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giovedì 23 aprile 2015

PRIDE, ORGOGLIOSO DI NON ESSERE CINEOMOFOBO





Pride
(UK, Francia 2014)
Regia: Matthew Warchus
Sceneggiatura: Stephen Beresford
Cast: Ben Schnetzer, George MacKay, Joseph Gilgun, Faye Marsay, Andrew Scott, Dominic West, Paddy Considine, Jessica Gunning, Imelda Staunton, Bill Nighy, Kyle Rees, Jessie Cave, Karina Fernandez, Russell Tovey
Genere: battagliero
Se ti piace guarda anche: Grazie, signora Thatcher, Full Monty, Billy Elliot, Sunshine on Leith

Oggi faccio coming out: mi piacciono i gay.
Non è che mi piacciono nel senso che vorrei prendergli il sedere. E non mi piacciono nemmeno tutti. Mi piacciono quelli che hanno il coraggio di battersi per i loro diritti, di mostrare ciò che sono, di gridarlo a gran voce, non importa quali possano essere le conseguenze. E mi piacciono anche le pellicole a tematica gay.
Faccio un altro coming out e dico una cosa che mai avrei immaginato di dire: mi piacciono i minatori. I minatori inglesi anni '80, quelli che hanno scioperato contro la Thatcher. Su di lei non devo certo fare coming out. Ho sempre detto che non mi piace e continuo a ripeterlo anche ora che quella strega è morta.

domenica 29 giugno 2014

IL DOPPIO VOLTO DI THE DOUBLE




Vi chiedo scusa fin da subito se ruberò qualche minuto del vostro prezioso tempo, ma oggi vorrei portare alla vostra gentile attenzione un film che mi ha molto colpito. The Double è l’opera seconda di Richard Ayoade, attore della serie The IT Crowd che aveva debuttato come regista con il folgorante Submarine, uno degli esordi più sorprendenti del cinema britannico e non solo degli ultimi anni. Scordatevi però le atmosfere hipster da Wes Anderson inglese di quella splendida pellicola, perché qui abbiamo tutto un altro mood. Qui siamo dalle parti di un incubo a occhi aperti, un incrocio tra il mondo malato di David Lynch e quello perverso di David Cronenberg, riletto però in una chiave più leggera, non troppo distante dalla visione di un Michel Gondry o di uno Spike Jonze. Senza dimenticarsi pure di aggiungere all'insieme un certo tocco alla Terry Gilliam e una punta di cignesco Darren Aronofsky. Qual è però la vera fonte di ispirazione principale del film?
The Double è liberamente tratto dal romanzo ottocentesco Il sosia di Fëdor Dostoevskij perché, ebbene sì, forse dal titolo potevate già averne il sospetto, viene qui affrontato l’eterno tema del doppio. Una vicenda grottesca dai contorni kafkiani da cui, nonostante tutti i confronti con i nomoni cinematografici e letterari finora menzionati, il giovane regista Ayoade, anche grazie al fratello di Harmony Korine Avi Korine che ha partecipato come co-sceneggiatore, ha tirato fuori una pellicola che si smarca da simili paragoni. I richiami importanti sono molti, questo è certo, eppure lui è riuscito a creare una dimensione sua, un universo parallelo dotato di una sua coerenza. E dotato di una sua bellezza.
In un cast in cui in vari ruoli minori troviamo molti attori del suo precedente Submarine, più il musicista J. Mascis dell’alternative-rock band Dinosaur Jr., a spiccare è soprattutto la splendida (doppia) prova recitativa del protagonista Jesse Eisenberg, proprio il Mark Zuckerberg di The Social Network, che riesce a caratterizzare bene due personaggi tanto identici a livello fisico tanto opposti in quanto a comportamento. Se nella parte del perfido cattivone James è convincente, a toccare le corde dell’anima è soprattutto la sua interpretazione di Simon, il povero Simon di cui nessuno si ricorda mai e che passa inosservato sotto lo sguardo dell’assurdo, folle mondo in cui vive. Il povero Simon che si sente come Pinocchio: solo un burattino e non una persona vera. Il suo amore per Mia Wasikowska, come sempre affascinante nel suo magnetico misterioso modo, è straziante. La sua vita è straziante. Se a livello visivo la pellicola è splendida ma non ancora al livello di un Lynch o di un Cronenberg dei tempi d’oro, il suo punto di forza sta in una grande, profonda umanità. Non importa allora che la tematica del doppio non sia così di primo pelo, The Double non parla soltanto al cervello, non conquista solo gli occhi, ma si rivolge soprattutto al cuore. Se non vi emozionerà almeno un pochino, mi scuso con voi ma ve lo devo dire: siete proprio delle persone malvagie.
Kid
(voto di Kid 9/10)


