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lunedì 6 ottobre 2014

SIN CITY – UN PAIO DI TETTE PER CUI UCCIDERE





Sin City – Una donna per cui uccidere
(USA, Cipro 2014)
Titolo originale: Sin City: A Dame to Kill For
Regia: Frank Miller, Robert Rodriguez
Sceneggiatura: Frank Miller
Cast: Mickey Rourke, Josh Brolin, Joseph Gordon-Levitt, Eva Green, Jessica Alba, Bruce Willis, Rosario Dawson, Christopher Meloni, Juno Temple, Powers Boothe, Dennis Haysbert, Jeremy Piven, Ray Liotta, Jamie Chung, Jaime King, Julia Garner, Christopher Lloyd, Marton Csokas, Jude Ciccolella, Alexa Vega, Lady Gaga
Genere: fumettoso
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La recensione cannibale

Sin City – Una donna per cui uccidere è stato il super mega floppone dell'estate americana. Costato $60 milioni, in patria sta facendo fatica a raggiungere quota $15 milioni e nel weekend d'apertura è riuscito a mala pena a entrare nella Top 10 dei film più visti, nonostante la totale assenza di grandi concorrenti. Perché un tonfo così clamoroso?
Per prima cosa, va detto che Robert Rodriguez non è che sia sempre una garanzia al box-office. Già la poco riuscita operazione Machete Kills doveva fargli fischiare le orecchie in tal senso.
Un altro motivo va secondo me ricercato anche nel tempismo. Il tempismo è tutto nella vita e questo Sin City 2 è giunto nel momento probabilmente meno propizio. Dal primo capitolo del 2005 è passato troppo tempo per poterne sfruttare l'hype e allo stesso tempo ne è passato troppo poco perché si possa parlare di riscoperta vintage.
Il problema fondamentale sta però probabilmente nella natura intrinseca del film stesso. Sin City 1 era un cult movie wannabe, ma non era un cult movie vero e proprio. A livello visivo rappresentava qualcosa di nuovo e di davvero fico, un modo di usare la computer grafica per realizzare un cine-fumetto folgorante, anni luce più avanti di quanto visto prima di allora e che avrebbe aperto la strada a 300 e cloni vari. Peccato soltanto che nell'anno 2014 una pellicola girata in questa maniera non faccia più notizia e la sua indubbia bellezza estetica finisca di affascinare dopo appena pochi minuti.
Una volta che viene a mancare l'effetto “WOW!” della realizzazione tecnica del film, Sin City – Una donna per cui uccidere lascia di fronte a ciò che è veramente, e che forse già il primo Sin City era: una pellicola vuota. Terribilmente vuota.

mercoledì 22 febbraio 2012

Trash Carpet

Simona Ventura condurrà gli Oscar per Sky. Non so, a questo punto mettiamo
pure Mr. Ford come opinionista e poi siamo davvero a posto...
C'è qualcuno, nel mondo, che riesce ad avere opinioni perfino più strampalate di quelle di Cannibal Kid.
Chi dite!? Silvio Berlusconi!? George W. Bush? Tutta roba vecchia.
Parliamo della giuria dell'Academy, che da quasi un secolo si rinnova senza perdere quel gusto dell'orrido che ha portato ad alcune tra le più scandalose assegnazioni mai realizzate nella storia del Cinema.
E per la gioia del sottoscritto e di quel poco di buono del Cucciolo Eroico ecco pronte e servite quelle che potrebbero diventare le Cascate del Niagara delle bottigliate, le esplosioni di scult più grandi dell'universo conosciuto e non, i momenti più agghiaccianti per ogni appassionato di Cinema: insomma, il peggio degli Oscar di tutti i tempi, secondo i due blogger peggio assortiti della rete.

It’s Oscar week, bitches. Prosegue il viaggio di Cannibal Kid e di Mr. James Ford alla scoperta del meglio e del peggio dei premi più importanti e prestigiosi assegnati dal mondo del cinema, subito dopo gli Oscar Cannibali.
Ieri abbiamo visto quelle che sono state le poche, pochissime, decisoni oculate fatte dall’Academy Awards e oggi passiamo al secondo capitolo. Quello che fa arrabbiare di più ma è anche, diciamolo pure, più divertente: il peggio!
Cominciamo vedendo quali sono state le 5 decisioni più scandalose nel corso della storia degli Oscar secondo il personale (e molto discutibile) giudizio di Mr. Ford.
Cannibal Kid

"Yawn, che noia quando parla Ford!"
1) Kramer contro Kramer batte Apocalypse now (1980)
Mr. James Ford Personalmente non me la sento di avercela particolarmente con il buon film diretto da Robert Benton, eppure il mancato premio al Capolavoro di Coppola - uno dei pochi film che mette d'accordo me e il Cannibale - è un affronto pari a quello di Kubrick mai riconosciuto dall'Academy.
Un vero e proprio schiaffo in faccia al Cinema, che con l'epopea in Vietnam ispirata a Cuore di tenebra ha scritto una delle pagine più grandiose e potenti della sua Storia.
Altro non c'è da dire: basta ripensare ad una scena qualsiasi di quella pellicola gigantesca.
Cannibal Kid Partiamo bene. Non sono ironico, per una volta nella vita.
E se io per una volta rinuncio all’ironia, tu Ford mi fai il favore di evitare il tuo solito tono saccente da professorino?
Kramer contro Kramer l’ho visto parecchio tempo fa e mi era sembrata una robina, paragonato poi alla straordinaria Apocalisse secondo Coppola non c’è storia. Ford che ha fatto una scelta non scandalosa?
Mi sa che l’Apocalyse sta davvero per arrivare. Now.

