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venerdì 17 luglio 2015

Ted 2, lettera aperta a Seth MacFarlane





Ted 2
(USA 2015)
Regia: Seth MacFarlane
Sceneggiatura: Seth MacFarlane, Wellesley Wild, Alec Surkin
Cast: Mark Wahlberg, Ted, Jessica Barth, Amanda Seyfried, Morgan Freeman, Giovanni Ribisi, Sam J. Jones, John Carroll Lynch, John Slattery, Tom Brady, Jessica Szohr, Jay Leno
Genere: ripetitivo
Se ti piace guarda anche: Ted, I Griffin, The Cleveland Show, American Dad, Un milione di modi per morire nel West

Scrivo questa lettera aperta a Seth MacFarlane direttamente dalla pagina web Pensieri Cannibali, molto nota, almeno tra noi orsetti. Il motivo?
Voglio esprimere tutto il mio dissenso nei confronti dell'immagine che le sue due pellicole Ted 1 e Ted 2 danno di noi orsetti. Non siamo tutti così. Non siamo tutti dei maleducati e dei drogati. Insomma, porca puttana, nel periodo d'oro dell'ero ci facevamo, però adesso alcuni di noi sono puliti o quasi. Non è che passiamo tutto il giorno a farci dei bong cantando Maria Salvador. Di tanto in tanto ci facciamo pure di crack. Caro rimbombamico rinconglionito, se vuoi fare un film su noi orsetti, ti invito quindi a documentarti per bene, prima.

mercoledì 23 luglio 2014

TRANSCENDENCE, LA POCO TRASCENDENTALE FINE DI JOHNNY DEPP





Transcendence
(USA, UK, Cina 2014)
Regia: Wally Pfister
Sceneggiatura: Jack Paglen
Cast: Johnny Depp, Rebecca Hall, Paul Bettany, Cillian Murphy, Kate Mara, Morgan Freeman, Cole Hauser, Clifton Collins Jr., Josh Stewart, Xander Berkeley, Lukas Haas, Cory Hardrict
Genere: ok computer
Se ti piace guarda anche: Lei, Black Mirror, Intelligence, RoboCop, Ghost

Vi siete mai chiesti perché a un certo punto, senza un apparente motivo, la carriera di un buon attore improvvisamente deraglia? Prendiamo per esempio Johnny Depp. Un grandissimo interprete che fino a qualche anno fa era garanzia di qualità. Alta qualità. Quando trovavi lui nel cast, il film era se non altro interessante o, anche nel caso la pellicola non fosse fenomenale, lui riusciva comunque a fare sempre la sua porca figura. Fino a che, un giorno, il nome di Johnny Depp è diventato garanzia di un differente tipo di qualità: la pessima qualità.
Quando succede una cosa del genere, a volte la colpa è dell’attore stesso. Si fanno scelte sbagliate, si invecchia, il talento svanisce, si accetta qualunque tipo di film solo per soldi. Prendete Robert De Niro, giusto per fare un nome a caso, passato da Taxi Driver a Big Wedding. A volte invece non è a causa loro. Se la carriera di Johnny Depp è finita in una spirale discendente in cui non si riesce a vedere una fine non è per colpa sua. Come faccio a saperlo?
Perché è colpa mia.

Qualche tempo fa ho subito un attentato da parte di un gruppo di fondamentalisti cinefili perché sul mio blog Pensieri Cannibali avevo osato parlare male di pellicole altrove inspiegabilmente osannate come Avatar, Gravity e il terrificante Cloud Atlas. Sul letto di morte, un gruppetto di amici nerd mi ha proposto una folle idea per salvarmi. Avrebbero trasportato i miei ricordi, i miei post, i miei pensieri cannibali dentro a un altro corpo e io espressi il desiderio di essere infilato dentro al corpo di Johnny Depp. Poi esalai l’ultimo respiro.

Qualche tempo dopo la mia morte, sono resuscitato e manco sotto forma di zombie. Sono rinato nel corpo di Johnny Depp, proprio come da me richiesto. Non so che fine abbia fatto lo spirito del vero Johnny Depp, fatto sta che io adesso ero lui. Ho così cominciato ad accettare qualunque tipo di film che mi venisse proposto, qualunque porcheruola di pellicola per famiglie. Oh, mi offrivano delle barche di soldi, come facevo a dire di no?
Mandai all’aria anche la mia famiglia. O meglio, la famiglia di Johnny Depp. Ero sposato con Vanessa Paradis e i primi tempi era un vero paradiso stare con lei. Quando però un giorno ha cominciato a farmi delle avance Amber Heard, e dico Amber Heard porco Giuda, ho ceduto. Johnny probabilmente non l’avrebbe fatto. Era un uomo attaccato alla famiglia, responsabile, non avrebbe mai tradito la moglie. Io invece sì. Che mi fregava a me della simpatica famigliola di Depp quando potevo farmi Amber Heard?


"Guarda Morgan, questo blog spiega perché le nostre carriere fanno pena."
"Nel mio caso non è per quello. Nel mio caso è solo colpa dei soldi!"
Per quanto riguarda la mia carriera, mi piovevano addosso sceneggiature da tutte le parti. Molte pessime, ma ce n’era una che non sembrava niente male. Si chiamava Transcendence. Ho iniziato a leggere le prime pagine ed era un soggetto piuttosto intrigante. Parlava di un geniale studioso esperto di intelligenza artificiale che veniva ucciso da dei terroristi, ma il cui cervello veniva fatto rivivere all’interno di un computer. Il genietto si trasformava così in un cyborg mezzo uomo e mezzo computer dotato di un’intelligenza e di una conoscenza pazzesche. A questo punto ho smesso di leggere perché mi pareva una sceneggiatura valida, più delle robette per bambini che Tim Burton e gli altri continuavano a inviarmi, e ho accettato di girarlo. Peccato che il film, dopo una partenza valida, svacchi del tutto e si trasformi in una porcheria clamorosa. Sarebbe stato davvero bello vedere un’idea del genere sviluppata da David Cronenberg, il David Cronenberg dei tempi migliori almeno, prima che pure lui venisse soppiantato da qualcun altro. Invece la pellicola è diretta dall’esordiente per niente promettente Wally Pfister, una specie di Christopher Nolan di serie Z, che ha realizzato una sorta di variante hollywoodiana, prevedibile e senza fantasia di Lei – Her. Una vicenda sci-fi sulla carta valida, trasformata in una robaccia complottista e moralista sui pericoli della tecnologia. Forse avrei dovuto leggerla per intero, la sceneggiatura, prima di decidere di girare questo film.

"Perché non leggo le sceneggiature fino in fondo, prima di accettarle?"

