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mercoledì 25 gennaio 2012

Black Mirror: specchio riflesso, se ti muovi sei un fesso

Black Mirror
(mini-serie in 3 episodi)
Rete britannica: Channel 4
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Charlie Brooker
Genere: folgorante
Se ti piace guarda anche: Dead Set, Misfits, V per Vendetta, Attack the Block, The Fades

Non avevo capito subito a cosa si riferisse il titolo di questa serie.
Black Mirror.
Cazzo vuol dire?
Alla seconda puntata ci sono arrivato: Black Mirror è un riflesso della nostra società, un riflesso oscuro, estremo, che ci dice non dove siamo arrivati, ma dove potremmo arrivare nel giro di poco, pochissimo tempo.
Black Mirror è una mini-serie britannica di appena tre puntate ed è composta da tre storie l’una indipendente dall’altra. Tre episodi che potete gustarvi come tre mini-film singoli ed è quindi consigliata anche a quegli snob che di solito le serie tv le snobbano.
Innanzitutto ringrazio infinitamente Lorenzo del blog Dandy’s per averla gentilmente posta alla mia attenzione, e per seconda cosa vorrei parlarvi di questa serie senza svelarvi troppi dettagli sulle trame. Perché questa serie va gustata senza saperne molto, come uno shock che ti sorprende e ti lascia senza fiato.

Il creatore di Black Mirror è Charlie Brooker, proprio quello di Dead Set, la serie con gli zombie (ben prima di The Walking Dead) che irrompevano al Grande Fratello britannico. Uno spunto geniale che si sviluppava presentando risvolti televisivi ma soprattutto sociali molto dissacranti e che però come difetto non sembrava ancora del tutto compiuta. Qui Brooker ha invece compiuto il passo successivo e la sua riflessione sul presente raggiungono una decisa maturità. Non solo una serie di idee di partenza geniali (vedere gli episodi per capire ciò di cui sto parlando), ma anche uno sviluppo del tutto compiuto, soprattutto nei primi due episodi, in grado non solo di dissacrare, bensì portare alle estreme conseguenze la società mediatica in cui viviamo oggi.

Episodio 1
The National Anthem
Scritto da: Charlie Brooker
Cast: Rory Kinnear, Lindsay Duncan, Donald Sumpter, Lydia Wilson

Il primo episodio The National Anthem è stato definito “una contorta parabola per l’era di Twitter” (fonte Wikipedia) ed è davvero così, però è pure qualcosa in più. Un thriller (quasi horror a tratti) adrenalinico come negli ultimi tempi raramente mi è capitato di vedere, e parlo anche di pellicole cinematografiche e non solo di serie televisive, oltre che una riflessione tanto ironica quanto profonda sulle contraddizioni dell’epoca in cui viviamo. Media, terrorismo, politica, casa reale inglese, maiali! Dentro c’è tutto questo e molto di più.
L'episodio tra l'altro contiene il momento WTF supremo.
(voto primo episodio: 8+)

Episodio 2
Fifteen Million Merits
Scritto da: Charlie Brooker, Konnie Hug
Cast: Daniel Kaluuya, Jessica Brown Findlay, Rupert Everett, Julia Davis, Paul Popplewell

Il secondo episodio Fifteen Million Merits è un’altra mazzata e a livello emotivo è persino ancora più coinvolgente. Rispetto al primo è del tutto diverso il contesto, più futuristico, eppure è in grado di riflettere pure questo in maniera distorta, ma solo leggermente distorta, il nostro mondo. Questa volta a essere presi di mira sono una società inutilmente ed eccessivamente consumista, volta al continuo accumulo di oggetti del tutto innecessari ma di cui ormai non possiamo vivere senza. Applicazioni e beni cui possiamo accedere grazie al touch screen ma che allo stesso tempo ci allontanano sempre di più dalla realtà, la vera realtà, e ci rendono automi senz’anima. Dei vuoti contenitori di contenuti inesistenti. Tra app e talent-show, ne viene fuori una sorta di Orwell per la Twitter generation. Azzo, Wikipedia ne sa davvero una più del diavolo!
Protagonista è uno strepitoso Daniel Kaluuya, già mio idolo personale per l’altra spettacolosa serie UK The Fades e che qui offre una performance potentissima da Oscar, o almeno da BAFTA, e poi ci sono anche la gnoccolosa Jessica Brown Findlay spedita nel futuro dal passato di Downton Abbey e un (quasi) irriconoscibile Rupert Everett nella parte del giurato televisivo bastardo alla Simon Cowell.
(voto secondo episodio: 8,5)

