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giovedì 15 novembre 2012

Teddy Raspon

"Non è quello che può sembrare. Anzi, sì..."
Ted
(USA 2012)
Regia: Seth MacFarlane
Cast: Mark Wahlberg, Ted, Mila Kunis, Giovanni Ribisi, Aedin Mincks, Joel McHale, Jessica Barth, Bill Smitrovich, Bretton Manley, Sam J. Jones, Tom Skerritt, Norah Jones, Laura Vandervoort, Robert Wu, Jessica Stroup, Melissa Ordway, Ted Danson, Ryan Reynolds
Genere: pu-pazzo
Se ti piace guarda anche: Wilfred, I Griffin, Big, Mamma, ho perso l’aereo

Ted è un film d’autore.
Sono scemo? Sì, ma non è questo il punto.
Volendo, anche i film dei Vanzina possono essere considerati film d’autore. Ciò non implica automaticamente un’etichetta di qualità. Indica solo che tali pellicole sono accomunate da una precisa cifra stilistica. Da una comune visione del mondo. Che poi tale visione coincida, nel caso dei Vanzina, a una visione ancora più triste della vera italietta degli ultimi 30 anni è un dettaglio che in questa sede non ci interessa.
Ted è un film d’autore poiché fotografa alla perfezione lo stile Seth MacFarlane. Roba non da poco, soprattutto per un esordiente totale in campo cinematografico.

"Le didascalie di Cannibal non saranno mai
divertenti quanto le mie battute, ahah!"
Seth MacFarlane, per quei due o tre disgrazieti che non lo sapessero, è il “papà” dei Griffin. I suoi detrattori a questo punto potranno dire che si è limitato a scopiazzare Matt Groening e i Simpson e chiudere lì la questione, ma le cose non stanno così. Sarebbe come dire che ogni pop band venuta dopo i Beatles si sia limitata a riproporre sotto un’altra veste il suono dei Fab Four e…
mmm ok, forse un pochino le cose stanno così.
Partendo da uno spunto simile a quello dei Simpson (che pure già si erano ispirati un bel po’ ai Flintstones), Seth "Genio" MacFarlane ha portato la rappresentazione della tipica famiglia americana su un altro livello di cinismo, ironia e cattiveria. E poi, se i Simpson delle prime stagioni rimangono insuperabili a livello di storie, mentre un’altra serie loro cugina come South Park è il top come satira del mondo in cui viviamo, a livello di pure e semplici risate “ignoranti” i Griffin vincono a mani basse contro tutti gli altri cartoon presenti, passati e (forse) futuri.

Lo stile MacFarlane è poi proseguito nelle sue altre serie a cartoni American Dad! (che a dirla tutta non mi ha mai entusiasmato molto) e The Cleveland Show, spinoff dei Griffin decisamente niente male. E lo stile MacFarlane si è propagato ora anche al cinema, con questo Ted che contiene al suo interno tutti i suoi principali elementi caratteristici.
Dopo il cane Brian dei Griffin, il pesce rosso Klaus Heissler di American Dad! e Tim l’orso di The Cleveland Show, ecco arrivare l’orsetto di pezza Ted. Il tenero orsetto di pezza Ted. Tenero, almeno finché è un piccoletto. Crescendo, passerà dall’essere un orsetto di pezza all’essere un pezzo di m….
No, scherzo. È un orsetto cazzaro, più che un vero villain come il malefico Lotso di Toy Story 3.

"Ciao bei bambini...
morirete tutti!"

A Ted non manca of course nemmeno il tipico humour MacFarlane, che qualcuno può trovare volgare e troppo eccessivo, io lo trovo semplicemente geniale ed esilarante. Un misto tra non-sense, citazionismo pop schizofrenico e momenti di demenzialità totale.
Perché mi fa tanto ridere, il suo umorismo?
Non si può spiegare perché una cosa è divertente. O lo è, o non lo è. Seth MacFarlane è divertente. E Ted è uno spasso totale. Fine della storia.
Anzi, no. Non ho ancora finito.

