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martedì 5 luglio 2016

Altruisti si diventa, basta seguire il mio esempio





Altruisti si diventa
(USA 2016)
Titolo originale: The Fundamentals of Caring
Regia: Rob Burnett
Sceneggiatura: Rob Burnett
Tratto dal romanzo: The Revised Fundamentals of Caregiving di Jonathan Evison
Cast: Paul Rudd, Craig Roberts, Selena Gomez, Megan Ferguson, Jennifer Ehle, Bobby Cannavale
Genere: on the road
Se ti piace guarda anche: Quasi amici, Qualcosa di buono, Parto con mamma, Dutch è molto meglio di papà


martedì 24 novembre 2015

Ant-Man, l'omoformica





Ant-Man
(USA 2015)
Regia: Peyton Reed
Sceneggiatura: Edgar Wright, Joe Cornish, Adam McKay, Paul Rudd
Cast: Paul Rudd, Evangeline Lilly, Michael Douglas, Corey Stoll, Judy Greer, Bobby Cannavale, Michael Peña, T.I., Abby Ryder Fortson, Martin Donovan, John Slattery, Anthony Mackie, Hayley Atwell, Stan Lee
Genere: piccolino
Se ti piace guarda anche: Salto nel buio, Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, Iron Man

La vita da formica proprio non ve la consiglio. Non è un granché essere ignorati, invisibili a tutti. Non invisibili invisibili come Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, però quasi. Voi probabilmente non lo sapete come ci si sente, a meno che non abbiate provato un'esperienza come quella dei protagonisti di Radiazioni BX: distruzione uomo, Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, o quella figata di cult anni '80, il sottovalutato Salto nel buio di Joe Dante. Oppure il nuovo Ant-Man.

lunedì 17 marzo 2014

SUPER CULT ANNI 90 - RAGAZZE A BEVERLY HILLS CON ALICIA SILVERSTONE




Ogni decennio ha l’icona femminile che si merita. Negli anni ’90, c’abbiamo avuto Alicia Silverstone.


Il nome di Alicia Silverstone non vi dice niente?
Se siete sotto i 30 anni o sopra i 40, è abbastanza normale. Ma se siete stati adolescenti nei 90s e non la ricordate, dove diavolo siete cresciuti? Sulla Luna? Nella giungla? In Canada?
Che la conosciate o meno, in ogni caso beccatevi una breve Alicia Silverstone Story.

Alicia diventa famosa nel 1993 grazie a uno stalker-thrillerino-soft-porno, La ragazza della porta accanto (The Crush), pellicola molto lolitesca che impone il suo fascino acerbo. A farla entrare nell’immaginario collettivo di noi 90s kids ci pensano quindi una manciata di video degli Aerosmith, in un’epoca in cui i videoclip musicali ce li vedevamo ancora su Mtv e non su YouTube. Cryin’ (in cui c'era anche Stephen Dorff), Crazy (in coppia con l’altrettanto esplosiva Liv Tyler) e Amazing compongono la “Trilogia della Silverstone” e hanno segnato un’intera generazione.



L’apice del successo Alicia lo tocca poi con la pellicola Ragazze a Beverly Hills, un teen cult assoluto degli anni ’90 che, soprattutto negli USA, si impone come autentico fenomeno della pop culture. Dopo questo super successo, la Silverstone sembra dover scoppiare come nuova diva mondiale, ottiene l’ambita parte di Batgirl in Batman & Robin ma… il film è una schifezza di proporzioni gigantesche, lei in seguito compie tutta una serie di scelte recitative sbagliate, interpretando un flop dietro l’altro (Babysitter… un thriller, Una ragazza sfrenata, Sbucato dal passato, Pene d’amor perdute) e le sue quotazioni precipitano. Quando il decennio finisce, è ormai chiaro a tutti che Alicia Silverstone vivrà per sempre sì, ma solo come simbolo, uno dei simboli supremi, degli anni ’90.

Ogni decennio ha l’icona femminile che si merita.
Negli anni ’50 c’è stata Marilyn Monroe.


Negli scintillanti 60s Brigitte Bardot.


Nei 70s l’angelo Farrah Fawcett.


Negli anni ’80 Molly Ringwald della trilogia di John Hughes (Sixteen Candles – Un compleanno da ricordare, Breakfast Club e Bella in rosa).


Negli anni zero arriva Lindsay Lohan.


Negli anni dieci attualmente in corso imperversa Miley Cyrus.
State già rimpiangendo Lindsay, vero?


Negli anni ’90 invece c’avevamo Alicia Silverstone e questo è il suo film più celebre.

Ragazze a Beverly Hills
(USA 1995)
Titolo originale: Clueless
Regia: Amy Heckerling
Sceneggiatura: Amy Heckerling
Cast: Alicia Silverstone, Stacey Dash, Elisa Donovan, Brittany Murphy, Paul Rudd, Donald Faison, Breckin Meyer, Jeremy Sisto, Justin Walker, Dan Hedaya, Wallace Shawn, Twink Caplan
Genere: 90s
Se ti piace guarda anche: Mean Girls, La rivincita delle bionde, 10 cose che odio di te, Giovani, pazzi e svitati, Fuori di testa, Fusi di testa

Mi è venuta voglia di recuperare il super cult di una ventina d’anni fa Ragazze a Beverly Hills dopo aver guardato (questa volta su YouTube e non più su Mtv) il nuovo video di Iggy Azalea e Charli XCX, “Fancy”, in cui le due nuove icone della musica pop di oggi sono andate a girare nelle stesse location della pellicola, recuperando vestiti e look di Alicia Silverstone & friends e omaggiando esplicitamente varie scene del film.



Capisci che stai invecchiando quando gli idoli che segui da una vita vengono accettati dal mainstream, trionfano ai Grammy Awards, come capitato quest’anno ai Daft Punk, oppure ottengono degli Oscar, come successo negli ultimi tempi a Jared Leto, Natalie Portman e Christian Bale. Quando lo vincerà pure Leonardo DiCaprio, allora lì capirai di essere davvero decrepito.
Capisci inoltre che stai invecchiando anche quando le nuove sgallettate del pop odierno vanno a riprendere i simboli della tua gioventù e li fanno apparire vintage. Come il video di Iggy Azalea e Charli XCX mette in chiaro, gli anni '90 ormai sono retrò e noi che in quel decennio ci siamo cresciuti siamo vecchi, siamo passato, siamo Storia.
NUOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Se non ci facciamo prendere troppo dalla tristezza, possiamo guardare a quel periodo con un velo di malinconia, senza cadere nella più profonda depressione. Così come possiamo cominciare a considerare i cult di quei magici tempi come veri e propri classici moderni, cui le nuove generazioni si abbeverano e prendono da esempio. Ragazze a Beverly Hills oggi è un classico moderno, chi l’avrebbe detto giusto qualche anno fa?

