(Francia, USA 2012)
Regia: Franck Khalfoun
Sceneggiatura: Alexandre Aja, Grégory Levasseur
Ispirato al film: Maniac (1980) di William Lustig
Cast: Elijah Wood, Nora Arnezeder, America Olivo, Megan Duffy, Genevieve Alexandra
Genere: pazzo stalker serial killer
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Sono un maniaco, maniaco on the floor. E ballo come non ho mai ballato prima. Sono un maniaco per i film anni Ottanta, a parte roba come Flashdance che è una cacchiata pazzesca, diciamolo, e soprattutto per quelli che non sono proprio degli anni Ottanta però lo sembrano. Adoro quei film non anni Ottanta che puzzano di anni Ottanta come Donnie Darko o come Drive. Questo Maniac ricorda proprio Drive. Per i suoi ritmi lenti, pronti a esplodere in lampi di violenza improvvisi e sanguinari. Se fosse uscito prima di Drive, staremmo tutti a gridare al miracolo per questo Maniac, che ha atmosfere simili, una fotografia molto patinata e una colonna sonora electro firmata dal compositore francese Robin Coudert in arte Rob. Invece ha avuto la sfiga di arrivare dopo Drive e quindi non se l’è filato nessuno. A dirla tutta, per quanto abbia un qualcosa di simile, gli manca allo stesso tempo la quinta marcia che Ryan Gosling e Nicolas Winding Refn riuscivano a infilare e questo Maniac resta così dietro a mangiare la polvere, povero lui. Un altro film che ricorda, questa volta proprio degli anni Ottanta, è Maniac. Non è un caso, visto che questa versione 2012 è proprio il remake di quella del 1980.

La cosa cool di un video come “Smack My Bitch Up” dei Prodigy, al di là del geniale finale, è proprio quella di essere girata in soggettiva, però dura 4 minuti appena.

La risposta è ni. Come previsto, la trovata va bene all’inizio, poi dopo un po’ comincia a dare noia. Il film riesce a essere sottilmente inquietante, teso, soprattutto nella prima parte. Più in là cerca di farci sprofondare dentro la mente malata del suo maniacale protagonista stalker, con risultati incerti. I flashback ci riportano dentro i soliti traumi infantili: sua mamma era una gran bella zoccolona e così lui si è trasformato in un serial killer di giovani donzelle tra i 20 e i 30 anni. Piuttosto scontato. Eppure la scelta della soggettiva per gettarci dentro la mente di un maniac è la più azzeccata. Per capire fino in fondo uno psicopatico, cosa c'è di meglio che vedere il mondo attraverso i suoi occhi?
Più che un thriller, una full immersion dentro la vita, dentro la testa di uno stalker fissato con i manichini. Bello, vero?
Un’esperienza intensa che il regista Khalfoun ci fa vivere in maniera completa, supportato però da una poco fenomenale sceneggiatura, scritta da Grégory Levasseur e dal reuccio dell’horror francese fissato con i remake Alexandre Aja, che scivola sui classici stereotipi già visti in un sacco di altre pellicole su serial killer/maniaci/stalker/psicopatici/figli di puttana, e che alla lunga annoia proprio per via di quello che allo stesso tempo è anche il suo punto di forza principale: la (maniacale) ripresa in soggettiva.
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"Questo è quello che capita a chi dice che la saga di Guerre stellari è meglio di quella del Signore degli anelli!" |
(voto 6/10)