"Questo va proprio buttato giù in un Flash!"
Altro elemento MacFarlandiano presente sono le musichette da commedia anni ’50 che conferiscono al tutto un’aria leggera, d’altri tempi, e regalano un’atmosfera tipicamente politically correct, mentre ogni volta che i personaggi aprono bocca esce una frase politically incorrect. Ted è giocato alla grande proprio su questo contrasto: da una parte, racconta una fiaba dai toni magici, in cui nel mondo così come lo conosciamo accade all’improvviso un evento inspiegabile. Come in Big con Tom Hanks (chiaramente ispirato al nostro Da grande con Renato Pozzetto) o in Mamma, ho perso l’aereo. Un desiderio diventa realtà, per magia. In questo caso, un bambino che desidera ciò che ogni bambino più desidera, oltre all’esilio di Justin Bieber dalla faccia della Terra: che il suo orsetto diventi vivo.
Mettendola diversamente: Ted è la storia di Pinocchio raccontata dopo che Pinocchio, volevo dire Ted, è stato nel Paese dei balocchi troppo a lungo ed è diventato un cazzaro tossico.

Ted non è quindi solo una commedia sboccata e goliardica. Certo, ci regala una serie di momenti esilaranti, come la scena in discoteca stile La febbre del sabato sera, degna del miglior Leslie Nielsen o del miglior Charlie Sheen. E ancora l’apparizione già cult di Flash Gordon. E ancora una serie di battute da ROTFL, più una serie di citazioni esilaranti, da Susan Boyle a Taylor Lautner fino al mitico Tom Skerritt. E insomma, tutto e intendo TUTTO in Ted fa morire dal ridere. (Specifico però che ho visto il film in lingua originale e non oso nemmeno immaginare i modi in cui la versione italiana abbia potuto martoriare diverse battute e gag di difficile traduzione e quindi nella versione italiana NON TUTTO potrebbe essere altrettanto divertente).

"Hey, di solito sono gli uomini ad avere bisogno del ghiaccio quando mi vedono!
E non sulla fronte..."
Però il film non è solo questo. Non è solo risate da farsi venire il mal di pancia come non mi capitava per un film da… Hot Shots, forse? La sceneggiatura preparata da Seth MacFarlane è perfetta sotto ogni punto di vista. C’è l’amicizia profonda tra Mark Wahlberg e l’orsetto Ted. C’è la parte sentimentale, mai troppo smielata. E qui entra in gioco pure la sgnacchera, visto che il film non si fa mancare niente nemmeno sotto questo punto di vista. Innanzitutto, svetta Mila Kunis su tutto e su tutti, grandiosa e gnoccolosa. Poi ci sono anche Laura Vendervoort, vista nelle serie Smallville e V, Jessica Stroup di 90210, più qualche altra zoccola dal nome tipico da white trash girl come Brandy, Heather, Shanine, Briana, Amber, Sabrina, Melody, Dekota, Ciara, Bamby, Crystal, Samantha, Autumn, Ruby, Taylor, Tara, Tammy, Beck o qualcosa che finisce con Lynn.

Magia, amicizia, amore, figa, ma c’è pure una componente (molto) lievemente thriller, con Giovanni Ribisi che è un cattivo da silenzio degli innocenti comedy.
Frullati dentro Ted ci sono inoltre tutti gli elementi tipici della commediona americana non solo sentimentale, ma pure quella per famiglie. C’è persino la tipica scena in cui Mark Wahlberg canta (tra l’altro a un concerto di Norah Jones!) per riconquistare il cuore della sua amata.
Eppure, tutti questi elementi sono rivisitati dalla visione folle ed esilarante di MacFarlane. Così ad esempio la “serenata” di Mark Wahlberg (a mio avviso non del tutto convincente come protagonista) si trasforma in rissa, le scene romantiche sono annientate da qualche commento sulle scoregge, e anche nei momenti più drammatici la battuta sdrammatizzante salta fuori, boing boing.
"Quell'orsetto è più arrapante di Magic Mike!"
Il tutto senza trasformare la pellicola in una semplice parodia della commedia classica, ma prendendo il modello della commedia classica e stravolgendolo grazie a una dose massiccia di umorismo caustico. E, se vogliamo, nell’antropoformismo di Ted c’è dentro anche un pizzico di Spike Jonze, più sul goliardico andante.