"Sai che Ford considera scandaloso il nostro Oscar?"
"Ah sì? Allora penso la farò finita. Comunque chi è sto Ford?"
2) Gente comune batte Toro scatenato e The elephant man (1981)
JF Altro giro, altro regalo.
Pensando di non aver oltraggiato abbastanza il Cinema l'anno precedente, l'Academy rincara la dose premiando un film discreto ma assolutamente nella norma ignorando due dei più grandi punti di riferimento degli ultimi trent'anni di settima arte: il Toro scatenato di Scorsese - il biopic dei biopic - e il visionario, poetico, straziante The elephant man di David Lynch, ancora oggi una delle vette della sua produzione.
Una decisione che eclissa tante altre discutibili scelte più recenti non fosse altro che a svantaggio non dico di una, ma bensì di due pietre miliari.
Se devo pensare alle bottigliate, mi basta tornare con la mente a quest'annata.
Kid Gente comune sinceramente non l’ho visto e nemmeno ci tengo a correre a recuperarlo.
Quindi questa volta sto sulla fiducia con Ford e credo difficilmente possa risultare superiore a Toro scatenato, film girato alla grande da Scorsese ma che comunque come ho già detto nella precedente Blog War a livello emotivo non mi ha coinvolto più di tanto, e soprattutto al grande The Elephant Man di David “genio superiore persino a Cannibal” Lynch. Pure di questo film però avevamo parlato giusto nell’ultima Blog War biografica, quindi Ford potevi essere un minimo originale e scegliere qualche altro titolo… Originale e Ford nella stessa frase? Scusate, cari lettori, ho sbagliato io a chiedere tanto!
JF Mi pareva strano che ti lasciassi andare a troppi complimenti nella stessa Blog War.
Del resto, se avessi continuato ad elogiarmi spudoratamente in quel modo, avrei cominciato a sentire puzza di bruciato.
Come dici? E' il tipico odore emesso dal Cucciolo Eroico messo allo spiedo dai bruti come il sottoscritto?

"Le parole di Ford sono come una pugnalata al cuore.
Ma comunque, chi diavolo è questo Ford???"
3) Shakespeare in love batte La sottile linea rossa (1999)
JF Avete letto bene.
Shakespeare in love batte La sottile linea rossa.
Vi giuro, non vi siete sbagliati.
Shakespeare in love batte La sottile linea rossa.
Non ridete, è proprio vero.
Shakesperare in love batte La sottile linea rossa.
Kid Pure qui sono a grande sorpresa d’accordo. Ma tranquillo, Little Miss Ford, sto scaldando i motori per le tue ultime due (discutibilissime) decisioni!
Shakespeare in Love a me è sembrato davvero un filmetto, una commediola per nulla divertente, una vera e propria farsa. Nel senso negativo del termine. La sottile linea rossa è invece un film enorme, il mio film bellico preferito insieme ad Apocalypse Now, nonché il capolavoro numero 2 di Terrence Malick soltanto perché il primo in assoluto è il capolavoro supremo The Tree of Life.
E un fan di Malick che schifa The Tree of Life è come un fan dei Radiohead che schifa Ok Computer. Ovvero: non è un vero fan dei Radiohead. E tu, Ford, non sei un vero malickiano. Accontentati di essere uno stalloniano. O al limite uno stalliere…
JF Nella stalla mando te insieme al War Horse di Spielberg, e magari anche al tuo amico Malick, che forse tornando a mettere le mani nella merda rischia di ricordarsi quali sono e da dove vengono i suoi veri Capolavori, come Badlands.
Detto questo, La sottile linea rossa non si discute, e per una volta siamo d'accordo.



"Ooh! Qualcuno pensa davvero che siamo da Oscar?"
4) Shrek batte Monsters&Co. (2002)
JF Posso dare atto al primo film della fortunata serie dedicata all'orco più famoso dell'animazione di essere il migliore dei quattro, ma qui si trovava al cospetto con quello che, forse, è il Capolavoro indiscusso dei geniacci Pixar, una vera e propria opera d'arte in grado di unire semplicità e tradizione ad un impatto visivo, una regia ed un ritmo da urlo.
Niente citazioni di altri film o personaggi da cabaret: qui si trattava di un vero e proprio filmone che si sarebbe meritato a mani basse anche la nomination come miglior film in assoluto.
Evidentemente i signori giurati dell'Academy riescono a capire di Cinema anche meno del mio antagonista Cannibale: forse, dopo essersi rimpinzati da McDonald a suon di Happy meal, i suddetti hanno clamorosamente sbagliato ad utilizzare le orecchie di plastica di Shrek mettendosele sugli occhi invece che usarle come cerchietto.
Kid E qui, scusa tanto, lo scandalo dove sarebbe??????????????????????
Per una volta agli Oscar hanno premiato un film che può piacere o non piacere, ma è di certo originale e ha segnato indiscutibilmente il cinema d’animazione (e non solo) successivo. Anche e soprattutto quello della Pixar, che senza Shrek non si sarebbe forse mai decisa a fare film adulti come Wall-E (il suo vero capolavoro) e ad abbandonare le bambinate alla Monsters & Co. che tanto entusiasmano Baby Ford Cucciolo non eroico.
Oscar quindi strameritato e lo dico io che di Shrek non sono nemmeno un fanatico. Infatti ho visto solo i primi due e gli altri episodi, gatto degli stivali dei miei coglioni compreso, me li sono risparmiati.
Con Shrek l’animazione è diventata finalmente ironica e grande, lasciandosi alle spalle i filmini ruffiani per bebè della Disney. Con buona pace di Monster Ford & Co.
JF Ecco la misura del sapere cinematografico cannibalesco: metti un film finto cattivo con qualche citazione presa qui e là - ma senza i Classici, dove sarebbero tutti questi film costruiti sul citazionismo? E ci metto anche Tarantino, tiè! - ed ecco un film apparentemente originale.
Invece è come dire Coca e Rum invece di Rum e Coca.
Dall'altra parte, invece, abbiamo un Capolavoro di ritmo, ironia, genialità - la sequenza delle porte è arte allo stato puro - e poesia.
Ma certo, ci sono inseguimenti. E Cannibal i film con gli inseguimenti non li guarda. Così imparano quei bruti della Pixar.
E poi sono io quello con i pregiudizi!
Kid Al contrario dei tuoi, i miei sono giudizi non pregiudizi (ti devo spiegare la differenza con un disegnino?): i film con gli inseguimenti li guardo e, come in questo caso, se mi fanno pena lo dico. Poi ci sono anche ottime scene di inseguimento, come quelle di The Town o del mitico Matrix, mentre in roba come Monsters & Co. sono inserite solo per allungare il minutaggio di un film che altrimenti sarebbe durato quanto un corto. E come corto, avrebbe anche fatto la sua porca figura.

