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martedì 21 aprile 2015

MORTDACCI TUA, JOHNNY DEPP!





Mortdecai
(UK, Usa 2015)
Regia: David Koepp
Sceneggiatura: Eric Aronson
Ispirato al romanzo: Don't Point That Thing At Me di Kyril Bonfiglioli
Cast: Johnny Depp, Paul Bettany, Gwyneth Paltrow, Ewan McGregor, Ulrich Thomsen, Jeff Goldblum, Olivia Munn
Genere: mortdale
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Epic fail.

Al peggio non c'è mai fine.

 Sputtanamento totale.

Sono queste le prime espressioni che mi sono venute in mente guardando Johnny Depp nel suo ultimo, a questo punto spero davvero ultimo ultimo, film: Mortdecai. In realtà me ne sono venute in mente anche altre, ma sarebbero troppo volgari persino per questo blog, quindi meglio non trascriverle.
È vero che i gusti sono gusti, ma io sfido chiunque a trovare bella una roba come questa. Non credo sia umanamente possibile. Mortdecai è un film brutto almeno quanto i baffi qui sfoggiati da Johnny Depp e che sono in pratica al centro dell'intera pellicola e della maggior parte delle gag presenti che vorrebbero far ridere. Riuscendoci?
Conoscete già la risposta.

"A me questo film ha fatto morir dal ridere! Soprattutto morir."

mercoledì 23 luglio 2014

TRANSCENDENCE, LA POCO TRASCENDENTALE FINE DI JOHNNY DEPP





Transcendence
(USA, UK, Cina 2014)
Regia: Wally Pfister
Sceneggiatura: Jack Paglen
Cast: Johnny Depp, Rebecca Hall, Paul Bettany, Cillian Murphy, Kate Mara, Morgan Freeman, Cole Hauser, Clifton Collins Jr., Josh Stewart, Xander Berkeley, Lukas Haas, Cory Hardrict
Genere: ok computer
Se ti piace guarda anche: Lei, Black Mirror, Intelligence, RoboCop, Ghost

Vi siete mai chiesti perché a un certo punto, senza un apparente motivo, la carriera di un buon attore improvvisamente deraglia? Prendiamo per esempio Johnny Depp. Un grandissimo interprete che fino a qualche anno fa era garanzia di qualità. Alta qualità. Quando trovavi lui nel cast, il film era se non altro interessante o, anche nel caso la pellicola non fosse fenomenale, lui riusciva comunque a fare sempre la sua porca figura. Fino a che, un giorno, il nome di Johnny Depp è diventato garanzia di un differente tipo di qualità: la pessima qualità.
Quando succede una cosa del genere, a volte la colpa è dell’attore stesso. Si fanno scelte sbagliate, si invecchia, il talento svanisce, si accetta qualunque tipo di film solo per soldi. Prendete Robert De Niro, giusto per fare un nome a caso, passato da Taxi Driver a Big Wedding. A volte invece non è a causa loro. Se la carriera di Johnny Depp è finita in una spirale discendente in cui non si riesce a vedere una fine non è per colpa sua. Come faccio a saperlo?
Perché è colpa mia.

Qualche tempo fa ho subito un attentato da parte di un gruppo di fondamentalisti cinefili perché sul mio blog Pensieri Cannibali avevo osato parlare male di pellicole altrove inspiegabilmente osannate come Avatar, Gravity e il terrificante Cloud Atlas. Sul letto di morte, un gruppetto di amici nerd mi ha proposto una folle idea per salvarmi. Avrebbero trasportato i miei ricordi, i miei post, i miei pensieri cannibali dentro a un altro corpo e io espressi il desiderio di essere infilato dentro al corpo di Johnny Depp. Poi esalai l’ultimo respiro.

Qualche tempo dopo la mia morte, sono resuscitato e manco sotto forma di zombie. Sono rinato nel corpo di Johnny Depp, proprio come da me richiesto. Non so che fine abbia fatto lo spirito del vero Johnny Depp, fatto sta che io adesso ero lui. Ho così cominciato ad accettare qualunque tipo di film che mi venisse proposto, qualunque porcheruola di pellicola per famiglie. Oh, mi offrivano delle barche di soldi, come facevo a dire di no?
Mandai all’aria anche la mia famiglia. O meglio, la famiglia di Johnny Depp. Ero sposato con Vanessa Paradis e i primi tempi era un vero paradiso stare con lei. Quando però un giorno ha cominciato a farmi delle avance Amber Heard, e dico Amber Heard porco Giuda, ho ceduto. Johnny probabilmente non l’avrebbe fatto. Era un uomo attaccato alla famiglia, responsabile, non avrebbe mai tradito la moglie. Io invece sì. Che mi fregava a me della simpatica famigliola di Depp quando potevo farmi Amber Heard?