The Double?
E che è?
Quel thrillerazzo con Richard Gere di un paio di anni fa?
No? C’è un altro film che si chiama The Double? Cos’è, uno scherzo? Una pellicola che si chiama The Double ha un doppio?
Ah sì, ora ricordo. L’ho pure visto e non c’entra niente con quell’altro The Double. Questo me l’ha consigliato quello scimunito di Kid. Lui si commuove sempre per questi film stramboidi pseudo autoriali intellettuali del cazzo girati da qualche sconosciuto autore emergente britannico. Per lui The Double è stata una visione magnifica, originale, toccante…
Ma va a cagher, Kid! Vattelo a pigliare in quel posto, una buona volta!
The Double è il filmetto di un regista che si fa le seghe con le videocassette di David Lynch e David Cronenberg, senza però possedere la visionarietà del primo, né la crudezza carnale del secondo. È solo la storiella di Simon, un nerd sfigato stalker con la faccia del coglione che ha inventato Facebook, innamorato della Vaginoska, che ovviamente non riuscirà mai e poi mai a scoparsi. Chi riesce a farsela, e alla grande, è invece il suo doppio figo, ovvero James. Lui sì che è l’idolo del film, quello che mi ha fatto destare dal coma in cui ero caduto nella prima parte. Grazie al suo arrivo, la pellicola assume contorni da thriller avvincente. Non al livello del capolavoro dallo stesso titolo con il grande Richard Gere, ma se non altro sono riuscito ad arrivare a fine visione. Sveglio.
La prossima volta però ci penso bene prima di guardarmi un film sponsorizzato da quello sfigato di Kid. L’ultima pellicola decente che ha consigliato è stata Piranha 3D dove più che piranha c’era un sacco di patata. Un altro thriller-dramma kafkiano tratto da Dostoevskij invece col cazzo che me lo guardo!
Cannibal
(voto di Cannibal 5/10)


The Double
(UK 2013)
Regia: Richard Ayoade
Sceneggiatura: Richard Ayoade, Avi Korine
Ispirato al romanzo: Il sosia di Fëdor Dostoevskij
Cast: Jesse Eisenberg, Jesse Eisenberg, Mia Wasikowska, Wallace Shawn, Sally Hawkins, Paddy Considine, Chris O’Dowd, Craig Roberts, Noah Taylor, Cathy Moriarty, Phyllis Somerville, Yasmin Paige, James Fox, J. Mascis
Genere: grottesco
Se ti piace guarda anche: Mood Indigo – La schiuma dei sogni, Brazil, Inseparabili, eXistenZ, Il cigno nero
(voto di Cannibal Kid 7/10)

