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lunedì 14 maggio 2018

La Pantera Nera sarà meglio della Pantera Rosa, ma...





Black Panther
Regia: Ryan Coogler
Cast: Chadwick Boseman, Michael B. Jordan, Lupita Nyong'o, Letitia Wright, Martin Freeman, Daniel Kaluuya, Danai Gurira, Sterling K. Brown, Winston Duke, Angela Bassett, Forest Whitaker, Andy Serkis


Marvel goes black. All'alba dell'anno 2018, il Marvel Cinematic Universe So White decide di proporre una pellicola solista dedicata a un supereroe di colore. E, pensate un po', nel 2019 arriverà persino un film solista su una supereroina donna, con un ritardo di due anni rispetto alla non certo innovativa DC Comics.


Oh mio Dio, la Marvel è finalmente entrata nel XXI secolo! Quale sarà la prossima mossa? Un supereroe dichiaratamente gay?
È vero, c'è già stato Deadpool, solo che lui non è omosessuale. Lui è pansessuale.


E poi Deadpool non fa parte del Marvel Cinematic Fucking Universe vero e proprio, bensì del più aperto universo degli X-Men, che era di proprietà della 20th Century Fox. Almeno fino al primo capitolo. Lo scorso dicembre Disney ha comprato pure la 20th Century Fox, giusto per monopolizzare poco il mercato dell'intrattenimento mondiale e soprattutto della manipolazione mentale.
La mossa davvero a sorpresa per il Marvel Cinematic Universe però sarebbe un'altra: quella di fare un bel film.


Nonostante le critiche entusiastiche provenienti soprattutto da Oltreoceano, e pur con tutte le migliori intenzioni con cui mi sono cimentato nella visione, anche Black Panther purtroppo non riesce a essere un bel film. Nemmeno lontanamente. È pur sempre meglio rispetto ad altri cinecomics, ma questo non lo rende in automatico un capolavoro. Al massimo rende solo gli altri cinecomics delle ciofeche ancora peggiori. Cosa c'è che non va in Black Panther?


Partiamo dal protagonista. Black Panther. Un nome che evoca la storica organizzazione rivoluzionaria afroamericana attiva soprattutto sul finire degli anni '60, per un personaggio che di rivoluzionario a ben guardare non ha granché. Nei panni del protagonista T'Challa/Pantera Nera troviamo Chadwick Boseman, attore che segue la stessa linea di recitazione inespressiva dei suoi colleghi bianchi dell'MCU Chris Evans, Chris Hemsworth e Jeremy Renner. Come personaggio inoltre è troppo moscio, troppo buono, troppo buonista.


Per fortuna a compensare ci pensa il villain di turno, che poi a ben vedere non è così villain e anzi, io ho fatto il tifo per lui dal primo all'ultimo momento in cui appare in scena. Anche perché riesce a prendere il potere in maniera democratica, almeno stando a quelle che sono considerate le regole democratiche nello stato del Wakanda, ovvero sconfiggendo T'Challa in un regolare duello. Nel ruolo del cattivone (ma anche no) Erik Killmonger c'è un ottimo Michael B. Jordan, l'attore feticcio del regista Ryan Coogler, con cui ha girato anche Prossima fermata Fruitvale Station e Creed - Nato per combattere, che qui dirige in maniera a tratti spettacolare, con uno stile però piuttosto derivativo, tra riprese roteanti in stile Donnie Darko/Inception e combattimenti liberamenti ispirati a Wachowski e The Raid - Redenzione.
Per quanto sia un personaggio valido, va comunque notato che questo Killmonger non ha lo spessore, né tantomeno la forza punk ad esempio del Joker di Heath Ledger ne Il cavaliere oscuro. Quindi bene, ma non benissimo.


Il personaggio migliore del film comunque non è lui, bensì la sorella iper-tecnologica e simpa del soporifero T'Challa, Shuri, interpretata da una giovane attrice di cui sentiremo parlare ancora a lungo, Letitia Wright, già vista nel sesto e ultimo, nonché migliore, episodio della quarta stagione della serie Black Mirror.