"Guarda Morgan, questo blog spiega perché le nostre carriere fanno pena."
"Nel mio caso non è per quello. Nel mio caso è solo colpa dei soldi!"
Per quanto riguarda la mia carriera, mi piovevano addosso sceneggiature da tutte le parti. Molte pessime, ma ce n’era una che non sembrava niente male. Si chiamava Transcendence. Ho iniziato a leggere le prime pagine ed era un soggetto piuttosto intrigante. Parlava di un geniale studioso esperto di intelligenza artificiale che veniva ucciso da dei terroristi, ma il cui cervello veniva fatto rivivere all’interno di un computer. Il genietto si trasformava così in un cyborg mezzo uomo e mezzo computer dotato di un’intelligenza e di una conoscenza pazzesche. A questo punto ho smesso di leggere perché mi pareva una sceneggiatura valida, più delle robette per bambini che Tim Burton e gli altri continuavano a inviarmi, e ho accettato di girarlo. Peccato che il film, dopo una partenza valida, svacchi del tutto e si trasformi in una porcheria clamorosa. Sarebbe stato davvero bello vedere un’idea del genere sviluppata da David Cronenberg, il David Cronenberg dei tempi migliori almeno, prima che pure lui venisse soppiantato da qualcun altro. Invece la pellicola è diretta dall’esordiente per niente promettente Wally Pfister, una specie di Christopher Nolan di serie Z, che ha realizzato una sorta di variante hollywoodiana, prevedibile e senza fantasia di Lei – Her. Una vicenda sci-fi sulla carta valida, trasformata in una robaccia complottista e moralista sui pericoli della tecnologia. Forse avrei dovuto leggerla per intero, la sceneggiatura, prima di decidere di girare questo film.

"Perché non leggo le sceneggiature fino in fondo, prima di accettarle?"

Sono comunque contento di avere preso parte a Transcendence, perché credo rappresenti bene la mia carriera. Un ottimo inizio e poi uno spegnersi progressivo fino ad arrivare a un finale del tutto ridicolo. Sono contento anche perché non è che sia proprio la mia mia, di carriera. È quella di Johnny Depp. E io sono riuscito a sputtanargliela alla grande. Non era mica un’impresa facile. Per farlo ci va del talento, del talento diabolico, e a me quello certo non è mai mancato.
(voto 4,5/10)

martedì 2 luglio 2013

BLOOD, IL SANGUE CHE NON MACCHIA



Blood

(UK 2012)
Regia: Nick Murphy
Sceneggiatura: Bill Gallagher
Ispirato alla serie tv: Conviction
Cast: Paul Bettany, Stephen Graham, Brian Cox, Mark Strong, Ben Crompton, Zoë Tapper, Patrick Hurd-Wood, Lucy Lowe, Natasha Little, Naomi Battrick
Genere: murder story
Se ti piace guarda anche: The Fall, Broadchurch

Ah, quante ragazze assassinate ho visto, nella mia vita!
Non intendo viste live, cioè morte dal vivo, per quanto qualcuno possa essere morto dal vivo. Non essendo né un agente della omicidi, né un serial killer, non mi è capitato. Intendo che le ho viste in film e soprattutto telefilm.
Laura Palmer, do you know?
Rosie Larsen, quella di The Killing, avete presente?
Alison DiLaurentis delle Pretty Little Liars...
Le vittime di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti...

"Paghi tu, papi? Tanto c'hai l'Alzheimer e domani manco ti ricordi."
Questo giusto per citarne alcune, ma la lista potrebbe andare avanti per post e post interi. Sarebbe però una cosa troppo macabra, quindi fermiamoci qui, ma rimaniamo nello spettrale ambito del macabro.
Blood comincia infatti proprio con il ritrovamento in una (più o meno) tranquilla cittadina inglese del cadavere di una ragazzina, una dodicenne brutalmente uccisa. Da chi? Come? Perché?
A provare a dare una risposta a tali spinose domande ci pensano i detective Paul Bettany e il suo fratello (cinematografico) Stephen Graham. Passano appena poche ore all’interno della pellicola, giusto pochi minuti nella vita dello spettatore, e il caso viene risolto. L’assassino catturato. Assicurato alla giustizia.
Ehm, forse…

