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mercoledì 24 settembre 2014

MAPS TO THE STARS, MAPPANDO CON LE STELLE





Maps to the Stars
(Canada, USA, Germania, Francia 2014)
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: Bruce Wagner
Cast: Mia Wasikowska, Julianne Moore, John Cusack, Robert Pattinson, Evan Bird, Olivia Williams, Sarah Gadon, Carrie Fisher, Emilia McCarthy, Niamh Wilson, Justin Kelly, Jayne Heitmeyer
Genere: stellare
Se ti piace guarda anche: The Canyons, Cosmopolis, The Informers – Vite oltre il limite

Maps to the Stars è un film superficiale e allo stesso tempo è un film stratificato.
Maps to the Stars è un classico film di David Cronenberg anche se a prima vista non sembra per niente un classico film di David Cronenberg.
Maps to the Stars è un film che qualcuno ha sbeffeggiato/sbeffeggerà e qualcuno ha eletto/eleggerà a capolavoro come e più del precedente Cosmopolis.
Maps to the Stars è una contraddizione vivente e anche questa frase è una contraddizione, poiché un film non può essere considerato qualcosa di vivente. Oppure sì?

Dentro Maps to the Stars c'è vita, per quanto tutto appaia artificiale. La vita delle star di Hollywood è così. Probabilmente è così, non posso dirlo con certezza. Sono mica una star di Hollywood, io. Se volete delle conferme andate a chiederlo a Robert Pattinson, o a Julianne Moore, o a John Cusack, o a Mia Wasikowska, le star di questa mappa delle star. Oppure andate a chiederlo a David Cronenberg, che a girare questa pellicola dev'essersi divertito un mondo, pigliando allegramente per i fondelli il mondo dello star-system.
Qualcuno potrà dire che il grande regista canadese ormai ultrasettantenne si è bevuto il cervello. Dopo aver visto l'orripilante A Dangerous Method qualche dubbio l'ho avuto pure io. Invece no. Cosmopolis era confuso, pieno di dialoghi assurdi tratti dall'assurdo romanzo omonimo di Don DeLillo, eppure aveva una sua forza visiva e riusciva in qualche modo a riflettere l'assurdità del mondo della finanza attuale, così come l'assurdità del mondo attuale in generale. Non si trattava di un lavoro del tutto riuscito, così come Maps to the Stars non appare del tutto riuscito. Allo stesso tempo, questo suo ultimo lavoro possiede ancora più del precedente una terribile forza vitale. Una spinta creativa che da un autore di 71 anni che al Cinema ha già dato molto non ci si aspetterebbe. Un autore che guarda al suo passato, soprattutto quello più recente, con un'ironica citazione di Cosmopolis: se in quel film Robert Pattinson, il suo nuovo attore feticcio (ma peeerché?) stava un'intera giornata dentro una limousine come passeggero, qui lo ritroviamo di nuovo a bordo di una limo, ma questa volta come autista. Ma soprattutto, Cronenberg è un autore che guarda al presente. La pellicola prende di mira l'ambiente hollywoodiano attuale in un sacco di modi e contemporaneamente il Cronenberg non manca di ironizzare anche su se stesso: “Un regista che ha fatto degli strani film, molto applauditi ma strani,” dice un giornalista durante un'intervista,” e non possiamo che pensare si riferisca a un regista come lui. Uno che oggi, tra Cosmopolis e questo Maps to the Stars, magari ci proporrà dei film più patinati, visivamente puliti e precisini e con dei cast super glamour rispetto al passato, ma pur sempre dei film strani.

I bersagli dell'ironia cronenberghiana, o meglio dello script di tale Bruce Wagner, sono molteplici. Un po' stereotipati, se vogliamo, ma alcuni capaci di regalare parecchie sorprese, soprattutto nel finale. Una serie di personaggi le cui vite sono intrecciate e che possiamo immaginare come delle figure piuttosto facili da incontrare, se si ha la fortuna (o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) di passeggiare per il Sunset Boulevard.
C'è l'attrice MILF Julianne Moore ossessionata dal confronto con la madre defunta diva del grande cinema di una volta, sopratutto ora che si ritrova con una carriera in fase calante come le sue tette. Anzi, più delle sue tette che qui si difendono ancora bene, visto che la Moore a 50 anni passati sfoggia un fisichino mica male.

