembra l’FBI solo più cazzaro e in più sono BFF, ovvero Best Friends Forever.  BFF fino a che tra di loro non si mette di mezzo una donna, la Witherspoon naturalmente, e allora inizierà tra i due una spietata lotta, la war del titolo originale, per conquistare il suo cuore.
Chi avrà la meglio tra i due?
Il finale non è nemmeno così scontato…

Il triangolo no?
Il triangolo sì. C’è poco da fare, il triangolo funziona sempre. Dawson’s Creek, Twilight, The Vampire Diaries, True Blood, Hunger Games, Renato Zero… poche cose funzionano come un triangolo sentimentale. E anche questo Una spia non basta non si può che vederlo fino alla fine se non proprio impazienti, perlomeno curiosi di sapere chi sceglierà la mini Reese.
Tom Hardy o Chris Pine?
Non ve lo dico, non voglio mica farmi odiare come Caparezza grazie al pezzo Kevin Spacey…
(voto 6+/10)


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