Se fosse tutto così semplice, il film sarebbe finito qui e ciao, si spengano le luci in sala e tutti a casa. Invece non è altro che l’inizio di questo thriller ben realizzato, piuttosto avvincente, con una analisi nella psicologia dei personaggi abbastanza approfondita, con delle interpretazioni valide da parte di tutto il cast, che oltre al discontinuo Paul Bettany (molto meno convincente rispetto ai tempi di A Beautiful Mind e Dogville) e al sempre cazzuto Stephen Graham vanta anche gli ottimi Mark Strong e Brian Cox, il padre con l'Alzheimer dei due fratelli protagonisti. Insomma, bene così.
Ehm, forse…

"Ma questa recensione è scandalosa!
Esigo un mandato di cattura internazionale per l'autore, immediatamente."
Per quanto cerchi di prendere le distanze dalla murder story classica, andando a scavare all’interno della vita dei protagonisti e tessendo una tela di complesse relazioni famigliari, la sensazione di già visto non va comunque via. Certo, se Blood l’avessero realizzato in Italia, probabilmente gli avrebbero fatto vincere 42 David di Donatello, 27 Ciak d’Oro, 6 Telegatti e una notte con Ruby Rubacuori. Ogni riferimento a La migliore offerta è puramente voluto. Per gli standard dei thriller inglesi, invece, negli ultimi tempi si è visto di meglio. Soprattutto in tv, grazie a serie come la splendida Broadchurch o alla tesa, molto tesa The Fall. Anche Blood parte proprio da un’ispirazione televisiva; è infatti tratto dalla serie tv, British anch’essa of course, Conviction, creata dallo stesso sceneggiatore della pellicola Bill Gallagher, autore poi anche di altre mini serie come Blackout e The Paradise.
Tutto ben scritto, tutto ben recitato, tutto ben fatto con il marchio di qualità BBC Films, tutto allo stesso tempo talmente perfettino da risultare una visione estiva decente, però niente più di questo. Una volta terminato, Blood non lascia grandi macchie. Basta un po’ di sapone e vanno subito via.
(voto 6-/10)



martedì 6 dicembre 2011

Crisi economica? Ora saprete chi ringraziare

Oddio. Ci becchiamo le notizie economiche già su giornali e telegiornali (a parte Studio Aperto che parla solo di omicidi brutali alternati a immagini di cani, gatti & topa), e adesso dobbiamo sorbirci pure quell’esaltato del Cannibal Kid?
Quasi quasi lo preferiamo quando parla di Justin Bieber

E invece oggi vi tocca. Lezione di economia. In cattedra non 3monti, bensì una persona che (forse) ne capisce ancora meno: il prof. Cannibal “The Economist” Kid.

Margin Call
(USA 2011)
Regia: J.C. Chandor
Cast: Kevin Spacey, Paul Bettany, Zachary Quinto, Penn Badgley, Stanley Tucci, Simon Baker, Jeremy Irons, Demi Moore, Mary McDonnell, Aasif Mandvi
Genere: new economy, new cinema
Se ti piace guarda anche: Wall Street, Wall Street 2, Too big to fail, Inside Job, Tra le nuvole, In Good Company, Collateral

Margin Call è il film di oggi. Perché oggi per una volta non parleremo di teen, di lupi mannari o vampiri.
Hey, un momento. Forse di teen sì, visto che tra i protagonisti c’è Penn Badgley finalmente fuoriuscito da Gossip Girl. Ed hey, forse anche di vampiri. Di vampiri che invece del sangue ci succhiano i soldi. E forse pure di lupi.
Tra le prime scene, ce n’è infatti una cruciale in cui un giovane broker si infila le cuffie nelle orecchie e si ascolta una canzone chiamata “Wolves” dei Phosphorescent, il cui testo è decisamente simbolico e la musica diventa parte della narrazione filmica, in maniera analoga a quanto avviene alle canzoni di Aimee Mann in Magnolia.

mama there's wolves in the house
mama they won't let me out
mama they're mating at night
mama they wont make nice


trad.
mamma, ci sono i lupi alla porta
mamma, non mi faranno uscire
mamma, si accoppiano di notte
mamma, non sarà una cosa piacevole


