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venerdì 22 agosto 2014

THE LAST SHIT




The Last Ship
(serie tv, episodio pilota)
Rete americana: TNT
Rete italiana: Italia 1 dal 17 ottobre 2014
Creata da: Hank Steinberg, Steven Kane
Ispirata al romanzo: The Last Ship di William Brinkley
Cast: Eric Dane, Rhona Mitra, Adam Baldwin, Charles Parnell, Travis Van Winkle, Marissa Neitling, Christina Elmore, Jocko Sims, Jamison Haase
Genere: appestato
Se ti piace guarda anche: Last Resort

Italia 1 in questi giorni sta mandando in onda un promo in cui cerca di vendere The Last Ship come “il nuovo capolavoro di Michael Bay”.


Una frase che da sola dice tutto quello che c’è da dire:
A) Su The Last Ship
B) Su Michael Bay
C) Su Italia 1

Una frase che inoltre è una triplice cazzata, perché:
A) Se questa merdata atomica è un capolavoro, allora i Modà sono il più grande gruppo del mondo, Paolo Ruffini è una persona di squisita sensibilità e Alfano quando apre bocca dice sempre cose sensate.
B) Michael Bay e capolavoro sono due termini che non andrebbero mai usati nella stessa frase, a meno di dire: “Michael Bay un capolavoro non sa manco cos'è”, o a meno di considerare capolavori robaccia come Pearl Harbor o Transformers e allora torniamo al discorso del punto A. A essere generosi, possiamo dire che qualche film decente, come Armageddon, l'ha anche fatto, ma certo di capolavori manco l'ombra.
C) Michael Bay in fin dei conti con questa serie non c'entra nemmeno più di tanto. Figura giusto come produttore esecutivo con la sua compagnia Platinum Dunes. Gli ideatori di questo scempio in realtà sono tali Hank Steinberg e Steven Kane, che si sono sbattuti ad adattare l'omonimo romanzo firmato da William Brinkley, mentre la regia dell'episodio pilota è lasciata al terribile Jonathan Mostow.

Passando oltre al demenziale spot di Italia 1, The Last Ship è una serie altrettanto demenziale. Un demenziale differente da prodotti come Sharknado, consapevoli della loro cazzataggine. The Last Ship si prende invece dannatamente sul serio. È la solita robaccia catastrofica in perfetto stile Bay in cui l'umanità si trova di fronte a una terribile epidemia. Un equipaggio di poveri cristi ignari di tutto viene mandato in missione in mezzo al mare, fino a che la verità non viene a galla e scoprono che a bordo con loro c'è una scienziata che sta lavorando a una cura per il virus letale.

Con l'ebola attualmente in circolazione non sarebbe manco uno spunto tanto fantascientifico o inverosimile. Inverosimili sono semmai i dialoghi, lo stile registico finto spettacolare da bayata anni '90 e una serie di interpretazioni agghiaccianti. A sfidarsi a chi riesce a essere più inespressivo sono i due protagonisti: Rhona Mitra alias la scienziata che deve guarire il mondo e allora sì che siamo a posto, e l'ex dottor Bollore di Grey's Anatomy, Eric Dane, uno che, più che nei panni del capitano della moderna arca di Noé impegnata a salvare l'umanità, starebbe bene nei panni del capitan Schettino di turno.

"Sono più inespressivo io!"

"No io, pivello!"


"Ok, mi arrendo. Hai vinto tu!"

La scena scult in cui lei rivela a lui che circa metà della popolazione mondiale è morta mentre loro navigavano tranquilli per la loro crociera e lui reagisce con la stessa indifferenza con cui io accoglierei la news di un nuovo film sugli Expendables rende bene l'assurdità di questa serie. Un prodotto trash action, con poca action e molto trash, che promette fin dal pilot di essere una delle peggiori porcherie che il piccolo schermo abbia mai prodotto. Tra l'altro, se già lo spunto apocalittico è degno di un qualsiasi film del ciclo Alta tensione di Canale 5, il livello di originalità scende sotto lo zero considerando come pochi mesi fa era stata lanciata una serie simile, Last Resort, incentrata sull'equipaggio di un sottomarino. Una robetta che al confronto di questo piece of shit era quasi un vero masterpiece.

