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mercoledì 3 aprile 2019

I film di questa settimana? Male ma non malissimo





La rubrica sulle uscite settimanali nelle sale cinematografiche giunge a un nuovo appuntamento. A commentare i film in arrivo in Italia nel weekend, insieme ai soliti co-conduttori, ovvero il sottoscritto Ragazzino Cannibale e il mio rivale Signor Giacomo Guado del blog Russo Bianco, c'è un ospite decisamente fuori di testa... volevo dire fuori dagli schemi.

La guest star di turno è Giuseppe Galato: giornalista, scrittore, autore del libro Breve guida al suicidio e membro del gruppo rock The Bordello Rock ‘n’ Roll Band. Andiamo a scoprire le sue (folli) opinioni qui sotto.


Shazam!

Giuseppe: Il DCEU ci prova in tutti i modi ad eguagliare il MCU; ci prova tanto; ci prova male. Dopo uno dei Batman più deficienti che si siano mai visti su pellicola (quasi da far rimpiangere i capezzoli di George Clooney), dopo il loffio pseudo-femminismo di “Wonder Woman” (da guardare solo perché ci fa la comparsa mio fratello: ciao, Franco), dopo un senza-né-capo-né-coda “Suicide Squad” (sperando che, in un eventuale sequel, Deadpool rompa la quarta parete, come suo solito, sterminandoli), dopo la risposta tamarra a Thor di “Aquaman” (carino per le tematiche ambientaliste, ma sul serio mi togli di mezzo Black Manta così frettolosamente?), arriva il “lato comico” di “Shazam!” (in risposta a “Guardians of the Galaxy”?). Eppure, continuo a guardare e riguardare i film del DCEU; perché, diciamocelo… alla fin fine sono anche io un tamarro.
Cannibal Kid: Iniziamo subito male, caro Giuseppe. Sei un fan dei cinecomics, sei un tamarro... non è che in realtà sei James Ford sotto mentite spoglie?
Questa settimana mi sa che il ruolo di supereroe toccherà a me, visto che a quanto pare dovrò scontrarmi non uno, ma contro due villain. Per quanto mi riguarda, i film della DC fanno schifo, così come anche quelli della Marvel. Non ci vedo tutto 'sto divario qualitativo. Ok, forse quelli della DC fanno ancora più schifo (a parte il divertente Suicide Squad), però, insomma, siamo lì. Questo Shazam! se non altro promette di non prendersi troppo sul serio e di regalare qualche risata. Il rischio porcheria stile Venom però mi sembra dietro l'angolo.
Ford: finalmente in questa rubrica compare uno con delle opinioni tamarre e sensate! E non sto parlando di me, bensì di Giuseppe, che a questo punto potrebbe sostituire Cannibal. Dunque, i Cinecomics DC, fatta eccezione per i Batman di Nolan e Wonder Woman - che a me è piaciuto - rispetto ai Marvel fanno davvero cagare. Questo Shazam! non mi pare abbia nulla per cambiare il destino della pattuglia della Distinta Concorrenza.

"Ma dov'è andato a scovarlo Cannibal uno più fulminato di lui, di Ford e pure di me?"

martedì 14 luglio 2015

Jurassic Wow





Benvenuti nel Cannibal World, un mondo in cui si parla di cinema senza alcuna cognizione di causa e in cui tutto è possibile.
"Calma, gente. Nel Cannibal World c'è posto per tutti.
O quasi..."

martedì 5 maggio 2015

BLACK SAMBATH





Samba
(Francia 2014)
Regia: Olivier Nakache, Eric Toledano
Sceneggiatura: Olivier Nakache, Eric Toledano
Ispirato al romanzo: Samba pour la France di Delphine Coulin
Cast: Omar Sy, Charlotte Gainsbourg, Tahar Rahim, Izïa Higelin, Isaka Sawadogo, Youngar Fall, Liya Kebede
Genere: interracial
Se ti piace guarda anche: Quasi amici, Polisse, La famiglia Bélier