Torniamo al film. Anzi, torniamo all’economia.
Per prima cosa: cos’è il “margin call”?
Certo che siete ignoranti come le capre, direbbe un certo Vittorio Sgarbi. Anch’io devo ammettere che prima di vedere questo film non lo sapevo. Adesso che ho visto il film non credo che le mie finanze ne beneficeranno più di tanto, però almeno mi sono fatto una mezza cultura in materia e la prossima volta non impedirò che qualche broker o banchiere me lo ficchi in culo, ma almeno saprò in che modo me lo ficca in culo.
La definizione economica di Margin Call comunque è la seguente:
"È la richiesta fatta all'investitore, da parte dell'intermediario in titoli, di integrare il quantitativo di contante o titoli di Stato depositato in garanzia presso lo stesso intermediario. Questa richiesta viene avanzata quando il variare delle condizioni di mercato rende insufficiente il margine disponibile a tutelare l'intermediario dalle perdite."

Ok. Anch’io non c’ho capito niente. Però il film in qualche modo rende la questione economica molto più semplice e immediata. Ce la racconta come se dovesse spiegarla “a un bambino o a un golden retriever”, così come fa il genietto Zachary Quinto (Sylar di Heroes, Spock dell’ultimo Star Trek e recente guest-star di American Horror Story) con Jeremy Irons, il mega direttore galattico della sua azienda che in realtà pure lui di economia non ne capisce una mazza.

Il film sembra avere un cast della madonna. Dico sembra perché se andiamo a rifletterci bene, i nomi altisonanti che spiccano negli ultimi tempi non hanno certo fatto tutti ‘sti filmoni e anzi stavano annaspando ai margini di Hollywood.
Kevin Spacey? Per lui i bei tempi di 7even, I soliti sospetti e American Beauty erano lontani da un bel pezzo.
Jeremy Irons? Finito a fare il Papa nella serie dei Borgias.
Demi Moore? In grado di far parlare di sé solo per il suo divorzio da Ashton Kutcher più che per i suoi (inguardabili) film recenti.
Paul Bettany? Oh my God, lui era quello passato nel giro di un paio di stagioni dall’essere una delle grandi promesse di Hollywood a robacce come Legion, Priest e The Tourist. Sì, ho detto proprio The Tourist!
Tutti i ruoli di merda da loro interpretati in questi ultimi anni? Cancellati come per magia e tutti sono tornati in forma strepitosa e con dei grandi personaggi, a parte forse giusto quello di Demi Moore che poteva essere approfondito meglio.

Insieme a loro ci sono anche un ottimo Stanley Tucci e qualche volto noto del piccolo schermo, come Simon “The Mentalist” Baker e le due nuova leve già citate: Zachary Quinto e Penn Badgley. Sono loro i due veri protagonisti di questa sorta di Odissea, un viaggio tutto in una notte alla Collateral dentro il più grande collasso della storia economica recente. Loro che sono due pesci piccoli, due poco più che stagisti di cui i pesci grossi, gli squali lupo, non sanno manco il nome, si ritrovano a dover fronteggiare la crisi della loro società che potrebbe portare a una crisi ben più di scala mondiale.

Sono loro i nuovi yuppie. Qualcuno di loro lotta per rimanere umano. Come Kevin Spacey che piange per la morte del suo cane, o uno Zachary Quinto che cerca nella musica un rifugio. Mentre Penn Badgley rappresenta bene lo yuppie zombie di oggi, svuotato del divertimento e del sogno della bella vita che animava i suoi “colleghi” anni ’80 come quelli interpretati da Michael J. Fox e Charlie Sheen per non parlare della variante milanese/berlusconiana/vanziniani degli Yuppies Boldi/Calà/De Sica/Greggio. Del loro edonismo non è che rimasta una pallida ombra e tutto ciò che si chiede il personaggio di Badgley è quanto una persona guadagni in un anno. Solo questo.

Questo film non è un documentario, eppure riesce a spiegare il perché la crisi economica mondiale è iniziata. Quasi come se fosse semplice farlo e lo fa proponendoci un tutto in una notte mozzafiato quanto raggelante, in grado di riportare alla mente lo splendido Collateral di Michael Mann. A firmare la notevole regia, in pieno stile new-american, e la ancora più notevole sceneggiatura, ricca di dialoghi di una profondità pazzesca e scene molto simboliche, è l’esordiente J.C. Chavez, uno che se non si brucia ci riserverà ancora un sacco di belle sorprese. Oh, se ce le riserverà!