Sono comunque contento di avere preso parte a Transcendence, perché credo rappresenti bene la mia carriera. Un ottimo inizio e poi uno spegnersi progressivo fino ad arrivare a un finale del tutto ridicolo. Sono contento anche perché non è che sia proprio la mia mia, di carriera. È quella di Johnny Depp. E io sono riuscito a sputtanargliela alla grande. Non era mica un’impresa facile. Per farlo ci va del talento, del talento diabolico, e a me quello certo non è mai mancato.
(voto 4,5/10)

sabato 1 febbraio 2014

LAST VEGAS I GAVE YOU MY HEART BUT THE VERY NEXT DAY YOU... DIED




Last Vegas
(USA 2013)
Regia: Jon Turteltaub
Sceneggiatura: Dan Fogelman
Cast: Michael Douglas, Robert De Niro, Morgan Freeman, Kevin Kline, Mary Steenburgen, Michael Ealy, Bre Blair, Joanna Gleason, Jerry Ferrara, Romany Malco, Roger Bart, Andrea Moore
Genere: pensionato
Se ti piace guarda anche: Il grande match, Uomini di parola, Una notte da leoni, Una ragazza a Las Vegas

Last Vegas è un film triste.
Wow! Bel modo di cominciare la recensione di una commedia. Un modo triste per una recensione triste.
Come pellicola drammatica, Last Vegas funzionerebbe alla grande. C’è il conflitto tragico tra due amici che hanno amato per tutta la vita la stessa donna, c’è il tentativo disperato di un padre ormai anziano di emanciparsi dall’asfissiante figlio, c’è il dubbio amletico di un uomo combattuto sul restare fedele alla moglie o tradirla con una bella sgnaccherona nuda che gli si presenta davanti, c’è il dramma di quattro ragazzini arrapati intrappolati in quattro corpi da vecchie mummie decrepite. Quello che ne poteva uscire era un melodrammone da Oscar, anche considerando il cast di prestigio sfoggiato apposta per l’occasione, composto da quattro storici attori che stanno lavorando ora come dannati più ancora che da giovinetti.

C’è Michael Douglas, fresco di meritatissimo Golden Globe per la sua eccellente interpretazione del pianista Liberace in Dietro i candelabri, una delle migliori performance della sua carriera.


C’è Robert De Niro che non sta fermo un attimo e soltanto tra il 2012 e il 2013 è apparso in una decina di pellicole. Okay, la qualità dei prodotti così come delle sue interpretazioni non è proprio all’altezza dei suoi tempi migliori, però se non altro la sua partecipazione a Il lato positivo gli è valsa una nuova candidatura agli Oscar.


C’è Morgan Freeman, uno che in quanto a lavoro è secondo solo a De Niro. Di recente lo si è visto in vari blockbusteroni o aspiranti tali come Oblivion, Now You See Me e Attacco al potere ed è sempre un nome richiestissimo.

Capo d'abbigliamento da NON imitare: il marsupio. E già che ci siete pure tutto il resto di quello che indossano in questo film.

E poi c’è… Kevin Kline.
Chiii?
Lo stilista?
Ah no, quello è Calvin Klein.
Ecco, tra i quattro, lui è quello più sparito dalla circolazione. Non che fosse mai stato sulla cresta dell’onda…


Con un cast composto da 3 grandi divi più un tizio caduto nel dimenticatoio, Last Vegas poteva quindi candidarsi a essere un film drammatico di un certo livello. Così non è. Si accontenta di essere la versione per pensionati di un film adolescenziale/goliardico. Non proprio il massimo, anche perché la pellicola non riesce a raggiungere i livelli della “concorrenza” ggiovane o più o meno ggiovane. Senza andare a scomodare Animal House o Porky's, non riesce a essere estremo e sboccato come un American Pie, si può giusto sognare la follia anarchica di un Project X o di un Fatti, strafatti e strafighe e persino come Una notte da leoni della terza età, che poi era quello il suo obiettivo primario, non è un granché.

"E per il pubblico ggiovane ci sono io, Redfoo degli LMFAO!"
"Ma smettila, che sei più passato di moda te di tutti noi messi insieme!"
Il problema di Last Vegas è quello di apparire smorto. Non morto del tutto e, considerata l’età media dei protagonisti, è già un miracolo, però è comunque davvero deboluccio. In costante bisogno di rianimazione. Un paio di battute giocate sull’anzianità vanno a segno, anche se alcune sembra di averle già appena sentite ne Il grande match, ma in tutto e per tutto si tratta di una pellicola troppo tradizionale, troppo classica, troppo vecchio stile. Una notte da leoni, almeno il primo, possedeva una forza innovativa, un modo differente dal solito di raccontare un addio al celibato, ripercorrendo quanto successo la notte prima soltanto il giorno dopo, il giorno dell’hangover.
In Last Vegas il racconto è invece lineare. Tutto fila liscio e in maniera prevedibile come ci si potrebbe aspettare guardando il trailer e, in un addio al celibato per di più celebrato a Las Vegas, tutto NON deve filare liscio.

Grazie al mestiere dei 4, anzi dei 3 grandi attori protagonisti, la visione del film procede comunque senza troppi sbadigli, ma a compromettere la riuscita del tutto vanno aggiunte varie note negative: ci sono alcuni siparietti (poco) comici da far invidia a un filmaccio degli ultimi tempi dei Vanzina, la colonna sonora suona piuttosto agghiacciante, c'è una regia che più piatta di così si muore e, soprattutto, emerge un buonismo di fondo davvero imbarazzante e fastidioso. Come ne Il grande match. Va bene addolcirsi con il passare degli anni, però qui si supera il limite. Tutte le varie storielle e sotto-storielle, che avrebbero potuto generare dei bei drammoni, si sgonfiano e terminano nell’happy ending più happy che si potrebbe immaginare.
E poi ATTENZIONE SPOILER! nessuno dei protagonisti schiatta.
Cioè, 4 vecchini vanno a fare un addio al celibato a Las Vegas in mezzo a figa, alcool e droghe e nessuno ci rimette le penne e non ha manco un infarto?
Dai, non esiste.
(voto 5/10)

domenica 15 settembre 2013

NOW YOU SEE ME – I MAGHI DI NAPOLI




Now You See Me – I maghi del crimine
(USA, Francia 2013)
Regia: Louis Leterrier
Sceneggiatura: Ed Solomon, Boaz Yakin, Edward Ricourt
Cast: Jesse Eisenberg, Woody Harrelson, Isla Fisher, Dave Franco, Mark Ruffalo, Mélanie Laurent, Morgan Freeman, Michael Caine, Common, Michael Kelly, Stephanie Honore, Conan O’Brien, José Garcia
Genere: ladronesco magico
Se ti piace guarda anche: Red Lights, The Incredible Burt Wonderstone, Ocean’s Eleven, Inside Man,  Tower Heist - Colpo ad alto livello, The Prestige

Macché Merlino.
Macché Maga Magò.
Macché Harry Potter.
I veri maghi non li trovate ad Hogwarts. Basta che vi fate un giro a Napoli, con l’orologio al polso non necessariamente bene in vista e tempo pochi secondi assisterete a una autentica sparizione. Magia!
La tecnica usata può essere quella della “mano lesta”, oppure quella del cosiddetto “pickpocketing”, con cui attraverso l’uso combinato di una parlantina che ti confonde le idee e una serie di movimenti veloci del corpo, chi la usa ti fa sparire l'orologio, così come il portafogli dalle tasche. Qualcuno chiama queste persone ladri, borseggiatori, delinquenti, rapinatori, brutti bastardi!, qualcun altro li chiama maghi, o illusionisti.
Le due “professioni” sono molto affini, in fondo si tratta di ingannare le persone, e allora perché non unirle?

