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martedì 1 ottobre 2013

LA FINE DEL CORNETTO




La fine del mondo
(UK 2013)
Titolo originale: The World’s End
Regia: Edgar Wright
Sceneggiatura: Simon Pegg, Edgar Wright
Cast: Simon Pegg, Nick Frost, Paddy Considine, Martin Freeman, Eddie Marsan, Rosamund Pike, Bill Nighy, Pierce Brosnan, Jasper Levine, Rafe Spall, Steve Oram, Rafe Spall
Genere: brit-pop
Se ti piace guarda anche: L’invasione degli ultracorpi, The Faculty, L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz, American Pie: Ancora insieme, Compagni di scuola, Un tuffo nel passato, Grabbers, Attack the Block

Eravamo cinque amici al bar, che volevano andare fino alla fine del mondo.
Erano quattro, gli amici della canzone di Gino Paoli?
Non si quanti fossero in realtà, quindi non fate troppo i pignoli. E poi ne La fine del mondo gli amici al bar sono cinque, okay?
Che cos’è La fine del mondo?
Per quei quattro gatti al bar che ancora non lo sapessero, questa volta non ha a che fare con i Maya e non si tratta nemmeno di un nuovo film catastrofico di Roland Emmerdich. Per fortuna. Il nuovo di Emmerdich è Sotto Assedio – White House Down e ho l’impressione che sia perdibilissimo. La fine del mondo è invece l’ultimo capitolo della Trilogia del Cornetto. Purtroppo. Purtroppo che sia l’ultimo. Il regista e sceneggiatore Edgar Wright, l’attore e sceneggiatore Simon Pegg e il solo attore Nick Frost tornano a collaborare insieme per la terza volta, dopo l’ormai mitico L’alba dei morti dementi, che ha riportato al cinema gli zombie quando non erano ancora tornati di moda, e il meno riuscito ma comunque divertente Hot Fuzz, con un film che in qualche modo è la prosecuzione del discorso intrapreso dai due precedenti e allo stesso tempo è una visione del tutto indipendente. Il primo gusto era il Cornetto alla fragola, il secondo era il Cornetto blu originale, e ora tocca a quello alla menta con cioccolato. Al di là della presenza del Cornetto come filo comune, anche lo stile registico, con tanto di montaggio veloce e frenetico di Edgar Wright, è lo stesso, così come ritroviamo lo stesso sense of humour tipicamente british e tipicamente cazzaro, così come lo stile narrativo è lo stesso. Si parte con atmosfere da tipica comedy, e poi si sconfina su altri e più imprevedibili territori.

La prima parte, particolarmente esaltante, della pellicola è la classica vicenda giocata su dei vecchi amici di  adolescenza che si ritrovano. Il grande freddo, Compagni di scuola, American Pie: Ancora insieme, Un tuffo nel passato (Hot Tube Time Machine), Un weekend da bamboccioni, etc.… sono numerosi i film che hanno giocato su questa tematica. Anche La fine del mondo lo fa e gioca particolarmente bene la sua partita. Gioca come un Gascoigne, in maniera folle, quanto geniale. E il Gascoigne della situazione è Gary King, soprannominato The King, Il re, e interpretato da uno scatenato Simon Pegg, un vero e proprio "quaranteenne" (ovvero un quarantenne che si comporta da teen). Gary Ross è rimasto lo stesso dei tempi del liceo. Si veste allo stesso modo, si comporta allo stesso modo e ascolta la stessa musica.
Musica che, come in ogni buona pellicola britannica che si rispetti, riveste un ruolo centrale. La fine del mondo non fa eccezione. Qui la soundtrack non è solo uno sfondo sonoro, ma un elemento fondamentale per creare l’effetto reunion. In maniera analoga a quanto veniva fatto in film come Il grande freddo e Compagni di scuola con gli anni ’60, qui viene rispolverata la musica ascoltata dai protagonista da adolescenti, quella dei primissimi anni ’90, ovvero il suono baggy della scena di Madchester con band come Stone Roses, Happy Mondays e Soup Dragons, più il brit-pop delle origini con gruppi come Blur e Suede. In pratica, una vera figata per gli amanti della musica inglese 90s, quasi al livello della serie tv My Mad Fat Diary.