"Alicia, devi dire a tutti che Pensieri Cannibali è il sito più di moda
del momento, altrimenti ti sparo!"
"Hey, ma cos'è un sito?"
Ho detto classico moderno, non ho detto Capolavoro. Ragazze a Beverly Hills è a suo modo un film leggendario, che riapre tanti “aaah” ricordi. Quell’aaah, se non si era capito, era un sospiro.
Ragazze a Beverly Hills è un film generazionale, con uno stile inconfondibile. Una pellicola che allo stesso tempo rivista oggi appare naive, presenta un sacco di ingenuità, una trama troppo semplice e semplicistica. Persino un filo buonista. Un lavoro che, come tutte le pellicole generazionali che si rispettino, offre tutti i pregi e anche i difetti di un’epoca.
Ragazze a Beverly Hills è un film che guarda al passato, al passato remoto visto che è una rivisitazione moderna/parodia di Emma di Jane Austen, e al passato recente, in particolare alle commedie degli anni ’80 di John Hughes con la sopracitata Molly Ringwald, così come al caposaldo Fuori di testa, la pellicola del 1982 con Sean Penn, Jennifer Jason Leigh e Phoebe Cates diretta dalla stessa Amy Heckerling. Per quanto con un occhio buttato sullo specchietto retrovisore, Ragazze a Beverly Hills guarda comunque soprattutto ai suoi contemporanei, alla serie Beverly Hills, 90210 in particolare, di cui riprende le stesse ambientazioni glamour e chiccose e di cui rappresenta una specie di versione per il grande schermo. Fin dalla sequenza d’apertura, così come nelle scene delle feste, emerge poi evidente lo “stile Mtv”, quello che negli anni ’90 ha raggiunto il suo vertice assoluto. Naturalmente, anche la colonna sonora riveste un ruolo di primo piano, con dentro un po’ di tutto quel che passava all’epoca, spaziando in grande libertà dalle Salt-N-Pepa ai Radiohead, dai No Doubt ai Supergrass.

Pur guardando al passato e al presente, Ragazze a Beverly Hills è diventato un riferimento per il futuro. Per le citate starlette Iggy Azalea e Charli XCX, ma non solo. La moda di rileggere i classici della letteratura britannica in chiave 90s pop è stata aperta proprio da questo film e sarebbe poi proseguita con grande fortuna soprattutto andando a ripescare il repertorio di Shakespeare, tra un Romeo + Giulietta e un 10 cose che odio di te. Le buone azioni della protagonista Cher/Alicia Silverstone riecheggeranno quindi persino ne Il favoloso mondo di Amélie, mentre come personaggio avrà un’erede ideale nella Reese Witherspoon de La rivincita delle bionde. Che dire poi dell’influenza avuta da questa pellicola su Mean Girls?
Mean Girls, altro epocale film generazionale, altro non è che una versione imbastardita delle Ragazze a Beverly Hills, con la perfida Regina/Rachel McAdams che prende sotto la sua ala protettrice Cady/Lindsay Lohan in maniera parecchio meno disinteressata rispetto a quanto fa la qui presente Cher/Alicia Silverstone con la disadattata Tai/Brittany Murphy.
E qui scatta il momento lacrimuccia, perché Ragazze a Beverly Hills ha rappresentato l’esordio cinematografico di Brittany Murphy, splendida e promettentissima attrice prematuramente scomparsa nel 2009. Brittany Murphy, una delle prime icone di questo blog, aaah (anche questo era un sospiro, se non si era capito).


Alla fine torniamo al punto da cui abbiamo cominciato. Le icone femminili. Ragazze a Beverly Hills è un film carino, meno scemotto di quanto può apparire in superficie e che racconta una storia d’amore dai contorni incestuosi mica troppo scontata tra la protagonista e un giovane Paul Rudd. Rivisto oggi appare con tutti i suoi limiti bene in mostra, eppure è riuscito a invecchiare in maniera più che dignitosa, riuscendo persino a far dimenticare la poco esaltante omonima serie tv ispirata alla pellicola e trasmessa da noi su Raidue e Mtv. La forza trascinatrice dell’intero film era e rimane però solo lei: Alicia Silverstone. Ogni tanto ricompare qua e là in televisione (in Miss Match e Suburgatory), ma per noi kids trentenni e qualcosa di oggi resterà sempre uno dei simboli della nostra gioventù, l’icona bionda dei mitici, favolosi, maledetti anni Novanta.
(voto 7+/10)

domenica 13 ottobre 2013

FACCIAMOLA FINITA, IL FILM APORCALITTICO




Facciamola finita
(USA 2013)
Titolo originale: This Is the End
Regia: Evan Goldberg, Seth Rogen
Sceneggiatura: Seth Rogen, Evan Goldberg
Cast: Seth Rogen, Jay Baruchel, James Franco, Jonah Hill, Craig Robinson, Danny McBride, Michael Cera, Emma Watson, Christopher Mintz-Plasse, David Krumholtz, Aziz Ansari, Mindy Kaling, Paul Rudd, Rihanna, Channing Tatum, Martin Starr, Kevin Hart, Backstreet Boys
Genere: aporcalittico
Se ti piace guarda anche: La fine del mondo, Rapture-Palooza, Fatti, strafatti e strafighe

Negli ultimi giorni ho visto La fine del mondo, After Earth – Dopo la fine del mondo e Facciamola finita (titolo originale This Is the End). Cosa volete che vi dica? È un periodo in cui mi sento particolarmente ottimista e fiducioso per quanto riguarda il futuro dell’umanità.
La cosa più preoccupante è che, al confronto di queste pellicole, una volta che guardo il TG e sento le notizie sul governo (quale governo?) italiano o su Lampedusa, la realtà mi sembra parecchio più preoccupante. E allora torno a guardarmi i miei film apocalittici e mi sento meglio. A parte con After Earth, che quello è proprio 'nammerda.