"AAAH! Mi sono fatta il culo in palestra per mesi per sentirmi dire solo:
fisichino niente male???"

C'è l'autista di limo aspirante attore/sceneggiatore Robert Pattinson.
Io non ho niente contro Robert Pattinson, così come non ho nessun pregiudizio contro gli ex idoli adolescenziali che crescendo cercano di reinventarsi una carriera rispettabile. Parlo sempre bene di Zac Efron e di Leo DiCaprio, tanto per citare due ex teen idols. Di Robert Pattinson però non ce la faccio a dire belle cose. Più che inespressivo, mi sembra imbalsamato. Pensavo fosse per i ruoli che gli proponevano, ma a un certo punto questa scusa non regge più. È proprio lui che non è capace a recitare.

"Smettetela di dire tutti che sono un attore fenomenale. Finirò per crederci!"
"Ehm, Robert... veramente non c'è nessuno che lo dice."
"Ahahah, certo, David, come no?"

C'è poi la baby-star, l'attore 13enne interpretato da Evan Bird (già visto nella serie tv The Killing). Una specie di incrocio tra Macaulay Culkin e Justin Bieber che alla sua tenera età è già stato in rehab.


C'è quindi il padre della baby-star, un John Cusack che pure lui mi pare sempre più imbalsamato. Negli anni '80 era un idolo delle commedie adolescenziali, nel 2000 è stato il mitico protagonista di Alta fedeltà, poi basta. Negli ultimi anni ogni volta che lo vedo mi viene voglia di prenderlo a schiaffi. Qui comunque è perfetto, visto che ha il ruolo di una specie di guru/psicoterapeuta per star con la faccia da schiaffi.


Intorno a loro si muovono alcune giovanissime aspiranti starlette, di cui una, Niamh Wilson, curiosamente somigliante a Chloe Moretz. Che il suo personaggio sia una parodia proprio della Hit-Girl?


E come personaggio bonus, a fare da vero collante al tutto, c'è una tizia misteriosa, una Mia Wasikowska ustionata e sfigurata. È lei che a inizio film chiede all'autista Pattinson di poter seguire la mappa delle case delle star.
(piccola parentesi: non pensate anche voi che autista Pattinson suoni molto meglio di attore Pattinson? chiusa parentesi)
Il vero personaggio centrale è lei, la sempre straordinaria Mia Wasikowska, qui nei panni di una psyco girl che trova lavoro a Hollywood come assistente personale di Julianne Moore e che a sua volta ha pure lei una sceneggiatura nel cassetto. Solo che la sua non è una sceneggiatura che prevede di essere trasposta su schermo, bensì nella vita reale.


Là fuori, nella vita reale, nel mondo reale, ci sarà gente che dirà, anche giustamente: “Sì, okay, ma a me che cazzo me ne frega della star Julianne Moore che si dispera per non aver avuto una parte in un film o di un baby-divo con le visioni, quando io non riesco a trovare lavoro, ho sei figli e due mogli da mantenere e c'ho il mutuo da pagare?”.
Vero, legittimo. Quello di David Cronenberg non è un film di impegno sociale, è un divertissement, una riflessione sull'ambiente cinematografico un po' fine e se stesso, non troppo distante dalle parti dei romanzi di Bret Easton Ellis e pure della sua sceneggiatura del criticatissimo The Canyons, ma volendo allargare lo sguardo i comportamenti malati, allucinati e spesso ridicoli di questi personaggi si possono estendere a tutti, visto che oggi chiunque, tra social network e selfie, si può improvvisare una star, almeno all'interno del proprio microcosmo, nella propria cerchia di followers, e tutti si possono in qualche modo ritrovare nella loro infelicità e disagio esistenziale, pur vivendo a chilometri da L.A..