Gary The King/Simon Pegg riesce in qualche modo a riunire la vecchia gang di amici, composta dall’immancabile Nick Frost, dal precisetti Martin Freeman, dal piacione Paddy Considine e dall’impacciato Eddie Marsan, attore quest’ultimo che ormai si vede davvero dappertutto, sia in UK che negli USA, in grosse produzioni come Il cacciatore di giganti e Biancaneve e il cacciatore, ma anche in serie tv come Southcliffe e Ray Donovan.
Scopo della reunion? Portare a termine l’impresa che i 5 moschettieri non erano riusciti a concludere, per un pelo, nel 1990, ovvero Il miglio d’oro, ovvero andare a bere una pinta di birra a testa in ognuno dei 12 pub della loro cittadina. Se da ragazzi non c’erano riusciti, ce la faranno ora?
E ce la farò io a bermi 12 pinte di birra di fila? Mentre state leggendo questo post, mi trovo infatti all'Oktoberfest per il secondo anno consecutivo, e cercherò di rendere onore a Gary King e agli altri protagonisti della pellicola.

"Che diavolo combina il barista invece di spillare le nostre birre?
Sta al computer a leggere Pensieri Cannibali?"
Per quanto di film sulle reunion come detto ne siano stati fatti tanti, questo funziona alla grande. È spassosissimo e anche leggermente malinconico, ma non troppo, e non sconfina mai nel facile sentimentalismo tipico delle produzioni made in USA.
La fine del mondo però non è certo finita qui. Questo è solo l’inizio. Oltre che un ottimo “reunion movie”, La fine del mondo è una commedia divertentissima, la più spassosa vista finora in quest’annata, e poi è pure una valida pellicola fantascientifica. La componente sci-fi è secondaria rispetto a quella umoristica, ma fino a un certo punto. La vicenda dell’invasione aliena nella cittadina dei protagonisti si sviluppa su sentieri anche in questo caso già battuti, tra il capostipite del genere L’invasione degli ultracorpi e l’ironia di The Faculty. Una storia non nuova, eppure raccontata con personalità e con la solita dose di cazzonaggine. Una cazzonaggine però non realizzata alla cazzo di cane, tutt’altro. La regia di Edgar Wright, autore pure del grandioso Scott Pilgrim vs. the World, è spettacolare, le scene di combattimento sono molto più entusiasmanti di quelle viste in qualunque action movie recente, e pure gli effetti speciali presenti non sono male. Da notare poi il livello di recitazione eccelso. Minuto dopo minuto, birra dopo birra, il livello alcolico sale sempre più, e ciò si nota sui volti dei protagonisti, che però riescono ad apparire naturalmente ubriachi senza scadere nella banale macchietta, o nella parodia dell’ubriaco. Probabilmente perché, durante le riprese, qualche pinta fresca di bionda se la saranno buttata giù pure loro.

"Adesso però sono curioso: che dice sul nostro film?"
E qui veniamo all’ultimo elemento del film. Non solo un “reunion movie”, non solo una divertente comedy, non solo una pellicola leggermente sci-fi, uno sci-fi alla Attack the Block, questo è anche e soprattutto un film alcolico. Un inno al bere, al divertirsi, al lasciarsi andare. Il miglior modo per godersi la visione della pellicola è allora tenersi qualche birretta al fresco e scolarsela durante la pellicola. Se arrivate a quota 12, La fine del mondo vi sembrerà il film più bello del mondo. Ma anche con qualcuna di meno, resta una splendida visione. Da sobri invece non posso garantirlo.

Attenzione: Pensieri Cannibali invita i suoi lettori a fare un uso responsabile delle birre e delle auto. Non bevete auto e non guidate birra, mi raccomando.

A voler fare i pignoli della situazione, la conclusione che ricorda l’inizio della serie tv Revolution non è che sia proprio il massimo della vita no no no, però è l’unica pecca di una pellicola fino a quel momento impeccabile. D’altra parte è questa la natura umana: essere imperfetti e fare una cazzata proprio sul finale. La chiusura del film è una stronzata, but that’s okay, è giusto così. È anche per questo che amiamo la Trilogia del Cornetto e i cazzoni che l’hanno creata. E poi è normale: la parte finale del Cornetto è quella meno buona.
Fine. Non del mondo, solo del post (okay, questa me la potevo risparmiare, ho fatto pure io la cazzata finale).
(voto 8-/10)



lunedì 19 settembre 2011

Attaccati a ste casse!