È quanto mettono in atto i Quattro Cavalieri, la super band all-star che raggruppa quattro dei migliori maghetti del mondo:

- L’illusionista Jesse Eisenberg specializzato in ruoli da nerd alla Mark Zuckeberg, qua riesce a compiere il suo numero attoriale più prestigioso, quello di apparire cool, dannatamente cool.

"Vedete questa carta? La vedete bene? Sicuri? Sicuri-sicuri-sicuri?
Bene, la vedo anch'io."

- Il mentalista Simon Baker Woody Harrelson, in grado di entrare nella mente delle persone come gli pare e piace.

"Aspettate un momento, ho una visione: mi vedo mentre passo il pomeriggio in bagno.
Ma mi sa che a suggerirmelo non è una visione, sono i fagioli che ho mangiato a pranzo..."

La fighetta L’escapista Isla Fisher, che però a dirla tutta non è che sia più di tanto utile a livello magico, però una bella fighetta in un gruppo ci va sempre, se non altro per attirare il pubblico maschile.

"Hey, guardatela tutti!"
"Che sta facendo, un numero magico mai visto prima?"
"No, guardatela perché è una bella gnocca."

- Il prestigiatore Dave Franco, alle prime armi sia come mago che come attore, visto che per ora è noto soprattutto per essere il fratellino raccomandato del più noto Mago di Oz, al secolo James Franco. Mica è facile, dover sopportare il continuo confronto con un fratello tanto celebre e celebrato. Anche se pure Oz più che un gran mago è il primo degli imbroglioni...

"Se ce l'ha fatta il bambino scemo di Matrix, lo posso piegare anche io!"

Se come artisti solisti sono bravini ma non eccezionali, unendo le forze i quattro mettono su uno spettacolo a Las Vegas e progettano un numero di magia incredibile o, se preferite, un furto incredibile. Teletrasportano il francese José Garcia (il protagonista del recente Dream Team) nella sua banca in quel di Parigi e fanno comparire i soldi in quel di Las Vegas durante il loro show. E questo non è che l’inizio dei loro piani criminal… pardon magici.

Sulle tracce di questo gruppo di maledetti ladr… maghi si mettono gli agenti Mark Ruffalo e, direttamente dall’Interpol francese, Miss Mélanie Laurent, una basterda che in passato ha già sistemato Hitler e quindi con lei non si scherza minga. A dar loro una mano ci penserà Morgan Freeman, un po’ perché è uno specialista nello smascherare i trucchi degli illusionisti, e un po’ perché non ci può essere una grossa produzione hollywoodiana senza Morgan Freeman. Ma quanti film gira? Che è, magico veramente?

"E il vincitore di X-Factor è...
Ah no, scusate. Ho sbagliato programma."
Così come ai Quattro Cavalieri riescono i loro trucchi, lo stesso fa la pellicola. Now You See Me – I maghi del crimine è una perfetta macchina da spettacolo. Sa intrattenere, divertire e stupire, proprio quanto devono fare dei buoni maghi. Al suo interno infila una parte comica, con le battutine piazzate al momento giusto, una solida trama da heist movie alla Ocean’s Eleven, con tanto di personaggi variegati e tutti a loro modo affascinanti, aggiunge una piccola dose di storia romantica, ci mette dentro anche qualche momento action (che io avrei benissimo evitato), il tutto infiocchettato in maniera spettacolare dal regista mestierante Louis Leterrier che cerca costantemente (forse persino troppo) di far gridare al suo pubblico: “Wow!” .
La sceneggiatura a un certo punto si incasina, sembra incartarsi su se stessa e invece no. Il trucco riesce alla perfezione e il colpo di scena finale, che pure un po’ ci si poteva aspettare, riesce a sorprendere e a farti sentito ingannato. E così Now You See Me è un gran numero di magia, o se preferite un gran film di intrattenimento, tra i migliori confezionati da Hollywood di recente, o forse è solo una grande illusione. In qualunque caso, ha realizzato ciò che un buon mago deve saper fare: pigliarti per il culo alla grande.
Hey, ma dov'è finito il mio orologio?
(voto 7/10)



mercoledì 11 settembre 2013

OLYMPUS HAS FALLEN, AND CINEMA TOO




Attacco al potere – Olympus Has Fallen
(USA 2013)
Titolo originale: Olympus Has Fallen
Regia: Antoine Fuqua
Sceneggiatura: Creighton Rothenberger, Katrin Benedikt
Cast: Gerard Butler, Aaron Eckhart, Rick Yune, Radha Mitchell, Morgan Freeman, Melissa Leo, Angela Bassett, Ashley Judd, Finley Jacobsen, Dylan McDermott, Robert Forster
Genere: patriottico
Se ti piace guarda anche: Die Hard, 24, Giustizia privata

Americanata.
Provate a cercare questo termine su un dizionario e probabilmente non la troverete. Anche perché probabilmente un dizionario in casa vostra non lo troverete. Ormai, con Internet, con Wikipedia, a che ve serve, ah ignoranti?
Nell’edizione 2014 del dizionario Garzanti, se mai la comprerete, di fianco alla parola “Americanata”, è probabile che troverete la locandina di questo film: Olympus Has Fallen – Attacco al potere. Già dal titolo originale, ci sente puzza di magniloquenza (non conosci il significato di questa parola? scoprilo qui!) a stelle e strisce lontana un miglio. L’Olympus sembra infatti riferito al governo americano e alla Casa Bianca, giusto per non esagerare. Così come il titolo, tutto in questo film trasuda grandezza. A parte il risultato complessivo, davvero modesto.

