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giovedì 18 aprile 2019

Ma cosa ci dice il cervello a far uscire dei film del genere?





Settimana ricchissima di uscite incredibili!!!

No, non è vero. Vi stavo a coglionà. Questo è forse uno dei weekend peggiori a livello cinematografico dell'intera annata. Oppure riserverà delle sorprese sorprendenti?

Mi spiace di aver coinvolto in una settimana del genere, a commentare i film in arrivo in sala insieme a me Cannibal Kid e al mio solito rivale Mr. James Ford, un ospite di prestigio: SamSimon, principale autore del blog collettivo Vengono fuori dalle fottute pareti. Ma lasciamo a lui la parola.

SamSimon scrive di cinema (senza saperne granché) sul blog Vengono fuori dalle fottute pareti insieme a uno sparuto gruppetto di amici. Frequenta assiduamente l'unico cinema della città che proietta i film in versione originale e accumula DVD e Bluray come se l'esistenza del mondo dipendesse da quello. Il suo più grande risultato nella vita è probabilmente aver stretto la mano a John Carpenter in occasione di un suo recente concerto, così come descritto qui.

E ora i commenti!


La llorona - Le lacrime del male
"Padre, ieri ho visitato Pensieri Cannibali. Mi dica, è peccato?"
"Sarebbe un peccato non leggerlo. Quel blog è geniale, porco Giuda!"

lunedì 27 agosto 2018

Col gattone in tangenziale, andiamo a comandare





Lassate ogni speranza o voi k'entrate...


...perché oggi su Pensieri Cannibali si parla di un film italiano...


martedì 17 giugno 2014

SOTTO UNA BUONA STELLA, LA GRANDE BELLEZZA DE VERDONE





Sotto una buona stella
(Italia 2014)
Regia: Carlo Verdone
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Pasquale Plastino, Gabriele Pignotta, Maruska Albertazzi
Cast: Carlo Verdone, Paola Cortellesi, Tea Falco, Lorenzo Richelmy, Eleonora Sergio, Simon Blackhall, Alex Infascelli
Genere: merdino verdino
Se ti piace guarda anche: Io, loro e Lara, Posti in piedi in paradiso

Io non ce la faccio a volergli male, al Carletto Verdone. E sì che il suo ultimo film avrebbe tutte le carte in regola per farmi girare le palle alla grande. È buonista. Ha un finale terrificante. È corredato da un’insopportabile, continua e moralistica voce fuori campo. È girato male. Proprio male. Non che Verdone sia mai stato un fenomeno dietro la macchina da presa, ma qui siamo a livelli da fiction Rai o Mediaset. Idem per quanto riguarda la recitazione. Tea Falco, già ammirata nel caruccio Io e te di Bernardo Bertolucci, è tanto bella quanto incapace di esprimere emozioni che non siano quelle di un generale scazzo e disprezzo nei confronti dell’umanità tutta. E mi piace, per questo. Vorrei fosse la madre dei miei figli, per questo. Però recitare anche no, eh. Lorenzo Richelmy, qui alle prese con uno stereotipatissimo ruolo da tormentato ggiovane che si crede un artistone quando invece canta delle canzoncine degne di Matteo Branciamore, è la versione al maschile della Falco. Anche lui costantemente scazzato. A risollevare il tutto ci pensa allora l’arrivo di Paola Cortellesi, non fenomenale, la sua recitazione è molto da scenetta di Mai dire gol più che cinematografica, ma se non altro il suo personaggio contribuisce a rianimare la situazione.

"Ma la smetti di suonare 'ste canzoncine demmerda? Sei peggio di Alex Britti!"
La prima parte del film fa davvero temere il peggio. Carlo Verdone è alle prese con il suo solito ruolo da divorziato che frequenta una donna più giovane, ovviamente molto superficiale, e una volta che la sua ex moglie muore e lui resta a spasso senza un lavoro, visto che il suo capo ha fatto dei truschini loschi perché in Italia tutti fanno truschini loschi tranne Verdone, si ritrova a vivere con i suoi figli, che ovviamente non aveva mai cagato prima. Il classico Verdone alle prese con il tema della crisi economica, roba già vista nei suoi precedenti Io, loro e Lara e Posti in piedi in Paradiso, con la differenza che nel primo doveva vivere con quella zoccola di Laura Chiatti… cioè intendevo dire Lara, nel secondo conviveva con un paio di suoi coetanei, mentre qui con i figli e pure con la nipotina. Questo fino al citato arrivo della Cortellesi che, tra una parlata rumena e le sue faccette buffe, riesce a regalare qualche momento simpatico a una pellicola fino ad allora piuttosto deprimente per essere una commedia. Da qui in poi tutto procede sempre in maniera prevedibile, ovvia love story tra Verdone e la Cortellesi compresa, ma se non altro si ride qua e là. Niente risate fragorose, per carità, eppure io a guardare le gag del Carletto, per quanto abusate e in odore di deja vu, non ce la faccio a trattenere il sorriso.
Di alcuni siparietti pseudo comici avrei comunque fatto volentieri a meno persino io. Ad esempio la scena dei finti orgasmi, che sembra una versione poraccia di Harry ti presento Sally. Oppure la scena del pitone, che pare giusto un pretesto per dare un lavoro al povero Alex Infascelli, enfant prodige del cinema pulp italiano a inizio anni Duemila (di cui però stranamente non ho mai visto alcun film), negli ultimi tempi caduto in disgrazia e finito a fare il cameriere. Non che sia una disgrazia fare il cameriere, però diciamo che partecipare alla notte degli Oscar come è riuscito a fare quest'anno il Carletto è un’altra cosa.