"Giovane attrice di cui sentiremo parlare ancora a lungo... Non è che Pensieri Cannibali me l'ha gufata?"

Ok, quindi in questo film ci sono due personaggi decenti e ciò è già un buon risultato. Tra le note positive va inoltre inserito il contesto afro, che riesce a differenziare la pellicola rispetto agli cinecomics “rivali”. Il film è ambientato in buona parte nel Wakanda, fittizio stato africano con un nome che ricorda nazioni vere come Uganda e Ruanda, ma anche l'urlo d'incoraggiamento dei ragazzini scemi malati della fiction Rai Braccialetti rossi, “Watanka!”, così come soprattutto la canzone di Shakira “Waka Waka (This Time for Marvel)”.


Ah no, scusate, ho sbagliato foto...


Sempre per rimanere in tema musicale, la colonna sonora curata dal rapper Kendrick Lamar non è niente male, sebbene sia sottoutilizzata e sia più godibile come ascolto indipendente dalla pellicola che non all'interno della pellicola stessa. E quindi viva Kendrick e abbasso la Marvel!



I pregi del film si fermano qui e tra le note dolenti va invece segnalata una sceneggiatura banale e prevedibile, con vicende famigliari degne di Beautiful, o di Thor, se proprio vogliamo restare all'interno del poco marvelous universo Marvel. Per colmare la pochezza della trama si inserisce qualche solita battutina e momento pseudo ironico Marvel-style, e soprattutto un sacco di effetti speciali, inseguimenti, botte e sparatorie, il tutto per una durata eccessiva, con la guerra finale che definire estenuante è dir poco. Guerra finale?

"Scusate, ma ci stiamo preparando alla guerra, o stiamo facendo la coreografia del Waka Waka?"

Ebbene sì. Anche questa pellicola si risolve con lo scontro tra il buono e il cattivo (che come detto non è così cattivo, dai) e non scrivo che è uno spoiler perchè tanto lo sapevamo tutti che andava a finire così e se pensate che questa volta il cattivo alla fine possa avere la meglio siete solo degli illusi. Peccato perché le implicazioni politiche e socio-razziali sono presenti giusto molto sullo sfondo e, con un maggior approfondimento, il confronto/scontro tra T'Challa VS Erik Killmonger avrebbe potuto persino portare a una specie di versione cinefumettosa del confronto/scontro ideologico Martin Luther King VS Malcolm X. Così non è.


Black Panther finisce così per essere l'occasione sprecata di realizzare una pellicola che rappresenti una vera rivoluzione all'interno dei cinecomics, o anche solo un passo in avanti, così come erano stati il primo Spider-Man di Sam Raimi e il già citato Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan. Un'occasione sprecata tanto quanto Wonder Woman, che non è l'inno femminista da tanti sbandierato, bensì a malapena una leggera variante al femminile del solito cinefumetto supereroistico fracassone e superficiale
Non sarà una wakkata totale, ma questa avventura nel Wakanda resta la solita storiella moralista ricca di buoni sentimenti e valori famigliari rassicuranti, in pieno stile Marvel-Disney. Un film però privo di reali contenuti politici o sociali, come si poteva invece immaginare da alcune entusiastiche opinioni provenienti dagli Usa, indirizzato a un pubblico di ragazzini, privo di tensione, di spunti di riflessione e ricco giusto di tanta azione e di una violenza “rassicurante”, da videogame.
Come prodotto di mero intrattenimento a tratti funziona anche, sebbene io nella mezzora finale mi sia stracciato le palle come e maggiormente che con il più pretenzioso tra i lavori di Terrence Malick o Michael Haneke. Il fatto però che tutti questi film supereroistici, realizzati con lo stampino e che a poche settimane di distanza dall'uscita finiscono nel dimenticatoio sorpassati dal successivo fenomeno al box-office, con sempre maggiore frequenza vengano salutati come dei capolavori e indicati come simboli della nostra epoca mi mette addosso una gran paura. Più di quella che mi possono provocare i (presunti) cattivoni di turno presenti nelle stesse pellicole.
(voto 5,5/10)