IL DOPPIO VOLTO DI THE DOUBLE




The Double?
E che è?
Quel thrillerazzo con Richard Gere di un paio di anni fa?
No? C’è un altro film che si chiama The Double? Cos’è, uno scherzo? Una pellicola che si chiama The Double ha un doppio?
Ah sì, ora ricordo. L’ho pure visto e non c’entra niente con quell’altro The Double. Questo me l’ha consigliato quello scimunito di Kid. Lui si commuove sempre per questi film stramboidi pseudo autoriali intellettuali del cazzo girati da qualche sconosciuto autore emergente britannico. Per lui The Double è stata una visione magnifica, originale, toccante…
Ma va a cagher, Kid! Vattelo a pigliare in quel posto, una buona volta!
The Double è il filmetto di un regista che si fa le seghe con le videocassette di David Lynch e David Cronenberg, senza però possedere la visionarietà del primo, né la crudezza carnale del secondo. È solo la storiella di Simon, un nerd sfigato stalker con la faccia del coglione che ha inventato Facebook, innamorato della Vaginoska, che ovviamente non riuscirà mai e poi mai a scoparsi. Chi riesce a farsela, e alla grande, è invece il suo doppio figo, ovvero James. Lui sì che è l’idolo del film, quello che mi ha fatto destare dal coma in cui ero caduto nella prima parte. Grazie al suo arrivo, la pellicola assume contorni da thriller avvincente. Non al livello del capolavoro dallo stesso titolo con il grande Richard Gere, ma se non altro sono riuscito ad arrivare a fine visione. Sveglio.
La prossima volta però ci penso bene prima di guardarmi un film sponsorizzato da quello sfigato di Kid. L’ultima pellicola decente che ha consigliato è stata Piranha 3D dove più che piranha c’era un sacco di patata. Un altro thriller-dramma kafkiano tratto da Dostoevskij invece col cazzo che me lo guardo!
Cannibal
(voto di Cannibal 5/10)


Vi chiedo scusa fin da subito se ruberò qualche minuto del vostro prezioso tempo, ma oggi vorrei portare alla vostra gentile attenzione un film che mi ha molto colpito. The Double è l’opera seconda di Richard Ayoade, attore della serie The IT Crowd che aveva debuttato come regista con il folgorante Submarine, uno degli esordi più sorprendenti del cinema britannico e non solo degli ultimi anni. Scordatevi però le atmosfere hipster da Wes Anderson inglese di quella splendida pellicola, perché qui abbiamo tutto un altro mood. Qui siamo dalle parti di un incubo a occhi aperti, un incrocio tra il mondo malato di David Lynch e quello perverso di David Cronenberg, riletto però in una chiave più leggera, non troppo distante dalla visione di un Michel Gondry o di uno Spike Jonze. Senza dimenticarsi pure di aggiungere all'insieme un certo tocco alla Terry Gilliam e una punta di cignesco Darren Aronofsky. Qual è però la vera fonte di ispirazione principale del film?
The Double è liberamente tratto dal romanzo ottocentesco Il sosia di Fëdor Dostoevskij perché, ebbene sì, forse dal titolo potevate già averne il sospetto, viene qui affrontato l’eterno tema del doppio. Una vicenda grottesca dai contorni kafkiani da cui, nonostante tutti i confronti con i nomoni cinematografici e letterari finora menzionati, il giovane regista Ayoade, anche grazie al fratello di Harmony Korine Avi Korine che ha partecipato come co-sceneggiatore, ha tirato fuori una pellicola che si smarca da simili paragoni. I richiami importanti sono molti, questo è certo, eppure lui è riuscito a creare una dimensione sua, un universo parallelo dotato di una sua coerenza. E dotato di una sua bellezza.
In un cast in cui in vari ruoli minori troviamo molti attori del suo precedente Submarine, più il musicista J. Mascis dell’alternative-rock band Dinosaur Jr., a spiccare è soprattutto la splendida (doppia) prova recitativa del protagonista Jesse Eisenberg, proprio il Mark Zuckerberg di The Social Network, che riesce a caratterizzare bene due personaggi tanto identici a livello fisico tanto opposti in quanto a comportamento. Se nella parte del perfido cattivone James è convincente, a toccare le corde dell’anima è soprattutto la sua interpretazione di Simon, il povero Simon di cui nessuno si ricorda mai e che passa inosservato sotto lo sguardo dell’assurdo, folle mondo in cui vive. Il povero Simon che si sente come Pinocchio: solo un burattino e non una persona vera. Il suo amore per Mia Wasikowska, come sempre affascinante nel suo magnetico misterioso modo, è straziante. La sua vita è straziante. Se a livello visivo la pellicola è splendida ma non ancora al livello di un Lynch o di un Cronenberg dei tempi d’oro, il suo punto di forza sta in una grande, profonda umanità. Non importa allora che la tematica del doppio non sia così di primo pelo, The Double non parla soltanto al cervello, non conquista solo gli occhi, ma si rivolge soprattutto al cuore. Se non vi emozionerà almeno un pochino, mi scuso con voi ma ve lo devo dire: siete proprio delle persone malvagie.
Kid
(voto di Kid 9/10)