"Lo so che volete il mio corpo. Lo so."
Facciamola finita è uno dei film di cui ho avuto più difficoltà a parlare. Non perché si tratti di una pellicola così impegnativa. Ma va là. E non è nemmeno una visione fuori dalle mie corde. Tutt’altro. È una di quelle cazzatone che io prediligo e che in condizioni normali poteva offrirmi un sacco di spunti. Il problema è che l’ho visto prima di andare all’Oktoberfest, non ne ho scritto subito e poi, litri e litri e litri di birra dopo, i ricordi si sono fatti un po’ sfumati, ja. E con ricordi un po’ sfumati intendo: “Chi sono io? Qual è il mio nome? Da che pianeta provengo?” L’unica cosa che ricordavo dopo l’Oktoberfest era il nome del Presidente della Repubblica italiana. Quello non cambia da secoli.
Poi però mi sono detto “Facciamola finita e scriviamo un po’ ‘sto post su Faccimola finita!”. Lo so che le cose non vanno forzate e che prima o poi l’ispirazione viene da sola. Solo che, ancora un po’ che aspettavo, le possibilità di avere delle memorie decenti del film svanivano sempre più. Per riuscire a scriverne mi sono così armato di caffè, beveroni schifosi da post-hangover, un po’ di pazienza e ho provato a ripercorrere mentalmente la pellicola, stile Una notte da leoni.
Hey, un momento. Non cominciamo a fare confusione, che poi cerco di ricordarmi com’era Una notte da leoni, prima dei due orribili sequel realizzati e non la finiamo più.
Io invece voglio farla finita. Non con la mia vita. Non allarmatevi, o in alternativa non gioite. Voglio farla finita con questo film.
Partiamo allora dalle cose semplici: la trama. Di cosa parla, Facciamola finita?

Parla di Seth Rogen che va a prendere all’aeroporto il suo amico Jay Baruchel, di ritorno a Los Angeles con l’intenzione di passarsi qualche giorno in tranquillità a giocare ai videogame e a stonarsi di maria.
Maria?
No, per il momento no, grazie. Sono ancora in botta da birra.
Solo che poi Seth Rogen viene invitato a un party esclusivo a casa di James Franco e convince l’amico, che da bravo snob asociale non c’ha voglia di partecipare a una festa, ad andarci. E così i due si ritrovano nella villa di James Franco insieme a Rihanna, Emma Watson, Jonah Hill, Michael Cera, Mindy Kaling, Christopher Mintz-Plasse, Paul Rudd e altra gente. Fino a che, a un certo punto, arriva il finimondo. Non un semplice terremoto, che a L.A. sarebbe all’ordine del giorno. Capita proprio una fine del mondo. Così, di punto in bianco.

"Calma Emma, non lo diciamo più che Harry Potter è una cagata pazzesca."
Lo spunto è geniale, non vi sembra?
No?
In effetti una fine del mondo oggi come oggi non è una cosa così strana, in un film. Però mi sono dimenticato di menzionarvi una cosa. Nella mia sbadataggine da hangover, non vi ho detto che non ho usato i nomi degli attori invece di quelli dei personaggi così, per rendervi più semplice l’identificazione. In questo film, gli attori sono proprio i personaggi. Seth Rogen è Seth Rogen. Jay Baruchel è Jay Baruchel. Emma Watson è Emma Watson, e Dio la benedica. Ognuno interpreta se stesso in quella che però è una versione un po’ finta e un po’ no di se stesso. Difficile capire quanto ci sia di vero e quanto meno. Michael Cera ad esempio pare che nella realtà sia un tipo tranquillissimo che non beve neanche e certo non è nemmeno un party boy, mentre qui fa il cocainomane sessuomane scatenato. I veri Seth Rogen e Jay Baruchel invece non è molto difficile immaginarli realmente dei cazzari fattoni quali appaiono nella pellicola. Craig Robinson, recentemente fermato alle Bahamas per possesso di marijuana, non parliamone. Insomma è un gran casino. Un gran miscuglio tra reality e fiction di cui parlavamo anche a proposito di Bling Ring e che ormai è diventata una consuetudine nel mondo di oggi. Con i vari social network, il confine tra VIP e "umani", tra persone e personaggi s'è fatto sempre più sottile.
È questa l’arma vincente, lo spunto fenomenale del film. La prima mezz’ora funziona così alla grande e appare tra le cose più originali viste di recente in ambito comedy. Se tutto fosse a questo livello, staremmo qui a parlare di un capolavoro e forse me lo ricorderei perfettamente nonostante tutta la birra bevuta nei giorni successivi. Peccato che il resto della pellicola, per quanto presenti qualche altro spunto e ideuzza non male, non sia tutto allo stesso livello. Dalle quasi 2 ore di durata, qualche scenetta non fenomenale sarebbe potuta essere lasciata fuori e in alcuni momenti sembra che a divertirsi siano più gli attori mentre recitano ognuno nei propri panni, più che noi spettatori a vederli.

"Mmm, la tipa nell'header di Pensieri Cannibali mi ricorda qualcuno..."
La follia anarchica che anima questo film, benché a tratti persino troppo stupidotta nella sua goliardica comicità, benché non sempre esilarante, benché non sempre messa a fuoco, rappresenta comunque una boccata d’aria fresca all’interno di un panorama americano composto da commediole prodotte in serie, una uguale all’altra. Facciamola finita è come una pellicola amatoriale, solo girata con mezzi professionali da dei professionisti del settore. Questo è il suo pregio principale, perché si percepisce il divertimento nel realizzarla, così come anche il suo più grande limite, visto che l’originalità della prima parte si esaurisce in una sceneggiatura che si sviluppa in maniera piuttosto prevedibile e per allungare il minutaggio sono stati inseriti un po’ troppi momenti in stile videoclip (da “Gangnam Style” a “Everybody” dei Backstreet Boys), o parodie cinematografiche non proprio di prima mano (“L’esorcismo di Jonah Hill”) che fanno tanto filmino cazzaro realizzato tra amici. Che poi è quello che la pellicola in fondo è.
Quentin Tarantino ha addirittura inserito questo film tra i suoi preferiti finora del 2013. Ecco la sua top 10 completa in ordine alfabetico:
"Ho davvero messo Kick-Ass 2 e The Lone Ranger?"