lunedì 18 gennaio 2016

Cannibal Creed - Nato per farsi battere





Creed - Nato per combattere
(USA 2015)
Regia: Ryan Coogler
Sceneggiatura: Ryan Coogler, Aaron Covington
Cast: Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Phylicia Rashad, Tony Bellew, Ritchie Coster, Fedez Gabe Rosado
Genere: nostalgico
Se ti piace guarda anche: gli altri Rocky, Southpaw - L'ultima sfida, Kingdom

Buonasera gentili lettori di Pensieri Cannibali.
Gentili?
No, qui non vogliamo lettori gentili. Vogliamo lettori assetati di sangue, perché questa sera ne verrà versato parecchio. Il main event della nottata di boxe prevista sul ring di Pensieri Cannibali è infatti tra l'autore del blog Cannibal Kid e l'ultimo film interpretato da uno dei suoi più acerrimi nemici: Sylvester Stallone.
Che poi saranno davvero rivali, o sono destinati a diventare amiconi, proprio come Rocky Balboa e Apollo Creed nella saga pugilistica più celebre di tutti i tempi?
Andiamo a scoprirlo con questa nuova appassionante sfida, dopo quella combattuta per Southpaw. In un angolo del ring troviamo Cannibal Kid. Nell'altro angolo il film Creed - Nato per combattere. Chi avrà la meglio?

mercoledì 3 settembre 2014

QUEL FILMETTO IMBARAZZANTE





Quel momento imbarazzante
(USA 2014)
Titolo originale: That Awkward Moment
Regia: Tom Gormican
Sceneggiatura: Tom Gormican
Cast: Zac Efron, Michael B. Jordan, Miles Teller, Imogen Poots, Jessica Lucas, Mackenzie Davis, Addison Timlin, Emily Meade, Josh Pais, Lola Glaudini, Alysia Reiner, D.B. Woodside
Genere: tardoadolescenziale
Se ti piace guarda anche: Amici, amanti e…, The First Time, American Pie, Gossip Girl, Sex and the City

Ci sono cose che sono imbarazzanti da ammettere. Io ad esempio mi vergogno un pochetto a confessare che, se fossi una donna, aprirei le gambe all’istante a uno come lo Zac Efron di Quel momento imbarazzante. È quel tipo di ragazzo che ha la battuta sempre pronta. Non la battuta piaciona, di quelle che infastidiscono più che far ridere, o la battuta volgare alla Berlusconi, bensì la battuta efficace e inaspettata. È inoltre quel tipo di ragazzo che sembra a suo agio in qualsiasi situazione, anche quando a una festa elegante si presenta vestito con un pene in lattice di fuori. È quel tipo di ragazzo in pratica che non prova mai imbarazzo.

Io invece provo un po’ di vergogna a confessare che Quel momento imbarazzante mi è piaciuto. Ok, piaciuto è una parola esagerata. Non è che lo abbia adorato o chessò io, però l’ho moderatamente apprezzato. Ci sono filmoni d’autore che mi fanno venire due palle così, tanto per dirne uno su tutti La conversazione di Francis Ford Coppola, e invece un filmetto innocuo, già visto e banalotto come questo me lo sono gustato dall’inizio alla fine senza annoiarmi per un solo istante. Ciò è abbastanza imbarazzante, soprattutto per uno come me che tiene un blog prevalentemente cinematografico, e mi fa capire come la visione di troppa Gossip Girl abbia nuociuto gravemente al mio cervello.
Ho citato Gossip Girl perché per certi versi la rappresentazione della vita a New York City messa in scena da questa pellicola me l’ha ricordata. In Quel momento imbarazzante non c’è una visione della Grande Mela vicina a quella intellettualoide di Woody Allen, a quella hipster della serie Girls o a quella grottesca di Louie. In Quel momento imbarazzante siamo dalle parti, oltre che di Gossip Girl, anche di un Sex and the City virato al maschile. Più che altro assistiamo semplicemente a una girandola di appuntamenti, situazioni più o meno romantiche e gag in stile American Pie. Proprio come in quest’ultima pellicola, anche qui i protagonisti fanno un patto, in questo caso decidono di rimanere single per solidarietà nei confronti di uno di loro, che sta affrontando il divorzio dalla moglie.
Divorzio?
Proprio così. Nonostante i protagonisti siano circa 20/25enni al massimo, uno di loro sta già affrontando una separazione. Nel ruolo del promesso divorziato troviamo Michael B. Jordan, ottimo giovane attore già visto in Friday Night Lights, Chronicle e Prossima fermata Fruitvale Station che però pare parecchio più a suo agio sul fronte drama che non qui in quello comedy.