Mi chiamo Muhammad. Vengo dalla Libia. Sono arrivato su un barcone. Non è stato un viaggio semplice, ho rischiato la vita almeno una mezza dozzina di volte, però ci sono delle volte in cui me la sono vista anche peggio. Con Ryanair, tanto per dire.
Sarei voluto andare a vivere in Germania, ma là mi han detto: “Raus!”. Non so di preciso cosa significhi, visto che ho studiato l'italiano e non il tedesco, però immagino non fosse proprio un segno di benvenuto.
Ho studiato l'italiano, avete capito bene. Io no parlare come nero ignorante, io parlare lingua italiana meglio di molti vostri politici, come Angelina Jolie Alfano o Gasparri o quello là che su Twitter ha scritto “Buona pascuetta!” con la C. Ho pure una laurea specialistica e un master. Anche se non so il tedesco, volevo comunque andare in Germania perché mi han detto che in Italia non c'è lavoro. Non è che ci tenessi particolarmente a venire da voi. Non fraintendetemi. A me piace l'Italia. Adoro i film di Fellini e il vostro cibo, per non parlare della vostra moda. Giorgio Armani è un genio! Detto questo, sarei stato anche volentieri a casa mia. Solo che, non so se qualcuno come ad esempio Salvini ve l'ha detto, ma da noi c'è un pochino di guerra. Presente Milano il primo maggio? Ecco, da noi quella sarebbe considerata una giornata tranquilla.

venerdì 20 settembre 2013

IL FAVOLOSO MONDO DI GONDRY




Mood Indigo – La schiuma dei giorni
(Francia, Belgio 2013)
Titolo originale: L’écume des jours
Regia: Michel Gondry
Sceneggiatura: Michel Gondry, Luc Bossi
Ispirato al romanzo: La schiuma dei giorni di Boris Vian
Cast: Romain Duris, Audrey Tautou, Omar Sy, Gad Elmaleh, Aïssa Maïga, Charlotte Lebon, Michel Gondry, Philippe Torreton, Natacha Régnier, Kid Creole
Genere: fuori
Se ti piace guarda anche: Wrong, L’arte del sogno, Holy Motors, Il favoloso mondo di Amélie

Sono pazzi questi francesi. Guardi una pellicola come Wrong di Quentin Dupieux, o un qualsiasi film o video di Michel Gondry e pensi che questi stanno tutto il giorno sotto la Tour Eiffel a bere assenzio. Probabilmente vivono davvero così.
Probabilmente viveva così anche Boris Vian, lo scrittore autore del libro La schiuma dei giorni (L’écume des jours) che non ho letto e che fino a qualche giorno fa nemmeno conoscevo, come i miei attenti lettori mi hanno subito fatto notare. In attesa di recuperarlo, mi è quindi impossibile stabilire quanto ci sia del lavoro di Vian dentro questo film. Quel che so per certo è che questo è un Gondry al 100%. Gli ipogondryaci sono avvertiti.
Michel Gondry vestito per casa.
Se anche questo film non fosse autografato, come un quadro anonimo, sarebbe semplice risalire al suo Autore. Come ne L’arte del sogno, ancor più che ne L’arte del sogno, Gondry è tornato a controllare ogni aspetto della sua Opera, dimenticando la sbandata commerciale, comunque nemmeno troppo malvagia, di The Green Hornet. Il talentuoso regista francese ha così preso la visione di Vian, l’ha inserita dentro il suo mondo e l’ha fatta sua. O almeno così sembra.

Cosa potete trovare quindi in Mood Indigo – La schiuma dei giorni?
Tutto il favoloso mondo di Gondry.
Ci sono le invenzioni grafiche che fanno strabuzzare gli occhi, come i piatti in movimento, che rimandano alle animazioni pazzesche di alcuni suoi vecchi videoclip come “Human Behaviour” di Bjork e “Fell in Love with a Girl” dei White Stripes, così come alle magie visive di “Let Forever Be” dei Chemical Brothers e “Like a Rolling Stone” versione Rolling Stones.
Ci sono gli animali umanizzati, o se lo considerate meno razzista possiamo definirli umani animalizzati, come nel capolavoro “Army of Me” di Bjork, nettamente uno dei miei videoclip musicali preferiti di sempre.
Ci sono le inquadrature dei palazzi dall’esterno versione Hitchcock ancora più guardone come in “Protection” dei Massive Attack.
C’è un pianoforte che trasforma le note in alcool, così come nel coreografico video di “Around the World” dei Daft Punk ogni “ballerino” presente rappresentava un differente strumento usato nella canzone.