"Chissà perché non m'hanno premiato..."
5) Sean Penn batte Mickey Rourke per Milk rispetto a The wrestler (2009)
JF Una delle statuette che più mi ha fatto incazzare negli ultimi anni.
Penn, ottimo attore già peraltro premiato per Mystic river qualche anno prima, grazie al teorema Winslet - interpreta una vittima dei campi di concentramento, un disabile o un outsider sociale e verrai premiato - ruba a mani basse una statuetta che aveva già il nome di Mickey Rourke inciso a caratteri cubitali in ogni dove grazie ad un'interpretazione sentita e clamorosamente autobiografica come quella del magnifico The wrestler, per inciso uno dei tre film da "losers" made in Usa più grandi di tutti i tempi insieme a Una storia vera di David Lynch e Million dollar baby di Clint Eastwood.
Roba da sbatacchiare al tappeto tutta l'Academy e finirla con un Ram Jam d'eccezione: lo stesso che attende il mio rivale da troppo tempo.
Sei pronto, Cannibale? Come si sta al tappeto?
Kid Capisco che si possa preferire l’interpretazione di Mickey Rourke a quella di Sean Penn.
Io personalmente preferisco quella di Penn, però si può capire una preferenza per Rourke, ok.
Però anche qui: dove sta lo scandalo???
Ha vinto un grande, grandissimo attore, come Sean Penn. Qui magari non alla sua migliore interpretazione in assoluto, ma comunque in un’ottima performance con cui ha portato sullo schermo insieme a Gus Van Sant una storia e un personaggio coraggiosi e importanti, lontanissimi dalle soliti ruffianate da Oscar.
"Enzo Miccio a chi, cara Little Miss Ford?"
Mickey Rourke in The Wrestler è bravo, ma con Darren Aronofsky d’altra parte è tutto più facile: forse riuscirebbe a far recitare anche te, Ford, nella parte di un credibile blogger di cinema ahahahah!
Legittimo preferire la sua interpretazione, per carità, però i veri scandali degli Oscar sono ben altri, non certo dare un premio al mitico Sean Penn. Ma che t’ha fatto di male, Ford, che tra questo e il suo Into the Wild ce l’hai sempre con lui? Sei geloso perché ha girato Mystic River e quindi passato del tempo con il tuo Clint? Ma guarda che in Milk recitava, e a quanto pare l’ha fatto davvero bene, ma a lui Clint non interessa in “quel” modo…
JF Lo scandalo sta nel veder premiato Sean Penn perchè agita le braccia in maniera scomposta neanche fosse Enzo Miccio al posto dell'interpretazione di una vita di un attore sempre troppo sottovalutato.
Tra l'altro, considerato il momento, mi pare molto più ruffiano l'Oscar per l'interpretazione di un personaggio importante come Milk che ormai rappresenta lo standard dell'amico gay di tutti noi rispetto a quella di un wrestler di mezza età preda di droga, doping e chi più ne ha più ne metta.
In quel caso, premiare Penn è stato come premiare la solita Meryl Cannibal Streep.


Adesso è la volta delle 5 decisioni più sbagliate nella storia degli Oscar secondo Cannibal Kid.

"Stupido è, chi l'Oscar a Forrest Gump dà"
1. Forrest Gump batte Pulp Fiction (1995)
Kid Saranno anche passati 17 anni, ma questa ancora non mi è andata giù. E mentre Ford si trova a dover digerire con grande fatica le continue sconfitte da me inflitte nel corso di queste Blog Wars, io non riesco a digerire il fatto che il carino ma ruffianissimo Forrest Gump abbia vinto l’Oscar di miglior film superando il capolavoro assoluto, geniale, rivoluzionario Pulp Fiction di Quentin Tarantino. I due film “non stanno neanche sullo stesso campo da gioco, cazzo,” come direbbe Jules di Pulp Fiction, cosa che direbbe anche a proposito delle Blog War, con l’agile Cannibal troppo di un altro livello rispetto al paralitico Ford.
Ma d’altra parte, cosa mi stupisco troppo? La vita sarà anche uguale a una scatola di cioccolatini, ma agli Oscar sai già quello che ti capita: il film paraculo ha (quasi) sempre la meglio.
E se hai qualcosa da ribattere, è meglio se corri Fordest Gump, corri!
JF Niente da eccepire. Forrest Gump, per quanto carino, sta decisamente su un altro pianeta rispetto all'enorme Pulp fiction, che il mio coetaneo Clint aveva saggiamente premiato a Cannes con la Palma d'oro l'anno precedente.
La soddisfazione di quella vittoria rende decisamente meno amara la scelta della giuria dell'Academy, anche se posso capire la rabbia del piccolo Kid, un fanciullo completamente in balia dei suoi sbalzi d'umore che il buon Mr. Ford deve correre a tirare fuori dai guai ogni volta che ci finisce. In fondo, risolvo i suoi problemi.
Kid Il piccolo Kid sarò io, però certo che tu tra Monsters & Co., Babe e altra robetta da poppante varia mi fai una bella concorrenza, cucciolo di babbuino Ford!