Solo perché un film parla di personaggi superficiali, non significa che sia un film superficiale. E qui torniamo a inizio post. Maps to the Stars è un film patinatissimo ma pure stratificato, ricco di significati. A chi si vuole godere un semplice prodotto di intrattenimento per svagare la mente dopo una dura giornata di lavoro non dirà niente e non gliene fregherà niente, perché di certo nel mondo ci sono problemi più grandi cui pensare di quelli che riguardano questi tizi qua. A chi invece ha del tempo da perdere per riflettere su una pellicola, come l'autore di questo blog, Maps to the Stars appare come una visione sì emotivamente freddina, eppure allo stesso tempo è anche un'opera ricchissima su cui indagare e pensare a lungo. Una pellicola che ci consegna un autore come Cronenberg magari non al top assoluto della sua forma, ma ancora vitale e capace di cambiare pelle, pur restando se stesso. Anche se forse alla fine c'ha la ragione la gente.
Ma a me, che cazzo me ne frega di Julianne Moore e dei suoi stupidi problemi?
(voto 7,5/10)

martedì 2 aprile 2013

NOW IS GOOD, DEATH IS NOT SO GOOD


Now Is Good
(UK 2012)
Regia: Ol Parker
Sceneggiatura: Ol Parker
Tratto dal romanzo: Before I Die di Jenny Downham
Cast: Dakota Fanning, Jeremy Irvine, Paddy Considine, Olivia Williams, Kaya Scodelario, Edgar Canham, Joe Cole, Josef Altin, Rose Leslie
Genere: moribondo
Se ti piace guarda anche: L’amore che resta, Non è mai troppo tardi - The Bucket List, I passi dell’amore

Pensieri Cannibali non è un blog che persegue scopi culturali.
E qui qualcuno dovrebbe intervenire: “Ma no, ma cosa dici? Certo che è un blog culturale. Certo.”

Nessuno?
Manco mezzo lettore che ha qualcosa da obiettare?

Silenzio di tomba.

Ok, Pensieri Cannibali non è un blog culturale e a quanto pare questo è risaputo da chiunque, ma ciò non significa che sia del tutto inutile. Pensieri Cannibali serve infatti a segnalare delle pellicole teen di cui nessun altro vi parla. Vi sembra una cosa da poco?
Quando arriva un nuovo horror di un misconosciuto autore underground di culto, o una pellicola sci-fi diretta dal figlio del nipote del fratello del conoscente del compagno gay del cognato di Spock di Star Trek, ecco che il web si anima di recensioni e pareri. Ma dei film con protagonisti teen niente.
Silenzio di tomba - Parte seconda.

Now Is Good è una di queste pellicole teen di cui nessuno vi parla (ci sarà un motivo?), ma di cui vi parlo io. E non è nemmeno una pellicola strettamente troppo teen. Se la protagonista anziché una sedicenne malata terminale di leucemia fosse una vecchina malata terminale, tutti a gridare al capolavoro e a lanciargli dietro Palme d’Oro e Oscar, come è capitato con Amour. Invece la protagonista è Dakota Fanning, la bimbetta odiosa de La guerra dei mondi spielberghiana di recente vista anche nella saga di Twilight. Tralasciando quest’ultimo inquietante dettaglio non da poco, Dakota è un’ottima attricetta e ha una sorellina che sta diventando ancora più brava di lei, la cocca coppoliana Elle Fanning vista in Somewhere e Twixt.
In Now Is Good, Dakota Fanning sfoggia un look da malata terminale all’ultimo grido ispirato (credo) ad Alba Rohrwacher. Tralasciando pure quest’altro dettaglio sempre inquietante e sempre non da poco conto, la sua interpretazione è molto intensa e sentita. Sembra che sia davvero in fin di vita, sarà per quel colorito pallido da: – Ragazza, ma il sole tu l’hai mai preso in vita tua? –