"Se il prossimo film va male, c'ho un futuro a Ballando con le stelle assicurato."
Se la componente comica funziona a corrente alternata, con tanti blackout e qualche raro momento di luce, la parte più interessante è rappresentata dalla visione di Verdone di Roma e più in generale dell’Italia attuale. Anche in questo caso le buone intenzioni del regista, attore e sceneggiatore restano appunto intenzioni e il suo pensiero viene snocciolato attraverso un uso eccessivo della voce off, con cui il Carletto esprime in maniera banale una serie di concetti ampiamente noti. Noti, ma che comunque non fa male ribadire, come il fatto che i giovani d’oggi, per quanto creativi, non riescano a trovare spazio in un paese per vecchi e siano costretti a fuggire via. Per colpa proprio della generazione del regista, che se ne assume le responsabilità.
A tratti questo Sotto una buona stella sembra quasi una versione verdoniana de La grande bellezza, peccato che Verdone all’amico Paolo Sorrentino non abbia rubato manco mezza ripresa decente. In mezzo al rapporto padre/figli e alla storiella d’amicizia/amore con la Cortellesi, Verdone infila qualche critica ai radical-chic de Roma, tra un’audizione musicale grottesca e una lettura di poesie che sembra una scena scartata proprio da La grande bellezza. I link con il film di Sorrentino finiscono qui e per il resto tutto procede in maniera liscia, senza scossoni.
Verdone è allora lontano dai suoi film migliori, la brillantezza di un tempo è giusto un ricordo, ormai più che un Verdone è diventato un Verdino (non ho detto Merdino), ma se non altro Sotto una buona stella mi ha lasciato un’impressione migliore rispetto al precedente Posti in piedi in paradiso.
Detto diversamente: Sotto una buona stella è un film demmerda, però non mi è dispiaciuto. Sarà perché io proprio nun gna faccio a odià er Carlè, li mortacci sua!
(voto 5,5/10)

venerdì 28 ottobre 2011

C’è chi dice boh


C’è chi dice no
(Italia 2011)
Regia: Giambattista Avellino
Cast: Luca Argentero, Paola Cortellesi, Paolo Ruffini, Myriam Catania, Claudio Bigagli, Marco Bocci, Roberto Citran, Massimo De Lorenzo, Harriet McMasters Green, Edoardo Gabbriellini, Max Mazzotta
Genere: finto contro
Se ti piace guarda anche: Immaturi, Generazione mille euro, Tutta la vita davanti

Figli di papà. Chi non se l’è trovati tra le scatole, nel lavoro, a scuola e più in generale nella vita? (Ho detto figli di papà, in uno strano moto di politically correctismo, ma se preferite definirli figli di puttana siete liberissimi di farlo).
C’è chi dice no ci racconta la storia di 2 tipi (Luca Argentero e Paolo Ruffini) e una tipa (Paola Cortellesi) che si oppongono a questo sistema, a questo regime di nepotismo che affligge il mondo del lavoro, non esclusivamente in Italia, ma diciamo che da noi è il modello imperante e ci sguazziamo alla grande.
Perfetto, come non considerarli simpatici, persino eroici?
I tre uniscono le loro forze per abbattere questo sistema, con ognuno di loro impegnato a demolire il “figlio di papà” dell’altro. Per fare ciò, ricorrono però a tipici modelli all’italiana: lo stalking, le telefonate minatorie, l’assoldamento di extracomunitari per fare il lavoro sporco al posto loro, la (quasi) prostituzione maschile.
Vabbè, ma combattere un’ingiustizia con altre giustizie automaticamente porta alla Giustizia?
Personaggi che sarebbero risultati molto facilmente simpatici fanno quindi di tutto per diventare odiosi, con l’apice di quello interpretato da Luca Argentero, giornalista vittima del sistema di raccomandazioni che però appena intravede una mezza possibilità di carriera personale ci si butta dentro a capofitto in quegli stessi metodi di raccomandazione da lui condannati. Arrivando ad andare (quasi) a letto con la figlia di un pezzo grosso, nonostante nella telefonatissima storiella d’amore presente all’interno del film sia già innamorato della Cortellesi.

