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lunedì 10 marzo 2014

GIOVANI MAGHETTI RIBELLI




Giovani ribelli – Kill Your Darlings
(USA 2013)
Titolo originale: Kill Your Darlings
Regia: John Krokidas
Sceneggiatura: Austin Bunn, John Krokidas
Cast: Daniel Radcliffe, Dane DeHaan, Ben Foster, Jack Huston, Michael C. Hall, Elizabeth Olsen, David Cross, Jennifer Jason Leigh, Erin Darke
Genere: maledetto
Se ti piace guarda anche: L’attimo fuggente, Poeti dall’inferno, Wilde

In questo film, Harry Potter è un giovane ribelle...
buaahahahah
BUAHAHAHAHAH

BUAHAHAAHHAHAHAHAHA

Ok, lasciatemi riprendere un momento. Allora, dicevo che Harry Potter è un giovane ribelle…

BUAHAHAHAHAHAH

No, non ce la posso fare!
Sarebbe un giovane ribelle contro cosa, contro quel cattivone di Voldemort?
Il problema di Daniel Radcliffe è quello tipico di un attore che ha interpretato un ruolo talmente identificativo che poi ce l'ha davvero dura a staccarselo di dosso. Prendiamo ad esempio Mark Hamill.
CHIIIIII?
Ecco, appunto. Mark Hamill chiiiiiii?


Mark Hamill è meglio conosciuto come Luke Skywalker nella saga di Guerre stellari, per il resto cos’ha fatto?
Boh.
Per carità, tanto di cappello a lui che sarà ricordato almeno per una cosa nella vita. Mica è da tutti. Tornando al nostro protagonista di giornata, credo che Daniel Radcliffe sia destinato a fare la stessa fine di Hamill. Da un ruolo entrato nell’immaginario collettivo è anche possibile scostarsi. Leonardo DiCaprio ad esempio è riuscito, sebbene non senza fatica, a levarsi di dosso l’etichetta di teen idol che gli è stata appioppata con Titanic. Ci sono però due condizioni necessarie perché ciò avvenga:
1) Essere un ottimo attore
2) Compiere le scelte recitative giuste

Per quanto riguarda il punto numero 1, il nostro (nostro? diciamo pure vostro) Daniel Radcliffe non mi sembra proprio appartenere alla categoria. Imbambolato come pochi, ha solo due espressioni: una con gli occhialetti tondi e una senza occhialetti tondi.
Per quanto riguarda il punto numero 2, Radcliffe ci sta provando a staccarsi dai ruoli da maghetto sfigato, di questo gli va dato atto. Ad esempio in The Woman in Black aveva il ruolo di un padre. Peccato solo che apparisse del tutto inappropriato per non dire ridicolo in una parte del genere, visto che dimostrava (e dimostra ancora adesso) circa 8 anni. 9 al massimo. Persino come teen mom sembrerebbe troppo infantile.
Con Giovani ribelli – Kill Your Darlings, Daniel Radcliffe si lancia in una nuova difficile sfida, interpretando il ruolo del poeta della beat Generation Allen Ginsberg. Bene, un ruolo del tutto differente rispetto a quello nella saga di J.K. Rowling… O forse non del tutto?
Vediamo la trama del film. 

Harry, pardon Allen è un ragazzo che riesce a entrare in una prestigiosa scuola.
Hogwarts?
No, la Columbia University. Qui stringe amicizia con altri due studenti. Hermione e Ron?
No, purtroppo niente Emma Watson, in questo film, ma mannaggia. I suoi nuovi amichetti sono il futuro giornalista Lucien Carr e il futuro scrittore William Burroughs. Nella parte del primo c’è Dane DeHaan, quello di Chronicle, nella parte del secondo c’è Ben Foster. Loro sì due ottimi attori, sorry Potter. All’elenco dei membri del cast ci aggiungiamo pure la (quasi) sempre impeccabile Elizabeth Olsen che fa dimenticare lo scivolone nell’orrido remake americano di Oldboy, e Jack Huston di Boardwalk Empire, qua impegnato a ritrarre un Jack Kerouac più efficace di quello visto nel recente On the Road (sebbene in quel caso fosse un alter ego dello scrittore).
Inoltre nel corso del film Michael C. Hall (sì, Dexter in persona), dice ad Allen Ginsberg che potrebbe salvare il mondo. Proprio come quelli della scuola di Hogwarts facevano con Harry Potter. In pratica, alla faccia del cambio radicale di ruolo, questa pellicola è una specie di rilettura beat generation di Harry Potter. O qualcosa di simile.

