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domenica 7 giugno 2015

DIRTY GIRL, JUNO TEMPLE È UNA RAGAZZA (S)PORCA





Dirty Girl
(USA 2010)
Regia: Abe Sylvia
Sceneggiatura: Abe Sylvia
Cast: Juno Temple, Jeremy Dozier, Milla Jovovich, Dwight Yoakam, Mary Steenburgen, Jonathan Slavin, William H. Macy, Nicholas D’Agosto, Melissa Manchester
Genere: 80s
Se ti piace guarda anche: I ragazzi stanno bene, Easy Girl

Ragioni per vedere questo film?
Juno Temple.
Devo anche stare a scrivere un’intera recensione per convincervi a guardarlo? Non vi bastano le parole: Juno Temple?
L’avete visto Killer Joe?
Avete visto Juno Temple in Killer Joe?
Avete davvero bisogno di ulteriori parole?
E allora ve le do’: Juno Temple qui è pure una zoccola, una dirty girl, una ragazza (s)porca.
Dopo che vi ho detto ciò, non siete ancora corsi a vederlo?
Avete proprio bisogno di una recensione?
Facciamola, a questo punto, visto che siete proprio incontentabili e pure rompiscatole.

sabato 6 settembre 2014

FESTIVAL DI VENEZIA 2014: VINCITORI E RED PORCHET





Anche quest’anno non sono stato a Venezia. Il motivo?
Sto ancora aspettando che qualche prestigiosa testata mi chiami come suo inviato alla Mostra. Anzi, va bene pure se non è prestigiosa. Basta che mi paghi vitto e alloggio in Laguna e per me si può fare. In attesa che questo capiti, vi lascio con il mio breve commento sulla kermesse. Per quel che può valere e credo sia molto poco visto che non ero presente all’evento e non ho visto nessun film in concorso.
Da lontano, le impressioni generali che mi sono arrivate parlano di un livello cinematografico medio-buono, ma non del tutto esaltante. Il cinema italiano pare abbia fatto la sua buona figura e negli ultimi tempi è una cosa che capita sempre più spesso a dimostrazione di come, dietro le commedie commerciali con i comici dello Zelig, qualcosina dalle nostre parti si sta muovendo.
A mancare a quest’edizione del Festival di Venezia mi pare sia invece stato il glamour, i divi che fanno sognare (Belen non può essere davvero considerata una diva), i film-evento e pure le polemiche. Basti dire che il film-scandalo dell’edizione è stato Nymphomaniac di Lars von Trier, che ormai era già stato presentato ovunque, dal Festival di Berlino al MiSex di Milano.
Un’edizione un po’ sottotono, così pare almeno vista a chilometri di distanza, ma a cui sarebbe stato comunque bello partecipare. Un’edizione che attraverso la giuria presieduta dal compositore Alexandre Desplat questa sera ha prodotto i suoi verdetti finali, con cui vi lascio, insieme all’immancabile red porchet.
Quanto ai premi, non avendo visto i film non so se siano giusti, però sono contento per quello di miglior attore andato ad Adam Driver, mitico nella serie tv Girls. Molto meno per quello di miglior attrice finito all'odiosa Alba Rohrwacher, entrambi per lo stesso film, Hungry Hearts dell'italiano Saverio Costanzo.

Guarda là, Adam. Cannibal Kid sta per sparare uno dei suoi soliti attacchi contro di me."
"Scusa se te lo dico, Alba, però fa solo bene!"

Infine, complimenti allo svedese Roy Andersson per essersi portato a casa il premio più importante, il Leone d'Oro al miglior film, con il suo A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence.
Grande sconfitto invece Birdman di Alejandro González Iñárritu. Evidentemente il leone ha preferito papparsi il piccione svedese piuttosto che l'uomo-uccello messicano.