The Double
(UK 2013)
Regia: Richard Ayoade
Sceneggiatura: Richard Ayoade, Avi Korine
Ispirato al romanzo: Il sosia di Fëdor Dostoevskij
Cast: Jesse Eisenberg, Jesse Eisenberg, Mia Wasikowska, Wallace Shawn, Sally Hawkins, Paddy Considine, Chris O’Dowd, Craig Roberts, Noah Taylor, Cathy Moriarty, Phyllis Somerville, Yasmin Paige, James Fox, J. Mascis
Genere: grottesco
Se ti piace guarda anche: Mood Indigo – La schiuma dei sogni, Brazil, Inseparabili, eXistenZ, Il cigno nero
(voto di Cannibal Kid 7/10)

martedì 1 ottobre 2013

LA FINE DEL CORNETTO




La fine del mondo
(UK 2013)
Titolo originale: The World’s End
Regia: Edgar Wright
Sceneggiatura: Simon Pegg, Edgar Wright
Cast: Simon Pegg, Nick Frost, Paddy Considine, Martin Freeman, Eddie Marsan, Rosamund Pike, Bill Nighy, Pierce Brosnan, Jasper Levine, Rafe Spall, Steve Oram, Rafe Spall
Genere: brit-pop
Se ti piace guarda anche: L’invasione degli ultracorpi, The Faculty, L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz, American Pie: Ancora insieme, Compagni di scuola, Un tuffo nel passato, Grabbers, Attack the Block

Eravamo cinque amici al bar, che volevano andare fino alla fine del mondo.
Erano quattro, gli amici della canzone di Gino Paoli?
Non si quanti fossero in realtà, quindi non fate troppo i pignoli. E poi ne La fine del mondo gli amici al bar sono cinque, okay?
Che cos’è La fine del mondo?
Per quei quattro gatti al bar che ancora non lo sapessero, questa volta non ha a che fare con i Maya e non si tratta nemmeno di un nuovo film catastrofico di Roland Emmerdich. Per fortuna. Il nuovo di Emmerdich è Sotto Assedio – White House Down e ho l’impressione che sia perdibilissimo. La fine del mondo è invece l’ultimo capitolo della Trilogia del Cornetto. Purtroppo. Purtroppo che sia l’ultimo. Il regista e sceneggiatore Edgar Wright, l’attore e sceneggiatore Simon Pegg e il solo attore Nick Frost tornano a collaborare insieme per la terza volta, dopo l’ormai mitico L’alba dei morti dementi, che ha riportato al cinema gli zombie quando non erano ancora tornati di moda, e il meno riuscito ma comunque divertente Hot Fuzz, con un film che in qualche modo è la prosecuzione del discorso intrapreso dai due precedenti e allo stesso tempo è una visione del tutto indipendente. Il primo gusto era il Cornetto alla fragola, il secondo era il Cornetto blu originale, e ora tocca a quello alla menta con cioccolato. Al di là della presenza del Cornetto come filo comune, anche lo stile registico, con tanto di montaggio veloce e frenetico di Edgar Wright, è lo stesso, così come ritroviamo lo stesso sense of humour tipicamente british e tipicamente cazzaro, così come lo stile narrativo è lo stesso. Si parte con atmosfere da tipica comedy, e poi si sconfina su altri e più imprevedibili territori.

