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lunedì 22 luglio 2019

Pedro Almodolor y Gloria





Dolor y Gloria
Regia: Pedro Almodóvar
Cast: Antonio Banderas, Penélope Cruz, Asier Etxeandía, Leonardo Sbaraglia, Asier Flores, César Vicente, Cecilia Roth, Rosalía


Un bel film, finalmente! Era da un po' di tempo che non mi capitava di vederne uno. Magari è colpa mia. Non ho visto quelli giusti e a dirla tutta di recente, e non solo di recente, ho prestato più attenzione alle serie che non alle pellicole. O magari negli ultimi mesi non è che siano usciti tutti questi film clamorosi. Dolor y Gloria non è che sia un film clamoroso. È semplice. È naturale. È personale. È proprio in questa sua apparente semplicità che sta la sua forza. Pedro Almodóvar non punta agli effetti speciali, cosa che d'altra parte non ha mai fatto, ma nemmeno a trucchi, maschere o travestimenti. Il regista spagnolo si mette a nudo con un coraggio che sbalordisce, soprattutto per uno che, se è davvero come il suo alter-ego cinematografico Antonio Banderas in questo film, soffre di attacchi di panico e di ansia.

giovedì 8 novembre 2018

Notti magiche, anche se magari non al cinema





L'ospite di oggi della rubrica sulle uscite cinematografiche è un grande appassionato di... serie TV, soprattutto comedy.
Ok, e quindi cosa ci fa in una rubrica sulle uscite cinematografiche?
La sua passione numero 1 saranno anche le produzioni per il piccolo schermo, ma ciò non significa che non ne capisca nulla di cinema. E comunque, se la rubrica è condotta da me e dal mio blogger-rivale Mr. James Ford e di cinema ne scriviamo noi, può farlo chiunque.

In ogni caso, non vi ho ancora detto di chi si tratta. La guest star di oggi è Federico Vascotto, collaboratore del sito MangaForever e della rivista periodica Cabiria Magazine, che vi consiglio di passare a trovare, e con cui qualche tempo fa ho anche collaborato per la realizzazione della rivista online, ormai purtroppo defunta, Ed è subito serial Magazine. E ora, basta! con le intro e andiamo a scoprire cos'ha da dire lui, e cos'abbiamo da dire noi, sui film in arrivo nel weekend.


Notti magiche
Ford srive i suoi commenti sulla macchina da scrivere, e poi si domanda perchè non glieli fa postare sul suo blog.

giovedì 19 aprile 2018

Il fascino del male e dei malefici film della settimana




I film migliori in uscita nei cinema italiani li trovate tutti in questa rubrica. E anche quelli peggiori, tranquilli.
Quali sono le pellicole, a sorpresa piuttosto promettenti, in arrivo nelle nostre sale in questo fine settimana?
Scopriamolo insieme ai commenti miei, del mio collega-rivale-co-conduttore della rubrica Mr. James Ford e di una nuova ospite, che in questa puntata è...

Maria Elisabetta Alberti Casellati?!?

No, dai. Almeno qua no!
Visto che Maria Elisabetta Alberti Casellati Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare è già troppo impegnata, per fortuna ospitiamo al suo posto Sabina alias Fragola, la creatrice di Una fragola al giorno, il blog più fragoloso in circolazione sul web. Anche perché onestamente di blog fragolosi non è che ce ne siano molti altri in giro... 


Molly's Game
"Meno male che questa settimana nella rubrica c'è Fragola, se no avrei già abbandonato la lettura del pezzo da un pezzo."

domenica 2 febbraio 2014

VEDI THE COUNSELOR E POI MUORI




The Counselor – Il procuratore
(USA, UK 2013)
Titolo originale: The Counselor
Regia: Ridley Scott
Sceneggiatura: Cormac McMarthy
Cast: Michael Fassbender, Penélope Cruz, Cameron Diaz, Javier Bardem, Brad Pitt, Bruno Ganz, Rosie Perez, Toby Kebbell, Emma Rigby, Édgar Ramírez, Dean Norris, Natalie Dormer, Goran Visnjic
Genere: ridicolo
Se ti piace guarda anche: Basic Instinct 2, The Mexican, Domino

The Counselor – Il procuratore è come Napoli.
Mi spiego meglio: avete presente il detto “Vedi Napoli e poi muori?”. Ecco, per The Counselor vale lo stesso, sebbene giusto in un’accezione un filo meno positiva.