I PREMI DI VENEZIA 2014

Leone d'Oro al miglior film: A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence di Roy Andersson

Leone d'Argento per la regia: Andrei Konchalovski (The Postman's White Nights)

Gran Premio della Giuria: The Look of Silence

Premio Speciale della Giuria: Sivas

Coppa Volpi per il miglior attore: Adam Driver (Hungry Hearts)

Colpi Volpi per la miglior attrice: Alba Rohrwacher (Hungry Hearts)

Premio Osella per la miglior sceneggiatura: Tales (Ghesseha)

Premio Marcello Mastroianni: Romain Paul (Le dernier coup de marteau)


IL RED PORCHET DI VENEZIA 2014

Emma Stone
Bella e brava.
Manca solo una cosa: foto di lei nuda non ne sono ancora uscite?
(voto 8/10)

James Franco
Terrificante il suo nuovo look da pelatone con baffo.
James, anzi Franco, che hai fatto?
(voto 3/10)

Luca Zingaretti
Hey, ha copiato il look a James Franco…
Ah no, lui era già così anche prima.
(voto 3/10)

P.S. Ma chi diavolo sta salutando?

Milla Jovovich
Milla Jovovich futura mamma sul red carpet con il pancione.
Pancione?
E questo lo chiama un pancione?
(voto 6/10)

Al Pacino
Così così il look da tamarro americano in vacanza in Italia, ma lui è Al Pacino ed è figo comunque.
(voto 7+/10)

January Jones
Agli Emmy era più figa.
Però è pur sempre figa.
(voto 7/10)

Luisa Ranieri
La madrina di questo Festival. Scelta per il suo notevole fascino terrone mediterraneo.
(voto 6,5/10)

Isabella Ragonese
Niente male. Proprio niente male. E' anche così che si tiene in alto il nome del cinema italiano.
(voto 7+/10)

Isabella Ferrari
C’è poco da fare. Gli anni passano, ma lei resta sempre la MILF numero 1 del nostro cinema.
(voto 7/10)

Alba Rohrwacher
Per me è no. No. E ancora no.
(voto 1/10)

Alexandra Daddario + Ashley Greene
Sì, va beh, alla presentazione di Burying the Ex di Joe Dante con loro c’era anche quel fortunello di Anton Yelchin, ma lui non ha molta importanza.
Per Alexandra & Ashley novantadue minuti di applausi.
(voto 9/10)

Belen Rodriguez + Stefano De Martino
Perché erano presenti al Festival del Cinema di Venezia? Per caso per presentare un film?
Giammai!
Belen era lì per promuovere una nuova catena di di saloni di estetica…
Non ho capito quale sia il legame tra loro e il cinema, in ogni caso sul red carpet si sono scambiati baci parecchio infuocati. E prendetevi una stanza!
(voto 7/10 per il loro affiatamento, voto 0/10 per la loro connessione con il mondo del cinema)

Giorgio Napolitano
Pensavate non ci fosse nessuno a Venezia che con il cinema c’azzecca ancor meno di Belen e del maritino?
Sbagliato. Eccolo qui: Giorgio Napolitano.
(voto 0/10)

domenica 6 ottobre 2013

LA VITA E’ UN SOGNO O I SOGNI AIUTANO A VIVERE MEGLIO?




"L'autoscatto lo facevamo anche nei 70s prima dei social network, bitches!"
La vita è un sogno
(USA 1993)
Titolo originale: Dazed and Confused
Regia: Richard Linklater
Sceneggiatura: Richard Linklater
Cast: Jason London, Adam Goldberg, Marissa Ribisi, Anthony Rapp, Shawn Andrews, Milla Jovovich, Ben Affleck, Matthew McConaughey, Rory Cochrane, Wiley Wiggins, Cole Hauser, Christine Harnos, Jeremy Fox, Esteban Powell, Parker Posey, Nicky Katt
Genere: generazionale
Se ti piace guarda anche: That ‘70s Show, SubUrbia, Breakfast Club