Gondry si sposta solo con Trenitalia.
C’è il colore vivo della prima parte del film che poco a poco si spegne, si ingrigisce, fino a trasformarsi in un completo bianco e nero, come se ci trovassimo in un Pleasantville (lavoro questo di Gary Ross, non di Gondry) al contrario. Un b/n che rimanda ad altri suoi lavori come la clip di “Isobel” di Bjork e il geniale spot firmato per la Levi’s, così come l’alternarsi tra colore e bianco e nero il Gondry l’aveva già sperimentato con lo spettacolare “Everlong” dei Foo Fighters e l’enorme “Bachelorette” ancora di Bjork, in cui tra l’altro si gioca in maniera simile con la metanarrazione.
C’è la predilezione di Gondry per il treno, che svolgeva un ruolo cardine in Se mi lasci ti cancello e già mezzo protagonista nei video “Star Guitar” dei Chemical Brothers e in “Knives Out” dei Radiohead. Proprio in quest’ultimo compariva un Thom Yorke versione topo e pure qui in La schiuma dei giorni rieccolo, non Thom Yorke, ma comunque un topolino umanizzato.

"Dici che dovremmo vendere il brevetto a Marchionne?"
"Si attacchino gli italiani. Cediamolo alla Peugeot o alla Renault o alla Citroen."
Mood Indigo o La schiuma dei giorni o L’écume des jours che lo si voglia definire è quindi un lavoro profondamente autoreferenziale, un po’ come, e forse ancor di più, di To the Wonder di Terrence Malick. Michel Gondry se la canta e se la suona, si diverte un mondo a regalarci una visione del mondo suo, senza filtri. Esagera talmente con l’egocentrismo che si autoregala persino una parte da attore, nelle vesti di dottore.
Un film come Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), in cui pure sono presenti molte sue tematiche tipiche, riusciva ad essere più comunicativo, a rivolgersi a un pubblico magari non di massa eppure più ampio. Mood Indigo ha invece un mood solitario, chiuso in se stesso. Ci va un pochino di pazienza per riuscire a penetrare la sua corazza visiva spettacolare e a sentire battere il suo cuore. Una volta accettata l’unica regola di Gondry, di Vian e del loro folle mondo unificato, ovvero che non esistono regole razionali, si entra dentro la loro visione e non si vorrebbe uscirne più. A un certo punto scatta qualcosa e si arriva nel cuore di un film che non gioca con i facili sentimentalismi, eppure riesce in qualche modo a rimanerti dentro. A emozionarti.

"Solo perché siamo francesi, non dobbiamo per forza fare un ménage à trois."
"Ahahaah."
"Eh no, che te ridi, quasi amico? Giù le mani da Amelie."
Se il vero grande protagonista della pellicola è lui, Michel Gondry, al suo interno possiamo intravedere anche dei comprimari: gli attori principali Romain Duris, sempre più convincente minuto dopo minuto, e una Audrey Tautou dritta dal suo favoloso mondo che a tratti risulta odiosa e a tratti no e non ho quindi ancora risolto uno dei misteri del mio mondo: “Ma a me Audrey Tautou piace o non piace?”.
Bravi anche gli attori secondari, dal simpatico quasi amico Omar Sy in versione irresistibile seduttore a Gad Elmaleh già intravisto in Dream Team, più due volti femminili da tenere d’occhio, quello afro di Aïssa Maïga e quello da bambola di porcellana di Charlotte Lebon, oltre all’apparizione del cantante Kid Creole nei panni del jazzista Duke Ellington.
E a proposito di Duke Ellington, è un altro dei personaggi principali della pellicola. I suoi brani regalano una frizzante atmosfera jazz alla prima parte del film, risultando un personaggio aggiunto, non solo un accompagnamento di sottofondo. “Chloé” è un suo pezzo, ma è anche il nome della protagonista femminile ed è inoltre usato nella scena del ballo cult del film, lo sbircia sbircia, così come un altro suo brano è “Mood Indigo”, usato come titolo per la pellicola negli USA e pure da noi. Per quanto riguarda la parte musicale, il Gondry sembra quindi sia stato molto fedele a Boris Vian, che all'inizio de La schiuma dei giorni scriveva: "Sono solo due le cose che contano: l'amore, in tutte le sue forme, con belle ragazze, e la musica di New Orleans e di Duke Ellington. Tutto il resto è da buttar via, perché è brutto..."