"Nessun Oscar a Kubrick? Cos'è, una barzelletta di Ford? eheh"
2. Nessun Oscar a Stanley Kubrick
Kid Chi è il più grande regista della Storia?
A chiunque tu faccia questa domanda, diciamo che un 9 volte su 10 la risposta sarà: Stanley Kubrick.
1 volta su 10 sarà invece il Ford di turno che risponde: Sylvester Stallone. Però il Ford di turno non fa testo.
E allora com’è che il più grande regista di tutti i tempi non è mai stato premiato con un Oscar, né per il miglior film né per la miglior regia, con i suoi capolavori che solo occasionalmente hanno ricevuto statuette minori, come 2001: Odissea nello Spazio premiato solo per gli effetti speciali?
Un mistero che solo quel branco di ubriaconi da white russian degli Oscar sanno (forse) spiegare.
Un mistero un po’ come il fatto che Mr. Ford abbia aperto un blog che parla di cinema e non di uncinetto o lavoro a maglia, o al limite di wrestling, campi in cui probabilmente ne capisce di più…
JF Nonostante le continue battaglie sul quadrato e i numerosi white russian sulle spalle, resto anche io allibito all'idea che il più grande dei grandi non sia mai stato riconosciuto dall'Academy neppure con un premio alla regia - non dico di esagerare con il miglior film, ma suvvia! -: Orizzonti di gloria, il Dottor Stranamore, Arancia meccanica, 2001, Shining, Barry Lyndon, Full metal jacket, Eyes wide shut.
Titoli che parlano da soli.
E forse - ma dico forse - riuscirebbero anche a fare ammutolire il Cannibale.
Dunque, perchè non l'Academy?

"Non ci posso credere!"
Neanche noi, caro Cuba, neanche noi...
3. Attori scandalosi premiati con l’Oscar (con riferimento particolare a Cuba Gooding Jr., Angelina Jolie, Adrien Brody, Nicolas Cage e Roberto Benigni che ha battuto Edward Norton!)
Kid Attori bravi premiati dagli Oscar? Capita, parlavo giusto ieri di Natalie Portman, Heath Ledger e Christian Bale. Purtroppo però tante volte capita invece che la statuetta più ambita vada ad attori incapaci e a cagne maledette.
Vogliamo parlare dell’Oscar a Cuba Gooding Jr. per Jerry Maguire? Un attore davvero pessimo che non a caso è finito ben presto a recitare in pellicole di serie Z come Boat Trip, Norbit, Il campeggio dei papà o roba chiamata Devil’s Tomb - A caccia del diavolo. Pessimeanche le decisioni di dare un premio che non sia un Razzie Award ad Adrien Brody, l’odioso terribile Adrien Brody, per Il pianista e a Nicolas Cage, che invece nemmeno mi sta antipatico, per Via da Las Vegas. Per carità, sono tra le interpretazioni migliori della loro carriera, però sono stati e rimangono attori davvero davvero modesti. E pure molesti.
"Questa non è l'unica cosa che ho dovuto succbaciare
per riuscire a vincerlo..."
Tra le cagne maledette, scandaloso l’Oscar ad Angelina Jolie per Ragazze interrotte, film in cui semmai brillava la grande e rimpianta Brittany Murphy. Ma davvero hanno dato un Oscar alla Jolie, l’attrice che giusto pochi mesi prima era stata scartata dal film Jolly Blu, dove le avevano preferito Alessia Merz??? Vi rendete conto? Hanno dato un Oscar a una che recita peggio di Alessia Merz. Solo l’Academy poteva fare una vaccata del genere, credo nemmeno Ford potrebbe arrivare a tanto!
Altro scandalo attoriale: Roberto Benigni negli Usa non lo conoscevano e così quando hanno visto La vita è bella la sua performance dev’essere sembrata assurda, pazzesca, fuori dagli schemi. Quando l’hanno visto camminare sulle poltrone alla consegna di premiazione, si sono però resi conto che nel film non recitava. Lui è proprio così, sempre. E, per quanto possa far piacere vedere il “nostro” Roberto premiato, spero che quelli dell’Academy si siano pentiti almeno un pochino di non aver dato l’Oscar a Edward Norton per American History X. Quella davvero una prova di recitazione gigantesca.
Se hanno vinto un Oscar i tizi citati qui sopra, a questo punto Ford mi sa che c’è una possibilità pure per il tuo amato Jean-Claude Van Damme. E forse pure per me e per te…
JF Secondo me, Cannibale, noi faremmo una figura migliore di Benigni che cammina sulle poltrone, della Jolie che cammina sulle sue labbra e del parrucchino di Nicolas Cage che cammina su Nicolas Cage.
Qui niente da dire. Per una volta, concordo in pieno.





Photoshop non c'entra: è successo per davvero...
4. Noiosissimi film pseudo-storici stra-premiati (con riferimento particolare a Braveheart, Il paziente inglese, Shakespeare in Love, Il discorso del re, Via col vento, Balla coi lupi…)
Kid Ci sono due cose che fanno andare in brodo di giuggiole i votanti dell’Academy Awards.
Ford e Cannibal?
Purtroppo per noi, no. Sto parlando invece dei film con dei “casi umani”, e in questo caso Forrest Gump ne è l’esempio perfetto, e poi dei film storici. Le grandi storione storiche o più meno storiche, con rivisitazioni libere per non dire immaginarie del vero corso degli eventi, come quelle di Braveheart o Shakespeare in Love, passando per amori fordiani come Via col vento e Balla coi lupi, arrivano fino a lagne assolute come il recente Il discorso del re e il film forse più noioso di tutti i tempi: Il paziente inglese.
Non è che solo perché un film è ambientato nel passato debba per forza essere ricoperto da Oscar. Così come Ford solo perché è una persona ambientata nel passato, non è che lo si debba rispettare come si fa con i vecchi, pardon con gli anziani. Quindi, non fatevi problemi e insultatelo pure!
Fuck you very much, Ford!
JF Come al solito il mio antagonista fa di tutta l'erba un fascio, mescolando schifezze subnormali come Il discorso del re e Il paziente inglese a Capolavori come Via col vento ed epopee splendide come Balla coi lupi.
Del resto, che volete farci? Lui è giovane ed impulsivo, bisogna accettarlo così com'è.
Come dite? Quest'anno sono trenta anche per lui?
Forse allora questa del Kid è solo una truffa! Ahahahahahaha!
Kid Cannibal Kid è un marchio, anzi una fonte di eterna giovinezza, come i Beastie Boys o i Sonic Youth. I 30 per me sono i nuovi 20, mentre i tuoi 30 sono i nuovi 80 uahahahah!
JF 80 sono quasi tre volte 30, quindi direi che Ford è quasi tre volte Cannibal. Cannibal uno, Ford trino! Ahahahahahah!