Non stupisce allora che, in mezzo a tante splendide serie americane e inglesi da noi ancora inedite, The Last Ship approdi in chiaro su Italia 1 e sia persino uno dei prodotti di punta della nuova stagione. D'altra parte per loro questo è “il nuovo capolavoro di Michael Bay”.
(voto 3/10)

venerdì 25 luglio 2014

TRANSGENDERS 4 – L’ERA DELL’EVIRAZIONE





Transformers 4 – L’era dell’estinzione
(USA, Cina 2014)
Titolo originale: Transformers: Age of Extinction
Regia: Michael Bay
Sceneggiatura: Ehren Kruger
Cast: Mark Wahlberg, Nicola Peltz, Jack Reynor, Stanley Tucci, Kelsey Grammer, Titus Welliver, T. J. Miller, Sophia Myles, Bingbing Li, Jessica Gomes
Genere: robotico
Se ti piace guarda anche: gli altri Transformers, Pacific Rim, Noah

La serie di Transformers a me fa lo stesso effetto di quanto possono fare dei mattonazzi russi stile La corazzata Potëmkin sulla gente normale. Tre ore di robot che parlano e combattono sarebbe “cinema d’intrattenimento”? Io non riesco a immaginare niente di più noioso.
Pensare che il primo tempo del primo film della serie mi era anche piaciucchiato abbastanza. Sarà che era ricco di umorismo e Shia LaBeouf sembrava il giovane cazzaro giusto al momento giusto. O sarà che c’era Megan Fox. Sì, sarà per quello. Fatto sta che già dal secondo tempo di quella pellicola, dominata da una lunghissima, estenuante, interminabile guerra tra robottoni giganti, la serie dimostrava di essere una cagata pazzesca. Impressione confermata dal pessimo sequel e ancora di più dal terzo allucinante episodio, in cui non c’era più manco la consolazione di vedere Megan Volpe. Tre ore, forse anche più, di robot che si danno delle mazzate e una trama che a me è sembrata del tutto incomprensibile. Altroché i film di Lynch o Malick o Aronofsky.
Anche perché va bene la sospensione dell’incredulità, ma come si fa a prendere sul serio dei robottoni giganti che discutono?
È la stessa cosa che si deve chiedere Barack Obama quando si ritrova a colloquio con il Premier italiano Matteo Renzi e questo si mette a parlargli così…



Barack Obama può prendere sul serio un uomo del genere per decidere le sorti del nostro mondo?
E io posso prendere sul serio un film con dei robottoni, o meglio dei veicoli alieni parlanti già passati di moda negli anni Ottanta, che vorrebbero decidere le sorti del nostro mondo?

"Basta, non siete reali. Le auto non possono parlare.
Voci, uscite dalla mia testa!"
Rispetto agli episodi precedenti, questa volta giunta al quarto appuntamento la saga si è transformata e propone delle grandissime novità…
No, non è cambiato il regista. Al timone c’è sempre Michael Bay. Purtroppo. A essere cambiato è il protagonista, non più il simpatico – oh, che volete? a me sta simpatico – Shia LaBeouf, bensì l’action hero preferito dal regista, Mark Wahlberg. Cambio della guardia anche per quanto riguarda la gnocca, in questo caso la teen-gnocca. A raccogliere il pesante testimone dell’insuperabile Megan Fox e della bella ma recitativamente irrilevante Rosie Huntington-Whiteley c’è questa volta la giovanissima Nicola Peltz. Può suonare un po’ gay dirlo, però Nicola è proprio affascinante.
La bionda scoperta dalla serie Bates Motel non è l’unico volto telefilmico ingaggiato dal Bay. Insieme a lei ci sono il funny T. J. Miller della nerd comedy Silicon Valley, in cui veste un identico ruolo da cazzaro combinaguai, e l’ottimo Kelsey Grammer ex protagonista di Boss, in cui aveva un identico ruolo da gran bastardo.
La parte con gli umani tutto sommato funziona. Il rapporto tra padre padrone, un inventore fallito come il papà nei Gremlins, e figlia che vorrebbe zoccoleggiare con il boyfriend ma non può è la parte migliore della pellicola. Ricorda le commedie con Adam Sandler, solo che qui c’è Mark Wahlberg in un similare ruolo da classico americano vecchio stampo. Ricorda poi soprattutto Armageddon, con il “triangolo” Bruce Willis/Liv Tyler/Ben Affleck che qui rivive attraverso i citati Mark Wahlberg e Nicola Peltz, più la novità Jack Reynor, che sarà anche un bel ragazzo, ma come attore è ancora tutto da verificare.