Vedi The Counselor e poi, se sopravvivi, ti chiedi: “Ma chi l’ha scritto, un abominio del genere?”
Come risposta ti aspetteresti un: “Stephenie Meyer sotto droghe pesanti”.
O, peggio ancora, un: “Stephenie Meyer da sobria”.
O, pure peggio, un “Federico Moccia in collaborazione con Nicholas Sparks alle prese con una storia pulp.”
E invece no. A scriverlo è stato il Premio Pulitzer Cormac McCarthy. Il premio più importante della narrativa americana l’ha ricevuto per La strada. Io non ho letto quel libro, avevo solo visto il film The Road con Viggo Mortensen, una specie di versione seria di Io sono leggenda e The Walking Dead, ma sono sicuro che se lo sia meritato. Se per La strada gli hanno dato il Pulitzer, adesso, per compensare, per la sceneggiatura di The Counselor devono dargli minimo la sedia elettrica. Un film del genere sembra scritto da un 14enne arrapato che nella sua vita al massimo ha scritto la lista della spesa, non da un 80enne Premio Pulitzer considerato un genio mondiale. Eddai, se quest’uomo si merita un Pulitzer, a quando un Premio Nobel per la Letteratura a Fabio Volo? O a me?

I dialoghi del film, quello sui diamanti tra Bruno Ganz e Michael Fassbender, sono una vergogna. Vorrebbero rivelare chissà quali verità sul mondo e invece finiscono per non dire niente. Sono fiumi di parole inconsistenti e noiosi. Dialoghi letterari che su carta potrebbero magari funzionare, sebbene non ci giurerei, ma che ascoltati recitati da degli attori, solitamente attori validi tra l’altro, perdono di senso. Tocca sentire Javier Bardem e Cameron Diaz scambiarsi opinioni profonde come:

È un po’ fredda come visione, non ti pare?
La verità non ha temperatura.

La stessa povera attrice è poi chiamata a cimentarsi in quella che fin da ora di candida al titolo di scena scult dell’anno: Cameron Diaz che si scopa un’auto. Detta così sembra una figata. Vi assicuro che non lo è. È una delle scene meno sexy cui si possa assistere. Grazie a momenti del genere, questo film è riuscito a farmi rivalutare persino Basic Instinct 2. Di brutto.


Il regista Ridley Scott ha dedicato The Counselor alla memoria del fratello Tony Scott, scomparso nel 2012, ma questo film è un affronto nei suoi confronti. Sembra quasi che Cormac McCarthy abbia voluto scrivere la parodia di un film hollywoodiano alla Tony Scott, quei thriller fracassoni e pulp stile Domino o Una vita al massimo. Peccato che quella che gli è uscita è soltanto la pessima copia di un film alla Tony Scott. Che brutto modo di omaggiarlo.

"Cos'è? Una manifestazione contro questo film?
Allora mi aggrego anch'io!"
Oltre a essere scritto da cani, altroché da un Pulitzer, con una trama assurda e priva di interesse alcuno, The Counselor è un film girato con stile ultrapatinato quanto lento, ultralento, come se Ridley Scott si fosse trasformato in un Michael Bay sotto sedativi. È un divertissement di lusso che non diverte nessuno. Persino gli attori, persino uno sprecatissimo Michael Fassbender, paiono annoiarsi a morte e paiono non comprendere le battute che McCarthy ha messo in bocca ai suoi personaggi.

Non capisco cosa stai cercando di dirmi” dice Michael Fassbender.
Non lo so” gli risponde Javier Bardem.

In questo stupendo dialogone possiamo riassumere il (non) senso dell’intera visione. Un insulto all’intelligenza umana, un insulto al cinema, un insulto alla memoria di Tony Scott. Un thriller senza tensione, un action movie senza azione, un dramma senza drammi che si sarebbe potuto salvare solo con un po’ d’ironia e invece, a parte qualche battutina penosa che poteva risparmiarsi, si prende troppo dannatamente sul serio. Dopo aver visto una cosa del genere, giuro che sto male. Malissimo. Mi sento in fin di vita.
Vedi The Counselor e poi muori.
(voto 2/10)

P.S. Tralasciando il look osceno, Javier Bardem qui riesce ad avere un taglio di capelli (forse) più scandaloso che in Non è un paese per vecchi. Evidentemente quello da cui proviene non è un paese per parrucchieri.