"Hey, non è vero che sono l'ex idolo delle teenagers. Sono ancora il loro idolo!"
Troviamo poi il già menzionato Zac Efron, che continua la sua marcia di allontanamento dal film che gli ha regalato il grande successo, High School Musical. Se oggi scrivessi una tesi di laurea, probabilmente la farei sugli idoli adolescenziali che cercano di costruirsi una carriera dopo essere diventati delle icone per i teen. C’è chi ce l’ha fatta alla grande, come Leonardo DiCaprio o Justin Timberlake, e c’è chi ha affrontato la cosa in maniera piuttosto traumatica, come Macaulay Culkin, Lindsay Lohan od oggi Justin Bieber. E c’è poi invece chi ce la sta facendo in maniera traumatica ma di successo, come Miley Cyrus. Se dovessi dare un consiglio ai ggiovani d’oggi direi loro di non laurearsi, però se proprio vogliono farlo che non scelgano Scienze della Comunicazione, però se proprio la scelgono questo potrebbe essere un buon argomento per una tesi. Il mio consiglio l'ho dato, poi fate come volete...
Chiusa questa non richiesta parentesi universitaria, Zac Efron tutto sommato la sta sfangando. Una buona mossa per un giovane attore ex idolo delle ragazzine crescendo è quella di cercare di accattivarsi le simpatie del pubblico maschile. Zac Efron grazie a ruoli come questo o a quello nel successo dell’estate americana Cattivi vicini ci sta riuscendo. A questo punto gli manca giusto l’appoggio di un regista di alto livello, come capitato a DiCaprio con Martin Scorsese, e la trasformazione dell’ex Troy Bolton di High School Musical in un attore rispettabile può dirsi completata.

"Ma tu sei la tipa sull'header di Pensieri Cannibali?"
"Sì, proprio io. Anche se lì sono in un'imbarazzante versione nerd..."
L’altro protagonista del terzetto con Zac Efron e Michael B. Jordan è infine Miles Teller, che mi sembra un po’ la versione aggiornata di Joshua Jackson, il Pacey Witter di Dawson’s Creek, un’eterna promessa adolescenziale di quelle che non sono destinate a esplodere mai completamente.
Se il terzetto di protagonisti maschili tutto sommato funziona bene, con la parte femminile del cast va ancora meglio. Non provo imbarazzo a dire che ho una cotta per quasi tutte le attrici di questo film, esclusa la solita insopportabile Jessica Lucas, già vista nelle serie Life as We Know It e Melrose Place 2.0. Innanzitutto c’è Imogen Poots, la nuova Scarlett Johansson, una che di recente sto vedendo dappertutto (Non buttiamoci giù, Need for Speed, Il lercio, Una fragile armonia, Fright Night, etc.) e non ho capito se è perché lei sta girando un sacco di film o se è perché io guardo un film proprio quando so che c’è lei. In Quel momento imbarazzante compaiono poi anche la sexyssima Addison Timlin, più Emily Meade, una delle attrici dell’imperdibile serie estiva di HBO The Leftovers, e la mia nuova idola Mackenzie Davis della serie Halt and Catch Fire.
Non guardate Halt and Catch Fire?
Questo sì che è davvero imbarazzante. Così come è imbarazzante che io promuova questo film dalle scarse pretese. Se mi conoscete, dovreste però sapere che in questo genere di pellicoline teen ci sguazzo e, se dentro ci mettete un bel cast di giovani attori promettenti, una piacevole colonna sonora in cui spiccano gli Horrors, più una serie di dialoghi vagamente decenti, il gioco è fatto. E poi, tra i miei film vergogna, ci sono robe ben più imbarazzanti di questa…
(voto 6/10)