Una magia, dunque. Ted realizza un mio desiderio. No, non quello di Justin Bieber esiliato dalla faccia della Terra. Quello di vedere una commedia che fa ridere dall’inizio alla fine no stop, con varie trovate una più geniale dell’altra al suo interno, e allo stesso tempo sa presentare una storia che, pur priva di grossi elementi di novità, è raccontata bene. Era tanto difficile? Ci voleva proprio qualcuno proveniente dalla tv per realizzarla?
Evidentemente sì.
Seth MacFarlane, ti amo. E lo dico come te lo direbbe l’orsetto idolesco Ted, anche se suona un po’ gay…
(voto 8/10)


lunedì 23 aprile 2012

Me and Mrs. Jones

Ho sempre adorato la voce di Norah Jones.
Perché? Non so perché.
Don’t know why.


Ritorno al passato. Anno 2002. Dal nulla arriva questo incanto di voce vellutata. È una tizia novellina che incide per la Blue Note, storica etichetta jazz. Io non amo molto il jazz, né il jazz-pop, eppure questa Norah Jones mi strega. L’album “Come Away With Me” fa sfracelli nelle classifiche mondiali, nonostante la sua proposta non sia certo vicina al puttan-pop che va per la maggiore. A volte, cose del genere succedono.
Per quanto mi riguarda, un ringraziamento per avermela fatta scoprire va a Napster. Senza Napster, un disco del genere non l’avrei mai filato manco di striscio. 20 euri per comprarsi un album di jazz-pop? Col cazzo, non ci penso nemmeno. Per fortuna però grazie al file-sharing è diventato possibile ampliare il proprio ventaglio musicale all’infinito e approfondire l’ascolto di artisti cui altrimenti non si sarebbero date grosse chance.
Napster, la cosa migliore capitata alla musica d.K., dopo Kurt.

Con gli album successivi, per quanto a tratti sempre incantevoli, è cominciata a emergere un po’ di maniera, un po’ troppo di mestiere, tanto che qualcuno ha cominciato a chiamarla Noia Jones. Non io, che pensate? Però è pur vero che una maggiore varietà musicale non sarebbe guastata…
E infatti la stessa Noia, pardon Norah Jones se n’è accorta e ha provato a variare la sua proposta. Si è dedicata al rock, vabbè diciamo al quasi rock, e al country cantando con la band Little Willies, ha collaborato con Danger Mouse e Daniele Luppi per il loro fascinoso album “Rome”, se n’è uscita con il disco “Featuring” in cui ha riletto i suoi brani con un branco di variegati collaboratori, dai Belle and Sebastian ai Foo Fighters, e si è persino dedicata al cinema, con Un bacio romantico - My Blueberry Nights di Wong Kar-Wai, pellicola in cui fa la sua ottima figura come attrice ma che mi ha annoiato terribilmente, nonostante il cast pazzesco (c’erano anche Natalie Portman, Jude Law e Rachel Weisz!).
Finita la breve Norah Jones story, ora dedichiamoci al suo nuovo, nuovissimo album.

