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lunedì 6 marzo 2017

Jackie (non Chan)





C'era una volta un Presidente. Il suo regno era paragonato alla Camelot di Re Artù e al suo fianco aveva la sua Ginevra. Anche se in questo caso il traditore sembrava più lui che lei. Era un presidente ricco di fascino e carisma. Uno che ammaliava le folle. Uno che con le sue parole sapeva illuminare e ispirare le persone. Un leader nato. Uno che era impegnato a difendere i diritti civili di tutti, non solo dei ricchi e privilegiati come lui. Era un Presidente che pure le sue cappelle e i suoi errori li avevi fatti. Un Presidente che avrebbe anche potuto fare di più, soltanto che non ha avuto tempo e modo di realizzare tutto quello che era nelle sue possibilità.

Di chi sto parlando?
Di Donald Trump?

No, dico. A parte il fatto che sia Presidente, ora e purtroppo non nel passato, c'è qualcosa in questa descrizione che coincide con lui e con il suo regno del terrore?

Mi sto allora riferendo a Barack Obama?

Fuochino, però no. A lui è dedicato un ottimo film Netflix, Barry (voto 7+/10). Da non confondere con la romcom Ti amo Presidente. In Barry ci viene presentato un Barack Obama giovane, ai tempi del college negli anni '80. Il ritratto di un ragazzo che era già un uomo maturo, non privo però di difetti o lati oscuri. Un biopic piuttosto originale e molto intrigante, ben interpretato dall'attore rivelazione Devon Terrell e dalla sempre più sorprendente e versatile Anya Taylor-Joy, la giovincella di The Witch, Morgan e Split che dimostra di saperci fare non solo con le pellicole a tinte thriller-horror. Una visione consigliata anche non solo ai fan accaniti (come me) di Barack "Barry" Obama.

Come al solito comunque sto divagando.
In apertura di post mi riferivo a JFK, John Fitzgerald Kennedy, cui sono state dedicate numerose pellicole, molte di esse incentrate sul suo omicidio. Una triste e misteriosa storia ampiamente nota, che però ora ci viene proposta in una versione inedita, attraverso un punto di vista differente, che non mi pare fosse stato ancora raccontato. Quello di Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis, anche nota semplicemente come...

Jackie
Regia: Pablo Larraín
Cast: Jackie Chan, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, Billy Crudup, Caspar Phillipson, John Hurt, John Carroll Lynch

giovedì 21 febbraio 2013

No
(Cile, Francia, USA 2012)
Regia: Pablo Larraín
Cast: Gael García Bernal, Alfred Castro, Antonia Zegers, Néstor Cantillana, Luis Gnecco, Jaime Vadell, Marcial Tagle, Pascal Montero
Genere: elettorale
Se ti piace guarda anche: Good Bye, Lenin!, Tony Manero
Uscita italiana prevista: 18 aprile 2013

No?
Per me è un film da sì.
(voto 7+/10)







Volete saperne qualcosa in più?
No.
Non è che mi rifiuto. No è il titolo del film. Dunque, No, cioè sì ve ne parlo.
No è un film che racconta del referendum del 1988 indetto in Cile su pressione del resto del mondo. Un referendum sulla dittatura di Augusto Pinochet. Se votavi sì, oltre a essere un pirla, significava che appoggiavi e legittimavi la sua dittatura, gradendo che proseguisse ancora. Se votavi no, significava che ti volevi disfare una volta per tutte della dittatura e poter andare a elezioni democratiche.
La campagna per il Sì puntava a bollare come comunista ogni oppositore. Vi ricorda qualcuno, per caso?
La campagna per il No è invece stata affidata con grande coraggio a un pubblicitario innovativo (interpretato dal valido Gael Garcia Bernal), uno che voleva utilizzare un linguaggio nuovo, lontano dalle solite campagne politiche vecchio stampo, tristi e cupe, ma puntando sulla positività e sull’allegria. Senza nemmeno utilizzare Mike Bongiorno come testimonial, ricorrendo però a jingle di stampo pubblicitario come il seguente, che io vedrei bene applicato anche alla situazione politica italiana attuale.

Mi fa male vederlo ogni giorno
Mi da fastidio il suo sorriso gelido
Mi imbarazza la sua letteratura
Mi deprime la sua mini cultura
No no no
Non mi piace, no
Non lo voglio, no

"Che palle, negli anni '80 non avevamo ancora internet, cosa che significa:
No Pensieri Cannibali!
Non mi resta che dormire..."
La pellicola ci getta nel Cile del 1988 in maniera del tutto immersiva. Il regista Pablo Larraín, già autore dell’acclamato Tony Manero, non ha solo voluto una ricostruzione impeccabile del periodo a livello di costumi, pettinature e arredamenti, ma ha anche girato il tutto con telecamere prese in prestito direttamente dagli anni Ottanta e un formato “quadrato”, lontano anni luce da visioni in 16:9, 3D e HD attuali. Un film in tutto e per tutto 80s, senza però canzoni di Cyndi Lauper, Madonna, Duran Duran e nemmeno Smiths e Joy Division. Per quelle potete sempre rivolgervi alla serie tv The Carrie Diaries.

Una storia bella sulla libertà accompagnata da un gusto cinematografico piacevolmente retrò in grado di ricreare alla perfezione il clima del Cile dell’epoca. Sì, anche per chi del Cile dell’epoca non ne sa nulla. Sebbene personalmente io tra i candidati all’Oscar di miglior film straniero preferisca il canadese Rebelle, la nomination agli Oscar è meritata pure per questo No, una pellicola cinematograficamente viva, oltre che un bel modo per ricordarci che il voto è importante. Sempre. Persino durante una dittatura.
E se non sapete ancora per chi votare, adesso mi riferisco alle elezioni italiane non a quelle cilene, potete fare un paio di test online che vi aiuteranno a capire a quale schieramento politico siete più vicini. Uno lo trovate sul sito Voi siete qui, l’altro sul sito di Repubblica.
Dopo questa parentesi politica, torniamo ora a quanto dicevo all'inzio del post.

No?
Per me è un film da sì.
(voto 7+/10)


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