"Presto, Presidente, dobbiamo scappare!"
"Che c'è, ci stanno attaccando?"
"No, sta per iniziare la partita di football!"
"Azz, muoviamoci. Che sto facendo ancora con questi musi gialli?"
La prima scena dovrebbe mettere la pulce nell’orecchio. Il film di Antoine Fuqua, in un tempo lontano regista del cazzuto Training Day, punta immediatamente a giocare con i sentimenti dello spettatore, con una tragedia che manco Everwood o un film tratto da Nicholas Sparks avrebbero osato piazzare subito. Mentre si trova a Camp Davis, il Presidente degli Stati Uniti ha un incidente micidiale e la sua auto rimane in bilico su un burrone. Il suo paggetto, pardon addetto alla security Gerard Butler, deve decidere cosa fare e riesce a salvare soltanto il Presidente, mentre la First Lady viene sacrificata e finisce morta stecchita in fondo al burrone. Un inizio estremamente drammatico che poi non si rivelerà così fondamentale per gli sviluppi della storia e che quindi sa tanto di ruffianata strappalacrime messa lì alla cazzo di cane tanto per provare a strapparci il fazzoletto dalle tasche. Missione fallita, Fuqua. L’espediente ultra drama te lo sei giocato troppo presto, quando ancora non eravamo minimamente affezionati ai personaggi, perciò che c’è frega se muore la First Lady dopo una sola scena?
Non che con il resto della visione ci si affezioni in qualche modo ai personaggi, comunque…

"Oh, no. Ci hanno colpiti con un attacco a sorpresa!"
"Nucleare? Chimico?"
"No, un astuto uso combinato di biglie e bucce di banana per farci scivolare!"
18 mesi dopo, Gerard Butler lavora in ufficio e non è più a capo della security del Presidente. Il trauma per quanto successo è ancora troppo forte, ma non è niente rispetto a quello che succederà di lì a poco. E cosa succede?
Lo spunto politico della pellicola è più attuale che mai, o almeno lo era ai tempi dell’uscita nei cinema lo scorso aprile, mentre ormai è stato sorpassato dalla questione siriana. Nel film, la minaccia nucleare da parte della Corea diventa realtà, in una maniera però ancora più minacciosa di quanto si potrebbe immaginare. I coreani prendono d’assalto la Casa Bianca, ne fanno saltare per aria metà, rapiscono il Presidente (un Aaron Eckhart per una volta per nulla convincente) e uccidono tutti. Quasi tutti. Gerard Butler, che passava di lì per caso, è vivo e vegeto ed è pronto ad eliminare la minaccia coreana. Da solo. L’americanata, pardon il film, si gioca la carta del one man’s hero, l’uomo, l’eroe che da solo salva tutto e tutti. Come Bruce Willis in Die Hard, solo senza lo stile, l’ironia, la figosità di Bruce Willis in Die Hard. Yippie-ki-yay, Butler-fucker, non vali un cacchio al suo confronto. Ma proprio niente. E mi riferisco ai primi episodi della saga, non all’ultimo orribile Die Hard – Un buon giorno per morire.

"Corea o Siria?"
"Beh, io preferirei andare in Siria. Dovrebbe fare più caldo."
"Ma Presidente, io intendevo quale bombardare, non dove andare in vacanza..."
Olympus Has Fallen cade anche sulla tematica terroristica. Nel post-11 settembre, tutto quello che c’era da dire sul tema è già stato detto e fatto nella serie 24. Non bastasse John McClane, pure Jack Bauer in un confronto massacrerebbe alla grande il povero inutile poco credibile Gerard Butler versione action hero. Dopo Zero Dark Thirty, poi, e la serie capolavoro Homeland, dico Homeland, una pellicola del genere è un brutto, orribile ritorno al passato. Il passato degli action movies anni Ottanta imitato in maniera pessima e di cui restano giusto gli aspetti più trash, dalle musiche esageratamente enfatiche a un Morgan Freeman che di americanate non se ne perde una, fino ai soliti cattivoni stereotipati, qui capitanati da Rick Yune (che si legge "ricchiune") visto in L’uomo con i pugni di ferro, che cercano di togliere agli americani il loro splendido way of life. Ma tanto sappiamo già tutti come andrà a finire per loro.
E non dite che vi sto spoilerando qualcosa, perché se vi aspettate delle soprese o dei colpi di scena clamorosi da un film del genere siete messi peggio degli autori di questa...
Americanata. Non c’è altro modo per definirla. Per di più, un’americanata fatta male. Molto male.
(voto 4/10)



martedì 30 luglio 2013

OBLIVION, TUTTA UNA QUESTIONE DI TET




"Vedo Tet ovunque!"
Oblivion
(USA 2013)
Regia: Joseph Kosinski
Sceneggiatura: Karl Gajdusek, Michael Arndt
Tratto dalla graphic novel: Oblivion di Joseph Kosinski, Arvid Nelson
Cast: Tom Cruise, Andrea Riseborough, Olga Kurylenko, Morgan Freeman, Nikolaj Coster-Waldau, Melissa Leo, Zoe Bell
Genere: schi-fi
Se ti piace guarda anche: Tron: Legacy, Looper, Battleship, Io sono leggenda, Wall-E

2077. Gli umani hanno sconfitto gli alieni, gli Scavengers, dopo un’agguerrita guerra stellare.

Evvai! Hurrah! Yippie! Beccatevi questo, extraterrestri figli di puttana!

"Pensi anche tu che somigli ad Alba Rohrwacher?
Guarda che vado subito a suicidarmi!"
Calma, calma. Prima di esultare, aspettate un momento. Al termine della guerra stellare, la Terra è diventata un posto desolato e quasi completamente disabitato. La Luna è stata distrutta dalle creature aliene e gli umani sopravvissuti vivono ora sul pianeta Titano. Alcuni altri invece stanno sul Tet, una colonia spaziale a forma di tetraedro (ma peeerché?) che ruota attorno alla Terra. Sulla Terra sono invece rimasti giusto il tecnico addetto ai droni Tom Cruise insieme a una tipa che lo aiuta nelle mansioni di manutenzione e già che c’è soddisfa pure i suoi bisogni sessuali. Tipa interpretata dall’inglese Andrea Risesborron Riseborough, che sembra la versione figa di Alba Rohrwacher.

"Con questo puoi guardare il Tet, Tom."
"Ma io preferisco guardare le tue, di Tet."
Per tutta la prima parte della pellicola assistiamo alla solita dimostrazione di figosità di Tom Cruise. Peccato non sia più al Top Cruise, come ai tempi del Top Gun qui richiamato nelle varie scene in cui lo vediamo in versione pilota. Tom Cruise ormai c’ha uno sguardo imbalsamato, un po’ come l’ex moglie Nicole Kidman non riesce più a comunicare alcuna emozione. Problema non da poco, per un attore.
In tutta questa lunga estenuante prima parte, il film vaga dalle parti di Io sono leggenda e soprattutto WALL-E, ma una versione soporifera di WALL-E. Per rianimare la comatosa situazione, a un certo punto arriva la sua EVE, che ha le splendide sembianze di Olga Kurylenko. Solo che, dopo il celestiale exploit in To the Wonder di Terrence Malick, la Olga se ne ritorna sulla Terra con un’interpretazione anonima e non riesce ad accendere l’interesse per una vicenda che puzza di già visto a ogni fotogramma.