Mood Indigo non è allora una pellicola facile, per niente, e non è nemmeno una pellicola perfetta. Non tutto funziona benissimo, la parte drammatica conclusiva è un filo meno riuscita rispetto alla magnifica leggerezza comedy del primo tempo, e nelle due ore e passa c’è il forte rischio di perdersi, noi spettatori così come forse pure lo stesso Gondry. Eppure nella sua straripante, pure troppo, creatività, Gondry ci regala varie pagine di poesia cinematografica, come nel sognante primo appuntamento dei protagonisti, o come ATTENZIONE SPOILER nel loro particolarissimo matrimonio o nella loro luna di miele FINE SPOILER.

"Rosica, Belen, rosica. Non avrai mai un matrimonio spettacolare quanto il nostro."

Oltre che ai suoi videoclip del passato, la complessità del film rimanda a Synecdoche, New York, il film d’esordio alla regia del suo amichetto e collaboratore Charlie Kaufman. Segno che a entrambi l’ambizione e la creatività certo non mancano. A volte, sembra abbiano persino troppe idee per una pellicola sola ed è il caso di questo Mood Indigo, che può essere visto come un capolavoro mancato, o come uno splendido film non del tutto riuscito. Può essere visto come una creatura più frutto della mente di Vian o più di quella di Gondry o come la folle somma di tutti e due. Due spotless minds, ma più che altro due crazy beautiful minds.
Adesso basta scrivere. Vado a saltare sui letti e, soprattutto, a ballare lo sbircia sbircia.
(voto 7,5/10)



Post apparso anche su L'OraBlù, con il nuovo minimal poster di C[h]erotto.


mercoledì 26 giugno 2013

DREAM TEAM, LA CINECRONACA


Dream Team
(Francia 2012)
Titolo originale: Les seigneurs
Regia: Olivier Dahan
Cast: José Garcia, Jean-Pierre Marielle, Omar Sy, Joeystarr, Franck Dubosc, Gad Elmaleh, Ramzy Bedia, Sami Ameziane, Clémentine Baert, Frédérique Bel, Ludovic Berthillot, André Penvern, Jean Reno
Genere: calcistico
Se ti piace guarda anche: Full Monty, Giù al nord, Fuga per la vittoria, Holly e Benji