Michael Bay quindi clona se stesso, ma se non altro clona il se stesso migliore, quello di Armageddon. Le cose per quanto mi riguarda vanno peggio, molto peggio, quando entrano in scena tutti ‘sti robottoni inguardabili. Il problema di Transformers sono… i Transformers.
Lo so che il pubblico della saga è accorso in massa nei cinema a vedere proprio loro, però a me fanno pena. A stare a guardare questi camion che dialogano tra loro facendo i finti simpatici, sento che quei pochi neuroni che ancora abitano nel mio cervello mi fanno “Ciao ciao” con la manina.

La prima parte del film, quella più “umana”, è quasi quasi decente, almeno rispetto agli standard della saga, e fa diventare questo quarto capitolo il migliore dai tempi del primo episodio. Nella seconda parte come al solito si degenera in un’assurda guerra robotica tra Pessimus Prime con i suoi amichetti e tutti gli altri, con un sacco di esplosioni e inseguimenti senza fine. Va dato atto a Michael Bay di aver cercato di realizzare un film più intimista, per quanto gli è possibile con il suo tatto da elefante, e così le battaglie si sono fatte più rallentate. Il risultato è meno fracassone del solito, e questa è una buona notizia, ma a Michael Bay andrebbe comunque vietato l’uso del ralenty che tra l’altro, a ormai 15 anni dall’uscita del primo Matrix, è ormai stra-sorpassato.

"Chissà perché Cannibal Kid ci odia tanto?
Eppure siamo così simpatici e tenerosi!"
Per essere un film sui Transformers, questo L’era dell’estinzione non è nemmeno troppo male. Per essere considerato Cinema vero e proprio, la strada è invece molto lunga. Ridatemi allora i film di Lynch, Malick e Aronofsky. Anzi, di quest’ultimo magari no. Se qualche settimana fa mi avessero detto che l’ultimo di Darren Aronofsky sarebbe stato peggio del quarto capitolo di Transformers, avrei gridato alla bestemmia e invece… invece Transformers 4 è un pelino meglio di Noah. In entrambi i casi si tratta comunque di cinema cui è stata evirata una componente fondamentale: la credibilità. Credibilità, elemento che anche in un contesto fantasy può essere ben presente, si vedano Il signore degli anelli o Game of Thrones, sostituita da una serie di Gormiti, Transformers, Kaijū usciti da Pacific Rim e altri improponibili giganti vari. I protagonisti di un’era cinematografica cui auguro una rapida estinzione.
(voto 5-/10)

giovedì 17 luglio 2014

L’ERA DELL’ESTINZIONE. DEI BEI FILM.





Finiti i Mondiali, questa settimana si svolge comunque una partita molto singolare: la sfida al box-office italiano tra il blockbusterone americano Transformers 4 e il piccolo ma promettente indie movie italiano Maicol Jecson. Chissà chi avrà la meglio ai botteghini?
Questa settimana per fortuna arrivano pochissimi film e non c'è la solita infinita vagonata di robe tirate fuori dalla distribuzione così come i negozi di abbigliamento tirano fuori gli scarti dalle collezioni di 10 anni fa apposta per i saldi. Ma senza indugiare oltre, vediamo subito cosa ne dicono il sottoscritto Cannibal Kid e il suo eterno rivale bloggare Mr. James Ford di tutte queste numerose uscite cinematografiche.