"Mannaggia, la Riseborough ha le Tet più grosse delle mie, 'sta zoccola!"
Oblivion propone una fantascienza vecchia, stanca, prevedibile, con inseguimenti tra astronavi alla Guerre stellari (ancooora???) e una trama che più banale non si potrebbe. Cinema del passato ambientato nel futuro. Al confronto, persino il poco riuscito Prometheus di Ridley Scott appare quasi un capolavoro della schi-fosa sci-fi recente.
L’unico twist della vicenda è rubato da The Village, il capolavoro di M. Night Shyamalan, uno dei film più scopiazzati del nuovo millennio, cui già lo splendido Il nastro bianco di Michael Haneke doveva parecchio. In questo caso, però, si tratta solo di un particolare della trama, ovvero ATTENZIONE SPOILER: gli Scavengers alieni in realtà non esistono, ma sono solo un’invenzione degli umani, un po’ come le creature innominabili di The Village. A causare la distruzione della Luna non sono stati gli E.T. bensì il misterioso Tet. In pratica, questo film è tutta una questione di Tet, con Tom Cruise che si ritrova a dover eliminare questo coso, questo Tet, e soprattutto a dover scegliere tra le tet abbondanti di Andrea Riseborough e quelle più piccole ma comunque invitanti di Olga Kurylenko. FINE SPOILER.

"Sì, mi rifaccio le Tet così le avrò più grandi di tet,
Risesborron o come cazzo ti chiami!"
Se la trama può apparire confusa, è perché lo è davvero. Ma non è un confuso di quelli che “Oh, voglio proprio far luce sui misteri della vicenda e scoprire cosa c’è sotto!” È più un confuso del tipo “Ma a me, che cazzo me ne frega?”.
Il problema principale del film è proprio la mancanza di interesse che suscita. I pochi personaggi presenti nel corso delle due ore di visione avrebbero tutto il tempo per essere sviluppati nella maniera più completa possibile, invece restano del tutto privi di personalità. Il protagonista interpretato da Tom Cruise ha la memoria azzerata, ma qua e là emerge il suo spirito passato, ovvero lo spirito del classico insopportabile American Hero che si mette in testa di salvare il mondo, manco fosse Will Smith. Quanto alle due donne, rimangono per tutto il tempo due belle statuine e anche Morgan Freeman, che appare a un certo punto, è il classico misterioso guru stereotipato. Per non parlare di Nicolaj Coster-Waldau, il Jaime Lannister di Game of Thrones, del tutto sprecato in un ruolo a dir poco misero.

Se la sceneggiatura e i personaggi di questa pellicola fanno schifo, e lo dico ancora nella maniera più gentile possibile, si salvano comunque messa in scena e musiche. Oblivion è un film pessimo messo dentro una bella confezione. Il regista Joseph Kosinski conferma di possedere un buon talento visivo, già mostrato all’esordio con Tron: Legacy. Il suo stile glaciale, perfetto per un filmone videogame come quello, contribuisce però qui ad allontanare ulteriormente qualunque tipo di empatia dello spettatore nei confronti dei già poco empatici (e simpatici) protagonisti. Niente male poi la colonna sonora firmata dai francesi M83, che raccolgono il testimone dai conterranei Daft Punk impiegati dal Kosinski nel suo lavoro precedente.

Non basta, comunque. Oblivion è una visione noiosa e prevedibile come poche, da rispedire immediatamente nell’oblio. Il classico film che quando arrivi alla fine, se ci arrivi sveglio, ti viene da esclamare: “Che stronzata!”. E, inoltre, ti viene da gridare: “Viva le tette, abbasso il Tet!”.
(voto 4,5/10)



domenica 23 giugno 2013

CHE LAVORO FAI? IL LADRO, PARDON IL MAGO


Ladri e maghi. Non fanno un po’ lo stesso mestiere?
In entrambi i casi, si tratta di ingannare le persone senza far scoprire qual è il proprio trucco.
Da questo spunto parte il nuovo film firmato da Louis Leterrier, regista del primo The Transporter con Jason Statham e del brillante Danny the Dog, oltre che recentemente anche di L’incredibile Hulk e Scontro tra titani, titoli che però mi sono perso per strada.
Now You See Me - I maghi del crimine si preannuncia come un thriller criminale avvincente e anche divertente, a mezza strada tra Entrapment e Ocean’s Eleven. Una nuova gang di ladruncoli illusionisti, o meglio di ladri magici, composta da Jesse Eisenberg, Woody Harrelson, Isla Fisher e Dave Franco (il fratellino di James Franco, mago pure lui ma di Oz) e aiutata da Michael Caine, che però verrà braccata dagli agenti Mark Ruffalo e Melanie Laurent, con la consulenza dell’ex mago Morgan Freeman.
In pratica: un cast della Madonna al servizio di un film che si preannuncia uno dei prodotti di intrattenimento più goduriosi dell’estate cinematografica. Dopo aver conquistato il box-office americano, surclassando il pompato e poi rivelatosi spompato After Earth con Will Smith, I maghi del crimine arrivano in Italia il prossimo 11 luglio. Occhio ai portafogli.
Per ingannare l’attesa, ecco a voi l’intrigante trailer della pellicola, impreziosito dalla musica di Woodkid. Con la sola imposizione delle mani, lo farò apparire qui sotto!


giovedì 6 settembre 2012

Il cavaliere abbronzato - Il ritorno (dalle ferie)

Era scomparso dai radar e dalle attenzioni mediatiche. Nessuno sapeva che fine avesse fatto. Eppure stava preparando il suo ritorno in grande stile. Per salvare la situazione. Per salvare il popolo. In maniera del tutto disinteressata. Da eroe.
Sto parlando del miliardario che tutti amavano e poi si sono messi a odiare. Sto parlando del Cavaliere. Sto parlando di…



No, non di Silvio Berlusconi. Nonostante anche lui sembra sia pronto al ritorno con una nuova (?) forza (??) politica (???): Grande Italia.
Anche se un nome più adatto sarebbe Little Italy...


Comunque non mi riferivo a lui. Sto parlando del Cavaliere oscuro. Di Batman. Di Bruce Wayne. Di Christian Bale che combatte contro Bane per il Bene del mondo. Capito, Bane? Volevo dire: capito bene?