Peggio così?

O così?

P.P.S. Ma la scena conclusiva?
Sbaglio o è il finale più ridicolo di sempre?

domenica 24 marzo 2013

SVENUTO AL MONDO

Venuto al mondo
(Italia, Spagna 2012)
Regia: Sergio Castellitto
Sceneggiatura: Sergio Castellitto, Margaret Mazzantini
Tratto dal romanzo: Venuto al mondo di Margaret Mazzantini
Cast: Penélope Cruz, Emile Hirsch, Adnan Haskovic, Saadet Aksoy, Sergio Castellitto, Pietro Castellitto, Mira Furlan, Jane Birkin, Branko Djuric
Genere: melodrammone
Se ti piace guarda anche: La donna che canta, Il debito, La chiave di Sara

Sono venuto al mondo per massacrare il cinema italiano. Ormai lo so. Dopo Tutti i santi giorni e Bella addormentata e in attesa di prendere di mira il Dracula di Dario Argento, ecco una nuova vittima sacrificale: Venuto al mondo. Una vittima indifesa, che partiva già da premesse pessime, ovvero un film a conduzione famigliare.
Una pellicola in cui Sergio Castellitto, di cui ho pure apprezzato i precedenti Non ti muovere e La bellezza del somaro, è alle prese con la trasposizione per il grande schermo di un romanzo della moglie, l’omonimo Venuto al mondo di Margaret Mazzantini, con in più nel cast lo stesso Castellitto Sergio più il figlio Castellitto Pietro, che tra l’altro si rivela un pessimo pessimo attore.
Basta con ‘sti raccomandati, e che cazzo!
Tutti a lamentarsi e a denunciare il sistema di nepotismo dominante in Italia e poi appena ti ritrovi con un figlio che sogna di diventare un attore, senza esserne capace, lo piazzi in un film al fianco di Penelope Cruz ed Emile Hirsch.
Ma vaffanculo va.

"Sono stato preso solo perché sono il migliore per la parte."
"Credici pure, Pietro Castellitto, credici pure..."
Scusate lo sfogo. Sistemato questo punto che mi stava particolarmente a cuore, da qui in poi il massacro della pellicola procederà in maniera più gentile, giacché non è tutto da buttare, da questo film Venuto al mondo. Lo stile di Castellitto è incerto, non è ben definito, mischia diverse soluzioni registiche e la sua confusione si può ravvisare anche nelle scelte della colonna sonora, che passa con nonchalance dai Nirvana con la sempre emozionante “Something in the Way” a “Guantanamera”, da Bruce Springsteen a brani di musica jugoslava. Una schizofrenia, più che eclettismo musicale, che trova spiegazione nelle differenti epoche e nei diversi luoghi in cui è ambientata la pellicola, ma che fa mancare al tutto di una vera coesione.
Sergio Castellitto ce la mette tutta per tenere le fila della narrazione, ma l’impresa non è facile. Probabilmente per un eccesso di fedeltà nei confronti della moglie, anche se non ne posso essere sicuro non avendo letto il romanzo e non conoscendo la loro vita sessuale, il regista nel suo adattamento ha cercato di tenere a freno le tentazioni adultere e ha provato a inserire dentro la sua pellicola tutto quello che c’era sulla carta stampata. Avrebbe però potuto tagliuzzare qua e là. Il film risulta infatti troppo lungo, nella seconda parte è persino estenuante, e dalle due ore e passa di durata una mezzoretta buona si sarebbe anche potuta levare senza drammi. Che già ce ne sono troppi, dentro questa storia.