Episodio 3
The Entire History of You
Scritto da: Jesse Armstrong
Cast: Toby Kebbell, Jodie Whittaker, Tom Cullen, Amy Beth Hayes, Rebekah Staton, Rhashan Stone

Il terzo episodio The Entire History of You è l’anello un pochino più debole della (pregiatissima) collana, in cui si fa sentire un pochino la mancanza di Charlie Brooker in fase di sceneggiatura. Cosa che significa che ci troviamo comunque di fronte a un prodotto superiore alla stragrande maggioranza di ciò che si vede in tv, nel mondo, in UK e ancor più in Italia. Lo spunto di partenza è geniale (quasi) quanto quello degli altri due episodi, incentrato com’è su una sorta di software che permette a ogni persona di rivivere e rivedere anche su schermo in qualunque momento momenti della sua vita passata. Il Grande Fratello portato alle estreme conseguenze in cui i protagonisti siamo noi stessi. Grande idea di partenza, ma svolgimento leggermente inferiore agli altri due episodi, con la storia che si concentra soprattutto sulla relazione di una coppia e su un tradimento (presunto o immaginario?). Cast pure qui di giovani star british emergenti, con Toby Kebbell (nel cast dello spielberghiano War Horse) e Jodie Whittaker, la bionda di Attack the Block.
(voto terzo episodio: 7,5)

Black Mirror è una serie che dimostra come la televisione, quella ben fatta (ebbene sì, esiste!), è davvero capace di riflettere la società e far riflettere sulla società attuale con una rapidità di esecuzione che per forza di cose altri mezzi come il cinema non possiedono.
Il consiglio è quindi uno e trino: guardatevi questi 3 episodi, anzi questi 3 piccoli (ma solo per la durata, tra i 50 e i 60 minuti l’uno) film e non rompete il cazzo che le serie televisive non le guardate. Ogni puntata racconta una storia diversa e non legata alle altre, eppure il quadro che ne viene fuori è una fotografia impietosa, ironica e reale del domani. E con domani intendo proprio il domani domani, non tra 10 o 20 anni. E anziché fotografia sarebbe meglio parlare di riflesso. Quello dello specchio nero in cui questa serie ci costringe a guardare. Uno spettacolo divertente e straniante, proprio quanto una visita alle giostre nella casa degli specchi.

sabato 15 ottobre 2011

Mildred Piercing

Mildred Pierce
(mini-serie in 5 parti)
Rete americana: HBO
Rete italiana: Sky Cinema 1 HD (dal 14 ottobre)
Regia: Todd Haynes
Cast: Kate Winslet, Guy Pearce, Evan Rachel Wood, Morgan Turner, Melissa Leo, Bryan F. O'Byrne, Mara Winningham, Hope Davis, Quinn McColgan
Genere: melò
Se ti piace guarda anche: Lontano dal Paradiso, Little Children, Revolutionary Road, Mad Men, Boardwalk Empire, The Hour

"Mother, where's father?"

Mildred Pierce è una mini-serie HBO che ha conquistato qualcosa come 21 nomination agli ultimi Emmy Awards, i premi più importanti della tv americana. Si potrà dire che queste cerimonie di premiazione hanno un’importanza relativa, come gli Oscar o, per rimanere a un ambito più vicino al nostro mondo, i Macchianera Awards, che ad esempio presentavano tra i nominati per il miglior sito cinematografico anche il mio blog. Cosa valgono quindi i premi e le nomination?
Forse niente, visto che io il Macchianera non me lo sono aggiudicato, se però questa serie di candidature ne ha avute 21 (ma di premi se n’è portati a casa “appena” 5), magari significa che proprio alla cazzo di cane non è stato fatta. E infatti Mildred Pierce è una di quelle visioni più che consigliate sia agli appassionati di tv di qualità che di cinema, e anche a quegli snobboni che di solito le mini-serie le snobbano, visto che è stata presentata pure fuori concorso all’ultimo Festival di Venezia. Dite che anche il film di Ezio Greggio è stato presentato a Venezia? Va bene, allora anche Venezia non conta più niente, però vi posso comunque assicurare che questa serie con Ezio Greggio in 3D non ha proprio nulla a che vedere.