La teoria dei decenni
Anni ’50: la noia
Anni ’60: il rock
e Anni ’70, Dio mio, direi proprio che hanno rotto le palle.
E forse gli Anni ’80 saranno una ficata, chi lo sa?
Pensateci, noi avremo 20 anni e non potrà andare peggio.
Cynthia Dunn (Marissa Ribisi), La vita è un sogno

La vita è un sogno è un film generazionale. Un film epocale. Non nel senso che sia poi così memorabile, ma nel senso che è il ritratto di una precisa epoca. È un film del 1993 ambientato nel 1976 che fotografa degli anni ’70 ancora molto freakettoni, appena prima della rivoluzione punk e dell'avvento della Disco. Non c’è però più traccia dei fantasmi del Vietnam o dei movimenti civili e sociali degli anni ’60. La vita è un sogno è puro divertimento e leggerezza. Qui sta il bello del film, così come sta anche il suo limite. È come un American Graffiti della generazione successiva, gli manca solo lo stesso spessore, lo stesso sguardo malinconico.

La vita è un sogno è un film cazzone. Non è che sia proprio una commedia goliardica come Animal House, Porky’s o American Pie, ma poco ci manca, più che altro perché rispetto a questi è meno, molto meno esplicito da un punto di vista sessuale.
La vita è un sogno è la cronaca dell’ultimo giorno di scuola dell’estate 1976 in un liceo americano. L’ultimo giorno e la relativa lunga nottata, che procede fino all’alba. E cosa succede? Soprattutto scherzi e ripicche tra senior e matricole, qualche amorucolo che spunta qua e là, ma niente di troppo travolgente, qualche nuova amicizia e tanto, tanto cazzeggio. Più tante canne. La vita è un sogno potremmo vederlo come il capostipite dei film “fumati” che tanto vanno per la maggiore in questi anni. La Maria è diventata una delle protagoniste principali nelle comedy di ultima generazione, in particolare quelle prodotte da Judd Apatow. Strafumati può bastarvi, come esempio?
A parte questo, non succede davvero niente di che. Ed è anche qui che sta il fascino misterioso della pellicola, diventata negli anni un autentico cult, soprattutto negli Stati Uniti, e che però a me ha deluso un pochino. Speravo diventasse anche un mio nuovo cult personale, come altri film ambientati nei favolosi 70s da Il giardino delle vergini suicide ad Amabili resti, e invece niente. È una pellicola che riesce a trascinare nella notte di questo gruppo di ragazzetti, eppure non riesce a lasciare una traccia indelebile nel cuore e negli occhi. Almeno, non nei miei.

A dirigere questa notte dopo gli esami c’è Richard Linklater, autore di quell’altro super cult di Prima dell’alba, un film che ha generato ben due sequel (Prima del tramonto e l’imminente Before Midnight), cosa che, insomma, per una pellicola romantica indie non è che si veda molto spesso, e poi ha girato anche il divertente School of Rock, che sembrava dover lanciare Jack Black come nuovo King of comedy e invece niente, più due originali pellicole animate come Waking Life e A Scanner Darkly.
Un Richard Linklater qui ancora pareccho acerbo alle prese con un ritratto generazionale, esperimento che ripeterà con risultati analoghi in SubUrbia, pellicola questa volta incentrata sulla generazione degli anni ’90, anche questa abbastanza riuscita ma non del tutto e quindi non ho ancora capito quanto mi piaccia come regista questo discontinuo e mutante Linklater.

Se ve lo stavate domandando, La vita è un sogno ha una colonna sonora super 70s, naturalmente. C’è molto rock e hard-rock tra Aerosmith, Kiss, Black Sabbath, ZZ Top, Sweet, Runaways, etc., e qualche scelta appare un pochino scontata: ad esempio “School’s Out” di Alice Cooper che parte quando suona l’ultima campanella dell’anno? Andiamo, così è troppo facile!
Il pezzo che invece rimane incollato in testa al termine della visione è “Slow Ride” dei Foghat. A mancare è però quella canzone da brividi con cui identificare l’intera pellicola. Un difetto mica da poco per un presunto cult generazionale, echeccacchio.