martedì 28 gennaio 2014

SUNDANCE FESTIVAL: I PREMI 2014 E IL VINCITORE 2013 FRUITVALE STATION



Lo scorso weekend si è concluso il Sundance Film Festival, il Cannes del cinema indie americano. I nomi più hip e soprattutto più hipster della Hollywood alternativa si sono mossi tutti nella fredda cittadina dello Utah per presentare le loro nuove pellicole.

Chi ha vinto, quest’anno?
Il grande trionfatore è stato Whiplash, diretto da Damien Chazell, pellicola con l’emergente Miles Teller nei panni di un batterista jazz che, alla ricerca della perfezione musicale, perde la sua umanità… Storia intrigante, per un film che si è portato a casa sia il Gran Premio della Giuria che quello del pubblico.


Tra gli altri film premiati ci sono poi stati il cileno/francese To Kill a Man, l’etiope Difret, l’australiano Sophie Hyde for 52 Tuesdays, il norvegese-olandese Eskil Vogt for Blind, i britannici Ula Pontikos for Lilting e God Help the Girl e gli americani Imperial Dreams, Cutter Hodierne for Fishing Without Nets, Craig Johnson & Mark Heyman for The Skeleton Twins, Christopher Blauvelt for Low Down e The Octopus Project for Kumiko, the Treasure Hunter e Justin Simien for Dear White People.
Finito con l'elenco dei vincitori?
Finito e l'elenco dei premi nelle categorie dei documentari ve li risparmio.

Il Sundance propone pellicole spesso interessanti e che rappresentano il volto più fresco e originale delle tendenze cinematografiche americane. Pellicole che spesso da noi ovviamente non arrivano. Persino i film vincitori sono spesso ignorati dalla distribuzione italiana, a parte qualche caso come Fuga dalla scuola media – Welcome to the Dollhouse, The Believer, Un gelido inverno – Winter’s Bone o Re della terra selvaggia – Beasts of the Southern Wild, arrivati comunque dalle nostre parti in ritardo clamoroso e in 2 sale in croce.

Per celebrare questo sempre vitale Festival, io vi propongo non il film vincitore dell’edizione 2014, che a me nello Utah non m’hanno mica invitato 'sti maledetti, bensì quello trionfatore dello scorso anno: Fruitvale Station, che si era portato a casa sia il Gran premio della giuria che quello del pubblico, oltre che il premio di miglior debutto al Festival di Cannes 2013. Attualmente si trova in rete con sottotitoli italiani e a marzo sembra sarà persino distribuito nelle nostra sale con il titolo Prossima fermata: Fruitvale Station. Incredibile!

Prossima fermata: Fruitvale Station
(USA 2013)
Titolo originale: Fruitvale Station
Regia: Ryan Coogler
Sceneggiatura: Ryan Coogler
Cast: Michael B. Jordan, Melonie Diaz, Octavia Spencer, Ariana Neal, Ahna O’Reilly, Kevin Durand, Chad Michael Murray, Marjorie Crump-Shears
Genere: tutto in una notte
Se ti piace guarda anche: La 25ª ora, Rampart, End of Watch – Tolleranza zero, Collateral

Fruitvale Station è un film tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto a San Francisco, California, USA, nella notte di Capodanno del 2009.
State già sbuffando?
Vi ho visti, non potete negarlo.
Lo so, le pellicole tratte dalla cronaca spesso non sono il massimo, perché devono aderire ai fatti, non si possono concedere troppe licenze artistiche, devono far fronte al confronto con i veri personaggi, che poi se no i famigliari si lamentano e scrivono ai quotidiani in lacrime. Per carità, certe volte fanno bene, come nel caso di certe patetiche revisioni storiche fatte dalle fiction Rai, ma in altri casi si devono rendere conto che un film è comunque un film.