"Dakota, andare in moto è bello, ma non pensi sarebbe meglio
cavalcare un War Horse?"
"NO!"
Il film si va dunque a incastonare in quel filone di pellicole melodrammatiche su una persona malata e/o in fin di vita cui fino a qualche tempo fa avrei rinunciato a priori ma che negli ultimi tempi mi sta regalando parecchie soddisfazioni. Per quante soddisfazioni possa regalare il vedere una persona malata e/o in fin di vita. Di recente abbiamo infatti avuto il valido The Sessions ma siamo tutti consapevoli che le soddisfazioni maggiori sono arrivate d’Oltralpe grazie ai vari splendidi Quasi amici, La guerra è dichiarata, Un sapore di ruggine e ossa, Piccole bugie tra amici e compagnia malata.
Come si comportano gli inglesi al cospetto di un tema ‘sì delicato?
Con la loro solita classe e con quel pizzico di British humour che li contraddistingue sempre. Now Is Good è una produzione BBC Films e quindi la qualità è garantita, così come l’alto livello di recitazione: oltre all’americana Fanning senior anzi señora, sfilano dei fuoriclasse britannici come Paddy Considine (Submarine, In America), Olivia Williams (Dollhouse, L’uomo nell’ombra) e Kaya “è sempre un piacere rivederti” Scodelario (Skins, Wuthering Heights, il video di “Candy” di Robbie Williams). Gli occhi dolci delle fanciulle alla visione saranno invece tutti per Jeremy Irvine, recentemente nel Grandi speranze firmato da Mike Newell e sì, purtroppo anche protagonista del pessimo War Horse dello Spielberg, dove con protagonista intendo il ragazzo non il cavallo.

"Dakota, prendila con filosofia: tutti dobbiamo morire. Io probabilmente
tra 100 anni di morte naturale, tu in giovane età tra atroci sofferenze."
"Grazie Jeremy, tu sì che sai essere di conforto nei momenti difficili."
"Piccola, quando vuoi. Sono qui per questo."
La pellicola è tratta dal romanzo Before I Die di Jenny Downham. Preoccupato, sono andato a controllare e ho scoperto che è ancora viva. Si tratta infatti di una storia non autobiografica. Jenny Downham non ha la leucemia e a quanto ne so gode di ottima salute. La storia è quella di una ragazza agli ultimi mesi di vita come la protagonista di L’amore che resta di Gus Van Sant, da cui non è troppo distante, o dalle storie strappalacrime di Nicholas Sparks stile I passi dell’amore, da cui invece è piuttosto distante. Si tratta di un melodrammone sentimentale che riesce a coinvolgere per un semplice fatto: ci sbatte in faccia all’ineluttabile. Tutti moriremo, prima o poi. Magari non di leucemia in così tenera età, però prima o poi toccherà pure a noi.
Di fronte all’inevitabile, la protagonista decide di fare una sua Bucket List con le cose che vorrebbe fare prima di morire. Una lista ben poco politically correct, dopo tutto siamo nella (quasi) sempre scorretta Inghilterra, per una storia che naturalmente va dalle parti del carpe diem! ma che non risulta troppo pesante o stucchevole. Aiutato dalle splendide location di Brighton, uno dei posti che preferisco nell’intero mondo, e arricchito da una buona colonna sonora che comprende Metric, Lana Del Rey remix ed Ellie Goulding, Now Is Good è un film… good. E da guardare… now. O, se non altro, prima di morire.
(voto 6,5/10)


martedì 14 giugno 2011

Hanna dei miracoli

Hanna
(USA, UK, Germania 2011)
Regia: Joe Wright
Cast: Saoirse Ronan, Eric Bana, Cate Blanchett, Olivia Williams, Jessica Barden, Jason Flemying
Genere: kick-ass girl
Se ti piace guarda anche: Leon, Nikita, Domino, Kill Bill, Dark Angel

Trama semiseria
La protagonista è una ragazza cresciuta dal padre come una spietata killer. No, non sto parlando di Hit Girl e Big Daddy di Kick-Ass e nemmeno della famiglia Misseri, bensì di Hanna, una ragazzina albina decisamente cazzuta. Finito l’addestramento, Hanna è pronta per scorazzare libera per il mondo, ma qualcuno sarà sulle sue tracce… le telecamere di Quarto Grado che vogliono realizzare uno speciale su di lei?