"Lo vedi quello laggiù, Penelope?"
"Sì, ma cos'è?"
"E' il cadavere del cinema italiano."
L’altro grande problema del film è proprio quello di voler raccontare troppo: una storia d’amore epica, la guerra nell’ex Jugoslavia, l’identità di un ragazzo cresciuto in Italia ma con origini straniere. Amore, guerra, famiglia, maternità… Tanti temi che nella forma di un romanzo lungo possono tutti trovare il loro spazio, ma che invece nella forma cinematografica hanno maggiore difficoltà a convivere. Almeno senza risultare pesanti. E il film di Castellitto a tratti appare davvero pesante. Se la prima parte è a sorpresa parecchio leggera e ha i toni della commedia, con un Emile Hirsch spumeggiante, nel secondo tempo si cede al solito melodrammone da far cascare le palle. Il problema del cinema italiano, d’Autore e non solo, è sempre quello di prendersi eccessivamente sul serio. Di voler dire troppe cose, finendo per non dire nulla.

La svolta nel drammatico è poi piuttosto improvvisa e non convince. C’è il dramma dell’impossibilità di diventare genitori e c’è il dramma della guerra, ok, però o l'uno o l'altro. Con tutti e due si esagera!
Il personaggio di Emile Hirsch all’inizio è il cazzone più spensierato di questo mondo e poi diventa una palla al piede. Capisco che la pellicola ci voglia mostrare come le difficoltà della vita possano cambiare le persone, però non mi sembrava il caso di buttare via così un personaggio che partiva in maniera ottima.
Inspiegabile inoltre lo scatto d’ira del figlio di Penelope Cruz, quello interpretato dal figlio raccomandato di Castellitto. Forse il padre ha voluto regalargli una scena madre, che non riesce a reggere, peccato che il risultato a livello recitativo finisca dalle parti della telenovela sudamericana.
Basta raccomandati. Basta!

"Ehm, non era esattamente questo che intendevo
quando ti ho detto che volevo trombare."
L’ultimo film di Castellitto Sergio viene quindi al mondo bene, con una prima parte promettente che mette sul fuoco tanta carne, che sembra una riflessione sul passato, sulla guerra e sulla famiglia e un guardarsi indietro non troppo distante da film come La donna che canta, Valzer con Bashir, La chiave di Sara o Il debito. Dopo di ché, la pellicola lascia bruciare quasi tutte le sue idee e affonda nel patetico e nella noia. Se possiamo dare un merito al cinema italiano è quello di avere buone intenzioni. Che poi siano raramente messe a frutto, quello è un altro paio di maniche. Da questo Venuto al mondo non è comunque tutto da buttare: i due protagonisti Penelope Cruz ed Emile Hirsch se la cavano bene e le rivelazioni Adnan Haskovic e Saadet Aksoy sono giovani attori da tenere d’occhio…
In pratica, il meglio di questo film italiano arriva dal cast internazionale: una spagnola, un americano, un bosniaco e una turca. Eh no, non è una barzelletta. È la triste realtà del nostro cinema.
(voto 5+/10)


martedì 23 ottobre 2012

Li mortacci tua, Woody Alien!

"Roberto, come la chiamate qui in Italia una terrible actress?"
"La chiamiamo Mastronardi, maestro."
To Rome With Love
(USA, Italia, Spagna 2012)
Regia: Woody Allen
Cast: Woody Allen, Roberto Benigni, Jesse Eisenberg, Greta Gerwig, Alec Baldwin, Ellen Page, Alison Pill, Flavio Parenti, Alessandro Tiberi, Alessandra Mastronardi, Penelope Cruz, Riccardo Scamarcio, Antonio Albanese, Judy Davis, Fabio Armiliato, Monica Nappo, Ornella Muti, Carol Alt, Vinicio Marchioni
Genere: ao’
Se ti piace guarda anche: Vac(c)anze di Natale vari, I Cesaroni

Dopo l’ottimo Midnight in Paris, non volevo credere alle voci negative riguardo al nuovo film di Woody Allen ambientato in Rome. Infatti le voci negative si sbagliavano. Oh, se si sbagliavano.
La verità è che è molto ma molto peggio. Ma molto.