Transformers 4 – L’era dell’estinzione
"Cannibal, questa è per te. Per te e per il tuo amichetto vontrieriano Shia LaBeouf."
Ford dice: per quanto, da bambino, adorassi i mitici Transformers, ho detestato fin dal principio i film dedicati alle loro gesta.
Troppo lunghi, troppo poco pane e salame, troppi pollici di Megan Fox.
Questo quarto capitolo potrebbe significare, come fu per Fast&Furious, una svolta, considerata la presenza del fordianissimo Mark Wahlberg, eppure faccio davvero fatica a pensare di poterlo digerire. Staremo a vedere. In caso, se proprio non ci fosse altro in giro, vedrò di farmelo andare bene.
Cannibal dice: Sono fiducioso. Riguardo al film?
Certo che no! Se il primo Transformers era a tratti simpatico e si lasciava vedere più che altro per la presenza della divina Megan Fox, già il secondo era una schifezza di proporzioni apocalittiche. Il terzo poi credo sia uno dei peggiori film mai girati in tutta la Storia del Cinema. Da questo quarto capitolo con dentro il finto giovane Mark Wahlberg al posto del rinnegato Shia LaBeouf non mi aspetto quindi molto, se non una cosa: che il titolo dica la verità e sia giunto il momento dell’estinzione. Per i Transformers e, già che ci siamo, pure per quel jurassico di Mr. Ford.


Maicol Jecson
"Hey, Ford...
Ford, ci sei?
Fooord!
Sei ancora vivo???"
Ford dice: non so bene se questa commedia dolceamara rappresenta, di fatto, una potenziale sorpresa o l'ennesima conferma che i distributori nostrani ed il Cinema italiano tutto sono messi peggio della Nazionale di calcio reduce dalla figuraccia dei Mondiali.
Non credo lo metterò in cima alla lista, ma data la povertà di proposte, non è da escludersi che finisca per vederlo: un pò come la speranza che da mesi continuo a coltivare di poter riprendere ad avere una rivalità degna di questo nome con Peppa Kid.
Cannibal dice: Attenzione gentili lettori cannibali e meno gentili lettori whiterussi, perché questo potrebbe essere il film italiano rivelazione dell’anno, oltre all’imperdibile Smetto quando voglio, ovviamente. Una pellicola che fin dal trailer di italiota sembra avere ben poco e che inoltre propone un incontro/scontro tra un ragazzino e un vecchietto che sembra ricordare i battibecchi cannibal/fordiani. Il cinema tricolore negli ultimi tempi sta rialzando la testa e questa potrebbe esserne una piacevole conferma. Peccato che le sale difficilmente se ne accorgeranno e saranno invase solo dai robottoni del regista più scarso di Hollywood…


Metallica 3D – Through the Never
"Scusate, qualcuno sa dirmi se il concerto dei One Direction si terrà qui?"
Ford dice: non sono mai stato, nonostante la mia aura rock, un fan accanito di Ulrich e soci. Eppure ho sentito parlare un gran bene di questo ibrido tra fiction e documentario musicale.
Considerato il deserto di proposte alternative, mi sa tanto che mi godrò, alla facciazza del mio rivale, le note dure di questo giro di giostra.
Cannibal dice: Mai sopportati i Merdallica, figuriamoci se vado a sorbirmi un documentario-fiction in 3D su un loro concerto. Davvero strano invece che Ford non sia un loro fan. Me lo immaginavo come Beavis con la loro t-shirt (non lavata) sempre addosso.

