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martedì 19 febbraio 2019

Chi sarà la mia favorita: Rachel, Olivia o Emma?





La favorita
Regia: Yorgos Lanthimos
Cast: Olivia Colman, Rachel Weisz, Emma Stone, Nicholas Hoult, Joe Alwyn, Mark Gatiss


Quando mi parlano film o di serie TV in costume, la prima cosa che mi viene in mente, nonché la mia favorita, è questa...

venerdì 22 gennaio 2016

The Lobster: se trovo la donna giusta, me la ciuccio come un'aragosta





The Lobster
(Grecia, Irlanda, UK, Francia, Olanda, USA e poi basta 2015)
Regia: Yorgos Lanthimos
Sceneggiatura: Yorgos Lanthimos, Efthymis Filippou
Cast: Colin Farrell, Rachel Weisz, Léa Seydoux, Olivia Colman, Jessica Barden, John C. Reilly, Ben Whishaw, Angeliki Papoulia, Ariane Labed
Genere: animalesco
Se ti piace guarda anche: The Leftovers, Black Mirror, Mood Indigo - La schiuma dei giorni, Kynodontas, Alps, Fahrenheit 451

Se vi capitasse, cosa probabile, di dovervi reincarnare in un animale, quale scegliereste?
Io vorrei essere un gatto. Sono i miei animali preferiti. Sono indipendenti. Fanno la pipì e la popò senza aver bisogno di qualcuno che li accompagni. Dormono quasi sempre. Gli piace la pussy. Non combinano un cavolo tutto il giorno e vanno a zonzo per discoteche, bar e locali la notte. Si godono la vita alla grande e, in più, se la godono per 9 volte. Chi se la passa meglio di loro?

lunedì 14 luglio 2014

I GIVE IT A YEAR, IL FILM CHE TRA UN ANNO NON RICORDERETE MANCO PER SBAGLIO




I Give It a Year
(UK 2013)
Regia: Dan Mazer
Sceneggiatura: Dan Mazer
Cast: Rose Byrne, Rafe Spall, Anna Faris, Simon Baker, Stephen Merchant, Olivia Colman, Alex Macqueen, Jane Asher, Minnie Driver, Jason Flemyng
Genere: a scadenza rapida
Se ti piace guarda anche: 5 anni di fidanzamento, Quattro matrimoni e un funerale, Questi sono i 40

Ci sono delle coppie talmente improbabili che, appena le vedi, dai loro un termine di scadenza.
Elisabetta Canalis e Maccio Capatonda, tanto per fare un esempio a caso, quanto potevano durare insieme? Tempo pochi mesi e si sono mollati.
La coppia più improbabile del 2014 è invece quella formata dal femmineo Zac Efron e dalla mascolina Michelle Rodriguez. Dureranno quanto, fino alla fine dell’estate? Pensate arriveranno a tagliare el panetùn?
Inguaribili ottimisti romanticoni che non siete altro!
Tra le coppie con la data di scadenza impressa a fuoco sulla pelle c’è anche quella protagonista di I Give It a Year composta da Rose Byrne e Rafe Spall. Quando si sposano, i loro amici danno al loro matrimonio un anno massimo di durata. Ce la faranno a raggiungere tale fatidico obiettivo? Si molleranno prima? Oppure smentiranno tutti e dimostreranno che il loro è vero amore, destinato a durare forever and ever, proprio come quello tra Robert Pattinson e Kristen Stewart di Twilight?

Ah… si sono lasciati?
Ok, allora ho sbagliato esempio.
L’amore dei protagonisti di questo film sarà destinato a durare per sempre come quello di Albano & Romina...