Buongiorno gentili telespetta-lettori e benvenuti dalla Cannibal Arena di Casale Monferrato. Una città oggi calcisticamente penosa, ma con alle spalle un passato glorioso. I nerostellati del Casale hanno infatti vinto uno scudetto nella stagione 1913-1914. Sono passati cent’anni da allora, ma quante squadre, anche di serie A, possono dire altrettanto?
Oggi alla Cannibal Arena la squadra dei cineblogger capitanata da Cannibal Kid si scontrerà con il Dream Team del film… Dream Team. Certo che avrebbero potuto trovargli un nome migliore. Il titolo originale della pellicola è Les seigneurs (I signori). In Italia, forse per evitare di chiamare in causa il controverso Beppe Signori, hanno preferito assegnarli il nome di Dream Team, che però evoca più il basket NBA che non il calcio. Ma andate a spiegarlo a quei simpatici combinaguai di titolisti italiani…
La formazione francese che scende in campo quest'oggi è allenata da Olivier Dahan, il regista di La vie en rose con Marion Cotillard e prossimamente sulla panchina di Grace di Monaco con Nicole Kidman. La formazione del Dream Team vanta un paio di rivelazioni delle ultime stagioni francesi: Omar Sy, capocannoniere di Quasi amici e il rapper Joeystarr, ormai riciclatosi perfettamente come calciatore, pardon attore sui campi di Polisse e L’amore dura tre anni.
A capitanare il Dream Team vi è José Garcia, che veste i panni di Patrick Orbéra, un calciatore che è una specie di via di mezzo tra Platini e Zidane e che ha trascinato la Francia sul tetto del mondo. Poi gli anni sono passati, Orbéra le Roi è finito risucchiato nella classica spirale discendente, è diventato un alcolizzato, e ha perso il suo lavoro come opinionista dopo una rissa in tv. Ce la farà a rialzarsi?
Vediamolo, passando alla cronaca in diretta del match dei cinebloggers contro il Dream Team.

"Io ho paura a giocare nello stadio del Casale. Non c'è manco la tribuna VIP."
Il Dream Team parte in maniera brillante, con un piano sequenza iniziale che ripercorre in maniera veloce e brillante la carriera del calciatore Orbéra, in grado di passare nel giro di pochi istanti dalle stelle alle stalle. Una partenza travolgente che mette subito sotto i cinebloggers, che si aspettavano una commediola scema e invece si trovano di fronte a una scena d’apertura cinematograficamente niente male.
Dopo essere passati subito in vantaggio, quelli del Dream Team si rilassano e mettono in campo una melina non particolarmente spettacolare, ma che fa il suo dovere. Il gioco procede in maniera classica e prevedibile, quanto necessaria per creare le successive occasioni da rete. Orbéra, alcolizzato e alcolizzato, se vuole continuare a vedere la sua figlioletta e non perderne del tutto l’affidamento, è costretto a trovarsi un lavoro stabile. L’unico posto in cui lo vogliono come allenatore è in un minuscolo e pidocchioso club. No, non il Casale. Ancora peggio. Una piccola squadra su un’isola della Bretagna, nel profondo Nord della Francia. Lo scopo del piccolo team è quello di raggiungere i 32esimi di finale della Coppa di Francia, andare a scontrarsi con una squadra prestigiosa e in questo modo guadagnare una bella somma di denaro con cui rimettere a posto i conti della fabbrica di sardine, il motore dell’economia locale.
Il Dream Team si gioca qui la carta dell’impegno sociale misto a commedia sportiva. Due generi molto rischiosi e che spesso portano a risultati disastrosi o se non altro parecchio banali e leziosi. Il Dream Team sembra dirigersi sicuro in questa direzione e, sul contropiede, si becca la rete del pareggio dei cinebloggers, che hanno vita facile ad attaccare sul lato del genere calcistico che, a parte poche eccezioni come Holly e Benji, Fuga per la vittoria e L’allenatore nel pallone, ha prodotto cose non granché interessanti sia su piccolo che su grande schermo. Si va dunque al riposo in parità, grazie al goal di Cannibal Kid che contro le pellicole calcistiche è andato a segno praticamente a porta vuota.