  • Afternoon Delight (Jill Soloway)
  • Before Midnight (Richard Linklater)
  • Blue Jasmine (Woody Allen)
  • Drinking Buddies (Joe Swanberg)
  • L’Evocazione - The Conjuring (James Wan)
  • Facciamola finita (Seth Rogen, Evan Goldberg)
  • Frances Ha (Noah Baumbach)
  • Gravity (Alfonso Cuarón)
  • Kick-Ass 2 (Jeff Wadlow)
  • The Lone Ranger (Gore Verbinski)


Tarantino magari è il solito esagerato e questo film con tutti i suoi difetti e le sue lungaggini non rientra probabilmente tra i migliori o tra i più memorabili dell’anno. O forse è stata solo la birra, tanta birra, a rendermelo meno memorabile. Nonostante il ricordo sbiadito, resta comunque un esperimento interessante, un esordio alla regia valido e vitale di Seth Rogen, in co-abitazione con il compare Evan Goldberg, che in futuro potrà regalarci cose ancora più fiche.
E adesso?
Adesso basta.
Facciamola davvero finita con ‘sto film e con ‘sto post.
(voto 7-/10)

"Oh, cosa guardate male? Pure a Hollywood c'è crisi e han tagliato gli stipendi..."



lunedì 8 luglio 2013

QUESTI SONO I 40 (ANNI, NON LADRONI)




Questi sono i 40
(USA 2012)
Titolo originale: This Is 40
Regia: Judd Apatow
Sceneggiatura: Judd Apatow
Cast: Paul Rudd, Leslie Mann, Maude Apatow, Iris Apatow, Megan Fox, Charlyne Yi, Chris O’Dowd, Lena Dunham, Jason Segel, Albert Brooks, John Lithgow, Melissa McCarthy, Ryan Lee, Robert Smigel, Graham Parker, Billie Joe Armstrong, Ryan Adams
Genere: Apatow
Se ti piace guarda anche: Libera uscita, Molto incinta, 5 anni di fidanzamento, Louie

I 40enni sono i nuovi 30enni. I 30enni sono i nuovi 20enni. I 20enni sono i nuovi bimbiminkia. E i bimbiminkia possono marcire all’inferno.
Questi sono i 40 parte come sequel/spinoff di Molto incinta. Avete presente quella commedia con Katherine Heigl che si fa mettere incinta, ebbene sì, da Seth Rogen? Bene, dimenticatevi di loro due, visto che loro due qui non ci sono più, nemmeno per una comparsata veloce. Non appaiono manco un secondo, che ingrati!
I protagonisti sono invece i loro amici, Pete e Debbie, al secolo conosciuti come gli attori Paul Rudd e Leslie Mann. Se avete visto Molto incinta bene, sapete già più o meno cosa aspettarvi da questo film, se invece non l’avete visto male, perché vi siete persi un’ottima commedia, ma vi va comunque bene perché potete gustarvi lo stesso questo This Is 40. Si tratta infatti di una pellicola del tutto indipendente, anche se comunque va inquadrata all’interno del corpus di opere di Judd Apatow.

Il regista e sceneggiatore americano, definito da qualcuno tra cui me il nuovo king of comedy, ha uno stile tutto suo e i suoi film alla fine sono un po’ tutti uguali. Judd Apatow è un autore che bene o male ripete sempre la stessa storia, gli stessi personaggi, le stesse ossessioni e le stesse tematiche (soprattutto la paura di invecchiare). Come un Woody Allen meno intellettualoide, meno newyorkese e più middle class e sboccato. Judd Apatow va dunque preso come Autore, non Autore serio magari, anche se un film come il suo precedente sottovalutato Funny People in particolare era velato di un notevole alone di malinconia, piuttosto va considerato un Autore comedy. Professione del tutto rispettabile. In Italia come autori comedy abbiamo Leonardo Pieraccioni e Alessandro Siani, negli USA Apatow. Direi che a loro va un po’ meglio.

Non è difficile vedere Questi sono i 40 come un film autobiografico. Non che io conosca Judd di persona e possa dire che la sua vita è davvero così, però considerando come nel cast ci siano sua moglie Leslie Mann e le sue figlie Maude (quella fissatissima con Lost) e Iris Apatow, possiamo presumere che la parte affidata al protagonista Paul Rudd possa rappresentare un suo alter-ego. Paul Rudd è una versione un po’ più figa del vero Judd Apatow, ma d’altronde è sempre così, nei film. Nei film sono tutti più belli e cool che nella realtà.
Più che una pellicola di fiction vera e propria, sembra allora di assistere a un documentario romanzato di quella che potrebbe essere la vera vita di Apatow con la sua famiglia. Alcune gag probabilmente sono prese da momenti di suo vissuto personale. Sarà così o non sarà così, fatto sta che questo This Is 40 appare più sincero e vero di molte commedie, e non solo commedie, in circolazione.
Altro merito mica da poco è quello del divertimento: il film a me ha fatto ridere, ridere un sacco. Tra le note positive, ci metto poi dentro anche il buon utilizzo della colonna sonora, in cui svetta una canzone inedita di Fiona Apple, “Dull Tool”, perfetto accompagnamento dei momenti più intensi e drammatici del film. Non preoccupatevi, non troppo drammatici, siamo comunque in una commedia cazzona di Judd Apatow.



La musica gioca sempre un ruolo fondamentale nei films di Apatow, soprattutto qui dove il protagonista possiede una piccola (e sfigata) etichetta discografica e, oltre alla canzone della Fiona Mela, possiamo assistere anche alle comparsate in carne e ossa dei cantanti Graham Parker, Ryan Adams e Billie Joe Armstrong dei Green Day.
E poi…
Non l’ho ancora nominata?
Non volevo bruciarmela subito…
Di chi sto parlando?
Ma di Megan Fox, naturalmente.
In questo film c’è Megan Fox! E che parte fa?
Che parte volete le facciano fare, se non quella della strafiga?
Per la serie: “Faccio un film e lo faccio per realizzare le mie fantasie personali”, Judd Apatow si e ci regala una scena in cui sua moglie Leslie Mann mette le sue mann sulle tette di Megan Fox.
Judd, confessalo, hai realizzato il film solo per girare questa scena, vero?
Bravo, così si fa!


Ma tranquille, gentili lettrici, perché c'è una scena sexy anche con Paul Rudd...


"Ho chiuso il PC perché non ce la facevo più a reggere le stronzate cannibali."
Tra le altre guest-star del film ci sono poi l’irlandese sempre più lanciato Chris O’Dowd e Lena Dunham, la protagonista di Girls, serie cult in cui Apatow figura tra i produttori. Perché il king of comedy non si limita a mettere su pellicola i suoi (e non solo suoi) sogni erotici personali, ma ha pure una cricca di amici/collaboratori/comici abituali che produce e sostiene.
Bravo, così si fa (parte seconda)!