"Aspetta Carey, è salito Ford. Lo sistemo un attimo e poi sono subito da te."
5. Ryan Gosling e Drive ignorati (2012)
Kid Scandalo fresco di quest’anno. I più grandi film dell’annata 2011 universalmente riconosciuti sono stati The Tree of Life, Melancholia e Drive. Se il primo è riuscito a guadagnarsi qualche nomination (ma è difficile che vinca nelle categorie più importanti), Melancholia si è dovuto accontentare di trionfare agli European Film Awards mentre è stato ignorato del tutto dall’Academy. E non nominare Kirsten Dunst, la cui intepretazione è di gran lunga superiore a quella di tutte le Meryl Streep Thatcher dei miei coglioni, è davvero un atto terroristico.
Drive ha invece avuto una misera nomination contentino, manco per la colonna sonora ma solo per il montaggio sonoro… E Ryan Gosling, attore dell’anno, strepitoso sia in Drive che ne Le idi di marzo? Niente nemmeno a lui.
Le nomination di quest’anno sono quindi state davvero scandalose, roba da farmi quasi rivalutare i Ford Awards.
Naaaah, Drive a parte, pure quelli facevano parecchio schifo! Ahahahaha
JF E per la seconda volta, guido accanto al mio antagonista schiantando come birilli da bowling a tavoletta tutti i membri della già citata Giuria dell'Academy, che non solo ignora il film dell'anno - Drive, mica robetta come The tree of life e Melancholia -, ma anche l'attore dell'anno, un Gosling lanciatissimo verso vette che il Cannibale si può soltanto immaginare - o vedere riflesse nelle imprese fordiane -.
Per il secondo anno di seguito, dunque, l'Academy è riuscita a farmi un torto, negando la nomination, dopo Inception, anche a Drive, rispettivamente i due film dell'anno ai Ford Awards 2010 e 2011.
Qualcosa mi dice che dovrò preparare una bella scorta di bottigliate da distribuire dritte sulla testa dura di qualcun'altro che non sia il Cannibale.
Ma di lui non mi dimentico, tranquilli: in fondo si tratta del bersaglio principe dei miei colpi più selvaggi!

giovedì 31 marzo 2011

Solitario nella notte va, se lo incontri gran paura fa…

Quarta fermata nel folle mondo di Aronofsky, dopo π - Il teorema del delirio, Requiem for a Dream e The Fountain - L'albero della vita.

The Wrestler
(USA 2008)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Robert D. Siegel
Cast: Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis, Todd Barry, Wass Stevens, Judah Friedlander, Ernest Miller
Genere: power-ballad
Se ti piace guarda anche: The Fighter, Rocky Balboa, 8 Mile, Million Dollar Baby

Aronofsky goes mainstream? Il regista mette da parte per una volta ossessioni personali ed eccessi visivi e preferisce rimanere concentrato sulla storia. Per fortuna, fare un film “normale” non è comunque affar suo e quindi pur realizzando il suo lavoro più lineare e meno visionario, Aronofsky si inventa un modo suo per rendere comunque l’insieme il più indigesto possibile al pubblico di massa e agli Oscar. Per notare la differenza con una storia simile ma realizzata in maniera più tradizionale basti vedere The Fighter, altro progetto cui Aronofsky avrebbe dovuto partecipare, preferendo alla fine la storia più disperata e meno alla Rocky di questo The Wrestler.

Il regista prende la sua macchina da presa, si trasferisce a vivere alle spalle del protagonista e lo segue ovunque con le sue tanto amate riprese a mano, un vero marchio di fabbrica di Aronofsky. A rendere la pellicola ancora più fisica e viscerale è la scena di un violentissimo incontro di wrestling, ben più sanguinoso e cronenberghiano di quanto si sia mai visto nei patinati match WWE di John Cena, lontani anni luce dalle palestre di serie B qui narrate.
La storia del Randy “The Ram”, interpretato da un Mickey Rourke quasi autobiografico e ancora alive and kicking, è la più semplice finora narrata da Aronofsky, ma rifugge in tutto e per tutto le solite trappole del genere sportivo/riscatto sociale. Questa non è la bella vicenda di una rivincita come nel sopra citato The Fighter, bensì una storia girata con stile (quasi) documentaristico che è uno sprofondare progressivo fino alla caduta (oppure no?) finale, in maniera analoga a quanto capita ai malcapitati di Requiem for a Dream e alla Nina del successivo Il cigno nero. Insomma, al regista non interessa tanto la classica parabola ascesa e declino, ma solo il declino. Che poi è la parte più avvincente, quindi perché perdere tempo a parlare anche dell’ascesa come fanno tanti altri?