La prima parte, particolarmente esaltante, della pellicola è la classica vicenda giocata su dei vecchi amici di  adolescenza che si ritrovano. Il grande freddo, Compagni di scuola, American Pie: Ancora insieme, Un tuffo nel passato (Hot Tube Time Machine), Un weekend da bamboccioni, etc.… sono numerosi i film che hanno giocato su questa tematica. Anche La fine del mondo lo fa e gioca particolarmente bene la sua partita. Gioca come un Gascoigne, in maniera folle, quanto geniale. E il Gascoigne della situazione è Gary King, soprannominato The King, Il re, e interpretato da uno scatenato Simon Pegg, un vero e proprio "quaranteenne" (ovvero un quarantenne che si comporta da teen). Gary Ross è rimasto lo stesso dei tempi del liceo. Si veste allo stesso modo, si comporta allo stesso modo e ascolta la stessa musica.
Musica che, come in ogni buona pellicola britannica che si rispetti, riveste un ruolo centrale. La fine del mondo non fa eccezione. Qui la soundtrack non è solo uno sfondo sonoro, ma un elemento fondamentale per creare l’effetto reunion. In maniera analoga a quanto veniva fatto in film come Il grande freddo e Compagni di scuola con gli anni ’60, qui viene rispolverata la musica ascoltata dai protagonista da adolescenti, quella dei primissimi anni ’90, ovvero il suono baggy della scena di Madchester con band come Stone Roses, Happy Mondays e Soup Dragons, più il brit-pop delle origini con gruppi come Blur e Suede. In pratica, una vera figata per gli amanti della musica inglese 90s, quasi al livello della serie tv My Mad Fat Diary.

Gary The King/Simon Pegg riesce in qualche modo a riunire la vecchia gang di amici, composta dall’immancabile Nick Frost, dal precisetti Martin Freeman, dal piacione Paddy Considine e dall’impacciato Eddie Marsan, attore quest’ultimo che ormai si vede davvero dappertutto, sia in UK che negli USA, in grosse produzioni come Il cacciatore di giganti e Biancaneve e il cacciatore, ma anche in serie tv come Southcliffe e Ray Donovan.
Scopo della reunion? Portare a termine l’impresa che i 5 moschettieri non erano riusciti a concludere, per un pelo, nel 1990, ovvero Il miglio d’oro, ovvero andare a bere una pinta di birra a testa in ognuno dei 12 pub della loro cittadina. Se da ragazzi non c’erano riusciti, ce la faranno ora?
E ce la farò io a bermi 12 pinte di birra di fila? Mentre state leggendo questo post, mi trovo infatti all'Oktoberfest per il secondo anno consecutivo, e cercherò di rendere onore a Gary King e agli altri protagonisti della pellicola.

"Che diavolo combina il barista invece di spillare le nostre birre?
Sta al computer a leggere Pensieri Cannibali?"
Per quanto di film sulle reunion come detto ne siano stati fatti tanti, questo funziona alla grande. È spassosissimo e anche leggermente malinconico, ma non troppo, e non sconfina mai nel facile sentimentalismo tipico delle produzioni made in USA.
La fine del mondo però non è certo finita qui. Questo è solo l’inizio. Oltre che un ottimo “reunion movie”, La fine del mondo è una commedia divertentissima, la più spassosa vista finora in quest’annata, e poi è pure una valida pellicola fantascientifica. La componente sci-fi è secondaria rispetto a quella umoristica, ma fino a un certo punto. La vicenda dell’invasione aliena nella cittadina dei protagonisti si sviluppa su sentieri anche in questo caso già battuti, tra il capostipite del genere L’invasione degli ultracorpi e l’ironia di The Faculty. Una storia non nuova, eppure raccontata con personalità e con la solita dose di cazzonaggine. Una cazzonaggine però non realizzata alla cazzo di cane, tutt’altro. La regia di Edgar Wright, autore pure del grandioso Scott Pilgrim vs. the World, è spettacolare, le scene di combattimento sono molto più entusiasmanti di quelle viste in qualunque action movie recente, e pure gli effetti speciali presenti non sono male. Da notare poi il livello di recitazione eccelso. Minuto dopo minuto, birra dopo birra, il livello alcolico sale sempre più, e ciò si nota sui volti dei protagonisti, che però riescono ad apparire naturalmente ubriachi senza scadere nella banale macchietta, o nella parodia dell’ubriaco. Probabilmente perché, durante le riprese, qualche pinta fresca di bionda se la saranno buttata giù pure loro.

"Adesso però sono curioso: che dice sul nostro film?"
E qui veniamo all’ultimo elemento del film. Non solo un “reunion movie”, non solo una divertente comedy, non solo una pellicola leggermente sci-fi, uno sci-fi alla Attack the Block, questo è anche e soprattutto un film alcolico. Un inno al bere, al divertirsi, al lasciarsi andare. Il miglior modo per godersi la visione della pellicola è allora tenersi qualche birretta al fresco e scolarsela durante la pellicola. Se arrivate a quota 12, La fine del mondo vi sembrerà il film più bello del mondo. Ma anche con qualcuna di meno, resta una splendida visione. Da sobri invece non posso garantirlo.