Come? Non stanno più insieme nemmeno loro? E da anni? E lui sta pure per risposarsi con la Lecciso?
Ok, la pianto anch’io. La pianto con gli esempi e mi concentro sul film.
La splendida e bravissima Rose Byrne (Damages, Insidious, Le amiche della sposa) è la classica tipa seriosa, a modo, tranquilla, precisina, molto… compassata. Non credo di aver mai usato questo aggettivo in vita mia, però credo sia arrivata l’occasione buona per farlo. Rose Byrne è la classica tipa compassata, credo che descrizione migliore non sia possibile.
Il suo neo maritino Rafe Spall (attore piuttosto anonimo di recente visto in Vita di Pi e Prometheus) è invece il classico cazzaro. Pure in questo caso credo che descrizione migliore non sia possibile. È uno pseudo scrittore che sta lavorando al suo difficile romanzo numero due, non prende le cose molto sul serio, da buon inglese quale è se ha la possibilità di bere si ubriaca di brutto.
I due non hanno granché, diciamo nulla, in comune. Se a ciò aggiungiamo che hanno preso la decisione avventata di sposarsi solo perché superata la soglia dei 30 anni si sentivano in dovere di farlo e il fatto che uno non sopporti le fissazioni e stranezze dell’altro (come la mania di Rose Byrne di storpiare le parole delle canzoni), il loro matrimonio sembra destinato a breve durata. La stima di un anno è persino generosa.
A complicare ulteriormente il loro rapporto ci pensano due “esterni” alla loro relazione. La ex di lui, una Anna Faris più imbruttita e meno simpatica del solito, e poi il piacione di turno, Simon “The Mentalist” Baker, che avrà a che fare con Rose Byrne per lavoro e poi magari non solo per lavoro…

Se avete letto fino ad ora senza annoiarvi troppo, l’avrete capito: I Give It a Year è una tipica commedia romantica che affronta, così come molti altri titoli recenti analoghi, da 5 anni di fidanzamento a Questi sono i 40, il tema del matrimonio e della difficoltà di far durare a lungo una relazione nel mondo precario in cui viviamo. Niente di nuovo, niente di memorabile. La romcom si lascia comunque vedere con una certa gradevolezza, fornita soprattutto dalla britannicità del tutto che regala qualche momento di cattiveria maggiore rispetto a prodotti simili d’Oltreoceano. E poi perché ha un cast di buon livello in cui, oltre a una sempre efficace Rose Byrne, si segnalano in piccoli ruoli una a sorpresa divertente Olivia Colman (quella tipa seriosa di Tyrannosaur e della serie tv Broadchurch) e l’amichetto di Ricky Gervais Stephen Merchant (quello della serie Hello Ladies) che regala al film le battute più volgari, politically incorrect e allo stesso tempo anche divertenti.
In bilico tra commedia sentimentale classica e voglia di azzardare qualcosa di più coraggioso, I Give It a Year è una di quelle visioni ideali per una serata di leggero ed estivo disimpegno, ma che poi si dimenticano in poco tempo. Quanto? Un anno?
Troooppo ottimisti. Pochi giorni e il ricordo di questo film sarà già svanito.
(I give it a 5,5/10)

martedì 20 agosto 2013

LE SERIE TV DELL’ESTATE




In attesa dell’autunno e dell’arrivo di una miriade di nuove serie tv, anche l’estate ha proposto qualche novità telefilmica. A dirla tutta, l’unica new entry davvero eclatante è stata Orange Is the New Black, cui sarà dedicato un post a parte, mentre per il resto ci siamo dovuti accontentare di quello che ha passato il convento.
Ed ecco quello che il convento sta passando quest’estate.