Fino a ora tutto bene e io la recensione la chiuderei pure qui, perché la visione scivola via in maniera del tutto piacevole nonostante le due ore di durata, di solito eccessive per una commedia, ma che qui non pesano per nulla. Sono due ore e passa di intrattenimento puro. Visto che però fino a ora questa più che una recensione sembra un lungo pompino fatto ad Apatow, facciamo allora anche due critiche, va là, se non vogliamo essere criticati a nostra volta e passare per faziosi.
"Dai, chiudiamolo anche a noi e cominciamo a vivere per davvero!"
"Ma che sei scemo?"
Il difetto principale del film è che non presenta una trama molto articolata, svolte particolarmente inventive, soluzioni geniali o idee davvero forti. Questi sono i 40, come si può immaginare dal titolo, ci presenta una coppia di neo quarantenni alle prese con le difficoltà di essere dei neo quartantenni. Niente di più e niente di meno.
Chi si aspetta una commedia rivelazione o qualcosa di diverso dal solito Judd Apatow style, rimarrà deluso. Chi invece si aspetta un film Judd Apatow style con una serie di dialoghi al fulmicotone (da godere preferibilmente in lingua originale), scenette spassose, un linguaggio sboccato ma niente di poi così volgare e una leggera, leggerissima riflessione sugli anni che passano, avrà di che gioire.
Questi sono i 40. Questo è Judd Apatow. E, sì, questa è una recensione pompino.
(voto 7/10)

Post pubblicato anche su L'OraBlù, abbinato a un nuovo poster realizzato da Indie Brett/C[h]erotto.




venerdì 24 maggio 2013

ROMEO + ULIEEEEEEETTA




Romeo + Giulietta
(USA 1996)
Titolo originale: Romeo + Juliet
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Tratto dall’opera teatrale: Romeo e Giulietta di William Shakespeare
Cast: Leonardo DiCaprio, Claire Danes, John Leguizamo, Harold Perrineau, Paul Rudd, Miriam Margolyes, Pete Postlethwaite, Paul Sorvino, Jesse Bradford, Brian Dennehy, M. Emmet Walsh, Jamie Kennedy, Dash Mihok
Genere: romantico
Se ti piace guarda anche: Moulin Rouge!, 10 cose che odio di te

Nella bella Verona Beach, dove noi collochiam la nostra scena, Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann è stata una bella botta di bucio de culo per l’istruzione anglosassone.
Come render cool il Bardo per le nuove generazioni?
Impresa mica facile, possiam dire. Qui da noi per far diventar figo I promessi sposi, il massimo a cui potrebbe pensare il nostro ministero dell’istruzione sarebbe una versione riscritta da Moccia, ambientata a Roma anziché su quel ramo del lago di Como e con protagonisti Matteo Branciamore + Alessandra Mastronardi.
A William Shakespeare per fortuna è andata meglio. Grazie alla rilettura postmoderna, pulp, ultra-pop e allo stesso tempo fedele nei dialoghi al testo originale, il Bardo a metà anni ’90 era diventato lo sceneggiatore più popolare di Hollywood, se escludiamo Quentin Tarantino. Dopo il Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann, hanno cominciato a proliferare le revisioni in chiave moderna + postmoderna delle sue opere, come la piacevole teen comedy 10 cose che odio di te ispirata a La bisbetica domata, il trascurabile O come Otello o il non troppo riuscito Hamlet 2000.
Da lì in poi tutti a dire quanto Shakespeare fosse attuale, al passo coi tempi eccetera, e insomma nessuno lo mette in dubbio, bravo Shakespeare, bravo, clap clap. Grande parte del merito è però di Baz Luhrmann, capace di svecchiare le ambientazioni classiche e l’impostazione teatrale con cui erano state fino a quel momento portate nei cinema, in tv e a teatro le sue opere, per proporre il celebre drammone romantico Romeo + Juliet in una confezione nuova. Una confezione sfavillante + scintillante.

"Baci come un Dio."
"E tu come fai a saperlo?"
"Cosa credi vada a fare tutte le domeniche, in chiesa?"
Come appare, rivisto oggi, codesto Romeo + Giulietta?
È ancora moderno. Postmoderno. Un film postmoderno d’altra parte può apparire antico o postantico? Una storia del genere, poi, potrà mai invecchiare?
Romeo + Giulietta, a oltre 400 anni dalla sua composizione, ancora oggi non è una storia d’amore, è LA storia d’amore. Perché? Cosa la rende così eterna? Forse il fatto che ogni volta che la vediamo rappresentata, ogni singola volta, speriamo che il destino dei due sfortunati protagonisti cambi. Anche se sappiamo già come andrà a finire, anche se la tragica conclusione ci viene ricordata fin dall’inizio, ogni singola volta speriamo che il finale sia differente. Speriamo che il messaggio del prete arrivi a destinazione a Romeo. Ma vi volete muovere, maledette Poste Italiane?
E allo stesso tempo speriamo che quella stordita di Giulietta si ridesti dal suo sonno di bellezza un secondo prima, in modo da fermare Romeo in tempo, impedirgli di bersi il veleno e spararsi al suo posto uno shottino rhum + pera. Invece ogni volta va a finire così, come già sapevamo, come già sappiamo ma non vogliamo rassegnarci ad accettar simil sciagurato destino. E lo guardiamo un’altra volta ancora e ci crediamo, ci crediamo sempre che la fine possa cambiare, che ci possa essere un happy ending per quanto odiamo gli happy ending. Però niente cambia. Ogni volta fa male come la prima ed è questo il potere delle grandi storie. Emozionare sempre e per sempre, anche se cambia il contesto, l’epoca, il modo di rappresentazione.