"Ciao Lilian Thuram."
"Ciao Babbo Natale."
Il Dream Team riparte nel secondo tempo tirando fuori i suoi assi dalla panchina. Orbéra, per riuscire a rimettere in sesto la formazione amatoriale composta da vari scarponi locali, decide di chiamare alcuni suoi ex compagni e colleghi, delle vecchie glorie in grado di risollevare le sorti della squadra, così come del film.
La formazione allenata da Olivier Darhan mette allora finalmente in campo i suoi top player: i già citati Joeystarr, mastino alla Davids noto per il suo carattere irascibile e appena uscito di galera, e Omar Sy, che interpreta un campione della difesa alla Thuram, fisicamente uguale a lui, e che in più ha dei problemi cardiaci alla Julian Ross.
Oltre a loro, si mettono a macinare gioco anche il comico Gad Elmaleh, nei panni di un fenomeno del pallone che però ha parecchi problemi psicologici, oltre a una fissazione patologica per la Playstation, l’attaccante fighetto Franck Dubosc, che ha provato senza grosso successo a passare dal calcio alla recitazione, e quindi il fattone Ramzy Bedia, portiere argentino che sembra un incrocio tra Maradona, per via della sua passione per coca & donne, soprattutto coca, e Che Guevara, per look & impegno sociale.
Grazie a un buon gioco di squadra, il Dream Team imbastisce delle azioni valide, niente di troppo esaltante, ma comunque uno spettacolo in grado di intrattenere a dovere gli spettatori. Trascinato dall’entusiasmo del pubblico francese accorso numeroso in trasferta a Casale, e che ne ha fatto uno dei più grandi successi dell’anno in patria, il Dream Team ritorna in vantaggio.

"Beccati 'sta rete, criticone d'un Cannibale!"
I cinebloggers non possono che stare a guardare il calcio-spettacolo imbastito dai francesi, che sembrano girare a mille. Sicuri ormai di aver portato a casa la vittoria, si fanno però prendere dall’arroganza tipicamente transalpina e cominciano a giochicchiare. Approfittando delle distrazioni compiute in un finale piuttosto banale e prevedibile, i cinebloggers infilano il pareggio. Troppo facile per loro criticare l’happy ending della pellicola, soprattutto per quel musone di Mr. James Ford, che mette a segno la rete del 2-2.
Attenzione però, perché nei minuti di recupero l’arbitro (venduto) concede un rigore ai francesi. I titoli di coda realizzati in stile album di figurine Panini (ebbene, anche in Francia la Panini ha il monopolio sugli album dei calciatori) vanno a segno e regalano la vittoria in zona Cesarini al Dream Team.
Per quanto sia una commedia non certo rivoluzionaria e che per molti aspetti sa di già visto, tra storia di riscatto sociale alla Full Monty e vicenda sportiva alla Fuga per la vittoria, il loro gioco funziona. Il Dream Team è una squadra messa su per conquistare i favori del pubblico, con tutte le strizzatine d’occhio del caso, i colpi di tacco e i dribbling in grado di fare facile presa, ma è anche concreta abbastanza da convincere persino i cinebloggers. Perlomeno Cannibal Kid, che a fine partita non può far altro che stringere la mano agli avversari e constatare ancora una volta la superiorità del calcio, pardon del cinema francese su quello italiano.
(voto 6+/10)

Post pubblicato anche su The Movie Shelter



lunedì 5 marzo 2012

Quasi amici: Non toccarmi non ti sento

Quasi amici
(Francia 2011)
Titolo originale: Intouchables
Regia: Olivier Nakache, Eric Toledano
Cast: Francois Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Audrey Fleurot, Clotilde Mollet
Genere: malati da ridere
Se ti piace guarda anche: Infelici e contenti, 50/50, Una poltrona per due, Up, Lo scafandro e la farfalla