venerdì 13 settembre 2013

PAIN & BAY – MUSCOLI E DE ROCK




Pain & Gain – Muscoli e denaro
(USA 2013)
Titolo originale: Pain & Gain
Regia: Michael Bay
Sceneggiatura: Christopher Markus, Stephen McFeely
Ispirato a: una serie di articoli di Pete Collins pubblicati sul Miami New Times
Cast: Mark Wahlberg, Anthony Mackie, Dwayne Johnson, Tony Shalhoub, Bar Paly, Rob Corddry, Ed Harris, Rebel Wilson, Ken Jeong, Michael Rispoli, Keili Lefkovitz, Peter Stormare, Nikki Benz, Mindy Robinson
Genere: pompato
Se ti piace guarda anche: Le belve, Domino, Crank, Small Apartments

Quest’estate ho visto una puntata in replica de Il testimone, il docu programma di Mtv con l’ex iena Pif. L’episodio di turno, “Il culturista”, risalente al lontano 2008, era incentrato su Daniele Seccarecci, un campione di body-building dal fisico davvero impressionante. Forse persino più di quello di The Rock.


Per avere un corpo del genere e per poterlo sfoggiare alle più importanti competizioni del mondo, Daniele si allenava praticamente tutto il giorno. Sempre. Dalla mattina all’alba, fino all’ultimo allenamento (relativamente) defaticante a tarda notte, prima di andare a dormire. Dura la vita del culturista. Per una volta non lo dico in maniera ironica. Davvero dura vivere così, passando in palestra, anzi in 2 palestre, tutta la giornata, contando ogni caloria ingerita e mangiando 5 volte al giorno cibi non proprio goduriosissimi.
La scorsa settimana è arrivata la notizia raggelante che Daniele è morto di infarto. Aveva 33 anni. Dopo aver visto la puntata de Il testimone, la cosa che mi stupisce di più è che ci sia arrivato, a 33 anni. Una vita del genere è più faticosa che una in miniera e se a ciò aggiungiamo gli steroidi, di cui lo stesso Seccarecci aveva ammesso l’uso, la sorpresa è ancora minore.
Come spiega Marcello Chironi, il medico legale che ha eseguito l’autopsia sul suo cadavere:

“L'infarto con molta probabilità è legato a una condizione di stress fisico a cui il soggetto aveva sottoposto tutto l'organismo per l'attività che svolgeva.”

Ironico che un uomo che ha curato in maniera così maniacale i suoi muscoli sia stato tradito proprio dal muscolo più fragile, il cuore.
Cosa ha a che fare questa triste storia di una vita tirata all'estremo con Pain & Gain – Muscoli e denaro?
Forse niente, forse tutto, però guardando il film mi è venuto in mente lui. Daniele sarebbe tranquillamente potuto essere uno dei protagonisti della pellicola, ispirata a fatti realmente accaduti, anch’essi fissati quanto lui con il pomparsi i muscoli e anch’essi con il credo del fitness elevato non solo a passione, ma a vero e proprio stile di vita.

"The Rock, ho paura. L'ultima volta che ti ho stretto la mano
sono finito all'ospedale..."
Avere un fisico pazzesco, da superuomini, non basta però a Daniel Lugo alias Mark Wahlberg. Per fare la bella vita servono anche i soldi e come farli, nella maniera più veloce? In maniera legale non gli sembra possibile e così coinvolge nella realizzazione di un colpo criminale un paio di amichetti. Amichetti? Diciamo amiconi, pompatissimi come sono pure loro. Anthony Mackie, attore solitamente talentuoso che qui soffre del ruolo più stereotipato, quello da palestrato idiota persino più degli altri tutto muscoli e niente cervello e niente nemmeno d’altro (manco gli funziona il pene), e poi Dwayne “The Rock” Johnson. Il wrestler offre la performance recitativa migliore della sua carriera insieme a quella in Southland Tales, più che altro perché le sue altre interpretazioni fanno davvero pena, però se la cava soprattutto quando fa il palestrato timorato di Dio. E vedere The Rock con la t-shirt Team Jesus è una trovata piuttosto divertente, bisogna ammetterlo. Come palestrato cocainomane, invece, The Rock conferma tutti i suoi limiti recitativi ma vabbé, da lui fuori da un ring mica si può pretendere di più.