Come al solito con il regista newyorkese, l’interpretazione del film non è comunque univoca, ma assolutamente libera. The Ram può essere infatti visto come un idolo assoluto (forse da Mr. Ford?), mentre per quanto mi riguarda è un tizio ancorato al passato che non si è accorto che gli 80s sono finiti da un pezzo, una versione squattrinata dei bolliti Hulk Hogan e Ozzy Osbourne “ammirati” nei rispettivi reality di Mtv “Hogan Knows Best” e “The Osbournes”, uno di quelli che se ne escono con deliri che lasciano il tempo che trovano come: “Gli anni Ottanta sì che erano forti, poi è arrivato quel frocetto di Kurt Cobain e ha rovinato tutto”. Una frase che la dice lunga su un uomo incapace di andare avanti e che vive nel mito di un “glorioso” passato fatto di hair-metal band che mai tornerà (per fortuna). Perché gli anni ’80 sono stati pieni di roba grandiosa, ma non di certo quella rimpianta da The Ram.

E così questa è la power-ballad rock del regista, l’unica finora di una carriera più incentrata su una sperimentazione che in musica trova analogie con Radiohead e Aphex Twin. Da fuoriclasse quale è se l’è cavata in maniera eccellente, ma la dimensione che più gli è congeniale resta tutt’altra. Stavolta è rimasto a guardare dal di fuori, senza entrare dentro lo specchio come ha poi fatto con la ballerina Nina. La mia impressione è che questo film sia stato vissuto in maniera personale più da Mickey Rourke che non da Aronofsky, qui in viaggio in trasferta per una volta non dietro ai suoi di trip mentali, ma dentro quelli di un altro.
(voto 7/8)

Accoglienza: Leone d’Oro a Venezia 2008, è probabilmente il film di Aronofsky che ha ricevuto le recensioni migliori dalla critica, sicuramente comunque quello che ha generato meno odio nei suoi confronti. Nomination agli Oscar per Mickey Rourke e per Marisa Tomei in versione stripper (ingiustamente ignorata invece l'ottima Evan Rachel Wood). Golden Globe come miglior protagonista a Rourke e come miglior canzone originale a “The Wrestler” di Bruce Springsteen.
Box-office USA: $ 26 milioni

sabato 5 febbraio 2011

Akeira Kurosawa Knightley balla la Domino dancing

Domino
(USA 2005)
Regia: Tony Scott
Sceneggiatura: Richard Kelly
Cast: Keira Knightley, Mickey Rourke, Edgar Ramirez, Lucy Liu, Mo’nique, Brian Austin Green, Ian Ziering, Delroy Lindo, Christopher Walken, Jacqueline Bisset, Mena Suvari, Macy Gray, Peter Jacobson, Tom Waits
Genere: cacciatori di taglie
Se ti piace guarda anche: Crank, I mercenari, The Losers, Smokin’ Aces, Natural Born Killers

Trama semiseria
La vera storia, magari appena un filo romanzata, di Domino Harvey modella e… cacciatrice di taglie, scomparsa per overdose proprio nell’anno di uscita del film. Sotto interrogatorio con Lucy Liu, Domino ripercorre la strana vicenda che l’ha portata dalle passerelle glamour all’andare in giro alla ricerca di brutti ceffi insieme a Mickey Rourke. Sempre meglio che sfilare insieme a Naomi “miss simpatia” Campbell e a Carlà “mi credo la regina di Francia” Bruni.

Recensione cannibale
Non avevo mai visto Domino. Perché? Non so perché. Per una serie di coincidenze che nemmeno Raz Degan dall’alto della sua saggezza spiccia saprebbe spiegare: al cinema l’avevo mancato, da Blockbuster c’era sempre un film che all’ultimo gli passava davanti, è andato persino in tv ma era troppo tardi oppure lo perdevo per un soffio. Poi è arrivata l’epoca dei film facili con Internet, me lo sono scaricato ma ancora giaceva lì in un angolino dell’hard-disk spaesato come un bimbetto al primo giorno d’asilo. Tutto questo nonostante una sceneggiatura firmata dal mio eroe personale Richard Kelly, il paparino di Donnie Darko. E nonostante questo non avevo mai visto Domino. Perché? Non so perché.

Preso bene da un trip favorevole nei confronti di Keira Knightley dopo la visione di Non lasciarmi, mi sono allora deciso infine a vederlo. Non è che mi abbia cambiato la vita e non sono nemmeno da lontano raggiunti i livelli di spettacolarità di un Crank, però è un film dannatamente fico. E Keira offre un’intepretazione davvero sorprendente. E con la storia della modella coinvolta in traffici assurdi sembra di stare quasi dentro Glamorama di Bret Easton Ellis, ma a livelli per quanto fighi, non così fighi. E ha anche il merito di aver rilanciato la carriera (e la vita) di Mickey Rourke (insieme a Spun e a Sin City) persino prima di The Wrestler. E Richard Kelly c’ha messo il suo zampino infarcendo una storia action non troppo originale con una serie di riferimenti e citazioni pop molto anni Ottanta che danno alla pellicola quel tocco in più. E ci sono Brian Austin Green e Ian Ziering ovvero David Silver e Steve Sanders di Beverly Hills 90210 nella molto ironica parte di loro stessi. E direi che così è già abbastanza.
Certo, la fotografia ipersatura, il montaggio più serrato delle gambe di Taylor Swift e la regia dopata e pompata di Tony Scott ogni tanto rischiano di far venire il mal di mare (una durata inferiore alle 2 ore avrebbe giovato), però danno pure loro un onesto contributo alla figosità del tutto. Perché è di questo che si tratta. Un film più di apparenza che di sostanza in cui si segnala soprattutto una Akeira Kurosawa Knightley più cazzuta di sette samurai messi insieme.
Un film che non vi cambierà la vita, ma vi renderà più fighi.
Forse.
(voto 6,5)

martedì 30 novembre 2010

Bret Easton Ellis e gli anni 80 che non finiscono mai che non finiscono mai che non finiscono

Bret Easton Ellis “Imperial Bedrooms”
(romanzo)
Genere: Ellis, what else?