"Woody, se te becco te faccio 'na faccia così!"
Una prima cosa non proprio positiva da rilevare su quest’ultima ennesima fatica alleniana riguarda gli stereotipi su Roma e sull’Italia. Ma su di quelli si è espresso già molto chiaramente Carlo Verdone, uno il cui ultimo film Posti in piedi in Paradiso non sarà un granché, ma al confronto di ‘sta roba è un Fellini. Ecco cos’ha detto:

"Il film di Woody Allen sulla mia città? Non fa per niente ridere, anzi, fa piagne: è un'opera assolutamente inutile, mostra una capitale che non esiste, magari esistesse, e che secondo me non è mai esistita. Non sta né il cielo né in terra: punto. Un'operazione solo turistica, la sua: si voleva fare una vacanza e basta. […] Mi dispiace dirlo di Woody, ma è così: la sua ultima fatica è un presepe finto, in cui non ha fatto altro che giocare coi luoghi comuni. È una Roma vista con gli occhi degli americani, che quando viaggiano sperano di trovarla così: gente bonacciona, un po' sguaiata, i monumenti, se mangia bbene... Roma invece è una città piena di problemi, che amo tantissimo, che mi sta a cuore, ma è diventata impossibile."

"Ciao Woody, vuoi che reciti nel tuo prossimo film? Eh, come no!
Le cose che ho detto su To Rome With Love?
Ma no. Sai com'è, noi romani stiamo sempre a scherzà..."
E questa questione l’ha espressa bene il Carletto. Se a ciò aggiungiamo personaggi che si chiamano Michelangelo e Leonardo, ma purtroppo mancano Donatello e Raffaello altrimenti si poteva anche fare una reunion delle Tartarughe Ninja, più qualche marchettona marchionnara della 500 e le note di “Nel blu dipinto di blu” sparate subito subito sui titoli di testa, la cartolina dell’Italia idealizzata è bell’e che servita.
Se vogliamo, anche il precedente di Allen Midnight in Paris era ricchissimo di stereotipi, su Parigi e sull’età dell’oro degli anni ’20, e su Parigi negli anni ’20. Però il film funzionava. Era una splendida fiaba e allo stesso tempo una riflessione nostalgica su come il passato sembri sempre meglio del presente. Vero anche questo: il vecchio Allen era meglio di quello nuovo.
Quello nuovo di To Rome With Love non se pò vedé.

"Penelope, la prossima scena me la fai un po' più Ruby Rubacuori, ok?"
Non c’è comunque da disperare troppo. In fondo, dopo il modestissimo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, a sorpresa è tornato in grande spolvero in quel di Parigi. In fondo, Woody Allen è fatto così. Di film ne gira tanti, troppi, alcuni sono belli, altri meno, qualcuno come questo è davvero brutto. Certo, un tonfo imbarazzante del genere non l’aveva mai fatto, almeno non tra le sue pellicole che ho visto (una piccola percentuale, visto che come ho detto ne gira davvero troppi), però chissà che con il suo ritorno negli USA per il suo prossimo progetto ancora senza titolo non ritrovi l’ispirazione perduta.

Gli stereotipi danno fastidio sempre, quando ci vanno a toccare in prima persona in quanto italiani sono ancora più fastidiosi e posso capire l’ulteriore disappunto dei romani come Verdone. Ma quali sono gli altri problemi del film? La questione fondamentale è che al di là della cornice idealizzata, stereotipata ecc., è proprio il film una fetecchiona. La sceneggiatura è imbarazzante. Mette insieme una serie di storielle degne di un cinepanettone. O di una barzelletta. E a tratti, To Rome With Love somiglia persino a una puntata dei Cesaroni, e pure di quelle scritte male. Ammesso e non concesso ne esistano di scritte bene. Siamo talmente dalle parti della fiction di Canale 5 che mi sono stupito di non vedere arrivare Matteo Branciamore da un momento all’altro a cantare “Sai cosa c’è…” poi non so più come va avanti. Che volete? Non sono mica un fan dei Cesaroni come Wudy Aia.
Non ci sarà Branciamore, almeno quello, ma le musiche utilizzate sono penose e fanno molto film di Pierino. Senza offesa per i film di Pierino.