Attenzione: Pensieri Cannibali invita i suoi lettori a fare un uso responsabile delle birre e delle auto. Non bevete auto e non guidate birra, mi raccomando.

A voler fare i pignoli della situazione, la conclusione che ricorda l’inizio della serie tv Revolution non è che sia proprio il massimo della vita no no no, però è l’unica pecca di una pellicola fino a quel momento impeccabile. D’altra parte è questa la natura umana: essere imperfetti e fare una cazzata proprio sul finale. La chiusura del film è una stronzata, but that’s okay, è giusto così. È anche per questo che amiamo la Trilogia del Cornetto e i cazzoni che l’hanno creata. E poi è normale: la parte finale del Cornetto è quella meno buona.
Fine. Non del mondo, solo del post (okay, questa me la potevo risparmiare, ho fatto pure io la cazzata finale).
(voto 8-/10)



domenica 18 agosto 2013

TYRANNOSAUR NON E’ IL NUOVO JURASSIC PARK




Tyrannosaur
(UK 2011)
Regia: Paddy Considine
Sceneggiatura: Paddy Considine
Cast: Peter Mullan, Olivia Colman, Eddie Marsan, Sian Breckin, Paul Popplewell, Ned Dennehy
Genere: brit
Se ti piace guarda anche: un film di Ken Loach può andare

Questo film si chiama Tyannosaur. Perché Tyrannosaur?
Il significato del titolo, come spiega a un certo punto il protagonista, ha a che vedere con Jurassic Park. Prima che vi venga il dubbio: a parte tale piccolo particolare, questo film non c’entra nulla con Jurassic Park. Proprio nulla.
Tyrannosaur è una pellicola bastarda, lontana anni luce e soprattutto ere geologiche dal cinema avventuroso di Spielberg. Una pellicola bastarda, di quelle da far rientrare nella scena del neorealismo britannico più crudo e vero, quello alla Ken Loach, per intenderci, ma meglio di Ken Loach e come protagonista, non a caso, c'è il Peter Mullan di My Name is Joe. Per il suo esordio dietro la macchina da presa, l’attore Paddy Considine, visto pure lui in varie pellicole british neorealiste e non, ha scelto una storia di due solitudini che si incontrano.
Prima che vi venga questo ulteriore dubbio: non è La solitudine dei numeri primi in salsa inglese. Thank you, God.

Tyrannosaur è un film incisivo, che ti scava dentro anche al termine della visione e ti lascia qualcosa. Non un capolavoro ma “solo” un buon esordio, per il Paddy Considine, in grado di gettare delle basi solidissime per una carriera dietro la macchina da presa brillante quanto e forse ancor più di quanto fatto finora in fronte ad essa.
A meno che non siate proprio patiti della scena cinematografica UK, rinfreschiamo la memoria su chi sia Paddy Considine: è quella faccia da tipico britannico che passa più tempo al pub che nella sua casetta a schiera con giardino visto nel cult Submarine, in Now Is Good, in In America, in 24 Hour Party People, in My Summer of Love, in Hot Fuzz e pure in qualche altra parte, persino in grosse produzioni americane come The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo e Cinderella Man.
Non avete ancora capito chi sia?
Understandable, quindi eccovi il suo faccione.


"Beccati questa, Steven Spielberg!"
Se ancora non siete convinti del fatto che questo film NON sia l’erede di Jurassic Park, vi anticipo in breve la trama: il protagonista è una sorta di hooligan ormai invecchiato che se ne va in giro a fare risse, persino con delle baby gang, e a ubriacarsi. Beve davvero un sacco. No big deal. Tutti gli inglesi bevono davvero un sacco. Lui però ha anche un sacco di scatti di rabbia improvvisi. In preda a un raptus, arriva persino a uccidere un cane. Non solo, arriva persino a uccidere un secondo cane. E la morte di un animale in un film è una delle cose più crudeli che possano capitare, insieme alla morte di un bambino, o forse anche peggio. Nelle pellicole violente può infatti succedere di tutto, ci possono essere sbudellamenti splatter e massacri di decine e decine di persone con una katana e va ancora bene, però la morte di un animale no, è qualcosa di davvero duro da reggere. E questo qui uccide non solo un cane, ma addirittura due.