"Hey Cannibal, entra a far parte anche tu del Team Jesus.
Non è una richiesta, è un ordine!"

"Che tette!"
"Uh, come sei sfacciato..."
"Tipa, veramente mi riferivo a quelle di The Rock, mica alle tue!"
I tre palestrati organizzano allora la truffa perfetta: rapire un riccone e fargli girare a loro tutti i suoi averi. Peccato che siano tre decerebrati e quindi tutto quello che può andare storto, va ancora più storto. D’altra parte, non hanno una grossa esperienza criminale alle spalle e il loro sapere si basa solo sul cinema:
Ho visto un sacco di film, Paul. So quello che faccio” dice sicuro di sé Mark Wahlberg a The Rock.
La vicenda parte a razzo e nella prima parte il film sembra avere davvero qualcosa da dire, sia sui palestrati che sull’American Dream. Solo che tutto quello che aveva da dire, lo esaurisce nei primi minuti, e poi si va a finire nella solita vicenda criminale raccontata con toni ironici che finisce per annoiare. Sembra di assistere a un Le belve di serie B, con in cabina di regia Michael Bay che non è proprio Oliver Stone. Per niente. O ancora, pare un tentativo di eBay di fare la sua versione di Domino, non un capolavoro ma comunque una delle pellicole migliori del compianto Tony Scott. Stessa fotografia con colori iper-saturi e anche in questo caso alle spalle c’è una vicenda criminale ispirata a fatti realmente accaduti. Risultato purtroppo inferiore.

La pecca principale del film è proprio il suo regista. Da una storia del genere, ben altre soddisfazioni ci avrebbe potuto regalare un Harmony Korine, si veda il suo parecchio più profondo affresco pop su una generazione superficiale come quella di Spring Breakers, o uno Steven Soderbergh, che in Magic Mike ci ha raccontato dei personaggi non troppo dissimili da questi tre energumeni con maggiore cognizione di causa. E pure maggiore divertimento.

Non fatevi ingannare: se non c'è un esplosione, non è un vero film di Michael Bay.
Lo stile registico di Michael Bay, già lo sapevamo ma è sempre brutto averne conferma, è ridondante ed eccessivo, a breve dà noia con tutti suoi ralenty enfatici piazzati in momenti che non lo sono poi molto, un uso maldestro della colonna sonora, con “Gangsta’s Paradise” di Coolio e “Blaze of Glory” di Bon Jovi messe lì come sottofondo e non sfruttate a dovere, un utilizzo eccessivo di riprese roteanti e altri espedienti registici, con cui sembra gridare come un bambino: “Guardate quanto sono bravo! Guardate quanto sono bravo!”. Il problema è che, dopo una buona partenza, il suo maldestro tentativo di fare un film d'autore, o qualcosa che gli somigli, faccia acqua da tutte le parti.

La filosofia di Michael Bay sembra allora la stessa del protagonista del suo film, Daniel Lugo: Pain & Gain. Soffri, suda, allenati all’estremo e i risultati arriveranno. I due non avrebbero nemmeno tutti i torti e va dato atto ad entrambi di essersi impegnati, di averci provato. Peccato solo che dimentichino una cosa. Nella vita, per ottenere dei risultati duraturi e reali, serve anche un’altra cosa: il talento. Quello non c’è nessuna serie di esercizi per i muscoli o di effettacci di regia che possa sostituirlo.
(voto 6-/10)



mercoledì 2 novembre 2011

Losing my religion


Ci sono poche cose che considero Sacre (sì, Sacre con la S maiuScola).
Dite la religione? Dite la Chiesa? Dite Gesù Bambino?
No, ma dico, mi conoscete???
Tra le poche cose che considero Sacre oltre a South Park e al diSco di cui parlerò domani c’è Megan Fox. E cos’altro è quindi un film dei Transformers senza Megan Fox se non una bestemmia delle peggiori?
Tempo addietro, dopo aver appreso la notizia che la Dea Megan sarebbe stata sostituita nella saga cinematografica dei robottoni, mi sono rinchiuso in camera per giorni ad ascoltare in loop Losing my religion dei R.E.M., come Brenda Walsh quando veniva scaricata da Dylan per la biondazza Kelly in Beverly Hills 90210 (tra l'altro nei 90s avevo anch'io uno stereo molto simile)