"Alessandro, perché tutti mi chiamano cagna maledetta? Sai che vuol dire?"
"Chi io? Non ne ho la più pallida idea..."
Dicevamo comunque delle storielle messe insieme alla buona. La più agghiacciante, e chissà perché non ne sono stupito, è quella che vede come protagonisti gli attori italiani. Dai citati Cesaroni, ecco a voi Alessandra Mastronardi. Se Carla Bruni nel precedente Midnight in Paris era stata molto tagliata nel montaggio finale e compariva giusto per pochi secondi, riuscendo comunque a rimediare una figura barbina, qui la Cesarona ce la dobbiamo sorbire a lungo. E com’è la sua intepretazione? Terribbbile.
Con lei c’è anche Alessandro Tiberi che si vede che ha studiato la recitazione alleniana e ne propone una versione/imitazione italiana accettabile. Ebbravo lo stagista di Boris!
Parecchio spento Antonio Albanese, del tutto fuori parte come latin lover e super divo del cinema italiano, mentre convince Riccardo Scamarcio, che nella sua fugace apparizione arriva, tromba la bernarda della mastronarda e va via. Così si fa!
"Adoro il tuo social network, Mark. Ci passerei tutto il giorno..."
"Come devo ripetertelo che non sono Zuckeberg? Comunque ti addo agli amici!"
Nell’episodio compare inoltre la spagnola Penelope Cruz, ennesima “dea dell’amore” alleniana. Diciamo solo che la spagnola ha offerto prove migliori in film migliori.

La storiella (relativamente) più interessante e meglio recitata è invece quella con Mark Zuckerberg Jesse Eisenberg e Greta Gerwig. Lei gli presenta una sua amica attrice, Ellen Page, dicendogli che tutti gli uomini finiscono per innamorarsi di lei e anche lui naturalmente finirà per… innamorarsi di lei. D’altra parte, Ellen Page è la cosa migliore di questo film e il suo personaggio, per quanto anch’esso tratteggiato con enorme leggerezza, è l’unico raggio di sole in una Roma che qui appare cinematograficamente molto nuvolosa. Il personaggio “off” di un buon Alec Baldwin invece no, quello è davvero odioso. Una sorta di grillo parlante non richiesto che rompe le balle a Zuckerberg Eisenberg, alla Page e soprattutto allo spettatore.

"Va bene, Alec, ti taggo insieme a me!"

"Alec, eddaje! Vuoi essere taggato pure qua?"

"Woody sta guardando dall'altra parte? Io allora mi do' alla fuga!"
La storiella di Roberto Benigni è quella nelle intenzioni più “profonda”. Una riflessione su come oggi si possa diventare famosi per niente. Qualcuno ha detto Paris Hilton?
Bella l’idea, che forse sarebbe stata più efficace per un cortometraggio, realizzazione stancante, con un Benigni che per un paio di minuti fa anche ridere, subito dopo stufa. Che poi, il tema della celebrità è una costante in tutte le vicende, peccato sia trattato in una maniera davvero superficiale e non dice fondamentalmente niente di nuovo sull’argomento.

"Bravo Cannibal. Sul post non siamo molto d'accordo,
però sulla Mastronardi come darti torto?"
Un’altra storiella di questo puzzle di ispirazione boccaccesca (il titolo iniziale del film era Bop Decameron) vede impegnato lo stesso Woody Allen, di rientro davanti alla macchina da presa, ed è l’unico che azzecca 1 battuta 1 in tutto il film, quando va dai genitori del fidanzato della figlia, che hanno una ditta di onoranze funebri, e dice: “Abbiamo seguito il primo carro funebre e l’abbiamo trovata”. Per il resto, come detto dal bianco rosso Verdone, più che ridere se piagne.
Al di là di questo unico momento ilare della pellicola, la storiella è di quelle talmente ridicole da poter risultare geniali, se solo fossero affidate a uno Spike Jonze o a un Michel Gondry, non a questo spento Woody Allen. Il padre del futuro marito di sua figlia (una sprecatissima Alison Pill) è un tipo che sotto la doccia, e solo sotto la doccia, si rivela un cantante lirico alla Pavarotti, Caruso o Bocelli. Tanto per non farci mancare pure questo stereotipo italiota. E così Allen lo incoraggia a esibirsi a teatro… sotto la doccia.
Uno spunto grottesco potenzialmente interessante che si risolve, come tutto il resto del film, in farsa. Anche se a me è sembrata più che altro una tragedia.