C’è chi dice no, a un film del genere. Io, ad esempio. Perché se le intenzioni sono più che lodevoli, i metodi utilizzati dai tre tizi per guadagnarsi la loro Giustizia personale sono parecchio discutibili e il messaggio del film finisce affogato nell’ipocrisia insieme alla marketta Tim che salta fuori puntuale come il titolo di un film italiano preso da quello di una canzone.
Nonostante la pessima scelta qui caduta su un pezzo di Vasco, la colonna sonora tenta una via internazionale con pezzi brit-rock carucci quanto poco in sintonia con le immagini, a far da accompagnamento ad alcune gag riempitivo di cui la sceneggiatura davvero scontata, prevedibile e noiosa è costellata. Pur partendo da un tema di maledetta attualità, il film presenta quindi una serie di personaggi che più stereotipati non si potrebbe e scivola in una sfilza di situazioni inverosimili: la cosa più assurda di tutte è che gli sbirri incastrano i protagonisti utilizzando il computer!
Sì, certo. Come no? L'unica volta che il film prova a uscire dagli stereotipi di turno, mi va a scegliere proprio la cosa più impossibile del mondo???

Altro problema, non da poco per una commedia, è che è davvero poco divertente. Gli attori poi non sembrano del tutto a loro agio nella parte dei falliti in cerca di riscatto: la Cortellesi è molto più convincente in Nessuno mi può giudicare, Paolino Ruffini è uno dei personaggi meno di talento usciti da Mtv e infatti è finito a condurre Colorado Cafè con Belén (e ho detto Colorado Café, non un sextape), Luca Argentero sarà invece anche il personaggio di maggior talento uscito dal Grande Fratello, ma questa non è una cosa di cui vantarsi troppo.
Tra le cose positive, va segnalato l’unico momento divertente e (vagamente) cinematografico, con un “raccomandato” che dopo essere stato drogato dai protagonisti si mette a cantare e a dar vita a un siparietto musical alla Gene Kelly, più l’interpretazione della promettente Myriam Catania, la più convincente del cast e quella cui è stato affidato il personaggio meno scontato, e il discreto finale sulle note dei Baustelle che risolleva un po’ le sorti di un film apparso fino ad allora piuttosto privo di idee azzeccate.

Alla fine l’impressione è comunque pressappoco la stessa di quella avuta da Immaturi (anche se C’è chi dice no è un filino meglio, concediamoglielo), altro sconfortante esempio di attuale immatura commedia all’italiana e altro esempio di tentativo fallito di parlare con intelligenza e con uno sguardo meno superficiale della precaria vita dei 30enni di oggi. La soluzione che propone al sistema di raccomandazioni (ovvero lo stalking, mica il merito o il talento lavorativo) è poi una cosa davvero sconfortante.
Se è facile identificarsi nei protagonisti, ritrovare nei loro problemi a fare carriera senza avere “calci nel culo” da parenti o amici potentati i nostri stessi problemi, questo non significa però automaticamente apprezzare un filmetto dalle capacità cinematografiche davvero limitate. Tanto che, ironia della sorte, si finisce per chiedersi: “Ma regista e sceneggiatore da chi sono stati raccomandati?”
(voto 5-/10)

venerdì 30 settembre 2011

Nessuno ti può giudicare, tranne me

Apperò, discreta manza la Cortellesi in questo film! Chi l'avrebbe detto?
Nessuno mi può giudicare
(Italia 2011)
Regia: Massimiliano Bruno
Cast: Paola Cortellesi, Raoul Bova, Anna Foglietta, Rocco Papaleo, Lucia Ocone, Giovanni Bruno, Hassani Shapi, Valerio Aprea, Lillo Petrolo, Awa Ly, Pietro De Silva, Caterina Guzzanti, Dario Cassini, Massimiliano Bruno
Genere: commedia escort
Se ti piace guarda anche: Boris, Immaturi, C’è chi dice no

Nessuno mi può giudicare.
Eh no, abbella. Nessuno ti può giudicare un cazzo. Non hai fatto i conti con i Pensieri Cannibali e io ti giudico, eccome. E ti giudico anche una zoccola, mia cara protagonista di questa storia.
Quanto al film, lo giudico una porkata pazzesca.
Anzi no, fermi!