Il futuro pezzo grosso di Hollywood Ben Affleck
Convincente solo a tratti pure il cast. I protagonisti principali di questo quadro corale non sono un granché: il quarterback Jason London è davvero poca roba e infatti la sua carriera è finita peggio di quella del fratello gemello Jeremy London, uno che in curriculum vanta al massimo Settimo Cielo, cristo Santo. Pure altri attori del cast che nei primi 90s sembravano dover spaccare il mondo, poi chi l’ha mai più visti? Il qui esordiente Wiley Wiggins è sparito nel nulla, così come la bionda Joey Lauren Adams, il nerd Anthony Rapp (comparso giusto in Road Trip) o Marissa Ribisi, nota per essere la sorella gemella (pure lei?) del più noto ma non poi così noto Giovanni Ribisi. Quanto a Milla Jovovich, è stata ed è tutt'ora sempre meglio come modella che come attrice…
I migliori del cast sono invece rilegati in un angolino: c’è un Ben Affleck in versione pezzo di merda che va a caccia di matricole, una strepitosa Parker Posey in versione cheerleader e soprattutto lui, il futuro divo delle romcom e anche futuro Killer Joe, al secolo Matthew McConaughey (spero di averlo scritto giusto che il suo cognome non lo azzecco mai), al suo primo piccolo ma idolesco ruolo cinematografico di un certo rilievo. È lui il personaggio top di un film che per poter essere un cult, un cult vero, è un po’ lacunoso dal punto di vista di personaggi davvero fenomenali, così come anche di battute realmente memorabili, di quelle da appuntarsi sulla Smemo, a parte la frase con cui ho aperto il post.

A ciò aggiungiamo un’altra cosa. Un difetto presente unicamente nella versione italiana. La vita è un sogno da noi è uscito con un titolo che non si può proprio vedere. L’originale è Dazed and Confused, titolo di una canzone di Jake Holmes resa nota dai Led Zeppelin, mentre La vita è un sogno non ha davvero senso alcuno. A meno che non gliel’abbia dato Gigi Marzullo.
(voto 6,5/10)

Post pubblicato anche su L'OraBlù, accompagnato da questo nuovo superfatto minimal poster.


domenica 8 aprile 2012

Il senso di Milla per le facce

Faces in the Crowd - Frammenti di un omicidio
(USA, Francia, Canada 2011)
Regia: Julien Magnat
Cast: Milla Jovovich, Julian McMahon, Sarah Wayne Callies, Marianne Faithfull, Valentina Vargas, David Atrakchi, Michael Shanks, Adam Harrington, Sandrine Holt
Genere: thrilla
Se ti piace guarda anche: Occhi nelle tenebre, Octane, Final Destination, Red Eye, Prigione di vetro
Uscito in Italia direttamente in DVD

Non mi piace Milla Jovovich.
GAAAAAAAY
Specifico: non è che non me la farei. Però non mi fa impazzire.
OMOSESSUAAAAAAAAALE
Oh, che vi devo dire? Non mi sta sulle palle come ad esempio una Angelina Jolie, è solo che boh, non so, non mi sconfinfera. Non mi fa scattare la scintilla.
QQQQQQQQQ+
"Com'è che a noi 2 ci fanno recitare sempre con degli zombie?
Staranno mica insinuando qualcosa sulla nostra recitazione?"
Vabbè, comunque: volete continuare a parlare di figa oppure parliamo di cinema?
FIIIIIIIIIIIIIIIGA

Ok. In questo film oltre alla Milla c’è pure Sarah Wayne Callies. In irriconoscibile versione imparrucata. Pure la Sarah Wayne non mi sconfinferava molto, ai tempi di Prison Break. Adesso però in versione MILF di The Walking Dead mi ispira parecchio sesso, sebbene o forse proprio perché il suo personaggio all’interno della serie sia a dir poco odioso. Odioso del tipo che finisci per tifare per gli zombie!
Come sia o come non sia, la Sarah Wayne in questo film comunque appare in un piccolo piccolo ruolo e vi dico solo di non affezionarvi troppo al suo personaggio...
Vogliamo poi parlare dell’interpretazione della Jovovich?
Avete presente tutti i peggiori pregiudizi nei confronti delle modelle che non dovrebbero fare le attrici? Beh, a vedere questo film, come non dare ragione a quei pregiudizi?
Ora possiamo parlare di cinema?
NOOOOOOOOOOOO