In cinque puntate da un’ora l’una, una mastodontica Kate Winslet riesce a farci entrare del tutto nel suo sfaccettato personaggio, quello di una casalinga come tante, desperate ante litteram visto che la storia è ambientata negli anni ’30. Una donna che dopo la separazione dal marito adultero deve reinventarsi una vita e - udite, udite! - cominciare a lavorare, cosa che prima mai aveva fatto, in modo da poter mantenere le due adorate figliolette. Chiamatela Kate Pierce, o Mildred Winslet, tanto l’identificazione tra attrice e personaggio è totale, chiamatela come volete ma fatto sta che si trova un lavoro come cameriera in una tavola calda. La cosa non sta però per niente bene alla figlia maggiore Veda, una ragazzina straviziata e dai modi di fare molto altezzosi ed egocentrici, dovuti alla sua consapevolezza di avere un qualche talento dentro sé da tirar fuori, sebbene non sappia (ancora) quale sia. E quando tirerà fuori questo talento, saranno cazzi per tutti. Un personaggio totalmente cannibale in cui, sebbene solo in parte, mi sono ritrovato e che mi ha fatto capire perché alle volte io possa risultare davvero odioso ad alcune persone, ad esempio al mio blogger rivale Mr. James Ford
Nei panni di Veda troviamo prima Morgan Turner, una giovanissima attrice rivelazione da tenere assolutamente d’occhio, e quindi negli anni dell’adolescenza negli ultimi 2 episodi c'è l’ottima e sempre splendida Evan Rachel Wood. Sono proprio i personaggi di Mildred, madre amorevole e premurosa, e di Veda, figlia ingrata e stronza, a creare uno scontro di tensione drammaturgica sopraffina. Sicuramente sono due dei personaggi femminili (e non solo) più memorabili della stagione.

Ma Mildred Pierce la mini-serie (tratta dall’omonimo romanzo di James M. Cain già diventato un film nel 1945 con Joan Crawford) non è solo questo; l’ambientazione nell’America degli anni ’30, quelli della Grande Depressione e della crisi economica, riportano infatti direttamente al presente. Ma va? Eh sì, la Grande Depressione 2.0 che viviamo oggi è stretta parente di quel periodo e la storia di Mildred è quella di una donna indipendente, fragile e forte allo stesso tempo, che con le sue sole forze riesce a farcela. Ma l’American Dream è lontano, le ombre sono sempre ben presenti sulla sua vita e non ci troviamo in un inno ai valori del self made man, o in questo specifico caso della self made woman. Questo è un melodramma, un melodrammone d’altri tempi, quindi state pronti alle emozioni forti.

Nel cast davvero super figurano anche il premio Oscar (per The Wrestler) Melissa Leo e un Guy Pearce (non Pierce) che mai mi aveva convinto così tanto (forse nemmeno in Memento), grazie alla parte del “boy toy” superficiale e so bohemian like you che vivrà una spigolosa relazione con la nostra protagonista Mildred Winslet. E poi, quasi lo dimenticavo, il regista: Todd Haynes, già autore del mio favorito Velvet Goldmine, dell’eccessivamente bobdylaniano Io non sono qui e di Lontano dal Paradiso, che sarà anche lontano dal Paradiso ma come atmosfere e stile è molto vicino a questa sua nuova produzione per la tv.

E pensare che la prima parte non mi aveva nemmeno convinto del tutto, visto che non capivo bene dove questa mini-serie volesse andare a parare. La prima puntata infatti ci introduce nel mondo di Mildred con toni più o meno da commedia, mentre la forza maggiore di questa produzione sono le scene drammatiche. E il finale della seconda parte è qualcosa in grado di gelare il sangue anche al più freddo insensibile figlio di puttana del mondo. Da lì in poi la mini-serie me la sono bevuta in un sorso, quasi come se fosse una super-mastodontica pellicola da 5 ore.
Alla faccia della nuova Grande Depressione, la produzione televisiva americana finché sforna cose del genere sembra proprio non conoscere crisi. Attenzione: ho parlato di produzione televisiva americana, per quanto riguarda la produzione di fiction italiane invece… no comment, ché se dico ciò che penso potrebbe arrivare il Vasco di turno e farmi chiudere il blog.
(voto 8/10)


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