Attack the block
(UK 2011)
Regia: Joe Cornish
Cast: John Boyega, Jodie Whittaker, Alexis Esmail, Luke Treadaway, Nick Frost, Leeon Jones, Jumayn Hunter, Danielle Vitalis, Paige Meade, Simon Howard, Sammy Williams
Genere: alieni nel ghetto
Se ti piace guarda anche: Misfits, Skins, Super 8, Eden Lake, I guerrieri della notte

L’attesa era alle stelle, per questo Attack the block. Almeno la mia personale. Uscito qualche mese fa in UK, era diventato subito un piccolo caso, il trailer prometteva alla grande e il mio compagno di banco del liceo, che ora vive in England, me ne aveva parlato entusiasta come se fosse the next big thing. E lui ha gusti cinematografici molto simili ai miei. Dunque pessimi gusti cinematografici ahahah!
So, what? Le attese sono state ripagate?


Lo spunto di partenza è di quelli in grado di suscitare curiosità, ma anche qualche perplessità: un gruppo di ragazzini dei quartieri sud di Londra, quelli più malfamati, quelli da british ghetto che fa brutto che se alzi lo sguardo al tipo sbagliato ti spakka il culo, si trova a dover fronteggiare un attacco alieno. Roba da gridare: figata, figata!
I dubbi vengono però visto che già in passato ci siamo trovati a pellicole che trasformano una buona idea di partenza in un prodotto di routine. È stato ad esempio il caso di Le horde, film francese che partiva dall’idea di ambientare una storia di zombie in una banlieue parigina, roba che anche lì uno gridava al “Figata, figata!” e poi si trovava di fronte a un tipico survival horror senza infamia e soprattutto senza lode che sprecava l’occasione di parlare del disagio sociale anti-Sarkozy. E alla fine uno si chiedeva: ma allora perché ambientare uno zombie-movie in una banlieue, quando sarebbe potuto essere stato girato in qualunque altro contesto?

Pur senza andarsi a impelagare troppo in questioni socio-politiche, Attack the block evita per fortuna questo rischio. Il film è ambientato nel ghetto, nel block, e parla proprio della vita dei news kids on the block con il linguaggio del block. Shit yeah, man. Per farlo in maniera più spettacolare, efficace e - se vogliamo - pure metaforica, utilizza una storia fantascientifica, sebbene l’approccio alla fine risulti più comico che sci-fi, in maniera analoga a quanto Shaun of the Dead (L’alba dei morti dementi) faceva con l’horror. E infatti non a caso il regista di quel film Edgar Wright figura qui tra i producers, mentre uno dei due protagonisti (Nick Frost, quello più cicciottello, per farvi capire) ha qui il ruolo di un “coltivatore d’erba”. In pratica Attack the block è la versione riuscita di Paul, l’altro fantascientifico comico con Frost e il compare Simon Pegg (quello biondo di Shaun of the Dead, per farvi capire) uscito qualche mese fa, ma che convinceva e divertiva ben poco.

Comunque rewind e ritorniamo back to the start.
La storia inizia con una ragazza che viene rapinata da una baby-gang di ragazzi yo yo (finti) gangsta, ma la rapina viene interrotta da un coso non ben identificato che piove giù dal cielo. Si tratta di una creatura simile a una scimmia che viene prontamente ammazzata di botte dai ragazzini della banda criminale: “Welcome to London, motherfucka!”.
Dopo questo misterioso accaduto, su Londra cominciano a piovere altri extraterrestri, questa volta più pelosi e inquietanti, dei cosi definiti dei “Gorilla-lupi-alieni-figli di puttana” e tra loro e i nostri (anti)eroi criminali scoppia una lotta interspecie per il dominio del ghetto, qualcosa che assomiglia a una versione aliena de I guerrieri della notte aggiornata ai tempi delle rivolte giovanili inglesi. Riuscite a immaginare qualcosa di più fico di tutto ciò?
Ovviamente no e a dare una spruzzata ulteriore di coolness ci pensa una regia ottima e sicura dei propri mezzi (nonostante sia un film low-budget, per lo meno se paragonata alle produzioni hollywoodiane) dell’esordiente Joe Cornish, uno che - scommettiamo? - potrebbe rivelarsi un nuovo Edgar Wright o giù di lì o magari anche meglio. Ottima pure la fotografia, per un film tra i visivamente più goduriosi degli ultimi tempi. E la goduria si duplica aggiungendovi una spettacolosa soundtrack fornita dai Basement Jaxx, che confermano la tendenza di come le migliori colonne sonore oggi le facciano artisti provenienti dalla scena elettronica, vedi e soprattutto senti i Daft Punk per Tron Legacy, i Chemical Brothers per Hanna e il partner sonoro di Darren Aronofsky Clint Mansell, che negli anni ’90 era nella electro-rock band Pop Will Eat Itself e oggi firma le musiche di tutti i suoi film, da π al Cigno nero.
Insieme al “wooop wooop, that’s the sound of da police” di Krs-One...