The Bridge
Un’altra serie crime americana?
Ebbasta, però…
Però c’è un però. Si tratta di una serie americana, oookay, però è anche mezzo messicana. Preciso: la produzione è yankee al 100%, ma ambientazione e personaggi sono per metà sudamericani.
La storia parte con il ritrovamento di un cadavere piazzato esattamente in mezzo a un ponte sul confine tra USA e Mexico. A occuparsene sarà così una bionda mezza autistica agente americana precisetti, Diane Kruger, con l’aiuto di un più rilassato e cazzaro detective messicano, Demián Bichir, attore nominato agli Oscar per A Better Life. Da questo mix ne nasce una serie non imprescindibile, eppure in grado di distinguersi quel minimo che basta dal resto del panorama crime per lasciarsi seguire con discreta curiosità. Tra i pro della serie c’è in particolare proprio la componente mexicana, tratto distintivo rispetto alla concorrenza, mentre non convince la crucca Diane Kruger nei panni della solita agente con un intuito geniale ma un comportamento socialmente discutibile; in pratica un improbabile incrocio sexy tra il Dr. House e il protagonista di Perception.
The Bridge, una serie ponte che congiunge il già visto con il guardabile.
(voto 6+/10)

"Guardate questo sito, Pensieri Cannibali..."
"Può esserci utile per risolvere il nostro caso?"
"No, però è un'inesauribile fonte di cazzate!"

"Mamma, so nuotare perfettamente. Non ho bisogno di quei salvagente."
"Infatti non sono per te. Sono per Cannibal."
Camp
Gli americani negli ultimi tempi si sono messi a fare remake di produzioni internazionali non solo al cinema, ma anche in tv. Ne sono esempi Homeland, The Killing, e anche la sopracitata The Bridge che si ispira alla serie danese/svedese Bron. Camp non rientra in questo gruppo di serie. Sembra la versione yankee dell’inglese Beaver Falls, ma in realtà non lo è. Diciamo allora che anziché tra i remake, rientra tra le copie più o meno spudorate. Anche qui si racconta di un campo estivo con un tocco leggero e da commedia, che però non si fa mancare (rare) sfumature drammatiche, soprattutto per via del fatto che uno dei protagonisti ha dei seri problemi di salute e lo tiene nascosto a tutti, proprio come in Beaver Falls. A mancare rispetto a Beaver Falls è la cazzonaggine britannica. In Camp tutto funziona in maniera più precisa, più americana, cosa che significa anche un maggior spazio per i buoni sentimenti e per la celebrazione dei valori famigliari, oltre a un più ridotto spazio per humour e situazioni scorrette. Nonostante lo spunto scopiazzato e un cast ben poco eccezionale composto da una Rachel Griffiths (quella di Six Feet Under e Brothers & Sisters) poco a suo agio con il genere comedy e da una serie di volti emergenti che probabilmente non emergeranno mai, è un prodotto talmente perfetto per l’estate che una visione fino a che la bella stagione non è finita ci sta tutta. Poi no. Non provate a guardarlo terminata l’estate. Con l’arrivo dell’autunno, questo Camp potrebbe risultare gravedole quanto un soggiorno in un camp di concentramento.
(voto 6/10)

Siberia
L’idea geniale (insomma…) di questa serie tv estiva di NBC è quella di proporre un incrocio tra un telefilm e un reality-show, il tipico programma estremo stile Survivor o L’isola dei famosi. Qualcosa di simile era già stata fatta dagli inglesi con Dead Set, in cui gli zombie si impossessavano del Grande fratello, quindi i presupposti per realizzare qualcosa di valido c’erano. Il risultato è invece una serie tv che come serie tv non vale una cippa e persino come reality-show sarebbe ‘na schifezza.
Piuttosto che un’estate a vedere una serie del genere, meglio una vacanza nella vera Siberia.
(voto 3/10)