Tempo di riprendermi da questo shock, che mi è arrivata la notizia che i R.E.M. si erano sciolti. E lì altri giorni chiuso in camera a piangere e ad ascoltare Losing my religion.
No, la visione continuativa di Dirty Dancing per autodeprimersi, no: quella la lascio volentieri a Zooey Deschanel

Ripresomi da tutte queste notizie catastrofiche, incurante che nel frattempo le borse mondiali crollassero e che noi avessimo il culo parato da un ministro che di economia ne capisce meno di Topo Gigio e da un Presidente del Consiglio che magari fosse Topo Gigio, ho provato a trovare la forza e il coraggio per rialzarmi in piedi sulle mie gambe e tentare la visione di questo Transformers 3.

Non pensavo ce l’avrei mai fatta. Non senza la Dea, ma in fondo la saga dei robottoni era partita in maniera carina: la prima parte del primo film grazie alla sceneggiatura ritmata di Roberto Orci e Alex Kurtzman (autori delle serie Hawaii Five-o e insieme a J.J. Abrams  di Fringe) era piuttosto fica e divertente e, soprattutto, rivelava al mondo l’enorme talento di Megan Fox.
Recitare?
No, aprire cofani delle auto.

Già la seconda parte della prima pellicola degenerava poi in una guerra robotica fracassona e inguardabile che mi faceva temere il peggio in vista dell’inevitabile sequel.
E quindi ecco che il secondo episodio era davvero tremendo, una porcata di dimensioni transoceaniche, però c’era ancora Megan Fox, questa volta pure in versione motociclista sexy!, e il film allora si faceva più o meno vedere comunque, nonostante due ore e passa delle solite incomprensibili battaglie robotiche.
Transformers, more than meets the eyes: c’è più di quello che gli occhi vedono.
Megan Fox, not more than meets the eyes: ci basta quello che gli occhi vedono.

Non contento di essere uno dei registi più fracassoni e meno talentuosi del globo e dell’intera storia del cinema, Michael Bay dev’essere però anche una gigantesca testa di cactus, perché quando non vai d’accordo con Megan Fox signi-fica che tu del mondo non hai capito un… cactus.
Ma perché cactus sto usando ‘sta cactus di parola del cactus invece di CAZZO? Mi starò mica transformando in un blogger di quelli che si autocensurano perché se no il presidente del Consiglio Topo Gigio (ma magari!) mi appicca un incendio al blog?

Fatto sta che Michael Gay, meno astuto di una volpe, decide di cacciare Megan Fox (fatevi il segno della croce ogni volta che pronuncio il suo nome, mi raccomando) e la sostituisce con una modella di Victroia’s Secret.
Rosie Huntington sti cazzi Whiteley è una gran figa è tutto, ok, però Megan Fox è Megan Fox! Che poi come attrice Megan non sarà chissà quale volpe ok, però in confronto a questa modella aspirante attrice cagna fa la figura di Meryl Streep. O come minimo di una Meryl Strip.
Dobbiamo sorbirci 2 ore e mezzo di robottoni con le loro merda di avventure senza senso alcuno? Almeno ridatece Megan, eccheccazzo!
E invece no. C’è questa Rosie ecc ecc che per quanto topa non buca lo schermo. Se vedi passare per strada lei e Carey Mulligan fianco a fianco, magari l’occhio cade per primo (ma non è mica detto) sulla slanciata e più appariscente Rosie sti Huntington cazzi Whiteley. Al cinema però Carey Mulligan buca lo schermo. Ti paralizza. Rosie no. Fine del discorso. Non dico che una modella non possa diventare una buona attrice e magari Rosie con un regista un minimo decente potrebbe anche imparare a recitare, altrimenti potrebbe sempre riciclarsi a fare un’altra nobile e ancora più antica professione e lì sono sicuro che se la caverebbe più che bene.