"Non ti posso dare questo drink, Harry, se prima non mi mostri un documento."
Per altri versi, Giovani ribelli si dirige invece dalle parti del racconto di formazione, quello a metà strada tra L’attimo fuggente e Il giovane Holden, e in questo avvince e convince. Fa respirare l’eccitazione tipica dell’adolescenza, di chi scopre le cose per la prima volta, di chi entra in contatto con delle personalità ricche di carisma, di chi vuole lasciare una traccia importante nel mondo. Non per salvarlo, come Harry Potter, ma per cambiarlo a suon di parole con il proprio personale stile di scrittura.
Il regista John Krokidas riesce a rendere bene questo fermento culturale, attraverso inserti visionari e invenzioni stilistiche che ricordano Le regole dell’attrazione, un montaggio veloce e una colonna sonora che mixa il jazz del periodo con sonorità moderne di Tv on the Radio, Bloc Party e titoli di coda coi Libertines. La pellicola è un interessante esperimento che unisce un certo classicismo tipico del racconto di formazione tradizionale con un gusto post-moderno e, pur non raggiungendo i livelli sublimi di un Baz Luhrmann, è coraggioso abbastanza da farsi apprezzare. Tutto questo nella prima valida parte. Nella seconda spenta metà, il film si concentra invece su una vicenda dalle tinte thriller non particolarmente affascinante, accantonando il cuore della pellicola, ovvero il rapporto tra i protagonisti e la loro dirompente forza artistica e creativa.

La pecca principale della pellicola comunque sta in lui, Harry, volevo dire Daniel Radcliffe. Per quanto qui mi pare sia alla sua migliore prova interpretativa finora, non riesce ad annullarsi dietro al suo personaggio. Non riesce mai a diventare Allen Ginsberg e resta sempre un Harry Potter che cerca di fare il poeta maledetto. Un grave difetto, perché con un protagonista migliore ci saremmo trovati probabilmente di fronte a un gioiellino, mentre così abbiamo una pellicola “solo” gradevole, che comunque non è poco.
Kill your darlings?
No, kill Harry Potter!
(voto 6/10)

Non c'entra niente con il film, però questa foto è troppo fantastica e non potevo non condividerla con voi, miei adorati lettori.

venerdì 27 settembre 2013

LA FINE DI DEXTER




Il finale di Dexter è
***ATTENZIONE SPOILER***
una merda
***FINE SPOILER***

Dexter
(serie tv, stagione 8)

D’ora in poi, “Fare la fine di Dexter” potrebbe diventare sinonimo di “Fare una brutta fine” ed essere usata in frasi di uso comune, come "Bambini, attenti che se continuate così fate la fine di Dexter".
Un sacco di serie peggiorano nel corso del tempo. Quando si tira le cose troppo per le lunghe, d’altra parte, è inevitabile. Il primo e più evidente caso si è avuto con Happy Days: quando alla quinta stagione gli autori, che ormai non sapevano letteralmente più che pesci pigliare, decisero di far saltare Fonzie con gli sci nautici sopra a uno squalo, quello fu il momento in cui la serie era ormai giunta a un punto di non ritorno nello schifezzometro. Da allora in poi "Salto dello squalo" è l'espressione che si usa per definire una serie che si è ormai smerdata. Dexter è stata una di quelle serie che hanno subito lo stesso sventurato destino.
Partita in maniera interessante, sebbene con qualche debito di troppo nei confronti dell’American Psycho di Bret Easton Ellis, di cui rappresentava una versione più seriosa, la serie c’ha messo un po’ a carburare. Ma poi ce l’ha fatta. Prima di crollare definitivamente.