"Dimmi te se devo essere l'unico al mondo ancora con un cellulare a conchiglia."
Tutta questa premessa per dire comunque che no, Fruitvale Station non è la classica pellicola su un fatto di cronaca. Oddio, nella parte finale lo diventa un pochino, però era inevitabile. Per il resto, si tratta di un film che parla di una vita, non di un caso di cronaca di quelli che farebbero felici Salvo Sottile, e non si limita nemmeno a essere soltanto il racconto di un episodio di razzismo. Per di più, si tratta di un film bello.
Perché questo film è bello?
Difficile spiegarlo. Perché Jennifer Lawrence è bella?
Non c’è un perché. È così e basta guardarla per capirlo. Lo stesso vale per questo film.
Se proprio vogliamo cercare di esprimere il suo fascino con parole, possiamo dire che Fruitvale Station è una di quelle pellicole che ti fanno sentire vicine al loro protagonista, in questo caso il 22enne Oscar Grant, un ragazzo dei sobborghi di San Francisco che cerca di “tirare avanti”. Ha una figlioletta, convive con una ragazza latina, è appena stato licenziato, è uscito da poco di galera, sta cercando di uscire pure dallo spaccio di droga. È la notte di Capodanno e la sua vita già parecchio travagliata può ancora prendere qualunque binario. È la notte di Capodanno ed è un nuovo inizio.

"Al prossimo che dice che somiglio a Selena Gomez gli stacco le palle, chiaro?"
A interpretare Oscar Grant troviamo un ottimo Michael B. Jordan, già visto nella serie tv Friday Night Lights e nel film Chronicle, uno che, se non si sputtana con delle pellicolette commerciali, potrebbe persino ambire al titolo di Michael Jordan del cinema. Senza B. in mezzo. Solo che adesso c’è chi lo indica tra i possibili protagonisti della nuova versione dei Fantastici 4 e quindi il rischio di finire invischiato nelle paludi delle porcherie hollywoodiane è già forte.
In attesa di vedere come procederà la sua carriera, possiamo gustarcelo qui, un tutt’uno con il suo personaggio. Un giovane uomo come tanti, che si trova a dover fare i conti con il suo passato, in una maniera non troppo distante dall’Edward Norton de La 25ª ora.
Da segnalare inoltre nel cast la promettente caliente Melonie Diaz, una versione tettona di Selena Gomez, e una breve apparizione di Chad Michael Murray, per anni bravo ragazzo di One Tree Hill che qui, in pochi istanti, cambia radicalmente la sua immagine da buono a cattivo. E chissà che ciò non faccia bene alla sua carriera, arenatasi da quando ha abbandonato la serie tv teen.
Sarà curioso vedere in che direzioni procederà pure la carriera dell’esordiente Ryan Coogler, regista e sceneggiatore della pellicola. La sua opera prima è puro Sundance style: racconta una storia piccola ma grande, ci propone un personaggio comune, è una produzione low-budget girata con uno stile realistico con poche quanto riuscite concessioni poetiche. Insomma, tipico stile Sundance, eppure allo stesso tempo lontano da certo cinema indie hipster fighetto, che pure mi piace ed è ben riassunto in questo simpatico video-parodia.



Fruitvale Station non rappresenta un nuovo modello per la cinematografia indipendente americana e non è un capolavoro totale, ma i ricevimenti che ha ottenuto se li merita. Perché riesce a trasportare un fatto di cronaca in una cornice da grande cinema, con una sceneggiatura perfettamente architettata che rimanda a pellicole che si svolgono tutte in poche ore come Collateral e Margin Call. Perché è un film onesto, sentito, neo neorealista senza essere neo neopalloso. Un film non tanto di cronaca nera, quanto di vita vera.
(voto 7,5/10)



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