Non ho parlato della trama e dei contenuti del film?
Mi avete davvero chiesto una roba del genere?
Ebbene, di contenuti io non ne ho trovati e more than meets the eyes una sega: puoi anche vedere oltre gli eyes finché vuoi, ma questa pellicola è il vuoto totale. La trama poi se c’era, io non l’ho colta e arrivato alla fine di un film del genere mi chiedo: ma sono io l’alieno o è tutto il mondo ad essere impazzito?
Una roba come questa riempie i cinema, fracassa record d’incassi (mentre a me fracassa solo qualcos’altro), e la gente che si entusiasma per film del genere poi se guarda The Tree of Life o Melancholia, non capisce.
Cosa cazzo c’è di tanto difficile da capire? Al di là dei simbolismi, sono film sul mondo, sulla morte, sulla vita. Sulla vita di tutti noi.
Questo è un cazzo di film su dei cazzo di robottoni di merda che a quanto pare hanno vissuto fianco a fianco dell’uomo in tutte le fasi più importanti della storia recente e io sinceramente non c’ho capito una mazza. Queste sono le cose che non capisco.

Ma di cosa mi stupisco? È più facile far capire alla gente delle cose senza senso che non delle cose logiche. Come la religione. In Italia, secondo stime approssimative, soltanto tra il 6 e il 15% della popolazione si dichiara ateo. Quindi tra l’85 e il 94% degli italiani crede senza batter ciglio all’esistenza di un essere superiore, di un essere soprannaturale. Una cosa assolutamente rispettabile e molto bella, per carità, però allo stesso tempo anche una cosa del tutto assurda e irrazionale. La stessa percentuale di persone probabilmente ritiene plausibile un film con degli orribili robottoni parlanti che si transformano in delle auto e decidono i destini del mondo, ma non capisce un “semplice” film di Terrence Malick o Lars Von Trier.
Non so se il mio discorso è comprensibile. Probabilmente a un numero di italiani compreso tra l’85% e il 94% no. Però la visione di questo Transformers 3 mi ha reso ancor più consapevole del fatto che la maggior parte delle persone sono davvero fuori di testa e gli unici normali mi sa che sono i pazzi.

E poi perché far durare quasi 3 ore un film che su carta ha una trama (sempre se ce l’ha) lunga quanto un haiku giapponese?

Robot
figa
macchine

No, ho sbagliato. È più corto di un haiku!

E poi han preso Patrick Dempsey, dico il Dr. Stranamore di Grey’s Anatomy, l’uomo zerbino di Meredith Grey, nella parte del super cattivone? Andiamo, se mettevano Pupazzo Gnappo o il Gabibbo erano più credibili di lui.
E poi anche Shia LaBeouf che si fa tutte ste fighe? Non parlo di Shia LaBeouf l’attore hollywoodiano fico e famoso, ma di Shia LaBeouf nel film nella parte di un nerd che in quest’ultimo episodio è pure disoccupato.
The Tree of Life non ha senso? Melancholia non ha senso? Eddai, per favore. Transformers 3 sì che non ha senso.
Un insulto al cinema, all’intelligenza umana (ma anche a quella robotica) e, soprattutto, un insulto a Megan Fox.

Transformers 3
(USA 2011)
Titolo originale: Transformers: Dark of the Moon
Regia: Michael Bay
Cast: Shia LaBeouf, Rosie Huntington-Whiteley, Patrick Dempsey, Josh Duhamel, John Turturro, Tyrese Gibson, Frances McDormand, John Malkovich, Alan Tudyk, Kevin Dunn, Ken Jeong
Genere: robot wars
Se ti piace guarda anche: gli altri “capolavori” di Michael Bay Bad Boys, The Rock, Armageddon, Pearl Harbor…
(voto 0/10)

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