All’indomani della conclusione di uno dei telefilm più amati dell’ultimo decennio, è allora lecito porsi una domanda: qual è stata l’importanza di Dexter all’interno del panorama televisivo?
Dexter è stato fondamentalmente un personaggio rivoluzionario inserito all’interno di una serie non poi così rivoluzionaria. I vari episodi e le varie stagioni sono infatti state costruite come una leggera variante del crime procedural classico. Laddove in quello di solito l’episodio si conclude con la cattura e l’arresto dell’assassino, qui invece troviamo il criminale nelle mani del protagonista. Più che nelle mani, avvolto nel nylon da Dexter, il serial killer dei serial killer. Non il tipico protagonista di una serie, eppure in grado poco a poco di risultare simpatico, o più o meno simpatico, nei confronti dello spettatore.
Lo schema da crime tipico è stato seguito dagli episodi soprattutto all’inizio, mentre più in là le trame hanno cominciato a svilupparsi maggiormente in orizzontale, puntando ad approfondire la psicologia del protagonista e puntando forte anche sul “cattivone” stagionale. Ed è proprio da questo villain che è dipesa ogni volta la maggiore o minore riuscita delle varie season. Non a caso il miglior ciclo di episodi, il quarto, coincide proprio con il cattivo più pericoloso e inquietante, Trinity, interpretato da un magistrale John Lithgow, mentre la serie è scaduta nel ridicolo totale nel corso della sesta stagione, per colpa della inverosimile coppia di villain di turno, il pivello Travis (Colin Hanks, figlio raccomandato di Tom) e il Prof. Gellar.
La serie ha vissuto quindi alti e bassi, con il vertice assoluto - in positivo - toccato nel finale raggelante della quarta stagione, quando Dexter ritrova il cadavere della sua amata Rita (Julie Benz) in uno dei cliffhanger più sconvolgenti mai visti. Nelle ultime tre stagioni, a partire proprio da quella con Mignolo, pardon Travis e il Prof., c’è però stato un calo qualitativo impressionante nelle sceneggiature, con una ripetitività nelle situazioni e l’inserimento di poco convincenti svolte in territori da soap-opera, con Dex conteso tra la la sua sboccata sorellastra Debra (Jennifer Carpenter) in tragici momenti incestuosi e la sventolona bionda Hannah (Yvonne Strahovski).
Pensate al Dexter dei primissimi tempi. Del sesso non gliene importava nulla. Tutto quello che voleva fare era uccidere uccidere uccidere. Poi è arrivata lei…


E persino Dexter non ha più capito nulla. C’è poco da fare, anche se sei un serial killer vale il detto: tira più un pelo di figa, che un carro di sangue.
La serie si è così trasformata da così...




A così: un incrocio tra Dawson's Creek...


e True Blood...


Prima di crollare con le ultime stagioni, Dexter il personaggio ha però rappresentato qualcosa di davvero nuovo e unico all’interno del panorama seriale, in maniera analoga al Dr. House, anch’esso un personaggio fenomenale protagonista di una serie per il resto non sempre convincente e portata avanti in maniera discontinua.
Un personaggio come Dexter si sarebbe quindi meritato un finale migliore, magari come quello splendido avuto proprio dal Dr. House. Persino una serie come Gossip Girl, che nel corso degli anni ha disintegrato ogni limite del ridicolo, con l’ultimo episodio è riuscita a trovare una sua quadratura, a ricollegarsi alle sue origini e a dare una chiusura più o meno coerente con il suo spirito iniziale.

***ATTENZIONE DA QUI IN POI SPOILER SULL'OTTAVA STAGIONE***
Cosa che gli autori di Dexter non sono riusciti a fare, lasciando andare il telefilm alla deriva come il protagonista nella penultima scena. Che si fosse conclusa lì, in mezzo al mare, sarebbe stata una fine schifosa, ma ancora ancora quasi decente.
Invece no. Invece è arrivata l’ultimissima sequenza, con Dexter ritiratosi a vita privata, a fare tipo il camionista. WTF???