Il cavaliere oscuro - Il ritorno
(USA, UK 2012)
Titolo originale: The Dark Knight Rises
Regia: Christopher Nolan
Cast: Christian Bale, Tom Hardy, Anne Hathaway, Marion Cotillard, Joseph Gordon-Levitt, Morgan Freeman, Gary Oldman, Michael Caine, Matthew Modine, Josh Stewart, Brett Cullen, Juno Temple, Liam Neeson, Cillian Murphy, Rob Brown, Burn Gorman, Daniel Sunjata, William Devane
Genere: Bene vs. Bane
Se ti piace guarda anche: Batman Begins, Il cavaliere oscuro, Inception

Ne hanno già parlato tutti, di questo Il cavaliere oscuro - Il ritorno. Adesso ne parlo io. Anche se forse farei meglio a non farlo, perché mi sa che non dirò niente di nuovo e in questo la mia opinione sarà un po’ come questo film: inutile.
Non è una pellicola brutta. Christopher Nolan non può sfornare una pellicola brutta. Il punto fondamentale però è: cosa dice questo film di più o di diverso rispetto a Batman Begins o a Il cavaliere oscuro?
Niente.
Cosa dice di furbo questo post?
Niente.
Christopher Nolan e io quindi siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

"Beh, che avete da guardare? È solo la mia nuova utilitaria..."
Per questo, visto che siamo culo e camicia, mi sento di parlarti direttamente, Christopher, e di darti del tu. Ormai siamo in super confidenza, siamo super amiconi. Ma non super amiconi bromantici tipo Batman & Robin. E lo so che tu ormai hai chiuso la tua trilogia dedicata al pipistrelloni, però il prossimo episodio, chiunque lo giri, sarà probabilmente incentrato proprio su loro due e tu, anche se non ti occuperai più della regia, fai in modo almeno che non ne esca una porcheria totale come il Batman & Robin di Joel Schumacher. Okay? Piuttosto fallo girare a Michael Schumacher, ma a Joel no.
Già che siamo in confidenza, Christopher, ti posso dare un consiglio? Non sei obbligato a seguirlo e so già che lo snobberai bellamente. Lo so perché io e te siamo sulla stessa lunghezza d’onda e quindi posso leggere nella tua mente. Con questo non intendo entrare nei tuoi sogni tipo Inception. Solo, so già quello che pensi e so già che non lo seguirai. Il consiglio comunque è: e facce ride, Cristo, Christopher! Per il tuo prossimo film evita grandi drammi e atmosfere super epiche e fai una bella commedia. Leggera leggera. Una commedia firmata da Christopher Nolan. Sai che figata ne uscirebbe fuori? O magari no. Probabilmente sarebbe un floppone di quelli epici, ma pure in questo caso avresti fatto lo stesso un film epico. Che ne dici?
Christopher, ora ti lascio. Ho anche io un pubblico, sebbene molto ma mooolto ma mooooolto più ridotto del tuo, e devo parlare pure con loro.

Gentili lettori cannibali. Eccomi qui. Di nuovo. Lo so che Il cavaliere oscuro - Il ritorno vi è piaciuto. Vi avrà fatto esclamare: “Wooow!” e “Yeaaah!” e “Sììì!” e “Aaah!” e "Oh my Goood!".
Forse. O forse queste cose ve le avrà fatte esclamare qualche video visto su YouPorn.
Non lo so. Non mi interessa indagare oltre. In ogni caso, capisco che questo film sia tecnicamente impeccabile, contenga i suoi bei scenoni, qualche battutina (sebbene poche) al punto giusto, qualche colpo di scena quando ci va, un finale di quelli perfettamente orchestrati per lasciare tutti soddisfatti. Ed è proprio questo ciò che non è piaciuto a me.
Dov’è l’anarchia? Quella del Joker, intendo. Quella che ha reso speciale il precedente cavaliere oscuro. Dov’è?
Qui è tutto perfetto, perfettino, precisino, quanto allo stesso tempo asettico e privo di emozioni vere. Un prodotto impacchettato in maniera notevole, a cui mancano giusto il cuore e le idee.
O meglio, un’idea c’è: prendere i primi due capitoli della saga nolaniana, frullarli insieme e servire in tavola il piatto caldo ma non troppo. Quando il ricordo del precedente cavaliere oscuro aleggia ancora, però non è più così presente nella mente e nella panza degli spettatori.

Batman Begins iniziava un nuovo capitolo nel racconto dei supereroi al cinema, presentava qualche spunto interessante e un’atmosfera ancora più dark rispetto al pipistrello di Tim Burton, eppure restava un work in progress non ancora del tutto compiuto. Ed è lì che arrivava svolazzando Il cavaliere oscuro, un sequel a sorpresa superiore al primo episodio, grazie all’interpretazione larger than life di Heath Ledger. Il suo Joker spazzava via tutto e tutti, lasciando con un dubbio: il personaggio di Batman magari non è che sia così interessante? Non è che la cosa migliore nei film sul pipistrellone sono i cattivi?
Un po’ come avviene nella serie Dexter. Il nostro serial killer di fiducia è un ottimo personaggio, però la riuscita delle varie stagioni dipende sempre dal cattivo che gli viene affiancato.

Per Batman funziona in maniera analoga. Come sostituire allora il pazzesco Joker di Heath Ledger?
Non si può.
Ci hanno provato, ma non si può.
Bane è un cattivo che funzione bene, soprattutto nella prima parte, eppure non può reggere minimamente il paragone con il suo predecessore. Ne sembra solo una versione meno riuscita. Meno folle. Anche lui propone una riflessione politica, solo senza lo sberleffo anarchico del Joker. E, soprattutto, nel finale il personaggio viene del tutto abbandonato e con lui le sue intenzioni politiche.
Il Joker/Heath Ledger era un po’ come i Sex Pistols, Bane/Tom Hardy è un po’ come i Green Day. Non esattamente la stessa cosa…
La performance di Hardy comunque è davvero difficile da giudicare, visto che ha sempre il volto coperto da una maschera che lo fa sembrare un incrocio tra Hannibal Lecter e Darth Vader intrappolato nel corpo di Vin Diesel.
Per il pubblico italiano poi è veramente ingiudicabile. Come altri hanno già sottolineato, il doppiaggio di Filippo Timi è qualcosa di vergognoso. Non oso immaginare cosa farebbe James Holmes se lo sentisse…
Noi italiani abbiamo dovuto aspettare un mese e passa per vederci finalmente questo ritorno del cavaliere oscuro e aspettare, per cosa? Per sentire una roba del genere?
Filippo Timi era il mio attore italiano preferito. Prima. Dopo questo doppiaggio, è scivolato a fondo classifica, in mezzo a Beppe Fiorello e Claudio Amendola. Tanto per dire quanto l’abbia gradito.
E poi ho sentito Tom Hardy nel trailer e non parla così. Neanche lontanamente. Perché Filippo ci hai fatto questo? Peeeeerché? (quest’ultimo peeeeerché? leggilo pure con il tuo tono grottesco da Bane)