Recensione cannibale
“Ti ho mancato il cuore,” dice Hanna a inizio film, quando a caccia cerca di uccidere un animale. La vita di questa ragazzina non è certo come quella della gran parte delle coetanee: per lei niente iPhone, niente Facebook (niente Faceboooook??? che ssfigata!), niente film di vampiri vegetariani… insomma, una vita piacevole e normale se fossimo ancora nel Medioevo. Hanna vive con il padre che la allena in maniera rigorosa, con un addestramento stile Pai Mei di Kill Bill e ripeto: niente tv, iPod, computer, così come niente Facebook, ma nemmeno Netlog o Twitter. Come fa a vivere una ragazza così nel mondo di oggi? In compenso ha delle altre doti, tipo una forza quasi sovrumana e capacità balistiche mica da ridere, più una notevole cultura fornitale dal padre che le legge vari libri approfonditi, altroché Wikipedia.

Fatto sta che a un certo punto, quando ormai è diventata più forte e capace di lui, il padre la mette davanti alla libera scelta di potersene andare e lei tempo pochi istanti e si dilegua… da qui inizia un’avventura on the road che tocca varie location tra Polo Nord, Marocco, Spagna e Berlino, con quest’ultima città sfruttata ottimamente come invece non era riuscito a fare il thriller Unknown di cui vi avevo parlato pochi giorni fa.
Se il trailer della pellicola mi aveva già creato delle aspettative notevoli, il film non solo le ripaga in pieno ma va persino oltre. La storia può ricordare infatti un mix tra la serie tv Dark Angel con Jessica “stragnocca” Alba e i bessoniani Leon e Nikita, ma per fortuna il tocco che si è scelto di dare al film va in una direzione assai personale: direi che Hanna sta ai film di spionaggio/CIA come Unbreakable di M. Night Shyamalan sta alle pellicole sui supereroi. Insomma, una storia nota raccontata con un tono inconsueto e non logoro. L’arma principale usata è poi la capacità di muoversi con destrezza su registri del tutto differenti: ci sono infatti scene di una violenza estrema unite ad altre di una dolcezza infinita. Hanna (il film) ti colpisce con una mazza, ma poi ti accarezza e ti rincuora. Hanna (la ragazza protagonista) ti colpisce e basta.

Strepitosamente in forma il cast: Saoirse Ronan è l’attrice migliore (o almeno la mia preferita) della nuova generazione e qui si presenta in un ruolo parecchio distante dai precedenti di Espiazione e Amabili resti. E ancora una volta sa convincere in pieno. Eric Bana e Cate Blanchett sono invece due attori che di solito non mi convincono, non del tutto almeno, e qua invece fanno la magia di rendermi del tutto soddisfatto e senza nessuna parola maligna da gettare alle loro spalle; in più in un piccolo ruolo c’è anche Olivia Williams, attrice inglese vista in L’uomo nell’ombra e nella serie tv Dollhouse, ormai garanzia assoluta di recitazione mostruosa (adesso non è ancora molto nota, ma quando le daranno un Oscar ricordatevi chi ve l’ha segnalata).

Spettacolare la colonna sonora dei Chemical Brothers; questa non è certo una sorpresa, visto che il dischetto con le musiche del film è già da un po’ che me lo gusto e che mi gusta, però vederla applicata alle immagini fa tutto un altro effetto ed è un bell’effetto. Dopo i Daft Punk di Tron Legacy, i fratellini chimici per Hanna hanno fatto persino meglio dei cuginetti francesi e il tema musicale da loro creato viene fischiettato nel corso del film dai “cattivoni”, in una maniera analoga alla Daryl Hannah infermiera bendata del già citato Kill Bill. D’altra parte non si scappa, quando c’è da parlare di donne con i controcazzi la mente non può che tornare al doppio cheeseburger tarantiniano, anche se qui più che di una vendetta (tema ormai un po’ abusato) la storia è quella di una fuga, ma soprattutto di un’iniziazione alla vita e ai suoi piccoli e grandi piaceri, dalla scoperta della musica (“No magic, no music,” dice uno dei personaggi) al primo appuntamento con l’altro sesso, alla scoperta dell’amicizia importante con una ragazzina molto divertente interpretata dalla promettentissima Jessica Barden, già rivelazione della piacevole british comedy Tamara Drewe. Sono tutte queste cose a rendere diverso e speciale il film, oltre a una regia notevole del sempre più sorprendente Joe Wright, uno che già con Espiazione era andato ben al di là dei canoni tradizionali del genere storico e qui alle prese con le scene d’azione più esaltanti che mi sia capitato di vedere di recente.
Hanna è una pellicola incredibilmente figa nonostante non si sforzi disperatamente di esserlo come tanti altri suoi “colleghi” là fuori e soprattutto è un film che non ha mancato di colpire il mio cuore. In pieno centro.
(voto 8,5)