"Ma uffi, perché mi danno sempre delle famiglie disastrate?"
Run
Mini-serie inglese composta da 4 episodi che parte con uno scatto felino e poi sulla lunga distanza rallenta la falcata e finisce col fiatone. Intendiamoci, Run è un prodotto di qualità notevole. La serie di Channel 4 si distingue per una notevole messa in scena di stampo cinematografico e 4 notevoli prove di recitazione da parte dei 4 attori protagonisti di una puntata ciascuno. Laddove il primo episodio con la solita immensa Olivia Colman (quella di Tyrannosaur e Broadchurch) ci getta in mezzo alle strade di Londra e ci fa appassionare alla sua storia di madre single alle prese con due figli teenager teppisti, con il secondo dedicato a una ragazza orientale (Katie Leung) che vende DVD piratati per strada si comincia a perdere un po’ ritmo e interesse. Il livello scende poi ancora con la storia piuttosto prevedibile di un fattone di crack (Lennie James) che cerca di ricongiungersi con la figlia e con quella di una ragazza polacca (interpretata dalla tedesca Katharina Schüttler) che rimane vedova.
A non funzionare troppo sono i legami, piuttosto blandi, tra le varie vicende. Storie disperate di persone in fuga, che sia dalla legge o dal proprio passato poco conta, che fotografano una vita durissima in quel di Londra, lontana anni luce dalle solite rappresentazioni glamour.
Se fosse una serie italiana ci sarebbe da gridare al miracolo. Trattandosi di una produzione inglese, dopo il primo valido episodio era lecito aspettarsi qualcosa di più. Tecnicamente notevolissima, però noiosa. Con una partenza entusiasmante stile finale dei 100 metri e che invece avvicinandosi al traguardo diventa elettrizzante quanto guardare una maratona…
(voto 6-/10)

"Non piacciamo a Cannibal? Pazienza, tanto quello è più Underemployed di noi."
Underemployed
Ooh, finalmente una serie attuale, che affronta il tema della crisi e del precariato giovanile!
Bene, bene. Dopo Mario, Mtv mette a segno un altro centro…
L’entusiasmo iniziale svanisce dopo pochi minuti di visione. Sì, le tematiche sono quelle di oggi, è facile ritrovarsi nelle situazioni dei protagonisti, però la serie non funziona. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, dritti in un telefilm anni ’90 di quelli poco riusciti, di quelli cancellati dopo una sola stagione, destino difatti capitato anche a questo Underemployed. Gli attori sono tutti penosi, i personaggi sono chi più chi meno parecchio odiosi, gli stereotipi abbondano, la noia prevale, ogni situazione sa di già visto e non si raggiunge nemmeno il minimo indispensabile per una visione estiva. Underemployed non è sottoccupato, né sottovalutato, ma lo attende lo stesso destino precario dei suoi protagonisti. Anzi, più che un lavoro precario si merita proprio di essere licenziato.
(voto 5-/10)

La zombie e lo psyco.
Twisted
Serie trash dell’estate. Nel senso piacevole del termine. O quasi. Accoppiato in programmazione negli Stati Uniti da ABC Family con Pretty Little Liars, sembra una versione sfigata delle bugiardelle zoccolette migliori del piccolo schermo.
Lo spunto di partenza in ogni caso è molto interessante. La storia è incentrata su Danny Desai, un 16enne che viene rimesso in libertà dopo 5 anni di carcere minorile per aver ucciso sua zia. Come pensate sia l’accoglienza nel liceo di una piccola cittadina di provincia per un baby killer del genere?
Danny viene ovviamente guardato da tutti con sospetto, soprattutto dopo che in città viene misteriosamente uccisa una ragazza della high school… Altrettanto naturalmente, il sospettato numero 1 sarà lui.
Al di là di tutte queste morti e tragedie, la serie viaggia sui territori del teen drama tradizionale, con la componente thriller che rimane sullo sfondo. Se i presupposti non sono malaccio, a funzionare poco sono i protagonisti e relativi interpreti: innanzitutto il protagonista, un imbambolato Avan Jogia che non riesce a rendere un personaggio potenzialmente tanto complesso e sfaccettato e che in teoria sarebbe potuto essere una versione teen del Daniel Holden della ben più notevole serie Rectify. Maluccio anche le due amichette di Danny, Maddie Hasson e Kylie Bunbury. Addirittura terrificante Denise Richards, bomba sexy negli anni ’90 ai tempi di Sex Crimes e Starship Troopers e oggi zombie rifattissima dalla mono espressione alla Mara Carfagna.
Serie modesta, insomma, che se non altro a differenza di Underemployed raggiunge il minimo indispensabile per farsi vedere come intrattenimento trash estivo. Basta non pretendere di più…
(voto 5,5/10)