Un finale più appropriato secondo me avrebbe dovuto mostrarci un Dexter ambiguo, un Dexter pronto ancora a uccidere, con una scena che ce lo presentava lì lì sul punto di ammazzare qualcuno e poi… the end, cala il sipario, lasciandoci incerti. Dexter ucciderà ancora, oppure frenerà i suoi istinti?
O non sarebbe stato male vedere Dexter catturato. O ancora vedere Dexter che si costituisce, ammette finalmente i suoi crimini e si prende le sue responsabilità. Io, personalmente, come ideale conclusione l’avrei fatto friggere sulla sedia elettrica. Un finale giustizialista per una serie giustizialista.

Il finale scelto dagli autori ci lascia invece un Dexter in versione martire, che ha sacrificato tutto per amore del figlio, e ancora ci può stare, e di Hannah, una pazza assassina che agli inizi della serie non avrebbe esitato a far fuori a sangue freddo e a cui invece affida il suo bimbo. Hanno voluto dare a Dexter un finale alla Pinocchio, con il burattin… pardon il serial killer che finalmente diventa umano. Una scelta in linea con la filosofia tipica dell’American way of life che tutti possono cambiare, persino gli psyco assassini, ma poco in linea con quella che era la serie, almeno nei primi tempi.
Una scelta discutibile, per di più realizzata in maniera pessima, con degli effetti speciali da far rimpiangere Sharknado, e buttata lì in maniera frettolosa, dopo aver sprecato l’intera stagione con trame ripetitive e sottotrame inutili. La vicenda di Masuka (C.S. Lee) che scopre di avere una figlia, ad esempio, l’hanno messa lì malaccio, come riempitivo, e poi? Nell’ultima puntata Masuka dove cazzo è finito?
Lo so che era un personaggio minore, però potevano fargli fare qualcosa, fargli dire una battutina, a lui che era il personaggio simpa della serie. Invece niente.
Noi comunque lo ricorderemo così...


e così...


È anche da questi piccoli dettagli, che poi tanto piccoli non sono, che si capisce come gli autori abbiano sprecato tutto con noncuranza. Altra piccola cosa: perché la canzone che la dottoressa Vogel (Charlotte Rampling) ascolta sempre è "Make Your Own Kind of Music", pezzo anni '60 di Mama Cass Elliot già riportato in auge da Lost, dove era suonato in vari episodi? Con tutte le canzoni del mondo, proprio una usata da un'altra serie, tra l'altro non proprio sconosciuta?
Dettagli a parte, sono pure le questioni centrali a essere state gettate nel cesso: vogliamo parlare della fine che fanno fare alla povera Deb? Un momento sta bene e quello dopo è un vegetale. Ma ‘ndo stiamo? In una puntata di Grey’s Anatomy?
Per non dire del modo in cui Dexter porta via il suo cadavere sotto gli occhi di tutti. Vabbè che c’è un tornado in arrivo, però possibile che mai nessuno si accorga di niente? E come si fa a credere che una sventolona ricercata come Yvonne Strahovski riesca pure lei a passare inosservata, senza manco fare lo sforzo di cambiare colore di capelli o indossare un cacchio di paio di occhiali? Capisco la sospensione dell’incredulità, ma a Miami sono tutti storditi come le Pretty Little Liars? 

Se vogliamo essere generosi, l’ottava stagione non è nemmeno stata del tutto da buttare e sotto certi aspetti ha rappresentato un lieve miglioramento rispetto alle disastrose season 6 e 7. Il cattivone di turno (interpretato dall'attore islandese Darri Ingolfsson), il figlio con gli occhi da cocainomane più che da psicopatico della soporifera Vogel, anche questa volta è stato pessimo piuttosto che no, eppure se non altro si è scaduti meno sui sentieri del trash.
Nonostante una stagione mediocre, era comunque lecito sperare che almeno per l’ultima puntata ci sarebbe potuta essere una chiusura degna. E invece…
Invece è arrivato un finale in cui persino lo stesso Michael C. Hall pare rimanerci male, con quello sguardo svuotato.