"Certo che il finale di Broadchuch è stato una vera bastardata. Al confronto,
essere sposata con Eddie Marsan in Tyrannosaur è stata 'na passeggiata."
Nel mare di disperazione in cui sta affogando la sua vita, un’ancora di salvezza gliela lancia una tizia (la bravissima Olivia Colman della serie Broadchurch), la proprietaria di un negozietto di vestiti, che ha un’esistenza disperata quanto la sua. Forse ancor di più, du du du. State già pensando che i due ci daranno dentro come animali, come tyrannosaur magari, e avranno tanti bei bambini alcolizzati e infelici?
Aspettate un momento, perché lei è già sposata con Eddie Marsan. Quello con la faccia da topo. Quello che, sempre se non siete fan sfegatati della (ottima) scena cinematografica UK attuale, vi rinfresco la memoria segnalandovelo in film come La scomparsa di Alice Creed, Happy Go Lucky, Heartless, London Boulevard, ma è apparso anche in Sherlock Holmes, V per Vendetta, The New World, Mission: Impossible III, adesso è nella serie americana Ray Donovan e, insomma, da qualche parte l’avrete pur visto.
Non vi viene in mente?
Eccovi pure il suo faccione.


Se non l’avete ancora capito, questa è una pellicola inglese bastarda. Nuda e cruda. Che vi colpirà feroce come un tyrannosaurus rex. Anche se a dirla tutta nel finale avrebbe potuto colpire in maniera ben più cattiva.
E, tanto per ribadirlo un’altra volta, nel caso ve lo steste ancora chiedendo: no, NON è il nuovo Jurassic Park.
(voto 7/10)

"Proprio sicuri che io non c'entri niente?"



martedì 2 aprile 2013

NOW IS GOOD, DEATH IS NOT SO GOOD


Now Is Good
(UK 2012)
Regia: Ol Parker
Sceneggiatura: Ol Parker
Tratto dal romanzo: Before I Die di Jenny Downham
Cast: Dakota Fanning, Jeremy Irvine, Paddy Considine, Olivia Williams, Kaya Scodelario, Edgar Canham, Joe Cole, Josef Altin, Rose Leslie
Genere: moribondo
Se ti piace guarda anche: L’amore che resta, Non è mai troppo tardi - The Bucket List, I passi dell’amore

Pensieri Cannibali non è un blog che persegue scopi culturali.
E qui qualcuno dovrebbe intervenire: “Ma no, ma cosa dici? Certo che è un blog culturale. Certo.”

Nessuno?
Manco mezzo lettore che ha qualcosa da obiettare?

Silenzio di tomba.

Ok, Pensieri Cannibali non è un blog culturale e a quanto pare questo è risaputo da chiunque, ma ciò non significa che sia del tutto inutile. Pensieri Cannibali serve infatti a segnalare delle pellicole teen di cui nessun altro vi parla. Vi sembra una cosa da poco?
Quando arriva un nuovo horror di un misconosciuto autore underground di culto, o una pellicola sci-fi diretta dal figlio del nipote del fratello del conoscente del compagno gay del cognato di Spock di Star Trek, ecco che il web si anima di recensioni e pareri. Ma dei film con protagonisti teen niente.
Silenzio di tomba - Parte seconda.