Se un cattivone (doppiato a cavallo tra il tragico e il ridicolo) non basta, allora meglio aggiungerne un altro. Facciamo un’altra: Catwoman, poco cat e molto woman, impersonata da Anne Hathaway. All’inizio ho pensato: brava. Poi ho pensato: bravina. Verso la fine ho pensato: bah, così così.
Il personaggio parte Bane, volevo dire bene, poi si perde per strada, finendo in un buonismo che non si addice a una presunta super cattivona. Pur tra alti e bassi, la Hathaway comunque se l’è cavata, dai, e con quella tutina da Catwoman è parecchio sexy e a me piace più della micetta Pfeiffer.
Preferisco invece dimenticare del tutto l’esistenza del tragico Catwoman con Halle Berry. Anche perché non credo di essere riuscito ad arrivare alla fine del film. Vivo.

"Chi l'avrebbe detto che quella Hathaway fosse così sexy?"
Nel cast all-star, oltre a Il cavaliere oscuro – Il ritorno, c’è spazio anche per Gli amichetti attempati del cavaliere oscuro – Il ritorno. Sono infatti di nuovo della partita gli habitué Michael Caine e Morgan Freeman, più gigioni ancora del loro solito, e poi c’è Gary Oldman: ATTENZIONE SPOILER possibile che c’abbia messo 3 film 3 per capire che Batman è Bruce Wayne? Quest’uomo ha dei seri problemi. Con gente come lui, la polizia sta davvero messa Bane bene!
In più c’è l’aggiunta di qualche new-entry come Matthew Modine, l’attore che ai tempi di Full Metal Jacket sembrava dovesse spaccare il mondo e poi è finito in esilio come Bruce Wayne all’inizio di questa pellicola, e due volti nolaniani. Dritti da Inception sono sbarcati Joseph-Gordon Levitt, che con quel suo sguardo a tratti riesce a rievocare lo spettro di Heath Ledger, e Marion Cotillard, che con il suo charme franscese prova a dare maggiore spessore alla solita brunetta che fa da interesse sentimentale di Batman, dopo le piuttosto inconsistenti Katie Holmes e Maggie Gyllenhaal viste e dimenticate nei due episodi precedenti.
In ruoli minori segnalo poi due star in ascesa: la bionda Juno Temple (Kaboom, Mr. Nobody, I tre moschettieri) e Josh Stewart, attore noto soprattutto a chi seguiva la serie Dirt. Ma attenzione poi anche a Burn Gorman, uno dei volti più inquietanti del panorama attuale (James Holmes escluso), già intravisto nella serie UK The Hour.

"Ma come, Robin? Non ti piacevo solo io?"
Ho dimenticato qualcuno?
Ma certo. Il protagonista: Christian Bale. Io adoro Christian Bale. Al termine di questa trilogia, gli va riconosciuto il titolo di miglior Batman della storia. Surclassando il discreto Michael Keaton, l'inadeguato Val Kilmer e il totalmente fuori parte George Clooney. Ciò nonostante, io continuo a preferirlo come Bateman (il protagonista di American Psycho, nda).
Il cast quindi è mostruoso, peccato recitino tutti senza passione. Senz’anima. Per fortuna degli attori, aggiungo, considerando come l’interpretazione del Joker pare abbia risucchiato l’anima da Heath Ledger. Per sfortuna del risultato finale della pellicola. Nessuna interpretazione può infatti essere considerata al livello di quella giustamente da Oscar del ledgendario Ledger.



"Sì, ha il suo perché. Ma presto avrà pure il fascino della gatta morta eheh..."
I problemi non si limitano alla mancanza di anima e convinzione. Ci sono problemi pure di sceneggiatura. La storia è prevedibile, ricicla senza fantasia quanto capitato nei due precedenti capitoli e più o meno quanto capita in qualunque altro film sui supereroi visto di recente.
La prima parte è giocata sull’esilio da eremita di Bruce Wayne, nel classico momento di sconforto dell’eroe, abbandonato e dimenticato da tutti, e allo stesso tempo sulla presentazione, questa piuttosto riuscita, dei nuovi cattivoni o presunti tali, Bane e Catwoman, che poi caleranno nel corso della pellicola.
Nella seconda parte, ATTENZIONE SPOILER, si gioca la carta del terrorismo, della visione politica. Niente che non fosse stato fatto, molto meglio, dal Joker nel film predecessore. Per quanto riguarda Bruce Wayne, lui invece è sempre alla ricerca di se stesso, questa volta dentro una prigione in cui Bane l’ha sbattuto e da cui solo una persona al mondo è riuscita a evadere.
Ce la farà anche il nostro supereroe?
Sapete già la risposta.

"Mi manda Monti. Visto che non è riuscito a convincervi dell'affidabilità
dell'economia italiana con le buone, ora ci provo io a modo mio..."
Nella parte finale beh, succede quello che succede sempre al termine di una pellicola epica e ancor più al termine del capitolo finale di una saga epica: lo scontro conclusivo, la grande battaglia, il faccia a faccia.
Batman VS Bane?
Il loro scontro è veloce è buttato via in maniera clamorosa. Quasi quanto Harry Potter VS Voldemort.
Il film allora a questo punto si gioca il suo grande colpo di scena.
ATTENZIONE SPOILER AGAIN! Marion Cotillard è la vera cattivona di turno. Rivelazione inaspettata, okay, peccato che non sia molto giustificata. Cioè, fermi tutti: questa qua odiava il padre, Liam Neeson, e poi all’improvviso, visto che Batman l’ha ucciso (e ha fatto bene, perché Liam Neeson è davvero insopportabile), decide di seguire le orme paterne e fare fuori 12 milioni di persone, ovvero l’intera popolazione di Gotham City… ma perché?
Va bene voler piazzare il colpo di scena a tutti i costi, e in mezzo a una sceneggiatura per il resto scontatissima è più che il benvenuto, però proprio così dovevate farlo? A caso?
Per altro, le falle di una sceneggiatura tutto fuorché impeccabile sono un evento davvero inaspettato, per essere una pellicola nolaniana. Un vero colpo di scena. Dov’è la complessità, la stratificazione e la ricchezza di significati di tutte le sue altre pellicole, dagli esordi intricatissimi con Following e Memento ai più recenti e forse ancor più intricatissimi The Prestige e Inception?