"Cannibal, smettila di insultare il mio amico James Cameron!"
Come ha rappresentato codesto dramma il regista australiano?
Baz Luhrmann ha girato semplicemente il migliore Romeo + Giulietta che potesse essere fatto negli anni Novanta. Ha incasellato ogni pezzo al posto giusto. Per prima cosa, un cast perfetto. Leonardo DiCaprio appare sulle note di “Talk Show Host” dei Radiohead ed entra nella leggenda cinematografica, prima ancora di salire a bordo del Titanic capitanato dallo Schettino del cinema, James Cameron. Claire Danes è bella ma non troppo, teatrale ma non troppo, shakespeariana ma non troppo, in pratica è troppo giusta per la parte. Poi c’è un grande John Leguizamo con quella faccia da cattivo Tebaldo, Miriam Margolyes che fa morir dal ridere quando urla “ULIEEEEEEEETA” e quindi uno strepitoso Harold Perrineau nei panni di un Mercuzio trans scatenato sulle note gaie di “Young Hearts Run Free”.
E qui veniamo all’altra nota lieta del film, la colonna sonora. Una delle soundtrack più ganze - mi si conceda il termine postmoderno o forse semplicemente superato - mai concepite dall’umanità, con dentro chicche di ultra romanticismo anni Novanta di Cardigans (con il tormentone “Lovefool”), Garbage, Craig Armstrong, etc., con un tocco epicità classica fornito da Mozart, Orff e Wagner, e l’aggiunta della canzone forse più bella mai sentita su dei titoli di coda cinematografici: “Exit Music (For a Film)”, composta appositamente dai Radiohead per la pellicola e poi giustamente riproposta anche sul capolavoro Ok Computer.
Evitabile giusto quella lagna di “Kissing You” di Des’ree, promosso con grande generosità a tema d’amore della pellicola, onore che per quanto mi riguarda sarebbe dovuto toccare all’irresistibile “You and Me Song” degli svedesi Wannadies.



"Grande Baz! Stilosissimo Baz! Le camicie fiorate però erano proprio necessarie?"
Arruolato un gran cast e scelta una selezione musicale adeguata, mica l’ha risolta tutta qui, la faccenda. Il Baz nostro gira il tutto utilizzando uno stile a tratti videoclipparo, ma che sa rallentare all’occorrenza, come nel drammatico finale. Quindi ci piazza pure zoommate spaghetti western alla Sergio Leone, inserisce sane dosi di violenza spettacolarizzata alla Tarantino, tiene insieme l'insieme con un montaggio clamoroso e fa esprimere i personaggi attraverso l’epicità fuori dal tempo dei dialoghi shakespeariani. Raccontato così potrebbe sembrare un calderone schizzato di ingredienti messi insieme a caso, in realtà tutto funziona per magia, quasi come se Shakespeare nel 1500 l’avesse concepito per essere rappresentato così e solo così.

Si può accusare Baz Luhrmann di non essere realista. Nemmeno Quentin Tarantino lo è. Ci sono cose che per loro funzionano diversamente. Nel mondo tarantinato ad esempio la vendetta si abbatte feroce sugli Hitler e sugli schiavisti (sorry, DiCaprio) di turno. Nel mondo di Baz Luhrmann, invece, i bambini del coro della chiesa cantano “When Doves Cry” di Prince o “Everybody’s Free” di Rozalla, il passato si mixa col presente, tutti i personaggi sono sopra le righe e l’amore è il valore assoluto. Quello mostrato dai suoi film non è il mondo reale. È il suo mondo. È il magico mondo del Cinema.
Ed ora andiamo via da questo blog, per ragionare ancora tra di noi di tutti questi tristi accadimenti. Per essi, alcuni avranno il mio perdono, altri la loro giusta punizione; ché mai post fu più doloroso di questo di Giulietta e del suo Romeo.
(voto 9/10)



martedì 19 febbraio 2013

NOI SIAMO INFINITO, E VOI CHI CA**O SIETE?

Caro amico, ti scrivo perché ho visto un film bellissimo. Sarebbe piaciuto molto anche a te. È ambientato nei primissimi anni ‘90 e so quanto a te piacciano le pellicole ambientate in quel periodo. E poi è una storia teen, tratta di tematiche come il suicidio, le difficoltà ma anche i vantaggi di essere un wallflower, uno che fa tappezzeria, un ragazzo da parete, uno che non fa parte dei tipi cool della scuola. Uno come noi. Ricorda vagamente Donnie Darko, ma senza la componente fantascientifica e horror e ricorda anche Il giardino delle vergini suicide, ma con tinte più comedy. Insomma, lo avresti a-do-ra-to.

Così come avresti adorato i tre protagonisti, 3 dreamers meno incasinati sessualmente di quelli di Bertolucci. Siamo pur sempre in America e non nella più libertina Francia. Il protagonista, Logan Lerman, è il classico ragazzino su cui non avresti scommesso due euro nemmeno tu appassionato di robe adolescenziali. Ha fatto Percy Jackson, che poi non era nemmeno tanto terribile come tutti dicono, e lì non è che sembrasse un attore fenomenale. Nemmeno qui sembra fenomenale, eppure è perfetto nella parte del wallflower.
Il meglio arriva comunque con i due comprimari. Emma Watson pure lei proviene dal fantasy, dalla saga di Harry Potter in cui si rivelava come la migliore tra i giovani maghetti. La cosa più magica dell’intera serie era vederla trasformarsi da bimbetta secchiona so-tutto-io a donnina con tutte le cose al posto giusto. L’esame di maturità l’ha però passato solo ora. In questo film illumina la scena, è la “ragazza più carina della stanza”, senza dubbio.
E poi c’è Ezra Miller, il ragazzino disturbato dei raggelanti Afterschool e …E ora parliamo di Kevin, ora alle prese una volta tanto con un personaggio non da ragazzino disturbato, bensì di un tizio originale, sempre sopra le righe, uno che recita la parte del “dolce travestito” del The Rocky Horror Picture Show e che prende per il culo i professori. L’interpretazione di Ezra è qualcosa di fenomenale, mi ha ricordato l’energia anarchica di Heath Ledger ai tempi dei suoi esordi teen in 10 cose che odio di te. Quanto avevi amato quel film, vero? In quel caso, l’ispirazione per il film veniva dal Bardo Shakespeare. In questo film, invece, l’ispirazione è decisamente più recente.

"Sono la regina del mondo!
(Col cavolo che ti pago il copyright, maledetto James Cameron)"
The Perks of Being a Wallflower, così si chiama il film di cui ti sto parlando in questa lettera, è sceneggiato e girato da Stephen Chbosky a partire da un suo stesso romanzo epistolare, uscito in italia con il titolo Ragazzo da parete. Chbosky, non chiedermi come si pronuncia, è stato anche il co-creatore della serie tv Jericho che, lo confesso solo a te, non è che fosse un granché. Il suo Ragazzo da parete è stato un romanzo parecchio discusso, negli USA, ed è diventato un piccolo grande cult, negli USA. In Italia invece è passato piuttosto inosservato, ma la cosa certo non ti sorprenderà.