C’è crisi dappertutto. Dappertutto c’è crisi. Che poi c’è sempre qualcosa per cui essere preoccupati. Ricordate per caso un periodo in cui potevamo dire: “Oh, adesso il mondo sta andando bene. Possiamo stare tranquilli.”
No, c’è sempre qualcosa. L’11 settembre. Bush. Berlusconi. L’Iraq. L’Afghanistan. Adesso c’è la crisi economica. Monti. La manovra. I sacr...
bueeeeeeeeeeeeh ueeeeeeeeeeh sigh sob
sob sigh

Non si può mai stare tranquilli. Quand’è che vanno bene le cose, nel mondo? Mai.
Guardiamo al passato come il protagonista della Midnight in Paris di Woody Allen e pensiamo che fosse meglio. Era sempre meglio. Magari è davvero così. Magari il mondo continua davvero a peggiorare. È questa la vera recessione. Peggioriamo sempre. Diventiamo esseri umani un pochino peggiori di chi ci ha preceduto. Siamo sempre più disposti a scendere. Scendere di livello, abbassarci ai compromessi, rinunciare a ciò che crediamo giusto perché in un periodo di crisi non si può stare ad ascoltare la propria coscienza e pensare troppo a cosa è giusto e cosa no. Ci dicono che dobbiamo fare in fretta. Bisogna sbrigarsi, correre. Dobbiamo lavorare, produrre, essere “responsabili”. Viviamo in un fottuto mondo di pazzi che si muovono alla velocità della luce, anzi no oggi bisogna dire dei neutrini, e in realtà sono tutti fermi.

I film e le serie tv in circolazione oggi possiamo dividerli in due grandi categorie: quelle che ci mostrano la realtà nuda e cruda e quelle che cercano di farci evadere da essa. Se Margin Call è la punta di diamante della prima categoria, delle seconde abbiamo un sacco di esempi, soprattutto seriali, con le varie saghe cinematografiche che raggranellano milioni su milioni di dollari ai botteghini e con le varie serie a tematica più o meno fantasy. A sorpresa, la definizione più azzeccata per la crisi l’ho trovata proprio in una di queste ultime, in una frase del nuovo telefilm favolistico Once upon a time:

“Noi li derubiamo, e loro derubano qualcun altro. Si chiama economia.”

Questa è la spiegazione breve. Se volete quella un po’ più lunga, guardate questo spettacolare film. Non vi smaronerà con noiosi dettagli economici. Non sarà come un discorso di Draghi o Monti. Vi dirà perché oggi c’è la crisi economica e perché una volta finita questa ce ne sarà un’altra e poi un’altra ancora.
No, non insistete: non ve lo dirò io il perché. Ci penserà Margin Call. Il film da vedere oggi per capire lo ieri e conoscere il domani.
(voto 8,5/10)

domenica 19 giugno 2011

Prete-a-porter

Priest
(USA 2011)
Regia: Scott Stewart
Cast: Paul Bettany, Cam Gigandet, Maggie Q, Karl Urban, Lily Collins, Stephen Moyer, Madchen Amick, Christopher Plummer, Brad Dourif, Alan Dale
Genere: religiolus
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Trama semiseria
Per combattere i vampiri, la Chiesa (sì, proprio la pacifica Chiesa) ha deciso di costituire uno speciale ordine di preti-guerrieri. Una volta sconfitti tutti i succhiasangue, i poveri preti sono però rimasti senza uno straccio di lavoro e gli effetti della crisi economica si sono fatti sentire pure su di loro. Cosa fare allora per passare il tempo oltre a incolpare voce da pirla Tremonti? Dite che dovrebbero andare a Messa la domenica? Nah, troppo noioso anche per un prete… meglio allora andare a caccia di vampiri: rock on!

Recensione cannibale
Vampiri, ancora vampiri, fortissimamente vampiri. Sta diventando sempre più un’impresa trovare un film o una serie tv in cui non ci siano e ormai il rischio è quello di essere assuefatti e pensare che sia davvero come annunciato all’inizio di questo Priest:
“Ci sono sempre stati gli uomini e ci sono sempre stati i vampiri”.
A forza di vedere denti aguzzi su grandi e piccoli schermi, ormai è difficile credere il contrario ed è difficile anche pensare di uscire per strada e non incontrarne uno.
In un tentativo (forse) auto ironico in tal senso, all’inizio della pellicola compare in una piccola parte Stephen Moyer, il protagonista maschile di True Blood (tra l’altro in partenza domenica prossima negli USA con la quarta stagione!). Un po’ il più sfigato in mezzo ai tanti vampiri teen idol di The Vampire Diaries, Twilight e dello stesso True Blood, ma si vede che la produzione di ‘sta pellicolaccia non aveva abbastanza soldi per procurarseli e allora si sono accontentati di Bill Compton…