"La tua recensione non mi piace. Beccati questa, Cannibal Kid!"
Laddove Il cavaliere oscuro era una pellicola indipendente, un capitolo a se stante, godibile anche all’infuori di Batman Begins, questo Il cavaliere oscuro - Il ritorno è, fin dal titolo, un film derivativo. Una chiusura di trilogia realizzata in maniera degna, quanto non necessaria, se non per motivi economici. E su cui aleggia per tutta la durata, per tutte le sue quasi 3 davvero eccessive ore, un fantasma. Quello col ghigno beffardo del Joker Ledger.
Qualcuno ha definito Il cavaliere oscuro - Il ritorno un film bello senz’anima. Ma si potrebbe discutere sul fatto che sia un film bello. Di certo è una visione avvolgente, a tratti coinvolgente, a tratti un pochetto noiosa. Di memorabile negli occhi e nel cuore però resta e resterà davvero poco.
Si può parlare di delusione, non fosse che era ampiamente preventivabile. Raramente i sequel si rivelano all’altezza dell’originale, Il cavaliere oscuro riusciva a superare Batman Begins ed era la classica eccezione che conferma la regola. Però non capita quasi mai che i terzi capitoli siano al livello dei precedenti (la trilogia de Il signore degli anelli è stata girata in pratica tutta in una volta, quindi non conta). Questo terzo episodio del pipistrellone non fa eccezione. Nonostante offra diversi spunti di interesse, il risultato è piuttosto confuso e pasticciato e il discorso politico, dopo le buone premesse, è gettato via nella parte finale.
Il cavaliere oscuro - Il ritorno è uno spettacolone epico orchestrato con mestiere, ma senza convinzione. Oppure può darsi che questo film visto in lingua originale sia magnifico ed è possibile che sia il doppiaggio di Filippo Timi a rovinare tutto. Per la serie: il cinema italiano riesce a fare danni persino sul cinema straniero.

E ora, in conclusione di questo post lungo quasi quanto il tuo film, ritorno a rivolgermi direttamente a te, Christopher Nolan: bastman filmoni epici sui supereroi e regalaci una bella commedia.
Why so serious?
E facce ride!
(voto 6,5/10)

lunedì 3 gennaio 2011

I miei film dell'anno 2010 - n. 30 Invictus

Invictus
(USA)
Regia: Clint Eastwood
Cast: Morgan Freeman, Matt Damon, Tony Kgoroge, Marguerite Wheatley, Patrick Mofokeng, Bonnie Henna, Adjoa Andoh
Genere: biopic
Se ti piace guarda anche: L’ulitmo re di Scozia, Hotel Rwanda, Gandhi

Trama semiseria
Avete visto Natale in Sudafrica? No? Beh, nemmeno io. Comunque questo Invictus è una sorta di prequel che ci racconta quanto successo prima: un certo Nelson Mandela, dopo 30 anni di inspiegabile prigionia, diventa il primo Presidente nero del Sudafrica dalla fine dell'apartheid e anziché cercare la vendetta personale come farebbe la Sposa di Kill Bill o Machete, cerca di unire il suo intero popolo, i bianchi con i neri, e per farlo punta tutto sulla nazionale di rugby… E meno male che non ha puntato sull'Italia ai mondiali di calcio.

Pregi: un film di grande ispirazione morale. Per me, ma credo che soprattutto molti politici italiani e mondiali dovrebbero guardarlo e prendere appunti.
Difetti: la regia di Eastwood è molto tradizionale e istituzionale, forse qualche guizzo in più poteva concederselo

Personaggio cult: Madiba, interpretato da un mimetico Morgan Freeman, presentato in tutti i suoi aspetti positivi ma anche con le sue ombre
Scena cult: la visita di Matt Damon alla cella di Mandela, con la lettura della poesia Invictus di William Hernest Henley

Leggi la mia RECENSIONE


martedì 9 marzo 2010

Lo zainetto Invictus

Invictus
Regia: Clint Eastwood
Cast: Morgan Freeman, Matt Damon, Tony Kgoroge, Marguerite Wheatley

Estate 1995. Me ne tornavo da scuola con lo zainetto Invicta Jolly sulle spalle, contento di aver finalmente finito le medie e di poter passare al liceo. Ero ignaro del fatto che molte cose sarebbero cambiate profondamente. Ignaro del fatto che quell'estate sarei cresciuto, avrei scoperto la musica e un pianeta chiamato Ragazze.
Nel frattempo, quella stessa estate, un certo Nelson Mandela stava combinando qualcosa di un filo più importante, unificando tutto il suo Sud Africa sotto un’unica bandiera, un unico inno, un’unica squadra di rugby.

Clint Eastwood nel riempire il suo zainetto “Invictus” ha tentato di bilanciare attentamente il peso, in modo da non doversi portare sulle spalle un peso eccessivo e farsi venire la scogliosi. Le parti sportive e quelle politiche non hanno mai la meglio sulla dimensione umana della vicenda. Giusto nella partita finale il regista dagli occhi di ghiaccio si dilunga un po’ troppo concentrandosi sul match di rugby.
Clint per fortuna non cede alla retorica (non troppo, almeno) e realizza con l’aiuto di Morgan Freeman e Matt Damon un film asciutto, con una regia classica ed essenziale persino più del suo solito. Quasi come se si volesse fare totalmente da parte per far parlare la Storia. Una cosa che l’ego smisurato di molti altri registi non avrebbe mai nemmeno concepito. Così come pochi conservatori (categoria cui il vecchio Clint dovrebbe appartenere, in teoria) concepirebbero un’altra intelligente pellicola sul tema del razzismo dopo “Gran Torino”. Fare le cose in maniera diversa da quanto gli altri si aspettano. È questo che fanno i Grandi. È questo che fa Nelson Mandela.

Dopo quasi 30 anni di ingiusta prigionia, una volta libero Mandela non cerca la vendetta né cede allo scontro, ma concede anzi il perdono ai suoi carcerieri. Al nemico. Un punto di vista distante da me e da molte pellicole che adoro (“Kill Bill”, “V per vendetta”, “Old Boy”, "Ghost Dog", per dire) che però mi ha fatto molto pensare. Perché ciò che racconta “Invictus” non è tanto la storia di un mondiale di rugby, quello interesserebbe giusto ai fratelli Bergamasco. Ciò che racconta è come si possa cambiare le proprie posizioni e imparare dal confronto con gli altri. Cercare l’unione anziché la divisione. E avere speranza. Se c’è riuscito Madiba (così viene chiamato Mandela dalla sua gente) a mantenerla nonostante sia rimasto chiuso per tutti quegli anni in un buco di prigione, perché non dovremmo riuscire ad averla noi che abbiamo tutto il potere e la Libertà di cambiare lo stato attuale delle cose?

Un film che fa riflettere, dunque, ma soprattutto un film che mi ha ridato una cosa che credevo di avere smarrito insieme allo zainetto Invicta delle medie.
Ispirazione.
(voto 8,5)



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