P.S. Quei basterdi di distributori italiani faranno uscire di casa Hanna il 22 luglio, proprio come ultimo saldo di fine stagione, quando in realtà è una delle pellicole più interessanti dell’anno. Ormai non ci sono più parole, se non: viva Internet!

lunedì 3 gennaio 2011

I miei film dell'anno 2010 - n. 32 L'uomo nell'ombra

L’uomo nell’ombra
(USA, Germania, Francia)
Regia: Roman Polanski
Cast: Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Olivia Williams, Kim Cattrall, Timothy Hutton, Tom Wilkinson, James Belushi
Genere: thriller polanskiano
Se ti piace guarda anche: Frantic, Frost/Nixon – Il duello, 24

Trama semiseria
Un uomo potente, di successo, costretto alla reclusione forzata. Non si tratta di Roman Polanski agli arresti domiciliari in Svizzera, ma del politico americano simil Tony Blair interpretato da un Pierce Brosnan mai così convincente. Insieme a lui ci sono la moglie (Olivia Williams), una tipa uscita da Sex & the City (Kim Cattrall) e Ewan McGregor in versione ghost writer, ovvero autore fantasma della biografia del simil-Blair.

Pregi: grande tensione, attori very very good, atmosfera di isolamento mediatico perfettamente costruita, finale durissimo ma splendido
Difetti: dopo un inizio che ti tiene incollato, nella seconda parte il film suscita qualche lieve calo di interesse

Personaggio cult: la moglie del politico protagonista, interpretata dall’eccellente glaciale Olivia Williams (già vista nella serie tv Dollhouse)
Scene cult: il navigatore satellitare che fa perdere Ewan McGregor, il finale (che ovviamente non svelo)

Leggi la mia RECENSIONE

mercoledì 20 ottobre 2010

FlashForward

Flashbacks of a Fool
(USA 2008)
Regia: Baillie Walsh
Cast: Daniel Craig, Harry Eden, Felicity Jones, Jodhi May, Olivia Williams, Eve, Emilia Fox, Claire Forlani, Mark Strong
Genere: 70s nostalgic
Se ti piace guarda anche: A single man, Tempesta di ghiaccio, Velvet Goldmine, La mia vita a Garden State

“Quanto tempo ci ha messo Dio per fare tutto il mondo?”
“Sei giorni e poi il settimo si è riposato.”
“Beh, avrebbe dovuto metterci più tempo. Avrebbe fatto un lavoro migliore. Io avrei fatto di meglio.”

Difficile credere che un film con Daniel Craig per protagonista possa essere davvero un bel film? Eh lo so, però è così che stanno le cose, anche se va premesso che Daniel Craig è sì il protagonista, ma solo per una parte.
Certo, quella raccontata nella pellicola è la storia del suo personaggio, un attore hollywoodiano di successo ormai avviato sulla via del tramonto. Però, come suggerisce il titolo, un ruolo fondamentale lo hanno i flashback del "pazzo". Quando riceve la notizia della morte di un suo amico, la mente gli va infatti in rewind alla sua prima adolescenza ed è qui che inizia la parte davvero figa del film.

Anni 70. E io ho un’adorazione particolare per i film ambientati nei 70s (vedi i miei cult movies Il giardino delle vergini suicide o Amabili resti). Il pazzo del titolo (che poi non è che sia nemmeno così fool) è un ragazzino inglese interpretato dal giovane Harry Eden alle prese con le prime esperienze sentimentali e sessuali. Sentimentali con una ragazzina della sua età con cui canta “If there is something” dei Roxy Music in una splendida scena (e la canzone poi non se ne va più via dalla testa). Sessuali invece con una donna più grande di lui, sposata e con una figlia.