The White Queen
Game of Thrones se fosse una fiction Mediaset scritta da Stephenie Meyer.
(voto 5/10)

"Meno male che ai nostri tempi la tv non esisteva ancora..."

domenica 18 agosto 2013

TYRANNOSAUR NON E’ IL NUOVO JURASSIC PARK




Tyrannosaur
(UK 2011)
Regia: Paddy Considine
Sceneggiatura: Paddy Considine
Cast: Peter Mullan, Olivia Colman, Eddie Marsan, Sian Breckin, Paul Popplewell, Ned Dennehy
Genere: brit
Se ti piace guarda anche: un film di Ken Loach può andare

Questo film si chiama Tyannosaur. Perché Tyrannosaur?
Il significato del titolo, come spiega a un certo punto il protagonista, ha a che vedere con Jurassic Park. Prima che vi venga il dubbio: a parte tale piccolo particolare, questo film non c’entra nulla con Jurassic Park. Proprio nulla.
Tyrannosaur è una pellicola bastarda, lontana anni luce e soprattutto ere geologiche dal cinema avventuroso di Spielberg. Una pellicola bastarda, di quelle da far rientrare nella scena del neorealismo britannico più crudo e vero, quello alla Ken Loach, per intenderci, ma meglio di Ken Loach e come protagonista, non a caso, c'è il Peter Mullan di My Name is Joe. Per il suo esordio dietro la macchina da presa, l’attore Paddy Considine, visto pure lui in varie pellicole british neorealiste e non, ha scelto una storia di due solitudini che si incontrano.
Prima che vi venga questo ulteriore dubbio: non è La solitudine dei numeri primi in salsa inglese. Thank you, God.

Tyrannosaur è un film incisivo, che ti scava dentro anche al termine della visione e ti lascia qualcosa. Non un capolavoro ma “solo” un buon esordio, per il Paddy Considine, in grado di gettare delle basi solidissime per una carriera dietro la macchina da presa brillante quanto e forse ancor più di quanto fatto finora in fronte ad essa.
A meno che non siate proprio patiti della scena cinematografica UK, rinfreschiamo la memoria su chi sia Paddy Considine: è quella faccia da tipico britannico che passa più tempo al pub che nella sua casetta a schiera con giardino visto nel cult Submarine, in Now Is Good, in In America, in 24 Hour Party People, in My Summer of Love, in Hot Fuzz e pure in qualche altra parte, persino in grosse produzioni americane come The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo e Cinderella Man.
Non avete ancora capito chi sia?
Understandable, quindi eccovi il suo faccione.


"Beccati questa, Steven Spielberg!"
Se ancora non siete convinti del fatto che questo film NON sia l’erede di Jurassic Park, vi anticipo in breve la trama: il protagonista è una sorta di hooligan ormai invecchiato che se ne va in giro a fare risse, persino con delle baby gang, e a ubriacarsi. Beve davvero un sacco. No big deal. Tutti gli inglesi bevono davvero un sacco. Lui però ha anche un sacco di scatti di rabbia improvvisi. In preda a un raptus, arriva persino a uccidere un cane. Non solo, arriva persino a uccidere un secondo cane. E la morte di un animale in un film è una delle cose più crudeli che possano capitare, insieme alla morte di un bambino, o forse anche peggio. Nelle pellicole violente può infatti succedere di tutto, ci possono essere sbudellamenti splatter e massacri di decine e decine di persone con una katana e va ancora bene, però la morte di un animale no, è qualcosa di davvero duro da reggere. E questo qui uccide non solo un cane, ma addirittura due.