Now Is Good è una di queste pellicole teen di cui nessuno vi parla (ci sarà un motivo?), ma di cui vi parlo io. E non è nemmeno una pellicola strettamente troppo teen. Se la protagonista anziché una sedicenne malata terminale di leucemia fosse una vecchina malata terminale, tutti a gridare al capolavoro e a lanciargli dietro Palme d’Oro e Oscar, come è capitato con Amour. Invece la protagonista è Dakota Fanning, la bimbetta odiosa de La guerra dei mondi spielberghiana di recente vista anche nella saga di Twilight. Tralasciando quest’ultimo inquietante dettaglio non da poco, Dakota è un’ottima attricetta e ha una sorellina che sta diventando ancora più brava di lei, la cocca coppoliana Elle Fanning vista in Somewhere e Twixt.
In Now Is Good, Dakota Fanning sfoggia un look da malata terminale all’ultimo grido ispirato (credo) ad Alba Rohrwacher. Tralasciando pure quest’altro dettaglio sempre inquietante e sempre non da poco conto, la sua interpretazione è molto intensa e sentita. Sembra che sia davvero in fin di vita, sarà per quel colorito pallido da: – Ragazza, ma il sole tu l’hai mai preso in vita tua? –

"Dakota, andare in moto è bello, ma non pensi sarebbe meglio
cavalcare un War Horse?"
"NO!"
Il film si va dunque a incastonare in quel filone di pellicole melodrammatiche su una persona malata e/o in fin di vita cui fino a qualche tempo fa avrei rinunciato a priori ma che negli ultimi tempi mi sta regalando parecchie soddisfazioni. Per quante soddisfazioni possa regalare il vedere una persona malata e/o in fin di vita. Di recente abbiamo infatti avuto il valido The Sessions ma siamo tutti consapevoli che le soddisfazioni maggiori sono arrivate d’Oltralpe grazie ai vari splendidi Quasi amici, La guerra è dichiarata, Un sapore di ruggine e ossa, Piccole bugie tra amici e compagnia malata.
Come si comportano gli inglesi al cospetto di un tema ‘sì delicato?
Con la loro solita classe e con quel pizzico di British humour che li contraddistingue sempre. Now Is Good è una produzione BBC Films e quindi la qualità è garantita, così come l’alto livello di recitazione: oltre all’americana Fanning senior anzi señora, sfilano dei fuoriclasse britannici come Paddy Considine (Submarine, In America), Olivia Williams (Dollhouse, L’uomo nell’ombra) e Kaya “è sempre un piacere rivederti” Scodelario (Skins, Wuthering Heights, il video di “Candy” di Robbie Williams). Gli occhi dolci delle fanciulle alla visione saranno invece tutti per Jeremy Irvine, recentemente nel Grandi speranze firmato da Mike Newell e sì, purtroppo anche protagonista del pessimo War Horse dello Spielberg, dove con protagonista intendo il ragazzo non il cavallo.

"Dakota, prendila con filosofia: tutti dobbiamo morire. Io probabilmente
tra 100 anni di morte naturale, tu in giovane età tra atroci sofferenze."
"Grazie Jeremy, tu sì che sai essere di conforto nei momenti difficili."
"Piccola, quando vuoi. Sono qui per questo."
La pellicola è tratta dal romanzo Before I Die di Jenny Downham. Preoccupato, sono andato a controllare e ho scoperto che è ancora viva. Si tratta infatti di una storia non autobiografica. Jenny Downham non ha la leucemia e a quanto ne so gode di ottima salute. La storia è quella di una ragazza agli ultimi mesi di vita come la protagonista di L’amore che resta di Gus Van Sant, da cui non è troppo distante, o dalle storie strappalacrime di Nicholas Sparks stile I passi dell’amore, da cui invece è piuttosto distante. Si tratta di un melodrammone sentimentale che riesce a coinvolgere per un semplice fatto: ci sbatte in faccia all’ineluttabile. Tutti moriremo, prima o poi. Magari non di leucemia in così tenera età, però prima o poi toccherà pure a noi.
Di fronte all’inevitabile, la protagonista decide di fare una sua Bucket List con le cose che vorrebbe fare prima di morire. Una lista ben poco politically correct, dopo tutto siamo nella (quasi) sempre scorretta Inghilterra, per una storia che naturalmente va dalle parti del carpe diem! ma che non risulta troppo pesante o stucchevole. Aiutato dalle splendide location di Brighton, uno dei posti che preferisco nell’intero mondo, e arricchito da una buona colonna sonora che comprende Metric, Lana Del Rey remix ed Ellie Goulding, Now Is Good è un film… good. E da guardare… now. O, se non altro, prima di morire.
(voto 6,5/10)


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