...i Basement Jaxx riescono a fornire l’atmosfera giusta tra electro e hip-hop per quello che può essere definito il primo vero film della "dubstep generation" della Storia, in grado di regalarci una fotografia nuda e cruda delle periferie londinesi, aggiungendo al tutto dosi massicce di ironia e pure una vicenda fantascientifica. Anche se in fondo, alieni o meno, la vita nel ghetto è sempre una battaglia. Come dice uno dei protagonisti: “Andare in giro, aspettare di essere assalito in ogni momento? A me sembra solo un giorno come un altro in questo quartiere.”

Attack the block è dunque un cult totale, ma non riesce per un soffio a raggiungere il titolo di capolavoro assoluto; per quello sarebbe stata necessaria una sceneggiatura più stratificata e con magari qualche svolta imprevista. Un maggiore approfondimento sarebbe poi potuto essere fornito ai personaggi, tra cui spicca il leader della baby-gang Moses. Nome biblico da salvatore dell’umanità (compito a cui infatti sarà chiamato ad assolvere), sguardo da gangsta-rapper tipo 50 Cent più espressivo, agilità da ninja, è lui il personaggione del film, mentre le maggiori risate sono fornite dal suo compare bianco Pest, uno dal look a metà strada tra un Bombfunk Mc’s e un Tokio Hotel. Anche se, va detto, manca un re dell’umorismo assoluto come il Nathan di Misfits, una serie che ha un approccio alla comicità quanto alla sci-fi molto vicino a questo film.
Se i Misfits rimangono quindi un gradino sopra, confermando come il mondo della serialità tv abbia ormai messo la freccia di sorpasso sul cinema, una pellicola che viaggia in parallelo a questa è Super 8 di Super J.J. Abrams: opposti per approccio, per sense of humor, per la britannicità vs. l’americanità, per la maggiore crudezza e cattiveria di questo Attack contro la maggior ingenuità spielberghiana dell’altro, entrambi presentano comunque delle bande di ragazzini, dei Goonies moderni, in grado di gettarci dentro avventure pazzesche e far tornare ragazzini pure noi eterni kids. Due film radicalmente differenti, eppure io ho amato entrambi allo stesso modo.

A parte Nick Frost, il cast di Attack the block è composto interamente da attori sconosciuti (e già Nick Frost non è che sia poi così noto…) o del tutto esordienti, ma che sono sicuro rivedremo spesso in giro per produzioni british varie (e magari non solo british), in maniera analoga a quanto successo al cast di This is England; un altro film che riusciva a fotografare ottimamente la gioventù inglese, in quel caso però guardando indietro agli anni ’80 thatcheriani. Ma se parlare del passato può risultare un po’ più facile, visto che si può avere uno sguardo complessivo dell’insieme da lontano, fare un ritratto della società attuale è una sfida più ardua ed è superata brillantemente da questo Attack the block, attraverso riferimenti alla pop-culture odierna (dal cartone Naruto al videogame Fifa), ma anche a un livello più profondo. Moses a un certo punto tenta pure un approccio politico, dicendo che il Governo inglese per eliminare le persone di colore prima ha mandato le droghe, poi le pistole, e quindi gli alieni. Una teoria cospirazionista che suscita le risate immediate degli altri kids, ma che rende bene l’idea del disagio sociale attuale che ha poi generato il panic in the streets of London dello scorso agosto.
Non un film perfetto, ma come le migliori opere prime è in grado di regalare un punto di vista nuovo, diverso, fresco. E, soprattutto, è quanto di più fico potrete vedere quest’anno!
(voto 8+/10)

Chissà se, e quando, Attack the block uscirà mai in Italia. Poco male, anche perché questo è uno di quei film da assaporare rigorosamente in lingua originale con il suo linguaggio del block, quindi non vi resta che cercarlo in rete nei “soliti” posti.

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