L'accoglienza italiana a Gheddafi? Ah, no: è sempre il film...
L’inizio è davvero agghiacciante e fa temere il peggio. La pellicola si apre infatti come una fotografia impietosa dello stato del nostro paese, anche a livello cinematografico, con Massimiliano Bruno, già attore e sceneggiatore, che sembra pagare subito lo scotto del passaggio dietro la macchina da presa. Ha fatto il classico passo più lungo della gamba.
Il personaggio della Littizz… ehm della Cortellesi (me le confondo sempre) parte come una parodia della tipica donna di centro-destra, con look alla Mariastella Gelmini e battute razziste che facevano ridere in bocca al cumenda Guido Nicheli, ma in bocca a lei non fanno lo stesso effetto. Aggiungiamoci poi lo schiavetto personale della famiglia che è la solita macchieta extracomunitaria finto simpatica ma in realtà stereotipata e odiosa, e una insopportabile voce fuori campo a narrarci la vicenda e abbiamo un quadro impietoso.
Poi però qualcosa succede.
Il marito della protagonista (il solito imprenditore berlusconiano superficiale e pieno di amanti) ci lascia le penne e tutto cambia. Per la protagonista, ma anche per il film.
Per fronteggiare al disagio economico improvvisamente piovutole addosso, pagari i debiti del marito defunto e mantenere lei e il suo amato figlioletto, la donna cosa farà? Un’alternativa sarebbe mettersi a spacciare maria, come suggerisce la serie Weeds, in cui la protagonista Mary-Louise Parker si trova in una situazione analoga, ma visto che siamo in Italia la possibilità più concreta per fare soldi facili alla svelta è un’altra: mettersi a fare la escort, no?

È qui che il film finalmente entra nel vivo, mettendo da parte i (fallimentari) tentativi di indagine sociale del paese e dedicandosi ai toni da commedia. Finalmente si ride e ci sono parecchie scene divertenti, in particolare quelle dell’addestramento come escort o le lezioni di seduzione al bar, con Paola Cortellesi che abbandonati i rigidi panni della prima parte finalmente si scatena e offre una buona performance comica degna dei tempi in cui faceva Mai dire gol.
Ci sono poi alcune chicche non da poco: un video porno intitolato “Fotte prima degli esami”, con cui gli sceneggiatori Massimliano Bruno (sì, sempre li regista) e Fausto Brizzi ironizzano sul loro titolo più famoso, Notte prima degli esami per chi non l’avesse capito. In più c’è anche una (piuttosto) divertente parodia di Nanni Moretti


e in più in più c’è qualche battuta che gioca sul romanesco e a me porcoddue me fa sempre taglià daa risate, tipo: “Amicizia, ma che stamo su Facebook? Ma chitteconosce?”
Insomma, finché il film rimane dentro i paletti della commedia fa anche ridere, sorridere va’, e arriva a guadagnarsi persino l’ambito titolo di “cariiino”. Quando però ambisce pure a farsi ritratto sosciale semo messi male, semo.
I momenti drammatici sono drammatici nel senso de ‘mbarazzanti, ao’, su tutti la scena con il figlio della Cortellesi (Giovanni Bruno, che non ne sono sicuro ma dal cognome direi sia il figlio raccomandato del regista Massimiliano Bruno) che canta sul terrazzo è un qualcosa che risulterebbe stucchevole e vomitevole pure per Antonella Clerici e Gerry Scotti messi insieme.
Altro di male, che c’è? La colonna sonora è tragica, mentre l’apparizione di Fausto Leali risulta - sorpresa sorpresa! - estremamente divertente.
Ciliegina sulla torta amara? La continua vocetta fuori campo è davvero odiosa e la giustificazione della sua presenza verso il finale lascia di stucco. In negativo, intendo.

Tra alcune cose buone e diverse cose meno, nel mezzo rimane un cast che pur non facendo gridare al miracolo risulta piuttosto convincente, oltre alla protagonista c’è un discreto Raoul Bova che nella sua carriera oscilla pure lui tra cose buone (La finestra di fronte) e moccianate assurde, una grande esilarante mitica Caterina Guzzanti (proveniente, come altri del cast, dalla serie Boris) mentre un po’ sacrificato è il personaggio di Lucia Ocone, un’altra insieme alla Littizzetto che mi confondo sempre con la Cortellesi. Rocco Papaleo invece continuo a non sopportarlo molto.
E così mentre rimango indeciso se mi sia più piaciuto o mi abbia più dato fastidio, se prevalgano i punti di forza o quelli di debolezza, ecco che il film si salva in zona Cesarini con un finale sorprendentemente azzeccato. Chi l’avrebbe detto?
E i titoli di cosa sulle note di Walking on sunshine, che pure non c’entra una beata mazza con il resto della pellicola, risolleva in minima parte un film fino ad allora musicalmente agghiacciante.
Nessuno mi può giudicare in effetti se non altro tiene fede al titolo: è davvero difficile da giudicare. La sufficienza piena però non gliela do, tiè.
(voto 6-/10)

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