Il regista Baillie Walsh è all’esordio nel lungometraggio, ma ha già fatto una lunga gavetta nel videoclip, dirigendo ad esempio la memorabile camminata di “Unfinished Sympathy” dei Massive Attack. E nel cast spiccano le presenze femminili, come la rivelazione Felicity Jones (la tipa del video qui sopra), l’algida Olivia Williams (vista nella serie tv Dollhouse e al fianco di Pierce Brosnan ne L’uomo nell’ombra), Emilia Fox (ammirata nel mio altro cult personale Cashback) e una rediviva Claire Forlani, che ai tempi di Vi presento Joe Black sembrava dovesse spaccare il mondo e invece poi è sparita nel nulla.

Un “romanzo” di formazione piuttosto tradizionale, dunque, però accompagnato da belle musiche Seventies, alcuni bei passaggi di regia, una serie di dialoghi davvero memorabili e un cast british molto convincente. Sì, persino Daniel Craig.
(voto 7+)

(Il film non è uscito in Italia, of course. Però è disponibile in rete con sottotitoli in italiano)

mercoledì 25 agosto 2010

In the shadows

L’uomo nell’ombra
(USA, Germania, Francia, 2010)
Titolo originale: The Ghost Writer
Regia: Roman Polanski
Cast: Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Olivia Williams, Kim Cattrall, Timothy Hutton, Tom Wilkinson, James Belushi
Links: imdb, mymovies
Potete trovare il film QUI

“L’hai votato, no?”
“Adam Lang? Certo, tutti hanno votato per lui. Non è stato un politico: è stata una moda.”

Cosa c’è di più inquietante al giorno d’oggi della politica?
Non vi viene in mente niente, proprio niente? Beh, neanche a me. "Quale argomento migliore, allora, per orchestrarvi intorno un bel thrillerone vecchio style?" deve aver pensato quella vecchia volpe di Roman Polanski.
L’ex primo ministro britannico interpretato da Pierce Brosnan (attore che non mi è mai piaciuto, ma qui è davvero in parte) ha ovvie somiglianze con Tony Blair, in particolar modo per il suo legame culo-e-camicia con gli Stati Uniti. Ewan McGregor (attore che mi è sempre piaciuto e che qui torna ad alti livelli dopo alcuni film non imprescindibili) è lo scrittore fantasma incaricato di scriverne la biografia, dopo che il suo predecessore è stato ucciso ed è passato dall’essere un ghost writer a un ghost e basta.
Ma proprio mentre sta lavorando al libro, ecco che uno scandalo travolge l’ex Prime Minister e il buon Ewan finisce così invischiato in una misteriosa avventura alla Frantic. Dopo un inizio travolgente, il film rallenta i ritmi sviluppando un’atmosfera avvolgente, in cui si possono intravedere anche inquietanti paralleli tra la reclusione nel bunker in cui è costretto Brosnan e i recenti arresti domiciliari in Svizzera (ora terminati) dello stesso regista.

Curiosa e inquietante una scena che vede Ewan McGregor alle prese col navigatore d’auto. Magari è solo una mia impressione, ma che ci sia per caso una leggera e ironica critica a questi diabolici aggeggi? Per carità, sono utilissimi, per esperienza personale vi assicuro però che possono farvi facilmente perdere o ancor più facilmente farvi prendere la strada più lunga possibile per andare da un punto A a un punto B (che dopo kilometri e kilometri vi sembrerà un punto Z).

Gli attori nell’ombra sono in eccellente stato di forma: oltre ai due protagonisti citati vanno segnalate anche la glaciale fenomenale Olivia Williams (dalla serie Dollhouse) e una quasi irriconoscibile Kim Cattrall (Samantha di Sex and the City).
Un thriller politico quindi davvero ben orchestrato dalle mani sapienti del Polanski, con tutti i pezzi del puzzle che si uniscono in un finale beffardo. Perché così è il mondo e così è soprattutto la politica. E nessuno riesce a rimanere davvero nell’ombra.
(voto 7,5)

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