Non so se gliel’hanno gridato a Roma, nel caso rimedio io:
ah Wood Alien, ma vedi di andare a pijartelo 'nder cu..
(voto 3/10)

martedì 19 aprile 2011

Ma che bel Castellitto… marcondirondironderelitto

La bellezza del somaro
(Italia 2010)
Regia: Sergio Castellitto
Cast: Sergio Castellitto, Laura Morante, Nina Torresi, Enzo Jannacci, Marco Giallini, Gianfelice Imparato, Barbora Bobulova, Lola Ponce, Lidia Vitale, Emanuela Grimalda, Renato Marchetti
Genere: commedia frizzante
Se ti piace guarda anche: Tamara Drewe, Happy Family, Caterina va in città

Trama semiseria
Una famiglia benestante, di sinistra e pure -massì- molto radical-chic, organizza un weekend con gli amici nella cascina in campagna. La figlia di Sergio Castellitto e Laura Morante invita per l’occasione il suo fidanzatino… un giovincello interpretato da Enzo Jannacci. Come la prenderà il padre che era già pronto ad accogliere amichevolmente qualsiasi tipo di (futuro) genero, persino un terrorista islamico, ma er vecchio maprione no?

Recensione cannibale
Capita alle volte, e anche spesso, di ignorare alla grande alcuni attori e registi. Poi a un certo punto per caso li scopri e scopri che non erano poi così male. È quanto successo a me con Sergio Castellito che fin’ora non avevo mai cagato più di tanto e invece dopo questa piacevole sorpresa del somaro mi sono andato a riscoprire pure con il precedente Non ti muovere. Ma procediamo con ordine e senza spingere, per favore.

La bellezza del somaro è un film profondamente radical-chic con una serie di personaggi tutti radical-chic. Io però sono talmente radical-chic da riconoscermi più in un modello radical-chic internazionale che non in quello italiano qui proposto, quello per dire che ascolta Paolo Conte, pensa che Fabio Fazio faccia rima con Dio e vota Rutelli, ché Bersani è già troppo estremo e sovversivo.
Nella galleria di personaggi che si ritrovano a passare insieme un tranquillo weekend in campagna c’è naturalmente Sergio Castellitto, architetto di successo, sposato con la solita nevrotica Laura Morante ma che si consola con l’amante stragnocca Lola Ponce. I suoi amici sono molto radical pure loro, come il divertente farfallone Marco Giallini (daje Giallì, che sei er mejo!) e Gianfelice Imparato con perenne bluetooth all’orecchio perché segue un corso intensivo d’inglese. Laura Morante oltre ad essere la solita nevrotica è per giunta pure una strizzacervelli che si porta con sé per il weekend in the country house anche un paio di pazienti schizzati: la rompicojoni Barbora Bobulova e un tizio fissato con la morte e col suicidio che si guarda ossessivamente Il settimo sigillo di Bergman, perché anche la follia vuole la sua bella componente radical-chic.

Il personaggio migliore e più chic è però quello della figlia interpretata dalla splendida Nina Torresi, una rivelazione assoluta. È bello vedere finalmente un volto nuovo e fresco al di là dei soliti noti (e a volte nemmeno tanto noti) che si alternano in tutti i film possibili. Alba Rorhwacher, ti fischiano per caso le orecchie? La giovincella ha una vita sentimentale parecchio travagliata e intorno a lei ruotano tutta una serie di ragazzi. E non solo ragazzi. Per il weekend in campagna infatti la nostra invita a sorpresa il suo fidanzato segreto: un 70enne interpretato da Enzo Jannacci, altro personaggione eccellente di questa commedia; ogni volta che parla tira fuori qualche perla di saggezza, cosa che fa scattare una divertente musichetta quasi da santone.

Di cosa parla dunque questo film? Di una relazione tra un 70enne e una minorenne? Qualche riferimento per caso al Premier? Quando la sceneggiatura è stata scritta i cenni al caso Ruby Rubacuori erano impossibili (ma poi neanche tanto) da prevedere, però c’era già stato il caso Noemi Letizia e quindi sì, i riferimeni magari non sono così casuali, perché come dice una battuta del film: “Berlusconi c’entra sempre.”