Certo, poteva andare ancora peggio. Poteva esserci un happy ending con Dexter in Argentina a ballare il tango. Però diciamo che, tra tutti i finali possibili, quello scelto è stato il secondo peggiore. A pensarci bene, in fondo in fondo allora forse è una conclusione coerente con il comportamento del protagonista. Gli autori hanno ucciso la serie in maniera spietata. Sono loro i veri killer, altroché Dexter.
(voto all’ottava stagione 4,5/10
voto al series finale 3/10)

"Dopo aver letto questa recensione, potrei tornare a uccidere!"

lunedì 27 dicembre 2010

Le meglio serie tv 2010 - n. 6 Dexter

Dexter
(stagione 5)
Rete americana: Showtime
Reti italiane: Cielo, FX, Fox Crime, Italia 1
Ideatore: James Manos Jr.
Ispirato ai libri di: Jeff Lindsay
Cast: Michael C. Hall, Jennifer Carpenter, Julie Benz, David Zayas, Lauren Vélez, James Remar, Desmond Harrington, C.S. Lee, Keith Carradine, Jimmy Smits, John Lithgow, Courtney Ford, Jaime Murray, Christian Camargo, Mark Pellegrino, Christina Robinson, Julia Stiles

Genere: un serial killer per amico
Perché è in classifica: alla quinta stagione ha trovato ancora una volta un modo per rinnovarsi e raccontare dei volti inediti del protagonista
Se ti piace guarda anche: American Psycho, Edmond, One Hour Photo, Mr. Brooks, Il silenzio degli innocenti

In pillole
Dexter è un serial killer, non riesce proprio a fare a meno di uccidere. Però canalizza questa sua forza malefica per far fuori solamente persone che, secondo il “codice” fornitogli da suo padre, lo meritano: stupratori, pedofili e suoi colleghi killer. Nella quinta stagione Dexter affronta la perdita subita nel finale shock della season 4 e si trova con una nuova particolare “partner” di efferatezze e un nuovo temibile nemico.

Pregi: la quinta stagione ha un crescendo pauroso; esemplare in tal senso l’incredibile trasformazione fisica e mentale di Lumen da vittima nei primi episodi non troppo esaltanti ad assassina vendicatrice degna (o quasi) della Sposa di Kill Bill, resa alla perfezione da una Julia Stiles pronta per tornare al top di Hollywood dopo l’ormai lontano successo di Save the last dance e 10 cose che odio di te.
Difetti: dopo un primo episodio meraviglioso, l’intreccio della nuova stagione ci ha messo un pochino a carburare
Personaggi cult: Masuka rimane un mito, ma nella season 5 ci sono soprattutto uno strepitoso Peter Weller (Robocop!) e l’ex Sick Boy di Trainspotting Jonny Lee Miller; il suo Jordan Chase è un motivatore superstar per uomini in crisi, un po’ come il Tom Cruise di Magnolia, che rivela però parecchi lati nascosti e non fa rimpiangere lo spettacolare villain John Lithgow della 4. Tick tick tick, questo è il suono del post su Dexter che sta per finire…

Leggi la mia RECENSIONE delle stagioni precedenti


lunedì 4 ottobre 2010

Dex is back

Dexter
Rete americana: Showtime
Reti italiane: FX, Cielo, Italia 1
Ideatore: James Manos Jr.
Ispirato ai libri di: Jeff Lindsay
Cast: Michael C. Hall, Jennifer Carpenter, Julie Benz, David Zayas, Lauren Vélez, James Remar, Desmond Harrington, C.S. Lee, Keith Carradine, Jimmy Smits, John Lithgow, Courtney Ford, Jaime Murray, Christian Camargo, Mark Pellegrino, Christina Robinso, Julia Stiles
Se ti piace guarda anche: American Psycho, Edmond, One Hour Photo, Mr. Brooks, Il silenzio degli innocenti

Chi l’avrebbe detto che anche i serial-killer, come il buon vino, migliorano invecchiando?
Dexter Morgan, per chi non lo sapesse, lavora nella squadra omicidi di Miami, ha una fidanzata, un rapporto splendido con la sorella poliziotto, una vita del tutto normale. A parte il fatto che è una specie di serial-killer buono. Buono nel senso che ha una specie di “codice” personale, ereditato dal padre poliziotto ora defunto (ma che rivede attraverso visioni), e quindi uccide solo persone che secondo lui meritano la morte (assassini, stupratori, maniaci), come fosse una specie di eroe vendicatore senza super poteri e (quasi) senza umanità.