Come protagonista, invece, la produzione si è accaparrata un altro che non è esattamente una prima scelta: Paul Bettany è un caso record di attore diventato la parodia di se stesso nel tempo più veloce possibile: se grandi interpreti come Robert DeNiro o Dustin Hoffman ce l’hanno fatta solo nella loro terza età e persino Nicolas Cage c’ha messo un pochino di tempo, Paul Bettany partito alla grande in A Beautiful Mind, Il destino di un cavaliere e Dogville, dopo Il codice Da Vinci è finito per diventare “quello dei film religiosi” come il già infame Legion (il regista d'altronde è lo stesso) o questo ancor più ridicolo Priest (senza dimenticare The Tourist, in cui non ha una parte religiosa, ma c’è da farsi il segno della croce prima di vederlo).
Il continuo mischiarsi di battute da film action e sparate religiose è qualcosa di altamente ridicolo e a tratti persino agghiacciante: la scena della crocifissione dei tre preti ad esempio assume contorni di ridicolaggine biblici. E il resto del cast non può che prendere atto di partecipare a una messa in scena tragica, con la povera Maggie Q, la nuova Nikita televisiva, relegata al ruolo di una improbabile “pretessa”, o un Cam Gigandet che per tutto il tempo indossa la faccia di quello che "io vengo da Twilight, ma al confronto di 'sta roba è ancora un capolavoro!". Nella prima scena compare anche Madchen Amick, un tempo tra le storiche protagoniste di Twin Peaks e qui costretta a una misera apparizione: perché sacrificarla così, peeeeerché?
L’unico, grande pregio del film è allora la sua durata notevolmente ridotta: 1 ora e 15 minuti circa. Dio grazie! Quando si arriva alla fine di film come questo, innanzitutto si ringrazia di nuovo il Signore (e anche Beppe Signori che c’aveva scommesso sopra) per essere ancora vivi, quindi c’è solo un’espressione che esce dalla bocca: “Che minchiata!”. Anzi: “Che minchionata!”
Più che un film, uno scherzo da prete...
(voto 3)

martedì 16 marzo 2010

Legion (ovvero un altro film che causerà la fine del mondo)

Legion
Regia: Scott Stewart
Cast: Paul Bettany, Lucas Black, Dennis Quaid, Adrianne Palicki (“Friday Night Lights”), Willa Holland (O.C.), Kate Walsh (Grey’s Anatomy, Private Practice)

Trama: un gruppo di tipici losers assediati in una tavola calda in mezzo al nulla del deserto americano si trova a dover fare i conti con una cosa da niente. Giusto una imminente fine del mondo, in mezzo ad angeli mandati da Dio per sterminare l’intera umanità e un angelo ribelle che proverà a salvarla. Merita davvero di essere salvata, questa umanità giunta al capolinea? È questo l’atroce dilemma che il film prova (o forse no) a risolvere.

Premetto immediatamente che questo film è una porcata assoluta. Tolto subito il dente cariato, passiamo alle note (relativamente) positive: se non lo si piglia troppo sul serio e si passa oltre il ridicolo discorso spiritual-religioso, ci si trova davanti a un horror-zombie-style-movie quasi quasi divertente. Non male al proposito la scena con una vecchina che improvvisamente sclera di brutto.
Ok, fine delle note positive.
Ah no, dimenticavo: c’è anche qualche volto telefilmico che rende la visione più piacevole e c'è anche il sempre simpatico Dennis Quaid. Per quanto riguarda Paul Bettany, beh lui era un bravo attore ("Dogville", “A beautiful mind”, “Il destino di un cavaliere”). Solo che dopo aver fatto “Il codice Da Vinci” rischia seriamente di rimanere intrappolato per sempre nella trappola di questi pericolosi/assurdi ruoli da “santone”.

Grazie alle profezie Maya e a un clima socio-politico mondiale da baratro imminente, il tema dell’apocalisse sembra più che mai tornato di moda (vedi anche “Codice Genesi”). Ce la facciamo però a fare un film sull'argomento che non sia una stronzata assoluta o vogliamo far finire il mondo a forza di pellicole del genere?
(voto 5,5)

Potete scaricarlo/vederlo in streaming QUI

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