Castellitto è riuscito quindi a sorprendermi con una commedia frizzante che fa per me perfettamente il paio con Tamara Drewe, altro film brillante ambientato in campagna, con la sola differenza che là i protagonisti radical-chic erano inglesi. La colonna sonora, per quanto nulla di innovativo, grazie a Cranberries e 50 Cent (P.I.M.P. in un film di Castellitto? Yes we can!) è comunque nettamente superiore a quella di Non ti muovere (come vedremo tra poco).
Ho già detto che è La bellezza del somaro è un bel film profondamente radical-chic? Sarà per questo che, uscito nel periodo natalizio, è stata una delle poche commedie italiane a floppare. Evidentemente non era abbastanza una minchiata per attirare i consensi del grande pubblico (somaro).
(voto 7+)


Non ti muovere
(Italia 2004)
Regia: Sergio Castellitto
Cast: Sergio Castellitto, Penelope Cruz, Claudia Gerini, Angela Finocchiaro, Marco Giallini, Elena Perino
Genere: drama
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Trama semiseria
Sergio Castellitto è un chirurgo che un giorno si vede arrivare in ospedale la figlia, a rischio dopo un incidente quasi fatale col motorino. In questa tragica occasione, Castellitto rivive in flashback alcuni momenti del passato, tra cui anche la storia d’amore malato e violento con la brutta Penelope Cruz. Una Penelope Cruz brutta, avete capito bene, e non è un film di fantascienza.

Recensione cannibale
Dopo aver visto due film (su tre) del Castellitto regista/attore/sceneggiatore, posso dire che possiede un tocco personale piuttosto marcato e preciso. Non so se si può parlare di tocco autoriale vero e proprio, però di certo il Sergio nazionale c’ha alcune caratteristiche che rendono i suoi film vivi. Il suo cinema cerca di indagare nei lati oscuri dei personaggi e in questo Non ti muovere in particolare va a scavare dentro l’ego(centrico) chirurgo da lui stesso interpretato, con le sue perversioni, la sua voglia di fuggire dalla moglie Gerini e da una vita fatta di certezze per cercare il sesso (e l’amore) randagio di una povera zingara bruttina; il fatto che la splendida Penelope Cruz risulti credibile in una parte del genere dimostra tutta la bravura di questa notevole attrice spagnola.

Va anche sottolineato però come non tutto funzioni alla perfezione e come alcuni elementi del mondo di Castellitto non coincidano con il mio mondo ideale: la colonna sonora in primis, davvero discutibile (ma diciamo anche sull’orribile andante) con Vasco, Europe, Toto Cutugno e Nino Buonocore (?!?!?). Eppure in qualche strano modo risultano, se non gradevoli, quanto meno funzionali al racconto, visto che la musica agisce come da motore scatenante dei vari flashback del protagonista. Epperò è anche vero che con delle canzoni migliori l’effetto sarebbe risultato più efficace, però il cinema di Castellitto è molto personale e va quindi tenuto così, con i suoi difetti. Per lo meno va apprezzato il fatto che non abbia cercato di snaturarsi proponendo delle scelte musicali non sue. Altra componente non proprio gradita, almeno da me, è una tendenza eccessiva all’enfasi, al recitato urlato, tipica purtroppo di molto cinema italiano. Sarà che preferisco le emozioni più delicate, sussurrate. Gli strilli preferisco lasciarli ai programmi tv spazzatura tipo GF (con cui comunque specifico, prima di essere frainteso, che questo film NON ha nulla a che fare).

Non ti muovere è un film di sentimenti, ma non di buoni sentimenti. È anzi una pellicola che sa essere cattiva e picchiare forte, per quanto alla fine scelga di non affondare del tutto il pugno dentro lo stamaco. Anche se ho preferito leggermente il tocco più leggero e scanzonato de La bellezza del somaro, il cinema del Sergio nazionale me lo prendo tutto così com’è, anche con i suoi difetti, anche con le sue componenti che non mi piacciono (altro esempio: Angela Finocchiaro, NON credibile come attrice che faccia commedie o drammi), perché sono tutte parti che contribuiscono a creare un’insieme di forte personalità. E con le forti personalità non si può scendere a compromessi e si devono prendere con il pacchetto completo. Che al discount magari te lo vendono pure in offerta speciale. Basta che non ti muovi.
(voto 7)

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