Bret Easton Ellis gioca a fare il Patrick Bateman della situazione. Come il serial-killer uscito dalla sua mente malata torna sulla scena del crimine e 25 anni dopo il suo primo romanzo “Meno di zero” ci ripropone gli stessi giovani superficiali personaggi che oggi sono ancora più superficiali ma non sono più tanto giovani. L’impressione è però che questo sia solo un pretesto per parlare di se stesso: Bret ritorna a narrare con la voce di Clay, il protagonista del suo esordio ora diventato uno sceneggiatore di Hollywood, ma il confine tra Clay (l’apparente protagonista del libro) e Bret (il vero protagonista del libro) è infatti davvero sottile. A tratti forse inesistente.

Se nel precedente “Lunar Park” lo scrittore aveva il coraggio di mettersi in gioco in prima persona come personaggio del suo stesso romanzo, qui lo fa sotto mentite spoglie, ma neanche più di tanto visto che si parla di un romanzista finito a scrivere sceneggiature a Hollywood, come quella per “The Informers” (vedi sotto) cui Ellis stava veramente lavorando mentre scriveva questo “Imperial Bedrooms”. E allora il colpo azzeccato di questo romanzo è riuscire, ancora una volta, a cogliere in pieno lo spirito dei tempi.

Ellis l’aveva fatto alla perfezione con “Meno di zero” e “Le regole dell’attrazione” negli 80s, fotografando meglio di chiunque altro una Mtv Generation svuotata di ideali e di sentimenti che passa il suo tempo a scopare e cazzeggiare in giro tra un videoclip musicale e l’altro.
E “American Psycho” cos’altro era se non la metafora di come gli yuppie stessero uccidendo la società umana, cosa che tra l’altro stanno facendo ancora oggi, vedi alla voce crisi economica?
Negli anni 90 Ellis ci ha regalato giusto un “Glamorama” che tra alternative rock e modelli terroristi anche in questo caso caso riusciva a rendere bene un periodo segnato dall’indecisione tra forma e sostanza, tra apparenza e contenuti, tra glamour e drama.
Con “Lunar Park” Ellis ci ha quindi regalato un perfetto spaccato dell’America post 11 settembre, camuffato da thriller-horror ambientato nel periodo di Halloween (e tra l’altro parecchio riuscito anche in questo senso) e per la prima volta lo scrittore si è allontanato dalle patinate realtà di L.A. e New York per andarsi a sprofondare nei sobborghi della provincia americana, in un’inedita versione desperate housebret.

“Imperial Bedrooms” resetta però quella (poca) umanità svelata nel lavoro precedente. Nel suo essere totalmente svuotato di sentimenti ed emozioni è talmente disarmante che quasi si comincia a pensare che persino l’Ellis degli anni 80 fosse un sentimentalone al confronto. Eppure anche questa volta fa centro, per quanto sia finora il suo romanzo meno riuscito, dando una immagine tragicamente realistica della società attuale e mischiando fiction e realtà come nei telegiornali che vediamo tutti i giorni. A tratti Ellis spinge a fondo sul pedale della cronica dipendenza da alcool & droghe, della violenza, della prostituzione minorile (Silvio ti fischiano le orecchie??), ma niente ormai ci può più sconvolgere, niente ci può più toccare, niente ci può più dare emozioni.

Certo, va anche detto che non tutto funziona in questa camere da letto imperiali e l’impressione di trovarci di fronte a un esercizio di stile, per quanto splendidamente scritto, è spesso dietro l’angolino. A volte si ha persino l’impressione che Bret ci voglia prendere per il culo proponendoci un’autoparodia di se stesso. L’intreccio thriller/complottistico che sta alla base del pretesto narrativo è poi piuttosto deboluccio e non all’altezza di “Glamorama”, quasi ci trovassimo in un film di serie B di quelli cui Ellis ora lavora per arrotondare lo stipendio.

La sensazione però è che quella noir non sia la vera storia che Bret ci vuole raccontare. Ciò che ci vuole raccontare davvero è il nostro mondo e la nostra vita di oggi, arrivando a una semplice tragica conclusione: siamo fottuti.
(voto 7)


The Informers
(USA 2008)
Regia: Gregor Jordan
Sceneggiatura: Bret Easton Ellis, Nicholas Jarecki
Cast: Jon Foster, Amber Heard, Austin Nichols, Billy Bob Thornton, Kim Basinger, Mickey Rourke, Winona Ryder, Mel Raido, Chris Isaak, Brad Renfro, Lou Taylor Pucci, Rhys Ifans, Cameron Goodman
Genere: revival 80s
Links: IMDb, mymovies
Se ti piace guarda anche: Le regole dell’attrazione, Al di là di tutti i limiti, American Psycho, The Wrestler, Magnolia, Crash - Contatto fisico

“The Informers” è un film tratto dalla raccolta di racconti adolescenziali di Bret Easton Ellis uscita in Italia con il fantasioso titolo “Acqua dal sole”. Lo stesso Ellis qui in versione sceneggiatore è partito da quelle storie sconnesse per cercare di costruire un film mosaico alla Magnolia ambientato nella Los Angeles anni Ottanta.
La pellicola è riuscita in parte: l’attacco funziona alla grande, tra sesso, droga, scintillante musica Eighties ed edonistico male di vivere. It’s Bret Easton Ellis, bitch. I personaggi sono i soliti bastardi ellissiani con i Ray-Ban Wayfarer perennemente su, zombie tanto belli fuori quanto vuoti dentro, impegnati in varie storie più o meno collegate tra loro: un triangolo sessuale tra amici, una coppia di genitori in crisi, una rockstar sul viale del tramonto che ancora va a letto con ragazzine/ragazzini, un padre e un figlio che vanno a fare una vacanza insieme alle Hawaii, un tizio che rapisce un ragazzino (quest’ultima è la storia più sconnessa dal resto e poteva tranquillamente essere lasciata fuori).