"Certo che il finale di Broadchuch è stato una vera bastardata. Al confronto,
essere sposata con Eddie Marsan in Tyrannosaur è stata 'na passeggiata."
Nel mare di disperazione in cui sta affogando la sua vita, un’ancora di salvezza gliela lancia una tizia (la bravissima Olivia Colman della serie Broadchurch), la proprietaria di un negozietto di vestiti, che ha un’esistenza disperata quanto la sua. Forse ancor di più, du du du. State già pensando che i due ci daranno dentro come animali, come tyrannosaur magari, e avranno tanti bei bambini alcolizzati e infelici?
Aspettate un momento, perché lei è già sposata con Eddie Marsan. Quello con la faccia da topo. Quello che, sempre se non siete fan sfegatati della (ottima) scena cinematografica UK attuale, vi rinfresco la memoria segnalandovelo in film come La scomparsa di Alice Creed, Happy Go Lucky, Heartless, London Boulevard, ma è apparso anche in Sherlock Holmes, V per Vendetta, The New World, Mission: Impossible III, adesso è nella serie americana Ray Donovan e, insomma, da qualche parte l’avrete pur visto.
Non vi viene in mente?
Eccovi pure il suo faccione.


Se non l’avete ancora capito, questa è una pellicola inglese bastarda. Nuda e cruda. Che vi colpirà feroce come un tyrannosaurus rex. Anche se a dirla tutta nel finale avrebbe potuto colpire in maniera ben più cattiva.
E, tanto per ribadirlo un’altra volta, nel caso ve lo steste ancora chiedendo: no, NON è il nuovo Jurassic Park.
(voto 7/10)

"Proprio sicuri che io non c'entri niente?"



giovedì 23 maggio 2013

BROADCHURCH, LACRIME VIRILI



Broadchurch
(stagione 1)
Rete britannica: ITV
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Chris Chibnall
Cast: David Tennant, Olivia Colman, Jodie Whittaker, Andew Buchan, Jonathan Bailey, Vicky McClure, Arthur Darvill, Charlotte Beaumont, Adam Wilson, Joe Sims, David Bradley, Simone McAullay, Tanya Franks
Genere: ragazzina scomparsa  ragazzino scomparso
Se ti piace guarda anche: The Killing, Il sospetto, Les Revenants

E mi sento come chi sa piangere, ancora alla mia età, e ringrazio sempre chi sa piangere di notte alla mia età,” cantava Tiziano Ferro, poco tempo prima di dichiarare di essere gay.
Okay, forse questa non è la citazione più adatta… Riproviamo.

Boys don’t cry,” cantava Robert Smith dei Cure.
Boys don’t cry, un cazzo, caro Robert. I boys piangono eccome.
E allora mi sa tanto che nemmeno questa è la citazione più adatta, quindi ci rinuncio e vado subito al sodo. Provate a vedere Broadchurch e a non piangere, o perlomeno a non farvi venire i lucciconi agli occhi, insensibili cattivoni che non siete altro.
Non pensate però subito male. Broadchurch non è una serie triste. Non un triste deprimente di quelli che preferiresti essere andato a un rosario. Più che altro si tratta di una serie molto emotiva. Di quelle che ti fanno venire i brividi. Brividi di paura. Era da parecchio tempo che non vedevo qualcosa che mi angosciasse tanto. E soprattutto fa venire brividi di emozione. Quelli che si provano perché magari ha appena piovuto ed è una serata frescolina, oppure perché si sta guardando qualcosa in grado di toccare delle corde davvero delicate.