"Mi sento più sicura sulla metro di Milano
...e l'ultima volta sono pure stata stuprata!"
Ok, allora parliamo della solita discutibile scelta del titolo nostrano.
C’era già il film di Michael Mann: Manhunter - Frammenti di un omicidio.
Adesso pure a questo Faces in the Crowd i titolisti italiani hanno fatto la plastica facciale e l’hanno trasformato in Faces in the Crowd - Frammenti di un omicidio.
Tra un po’ arriveranno a intitolare pure l’ultimo film di Winnie the Pooh come Winnie the Pooh - Frammenti di un omicidio.
Adesso parliamo di cinema? Tanto non è che sia proprio cinema impegnato. Non è che si discuta sui massimi sistemi…
ALLORA OOOOOOOOOOKAY

Faces in the Crowd è un thrillerino che scorre via tranquillo, una perfetta visione notturna per scivolare senza troppi patemi dalla veglia al mondo dei sogni. Una pellicola guardabile ma per nulla memorabile. Fate voi se può fare al caso vostro.
La trama in breve: la protagonista Milla vede un losco figuro mentre stupra e uccide una sventurata. Non è la sua prima vittima. Si tratta di un pazzo già ricercato dalla pula. Il maniaco strupratore si accorge di Milla per il solito cazzo di cellulare che squilla (trovata credo mai usata in un film o in una serie tv negli ultimi anni) e la insegue. Milla con il suo fisico da atleta riesce a sfuggire, però cade giù da un ponte e batte la testa.
SFIGAAAAAATA

"ChristianTroy! Hai messo su peso, neh?"
"Tu Milla invece sempre bulimica, neh?"
Quando si sveglia, sembra ok. Tranne per un piccolo, minuscolo dettaglio: non riconosce le facce delle persone. Ogni volta che gira lo sguardo vede un volto differente, anche delle persone a lei più vicine. E tra i mille volti che Milla e noi spettatori intravediamo nella folla del cast della pellicola, ci sono anche quelli di Julian McMahon, il grandissimo Dr. Troy di Nip/Tuck, e di Marianne Faithfull, grandissima cantante ma soprattutto grandissima groupie, negli ultimi tempi riciclatasi in maniera riuscita al cinema, tra una Marie Antoinette e una Irina Palm.
Ma oltre ai volti degli altri, Milla non riconosce più nemmeno se stessa. Quando guarda lo specchio, dall’altra parte vede qualcuno sempre diverso. Una patologia medica parecchio rara che sprigiona un effetto cinematografico potenzialmente notevolissimo.
Si può solo immaginare cosa avrebbe prodotto uno spunto del genere in mano a un David Lynch o a un Darren Aronofsky. Di certo una figata pazzesca.
Il più difettoso (che soffra della stessa patologia della Jovovich nel film?) occhio del francese Julien Magnat, già regista di Bloody Mallory (?!), offre uno spettacolo invece decisamente meno notevole. C’è qualche visione qua e là, qualche apparizione, qualche volto modificato dal trucco, ma si poteva fare molto di più da un punto di vista cinematografico. Da uno spunto del genere si sarebbe potuto realizzare un thriller davvero memorabile.

Invece si finisce a guardarlo come Milla Jovovich guarda i volti delle persone nel film: li vede, ma non li riconosce. Lo stesso vale per questo thriller confondibile con tanti altri, su tutti Occhi nelle tenebre con Madeleine Stowe, mooolto simile a questo.
Poteva essere un thrillerone. Invece è solo uno dei tanti film tra la folla.
(voto 6-/10)

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