Ispirato a una storia vera. Ispirato a una storia vera di un caso umano.
So già quello che state pensando: “Che due palle!”
E so anche quello che starete pensando ora: “Cannibal Kid possiede il dono di leggere nella mente. È anche lui un caso umano.”
E quindi penserete: “Perché allora non fare un film pure su di lui?”
Ma prima che il Valsecchi di turno mi/vi soffi l’idea, parliamo di questo film ispirato a una storia vera.
Intouchables è il titolo originale del film di cui parleremo oggi, in grado di giocare in maniera ironica con il titolo di una celebre pellicola di Brian De Palma misto alla condizione di cui è vittima uno dei due protagonisti del film. Philippe è un paraplegico che non sente niente dal collo in giù, un “intoccabile” che però ha la fortuna di essere almeno super mega ricco e di potersi permettere un’assistenza 24 ore su 24 ore di primo livello. Di primo livello almeno fino a che non decide di prendere come nuovo badante e assistente personale Driss.
Driss è un tipo di colore di origini senegalesi, un pelandrone che si è appena fatto sei mesi in prigione per una rapina e che vive nelle banlieue parigine, un cazzaro di primo livello per la cui testa passano solo due cose basilari: ottenere il sussidio statale e… la fig le donne.
L’incontro tra due persone e due personalità del tutto differenti come loro naturalmente produrrà scintille. Tanto è posato, precisino e per - forza di cose immobile - Philippe, tanto è cafone, impulsivo e sempre in movimento Driss. Tra loro nascerà un legame, un legame di tipo non bromantico o sessuale, anche perché uno è paralizzato e lì sotto le cose non è che gli funzionino a meraviglia. Il rapporto che si instaura tra loro è da “quasi amici”, come semplificato nel solito pessimo titolo italiano che fa perdere tutte le sfumature di significati presenti nell’originale.

"Miii, vai più piano di quella vecchia tartaruga del Mr. Ford!"
In una maniera analoga a quanto succede nel più drammatico Lo scafandro e la farfalla, il tema dell’handicap viene affrontato in maniera originale e coraggiosa. Si cerca di andare oltre i soliti stereotipi e oltre pure il politically correct. Lontani miglia dal politically correct com’è bello notare in una produzione francese e come in Italia al momento ci possiamo solo sognare, sebbene la storia non sia poi così lontana da Infelici e contenti con Renato Pozzetto ed Ezio Greggio. Un film del 1992 che segnala come da noi venissero prodotte 20 anni fa pellicole più coraggiose e divertenti di quelle di oggi.
Ma chissà, potrebbe essere giusto questione di tempo e presto produrremo il nostro clone-remake. Intouchables è infatti diventato nel giro di poche settimane il secondo maggiore incasso di sempre del cinema transalpino, secondo solo a Giù al Nord. Film che poi ha avuto una versione italiana e persino un sequel, laddove in Francia hanno evitato di farlo: mi riferisco ai ben noti Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord. Dobbiamo quindi aspettarci, oltre che al da me già pronosticato Benvenuti al Centro, pure un Quasi amici in versione italiana?

"L'altro giorno in bagno ho prodotto un'opera d'arte più interessante..."
Il cinema francese in questo momento spacca i culi, c’è poco da fare e non ce n’è per nessuno. Hanno fatto un The Artist capace di portarsi a casa qualunque premio nell’ultima annata, Oscar compreso. Hanno delle registe emergenti di enorme talento come Valérie Donzelli. Girano dei thriller che gli americani si possono solo sognare e infatti continuano a copiare: The Next Three Days da Pour Elle e il prossimo film di De Palma, sì ancora lui, Passion che sarà il remake di Crime d’amour.
Sul piano delle commedie francesi partivo però più prevenuto e (euro)scettico. Così come il fatto che in patria questo fosse stato un iper successo non significava per forza di cose che potesse essere un tipo di film adatto anche da noi. E invece…
Invece questi Quasi amici sanno conquistare con una facilità disarmante, sono partiti alla grande anche al botteghino italiano, e io non posso fare a meno di ringraziare Katie per avermeli consigliati.
Ma cos’ha di tanto speciale, questo cinema francese? La sue carte vincenti al momento sono… quali sono?
Semplice: le idee. Il punto di forza dei loro film sono delle sceneggiature strepitose, di quelle che in Italia si leggono di rado, anche perché da noi la figura dello sceneggiatore vero e proprio non dico non esista, ma è molto limitata. Ci sono i registi che si improvvisano sceneggiatori. Gli attori che si improvvisano sceneggiatori. I registi-attori, la categoria più temibile, che si improvvisano sceneggiatori. E alla fine i risultati si vedono.
E se il cinema francese non vi piace, i casi sono 2:
1) Siete quelli che i francesi chiamano “les incompétents”
2) Semplicemente, avete visto i film francesi sbagliati