Le parole comunque non credo possano bastare per riportare tutta la poesia di questo film, il suo riuscire a raccontare in maniera perfetta il periodo dell’adolescenza, il periodo all'incirca della nostra adolescenza, sia nel suo lato più merdoso e complicato, sia nello stupore di vedere e fare cose per la prima volta. Perciò insieme alla lettera ti allego una cassetta. Ti ho fatto una musicassetta mixtape, come quelle che ti preparavo una volta. È il modo migliore per “sentire” questo film. Dentro c’ho registrato i pezzi più significativi della colonna sonora. Spero ti piacciano, ce n’è un po’ per tutti i momenti.

Dentro trovi la ninna nanna perfetta che ti accompagnerà nel mondo dei sogni.



Il pezzo con cui scatenarti sulla pista da ballo.



La canzone con cui non sei una storia triste, ma ti senti vivo.



Caro amico, mi sarebbe insomma piaciuto molto vederlo con te, questo Noi siamo infinito, Ragazzo da parete, The Perks of Being a Wallflower o come diavolo preferisci chiamarlo. So che l’avresti adorato.

Sinceramente tuo,
Cannibal Kid

P.S. Ti mando anche una locandina che ho fatto appositamente per te.
Ehm... no, confesso: in realtà l'ha fatta il grafico C(h)erotto de L'OraBlù. Però dicono che è il pensiero che conta, no?



"Hey Hermione, conosci mica una magia per farci apparire meno ridicoli?"
Noi siamo infinito
(USA 2012)
Titolo originale: The Perks of Being a Wallflower
Regia: Stephen Chbosky
Sceneggiatura: Stephen Chbosky
Tratto dal romanzo: Ragazzo da parete di… Stephen Chbosky
Cast: Logan Lerman, Emma Watson, Ezra Miller, Nina Dobrev, Nicholas Braun, Mae Whitman, Erin Wilhelmi, Paul Rudd, Dylan McDermott, Kate Walsh, Tom Savini, Julia Garner, Melanie Lynskey, Landon Pigg, Joan Cusack
Genere: adolescenziale
Se ti piace guarda anche: Il giardino delle vergini suicide, Donnie Darko, Breakfast Club, L’attimo fuggente
(voto 8,5/10)


lunedì 9 luglio 2012

Quell’idiota di Cannibal Kid

"Questo blog è più idiota di me: mi piace!"
Quell’idiota di nostro fratello
(USA 2011)
Titolo originale: Our Idiot Brother
Regia: Jesse Peretz
Cast: Paul Rudd, Zooey Deschanel, Elizabeth Banks, Emily Mortimer, Shirley Knight, Steve Coogan, Rashida Jones, Adam Scott, T.J. Miller, Kathryn Hahn, Hugh Dancy, Janet Montgomery, Katie Aselton
Genere: com-media
Se ti piace guarda anche: Fratelli in erba, Role Models, Mosse vincenti, Gigantic, Forrest Gump, Hesher è stato qui

È da idioti guardare Quell’idiota di nostro fratello?
No.
È da idioti perderselo?
Nemmeno.
E, nel caso ve lo steste domandando, è da idioti leggere Pensieri Cannibali?
Sì, un pochino, ma sempre meno di leggere il blog di Mara Carfagna.
Senza offesa. Per gli idioti.

Tornando, o anzi approcciandoci finalmente al soggetto del post, diciamo che Quell’idiota di nostro fratello è il classico film inutile, o almeno dall’utilità molto ridotta. Se lo guardi, passi un’ora e mezza serena e piacevole, senza ridere troppo, ma nemmeno senza stare tutto il tempo a fissare l’orologio in attesa che finisca. Se non lo guardi, puoi comunque continuare tranquillamente con la tua vita, che tanto non ti sei perso niente. Un film medio che non presenta grossi guizzi né cadute di stile, avete capito bene.
"Bella questa poesia di Cannibal: Ambarabà ciccì coccò!
Ah, è una nota filastrocca? Allora è proprio vero che sono un idiota..."
Viene da chiedersi come un cast di attori di ottimo livello decida di girare un film del genere. Tra tutte le sceneggiature che ricevono, cosa può averli convinti a girare questa pellicola piuttosto che un’altra?
Magari un agente distratto che legge gli script al posto loro e poi ne sceglie uno facendo:

Ambarabà ciccì coccò
tre civette sul comò
che facevano l'amore
con la figlia del dottore
il dottore si ammalò
e la figlia si sposò
ambarabà ciccì coccò!

Forse quello. Oppure i soldi. Alla fine sono sempre quelle le motivazioni di una scelta: il caso o il cash.
Per carità, esistono un sacco di pellicole peggiori, e pure di molto, rispetto a questa. Però nei film brutti magari c’è uno spunto, un’idea che può rappresentare un motivo di interesse. Quell’idiota, o meglio quest’idiota di nostro fratello invece sembra sempre lì lì sul punto di volerti dare un messaggio, essere un qualcosa di più della solita commediola senza pretese, e invece arriva alla fine in maniera innocua. In un certo senso mi ha ricordato vagamente un incrocio tra Forrest Gump ed Hesher, ma privo della paraculaggine del primo e della forza distruttiva del secondo.

Il protagonista, come potrete già farvi un’idea dal titolo, un tipo proprio sveglio non è. È un idiota, ma nemmeno troppo. È un ingenuo, uno che ha una fiducia illimitata nel prossimo, al punto da sembrare un bambinone cresciuto. In una parte del genere avrei visto bene un Renato Pozzetto stile Il ragazzo di campagna, invece gli americani hanno dato la parte al comunque piuttosto efficace Paul Rudd.
Paul Rudd è un po’ come questo film: un attore che mi ha sempre ispirato simpatia, fin dagli esordi con il mitico cult movie anni ’90 Ragazze a Beverly Hills, dopo di ché è comparso in varie cose anche notevoli ma solo in ruoli minori (come in Romeo + Juliet), per poi ritrovare una relativa seconda popolarità negli ultimi tempi grazie alle comedy targate Judd Apatow come 40 anni vergine e Molto incinta. Per quanto mi possa stare simpatico, però, non lo ricordo in nessun ruolo davvero incisivo, in grado di restare nella memoria. Questo film non fa eccezione.