(a seconda delle stagioni che avete visto: ATTENZIONE SPOILER)


La prima stagione della serie è valida, soprattutto per la storia del killer del camion frigo e del rapporto malato con il fratello altrettanto fuori di testa, però Dexter sembra ancora un American Psycho alla Patrick Bateman in cerca della sua vera identità. Gli episodi sono poi troppo divisi in singoli casi, quasi si trattasse di un crime alla CSI, visto che gli autori della serie non si sono ancora resi conto che la cosa interessante non sono tanto gli omicidi presentati, ma l’uomo che si cela dietro di essi.
(voto 7,5)

La stagione 2 allora si concentra maggiormente su Dexter-l’uomo, ma prende una non troppo originale piega alla Fight Club. Dex infatti si mette a seguire degli incontri per narcotici anonimi, con il piccolo dettaglio che la dipendenza contro cui trova a combattere non è la droga, né l’alcool, bensì la voglia di uccidere. Qui conosce una tipa pure lei con qualche disordine mentale, la caliente Lila, con cui comincia una relazione sessuale. Ma Dexter nelle vesti di sex machine non è molto credibile e la stagione prende una piega confusa.
(voto 6,5)

E allora solo dalla terza stagione che Dexter diventa secondo me davvero una grande, grandiosa serie. Il protagonista si trova infatti da qui sempre più diviso tra una vita-copertura normale, con tanto di fidanzamento che si fa serio e addirittura un matrimonio bambino in vista. Ma sarà pronto per mettere la testa a posto e dedicarsi alla famiglia? Dex si fa anche il suo primo vero amico, Miguel Prado, un procuratore distrettuale che pure lui rivelerà un lato omicida non da poco e porterà i due allo scontro.
(voto 8)

Ma Miguel Prado non è niente rispetto a quello che lo aspetta con la quarta stagione. Mentre Dex è ormai un perfetto desperate househusband con tanto di villetta nei suburbi, a Miami infatti sbarca Trinity, il più longevo serial killer figlio di puttana a piede libero nella storia degli Stati Uniti, interpretato da un John Lithgow oltre ogni ragionevole soglia dell’inquietante. Tutti gli danno la caccia, ma solo Dex, con il suo fiuto da assassino, scopre la sua vera identità. E decide di farselo amico. Tra i due inizia un rapporto ambiguo e malato, da cui Dex non riesce a prendere totalmente le distanze. Gli autori della serie questa volta decidono di non tirare il freno a mano, spingono la tensione a livelli altissimi in ogni puntata e portando la storia fino alle estreme conseguenze, con un finale di stagione tra i più shock e sconvolgenti nella storia della tv.
(voto 8,5)

La stagione 5, appena arrivata negli Stati Uniti, è iniziata come meglio non potrebbe, con il poco umano Dex che si trova ad avere a che fare con i più umani tra i sentimenti: la perdita e il senso di colpa. Il primo episodio resta congelato in una dimensione sospesa che ricorda la magnifica puntata di Buffy il giorno che ritrova sua madre morta. Davvero notevole la scena in cui Dex (interpretato da un Michael C. Hall ormai diventato un tutt’uno col suo personaggio) annuncia la morte di Rita ai suoi figli con in testa le orecchie da Topolino.
Dex is back e la nuova season promette quindi scintille, con un sacco di new-entries nel cast a partire da Julia Stiles. Dopo Save the last dance, sarà lei che riuscirà a salvare the last killer?
(voto 9 alla prima puntata)

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