"Tira più un pelo di figa di quanto Driss tiri la mia carozzina..."
Quasi amici - Intouchables ha una sceneggiatura a prova di bomba, che dall’inizio alla fine non ha un solo momento di cedimento. La prima scena parte avanti nella storia e si ricongiungerà con il finale; un tipo di narrazione molto di moda nei 90s ai tempi della doppietta Le Iene e Pulp Fiction e qui riproposta in maniera efficace e non derivativa.
Il merito fondamentale del film è però soprattutto quello di schivare i proiettili della prevedibilità con una velocità da fare invidia a Neo in Matrix. Con una storia che affronta il tragico, drammatico, spaventoso tema di un uomo costretto per tutto il resto della sua vita non solo su una sedia a rotelle, ma anche a dipendere da qualcun altro, era facile cadere nelle seguenti fosse: pietismi, sentimentalismi vari, scenone da lacrimona facilona. O addirittura scadere nel tragico più deprimente. Bene, in Quasi amici non c’è niente di tutto questo. Non che manchino le emozioni, non che la lacrimuccia bastarda alla fine non scenda, però è un film che riesce a conquistare in maniera non ricattatoria. In un modo che mi ha ricordato molto un’altra pellicola attualmente nelle sale italiane, 50/50 con Joseph Gordon-Levitt e Seth Roger, che affronta con coraggio e un forte senso dell’umorismo un altro tema molto delicato: il cancro. Entrambi i film riescono a parlare di malattia in maniera spassosissima, sorprendente e mai deprimente. Mica facile.

"Bunga Bunga paraplegic style, bitches!"
Fondamentale per la riuscita di Quasi amici è Driss, uno dei personaggi più idoleschi degli ultimi tempi. Oltre al suo lato maledettamente comico, viene dato spazio anche al contesto sociale in cui vive. Una cosa che sembrerebbe scontata, ma che nelle commedie italiane è fantascienza pura. Se prendiamo le commedie nostrane di maggior successo degli ultimi tempi come Che bella giornata, I soliti idioti o i due Benvenuti sopra citati, che pure sono riusciti a farmi abbastanza ridere, ci sono solo una marea di stereotipi, mentre non è presente un’indagine sociale di questo livello e i personaggi non sono così ben costruiti. Le nostre commedie rappresentano macchiette, non vere persone. Oltre a una qualità cinematografica scadente, in questo sta il loro principale limite.
Con il suo saper dosare comicità esilarante (alcune gag sono davvero fenomenali!) e parti più riflessive e drammatiche, Intouchables dovrebbe quindi essere preso come un modello di riferimento, in Italia così come negli USA. Cosa che non significa comprare i diritti per un remake. Significa uscire dagli stereotipi, dai personaggi macchietta e dalle stronzate “frangicoglioni”, per dirla con Driss.

Dustin Hoffman e Usain Bolt? No: Francois Cluzet e Omar Sy.
Quasi un grande film? No no, questo è proprio un grande film. Oltre a una grandiosa sceneggiatura che riesce a rendere cinema una storia vera, abbiamo una regia parecchio buona curata dal duo Nakache/Toledano (chissà che pure loro non abbiano un rapporto simile a quello dei due protagonisti?) e una bella colonna sonora regalata dalle musiche originali del compositore torinese Ludovico Einaudi, più pezzi i funk preferiti da Driss e quelli di classica da Philippi. E, ultimo ma non meno importante, abbiamo un cast in forma strepitosa, dal “paraplegico” Francois Cluzet alla sexy Audrey Fleurot (una versione francesona della Deborah Ann Woll di True Blood), fino naturalmente a lui, l’inteprete di Driss-l’idolo: Omar Sy, vincitore per questa parte del Cesar di migliore attore francese dell'anno, battendo (giustamente) il pur strepitoso premio Oscar Jean Dujardin di The Artist.
Una delle commedie più divertenti, memorabili e vive degli ultimi anni. Se non sono stato ancora abbastanza chiaro: diventate pure voi loro (quasi) amici.
(voto 8/10)

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