"Cannibal smettila di chiamarci, tanto non lo leggiamo il tuo libro!"
La storia o meglio la non-storia della pellicola si limita a seguire le (dis)avventure del solito idiota protagonista, prima arrestato a causa della sua stupidità, ovviamente, e poi alle prese con le difficoltà di rifarsi una vita una volta uscito dalla gattabuia. Non pensate a un dramma sul reinserimento dei carcerati nella società, non è certo il caso. Non pensate nemmeno a una commedia goliardica esilarante su un pirlone che ne combina di tutti i colori. Come detto, il protagonista è moderatamente idiota, ma non ai livelli di uno Scemo o di un + Scemo.
A causa della sua idiozia, metterà comunque in crisi la vita delle sue 3 sorelle 3 che, magnanime, provano a dargli una mano. Una dopo l’altra, finiranno nei guai per colpa di quell’idiota del loro fratello. Le sorelle sono Elizabeth Banks, come al solito piuttosto anonima, Emily Mortimer, come al solito piuttosto sprecata in una piccola parte (non perdetevela invece nella nuova serie tv The Newsroom dove è quasi protagonista) e una Zooey Deschanel come al solito piuttosto indie-girl e qui pure in versione lesbo! Prima di esultare, premetto che sì, una scena di bacio c’è (con Rashida Jones), però non aspettatevi robe alla Black Swan che rimarrete delusi.

Nonostante l’ottimo cast di contorno e nonostante la presenza di Zooey lesbo, il film non decolla. Ci si può consolare con il fatto che nemmeno precipita, eppure era lecito aspettarsi qualcosa in più. Sono presenti tematiche mica da poco come sesso, droga & country music, carcere, conflitto tra genitori e figli e soprattutto tra fratelli… tanta roba. Eppure è tutto troppo contenuto. Un film dal potenziale politically incorrect che ne esce troppo politically correct. Un film scritto e diretto in maniera anonima da tale Jesse Peretz che sarebbe potuto essere una perla dell’idiozia, come Scemo e + Scemo o Fatti, strafatti e strafighe prima di lui, e invece non lo è.
Mi sono scervellato per tutta la visione come un idiota e alla fine l’ho capito. Il suo difetto principale è proprio questo: per essere un film idiota, non è abbastanza idiota.
(voto 6/10)

giovedì 18 agosto 2011

mA kE kAzz0 d1 t1t0l1 mEtt0n0?

2 young 4 me - Un fidanzato per mamma
(USA 2007)
Titolo originale: I could never be your woman
Regia: Amy Heckerling
Cast: Michelle Pfeiffer, Paul Rudd, Saoirse Ronan, Stacey Dash, Jon Lovitz, Fred Willard, Sarah Alexander
Genere: M.I.L.F. incontra giovanotto
Se ti piace guarda anche: Prime, Il laureato, Vizi di famiglia

Trama semiseria
Lei, Michelle Pfeiffer, è una produttrice di una serie tv per bambini stile Disney Channel stile Hannah Montana stile bimbiminkia, una divorziata che vive con la figlioletta alle prese con le prime cotte da festa delle medie. Lui, Paul Rudd, è un giovane brillante attore comico aspirante star che va a fare un provino per fare da guest-star nella suddetta serie e poco a poco si ritaglia uno spazio sia nella serie tv che nelle mutandine piene di muffa della M.I.L.F., però c’è un solo problema: lui non sarà mica 2 young 4 her?

Recensione cannibale
Se qualcuno ha intenzione di lamentarsi perché la qualità e l’appeal delle pellicole recensite in questo periodo è calata, vi ricordo che è estate e quindi c’è voglia di leggerezza anche da queste parti cazzarola e, soprattutto, vi ricordo che la qualità delle pellicola qui comunque è sempre stata bassina… E poi anche da film che non sono proprio il massimo può nascere qualche riflessione particolarmente interessante, o qualcuna - cosa più probabile - particolarmente stupida.
Fatta questa premessa, ecco questa pellicola che ho recuperato per andare a ripescare l’esordio su grande schermo della piccola grande Saoirse Ronan. Con i come al solito poco entusiastici toni che mi contraddistinguono, l’ho già definita “la migliore attrice dei prossimi 100 anni”. Prima di mandarmi affancuore o peggio, vi dico solo che qualcosa del genere l’avevo pensata già ai tempi di Natalie Portman in Léon, e non mi pare di essermi sbagliato…
Nel giro di una manciata di annetti, Saoirse (non ho ancora idea di come diavolo si pronunci) ha tirato fuori performance fenomenali in Espiazione (con cui ha ottenuto una nomination all’Oscar), il mio amato Amabili resti e in versione girl with a gun nel recente consigliatissimo Hanna. Ma ha fatto la sua buona figura pure in Ember, The Way Back e pure in questa sua prima apparizione cinematografica. Se la vicenda principale ruota attorno al personaggio di sua madre, è lei che illumina la scena, sia con le sue cotte tipicamente tween da scuola media, sia con il suo videogioco che spara la musichetta di I wanna be sedated dei Ramones.

Per il resto 2 young 4 me, titolo mocciano e finto giovanilistico applicato all’originale I could never be your woman (tratto da un’ottima canzone di White Town), è una commediola estiva di medio livello gradevole, anzi diciamo guardabile. La protagonista Michelle Pfeiffer è una MILFona divorziata con la sindrome da Mrs. Robinson, un po’ l’equivalente femminile di quella di Peter Pan, che si innamora di un ragazzo più giovane di lei. E qui i riferimenti espliciti che vengono tirati fuori sono naturalmente anche quelli di Demi Moore ed Ashton Kutcher.
In pratica si tratta della solita vicenda sentimentale, con una Pfeiffer in forma eppure non del tutto a suo agio con i tempi comici, impreziosita da un’altra buona performance attoriale oltre alla giovane Ronan, quella di un Paul Rudd che nelle commedie della cricca di Judd Apatow (Molto incinta, Role Models, 40 anni vergine) di solito fa il ruolo dell’indie tranquillo, mentre qui interpreta un attore scatenato e parecchio divertente. A regalargli questo buon ruolo è Amy Heckerling, la regista che già l’aveva lanciato in Ragazze a Beverly Hills, cult assoluto anni ’90 con Alicia Silverstone e Brittany Murphy. Che la Heckerling e il Rudd abbiano una specie di rapporto come quello tra i due protagonisti di 2 young 4 me (‘sto titolo di merda mi fa incazzare sempre di più ogni volta che lo scrivo)?
Altro elemento che personalmente ho trovato interessante è lo sguardo, sembrerebbe anche piuttosto fedele, all’interno della lavorazione di uno show televisivo, cosa che avviene in maniera simile all’ottima serie tv Episodes con Matt LeBlanc.
Ma, per rimanere in termini televisivi, dalla regia mi dicono che sto sforando. Il post va chiuso e quindi io vi dico che questo film senza grandi pretese può essere gustato per una seratina estiva scacciapensieri ed è impreziosito da ottime interpretazioni. E ora: consigli per gli acquisti.
(voto 6)


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