"30 sterline al giorno per un ombrellone e due lettini?
Portatemi via che li ammazzo!"
La vicenda quivi narrata è di quelle classiche, con una variante: rispetto a Twin Peaks, The Killing, Amabili resti, Yara, Sarah eccetera, la tragedia in questo caso non riguarda una ragazzina, bensì un ragazzino ucciso. Un bambino di 11 anni. Il suo corpicino senza vita viene ritrovato su una spiaggia. Chi l’avrà ammazzato? I famigliari? Qualcuno a lui vicino? Un pazzo serial killer? I zingari?
Non lo sappiamo. O, meglio, io lo so. All’inizio non lo sapevo, ma dopo aver visto tutta la prima stagione, lo so. Cosa non scontata. Al termine della season vi assicuro che si ha una risposta al giallo, senza dover aspettare anni come nel caso di Pretty Little Liars, che dopo 3 stagioni, siamo ancora lì come dei babbi ad attendere che ci rivelino chi ha ucciso Alison DiLaurentis. Cosa che ATTENZIONE INIZIO SPOILER SU PRETTY LITTLE LIARS magari non succederà nemmeno, visto che forse Alison non è mai manco morta FINE SPOILER SULLE PRETTY LITTLE ZOCCOLAS).

"Mannaggia, mi son dimenticata il cappellino. Adesso mi prendo una scottatura..."
Nonostante in questo caso la vicenda riguardi un ragazzino anziché la solita ragazzina scomparsa, non si tratta di niente di troppo nuovo rispetto ad altri thriller. La prima puntata mi era piaciucchiata, ma non mi aveva convinto del tutto. E nemmeno la seconda, la terza e la quarta. Alla quarta mi ero persino preso una pausa di riflessione.
Dopo qualche tempo ho deciso di riprendere la visione e, dal quinto all’ottavo episodio ho dovuto fare una full immersion per scoprire come andava a finire.
Era da un sacco di tempo che un thriller non mi suscitava una tale curiosità. Io amavo il genere thriller, una volta. Da bambino. Il silenzio degli innocenti e Twin Peaks sono per me le più fondamentali tra le visioni fondamentali. Negli ultimi tempi ho invece fatto davvero una fatica del diavolo a trovare dei gialli anche solo di un livello lontanamente paragonabile a quelli. Sì, c’era stata la serie The Killing, davvero niente male, anche se lì il caso l’hanno tirato parecchio per le lunghe, donandoci una risoluzione solo dopo due stagioni.
Dalla seconda metà di season in poi, Broadchurch è riuscito invece a catturarmi come nessun altro thriller recente. Una volta che entri nel clima teso, cupo, inquieto molto British della serie, ti trovi anche tu su quella spiaggia. Davanti a quelle onde, insieme alla splendide musiche composte dall'amichetto dei Sigur Ros Ólafur Arnalds, e tutto ciò che vuoi sapere è quello che vogliono sapere i due detective splendidamente interpretati da David Tennant e Olivia Colman: chi è stato? Chi ha ucciso il piccolo Danny? Perché l’ha fatto?
IO DEVO SAPEREEEEEEEEEEEEEEE

"Confermo ciò che tutti sospettavano: sono stati i zingari."
Questo è l’effetto che un thriller deve provocare. Questo, o magari anche una reazione un filo meno isterica, che altrimenti c’è bisogno di riaprire i manicomi.
Broadchurch è un thriller dal ritmo in crescendo, che sa come piazzare i colpi di scena al punto giusto, ti indirizza in una direzione e poi ti spiazza, sa sorprendere, stupire quando meno te lo aspetti e colpire al cuore.
E sa far piangere.
Dopo aver visto questa serie, seguitissima nel Regno Unito, persino i Cure si sono dovuti ricredere e reincidere il loro celebre pezzo: boys cry. I ragazzi piangono. E se non piangete guardando questa serie siete degli insensibili cattivoni e provo pena per voi e mi fate piangere
UEEEEEEEEEEEEEE’
(voto 8+/10)

P.S. Broadchurch avrà una seconda stagione. Di quale caso tratterà, non è dato sapere. Ma io voglio sapere.
IO DEVO SAPEREEEEEEEEEEEEEEE



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