Memorabile la scena del funerale di uno dei ragazzi, in cui viene suonata la straniante “Shadows of the night” di Pet Benatar e il rinfresco post-cerimonia è un sushi bar, mentre gli i suoi “amici” commentano:

“Non possiamo farci niente. È successo, fine. Bisogna passare oltre.”
“Ha ragione, è roba di una settimana fa.”

La cornice è impeccabile, eppure non si riesce a rendere del tutto in immagini (come avviene nel capolavoro di Roger Avary “Le regole dell’attrazione”) la cattiveria e l’ironia delle parole di Ellis impresse su carta, anche perché il materiale di partenza non è già tra le cose migliori dell’autore. Il regista Gregor Jordan è comunque in splendida forma visiva e il cast sfodera alcune star come Billy Bob Thornton, Winona Ryder, il cantante Chris Isaak (quello di “Wicked Game”), Brad Renfro alla sua ultima prova (l’attore è morto di overdose il 15 gennaio 2008), due icone 80s come Kim Basinger e Mickey Rourke (ma i loro personaggi non si incontrano mai, quindi non aspettatevi un rendez-vous alla 9 settimane e ½); a spiccare prepotente in tutto il suo splendore è però soprattutto la giovane Amber Heard, meravigliosa creatura che sembra uscita direttamente dalla penna di Ellis.

Ai “babbani” ignari di Ellis sembrerà una pellicola superficiale e sconnessa, senza alcun senso e forse è veramente così. Ma per gli appassionati dello scrittore americano, “The Informers” è un bel tuffo dentro il suo mondo, dentro i suoi personaggi, dentro un grande vuoto esistenziale che negli ultimi 30 anni anziché colmarsi non ha fatto altro che ingigantirsi. Sono gli anni 80 che non hanno mai fine. È il nulla che avanza.
(voto 6/7)

martedì 7 settembre 2010

Sly & the family (The Expendables)

The Expendables – I mercenari
(USA 2010)
Regia: Sylvester Stallone
Cast: Sylvester Stallone, Jason Statham, Jet Li, Mickey Rourke, Dolph Lundgren, Eric Roberts, David Zayas, Giselle Itié, Terry Crews, Charisma Carpenter, Randy Couture, Steve Austin, Bruce Willis, Arnold Schwarzenegger
Links: imdb, mymovies
Trovate il film nei cinema o QUI

“Non crediamo più a un cazzo di niente, ormai. È sparito tutto come sparirà questo disegno. Il colore sbiadirà fino a scomparire.”

Stallone non ha voluto fare un film action. Stallone ha voluto fare l’apoteosi del film action e per farlo ha chiamato a raccolta tutti i suoi amici più cazzuti nel cinema di genere dagli anni Ottanta ad oggi. E così in questo Rat Pack dei muscolosi tatuati, in questo dream team dei picchiaduro, in questo The Avengers di supereroi senza super-poteri ma con tante super-armi, sfilano uno fianco all’altro Sly stesso (poteva mica autoescludersi?), il mio nuovo idolo action Jason Statham (grandioso in Crank e ottimo pure in The Transporter, seppure il film non sia un granché), Dolph Lundgren in versione cattivo ma non troppo che prova a spiezzare in due il magrolino Jet Li (il suo personaggio è probabilmente quello meno convincente, Sly l’avrà messo in mezzo giusto per strizzare gli occhi a mandorla del pubblico orientale), il gigante nero Terry Crews, protagonista di spettacolose e cruentissime carneficine, più brevi apparizioni di Bruce Willis (il mio action hero preferito, tra quelli della old school) e il nemicoamico Arnold Schwarzenegger (insieme li vedrei bene in un remake al testosterone di Nemicheamiche al posto di Julia Roberts e Susan Sarandon).
Splendido poi il dialogo nostalgico sui valori di una volta che sono andati perduti tra Stallone e quello bravo della compagnia a recitare, Mickey Rourke (non proprio un action hero, ma un tamarro sicuramente sì!). Ad arricchire il cast converse all star ci pensano poi Eric Roberts, sempre perfetto nella parte del cattivone, una tipa latina che sembra Belen Rodriguez (purtroppo leggermente più cessa, ma per fortuna almeno non ha portato con sé quell’altro zarro di Corona), David Zayas (il mitico detective Angel Batista di Dexter) e Charisma Carpenter (l’ancor più mitica Cordelia di Buffy).

Chiuso il lunghissimo capitolo cast, passiamo al film. Stallone is back in town e procede nel suo personale percorso nostalgia che sta caratterizzando quest’ultima fase della sua carriera; dopo i revival di Rocky e Rambo si rispresenta adesso con una pellicola che se fosse saltata fuori da un archivio degli anni Ottanta nessuno se ne sarebbe stupito. Trama ridotta all’essenziale ma comunque non scema, con persino qualche riferimento politico (un capo di stato alla Fidel Castro, la corruzione all’interno della CIA) e un messaggio forte (chi fa violenza contro le donne alla fine la paga moooolto cara!).
Le scene d’azione sono poi incredibilmente ben girate e coinvolgenti, di molto all’insopra della media del genere e questo per un buon action che si rispetti è un elemento fondamentale. I “glorious basterds” arruolati da mascella storta Stallone si fanno davvero il culo come ai bei vecchi tempi e si torna a sentire l’odore del sangue nei combattimenti (e pure un po’ di puzza di sudore), mica come nelle asettiche guerre ipertecnologizzate e ricche di effetti speciali ma zero cojones viste nella saga di Transformers o in Avatar.

Considerato il buon successo ottenuto dalla pellicola, Sly starebbe già pensando a un sequel. Chissà non possano rientrare nel cast alcuni tamarri assenti illustri al primo giro: Vin Diesel, Robert Downey Jr., Jean Claude Van Damme (come suggerisce Mr. Ford) e soprattutto lui, Chuck Norris.
(voto 6/7)

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