Norah Jones “…Little Broken Hearts”
Genere: pop
Provenienza: New York City
Se ti piace ascolta anche: Katie Melua, Danger Mouse & Daniele Luppi, Little Willies, Jamie Cullum

Fin dalla copertina, Norah si presenta in una veste rinnovata, con un’immagine molto cinematografica, molto B-movie, molto Grindhouse, molto Russ Meyer (è infatti è un diretto omaggio al suo film Mudhoney). Oh yeah. E come produttore troviamo Danger Mouse, con cui come detto sopra aveva già collaborato al disco Rome. Oh yeah, again. Tutto molto figo. Chi se lo sarebbe aspettato, da una (apparentemente) seriosa cantante jazz?


"Grazie Cannibal per la recensione positiva.
Preferisci essere ricompensato in denaro o in natura?
Il primo pezzo si chiama “Good Morning” e io mi immagino Norah Jones fare “Goooooooooooood Morning Vietnam” come Robin Williams. Ma non credo sia proprio la tipa…
…e infatti, il suo "Good Morning" è un sussurro delicatissimo che suona perfetto per un dolce risveglio.
Nonostante il cambio di immagine, a livello musicale Norah rimane dentro territori meno estremi e coraggiosi, ma non per questo meno affascinanti. La sua voce è infatti capace da sola di trasportare in un’altra dimensione.
Il tocco di Danger Mouse alla produzione un pochino comunque si fa sentire, aggiungendo un maggiore groove in brani come “Say Goodbye”. Non aspettatevi di ballare Norah in disco, a meno dell’uscita di un remix clamoroso, ho solo detto che c’è qualche groove in più. Meno atmosfere jazzate, più groove del tipo noir alla David Lynch. Oh sì, si senta “4 Broken Hearts”.

I territori privilegiati della Jones rimangano però quelli della ballata rilassata e chill-out. Grande al proposito la languida e sexy “After the Fall”. Scialla, raga. Scialla.
“Happy Pills” poi è la hit-pillola perfetta, con un coretto di quelli capaci di rimanere incollati in testa. Il suo solo peccato è quello di essere una canzone forse troppo raffinata per trasformarsi in un grande successo di massa. Le era riuscito il grande colpo con “Don’t Know Why” e "Sunrise", ma certe cose difficilmente si ripetono. La massa può diventare raffinata una volta, forse due. Difficilmente capita pure una terza volta.


...E si arriva alla fine costretti a riaprire gli occhi. Perché, come canta Norah nel brano finale, è stato tutto un sogno. All a dream.
(voto 7+/10)

venerdì 24 settembre 2010

Scrivimi d'amore

Belle and Sebastian “Write about love”
Il nuovo disco dei Belle and Sebastian mi ha fatto un po’ lo stesso effetto del film “An Education”. Si ascolta con piacevolezza ma senza sconvolgere particolarmente, non subito almeno. Eppure, dentro ti lascia qualcosa. Un retrogusto anni Sessanta buono, ecco. Sensazioni analoghe alla visione della pellicola inglese.
“Write about love” probabilmente non verrà ricordato come il miglior album dei Belle and Sebastian, gruppo scozzese cult assoluto nonché forse LA indie band per eccellenza (insieme ai Pavement). Ma questo solo perché il gruppo scozzese di dischi grandiosi ne ha già registrati troppi.

Per provare a colmare la sua assenza, il leader Stuard Murdoch oltre ad avvalersi della gradevole Sarah Martin (alias Isobel Campbell 2.0) ha così reclutato due ospiti illustri. Norah Jones in “Little Lou, Ugly Jack, Prophet John” è talmente a suo agio che il pezzo sembra suo; fa uno strano effetto sentire cantare Norah su un album dei B&S, ma la canzone è tra le cose più notevoli della raccolta. L’altra guest-star è Carey Mulligan. Sì, l’attrice nominata agli Oscar proprio per il citato “An Education” canta nel primo singolo e pezzo che dà il titolo al disco intero: “Write About Love”.
E allora tutto torna. Questa è una nuova education sentimentale firmata Belle and Sebastian, stavolta non da colpo di fulmine immediato, da infatuazione che cresce nel tempo invece.
Ma pur sempre di amor si tratta.
(voto 7,5)


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