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domenica 17 agosto 2014

GIOCHIAMO AI GIOCHI DEI GRANDI?





I giochi dei grandi
(USA, Canada 2004)
Titolo originale: We Don’t Live Here Anymore
Regia: John Curran
Sceneggiatura: Larry Gross
Tratto dai racconti: We Don’t Live Here Anymore e Adultery di Andre Dubus
Cast: Mark Ruffalo, Laura Dern, Peter Krause, Naomi Watts
Genere: infedele
Se ti piace guarda anche: Closer, Carnage, Eyes Wide Shut

“Hey, bimbo. A che gioco giochiamo, oggi?”
“Mah, non so. Giochiamo a I giochi dei grandi?”
“Uuh, sembra pericoloso! E come si fanno, questi giochi dei grandi?”
“Non ne sono del tutto sicuro, ma vedendo il film con quel titolo penso che lo scopo del gioco sia tradire il proprio marito o la propria moglie e vince chi scopa di più in giro.”
“Cosa vuol dire scopa? Intendi il gioco di carte, bimbo?”
“No, parlo di sesso.“
“Cos’è il sesso?”
“È quella cosa che serve ad avere i bambini quando le cicogne sono in sciopero.”
“I miei genitori dopo di me non hanno più avuto bambini. Vuol dire che non scopano più?”
“Non per forza. Significa solo che tu sei talmente un rompiballe che hanno deciso di non avere altri figli.”
“Han fatto bene. Così possono spendere i loro soldi per fare regali solo a me.”
“Ma i regali non li fanno i genitori. Li fa Babbo Natale. Lo sanno tutti!”
“Io non saprò cos’è il sesso, ma davvero tu credi ancora all’esistenza di Babbo Natale?”
“Babbo Natale esiste. L’ho visto. L’hanno scorso è entrato in casa mia di notte. Solo che non è vero che scende giù dal camino. Ha spaccato una finestra ed è entrato. A me ha lasciato un robot sotto l’albero. I miei genitori invece si sono lamentati perché è sparito il televisore LCD.”
“Sei sicuro che era Babbo Natale?”
“Certo che sì. Indossava un cappello rosso, aveva una lunga barba bianca e teneva in mano una pistola.”
“Babbo Natale a quanto mi risulta di solito non usa pistole…”
“Beh, quello ce l’aveva, ok? E comunque li facciamo o no, questi giochi dei grandi?”
“Va bene. Dai, inizia tu che sei esperto.”

“Ok. Io faccio Mark Ruffalo e tu fai Laura Dern.”
“Ma io sono un maschio. Lo so perché c’ho il pisellino. Non voglio fare Laura Dern.”
“Dai, fai Laura Dern. È la musa di David Lynch.”
“Ah, allora ok.”
“Bene. Noi due siamo sposati, solo che a me il matrimonio con te sta stretto perché tu sarai una bella donna e tutto però cominci a essere un po’ vecchiotta e pure scassapalle, quindi ho bisogno di un’amichetta più giovane e sexy, diciamo Naomi Watts. Naomi Watts che è pure lei una musa di David Lynch, lo sapevi?”
“Certo, bimbo. Ho 8 anni ma i film di Lynch li ho già visti tutti. Mi sono pure scaricato il suo ultimo album da iTunes. Non male, però mi aspettavo qualcosa in più.”
“Eh, lo so. Sono le delusioni della vita. Comunque io che sono Mark Ruffalo mi scopo Naomi Watts alle spalle di suo marito, che è anche il mio migliore amico e che è Peter Krause. Peter Krause se non lo sai è quello che ha fatto un sacco di serie tv, da Sports Night a Six Feet Under, da The Lost Room a Dirty Sexy Money e oggi è in Parenthood. Lo vedi e pensi che è un bravo attore e ti chiedi come mai al cinema non funziona e poi lo vedi in questo film e capisci che non funziona. Non so bene perché, però qui è del tutto inconsistente. Faccio bene, a farmi Naomi Watts alle sue spalle!”
“Okay, questo gioco sembra interessante. Ma io che sono Laura Dern cosa faccio? Niente? Sto a guardare la relazione clandestina di mio marito e basta?”
“All’inizio sì. Poi cominci a farti Peter Krause.”
“Uffa. Non hai detto che in questo film è una lagna?”
“Lo è, però per noia ti tocca fartelo comunque.”
“E va bene. E poi? Poi che succede?”
“In pratica niente. Il film parte bene, c’è un’atmosfera inquietante alla David Lynch trasportata all’interno di una storia di tradimenti e intrecci sentimentali tra Closer ed Eyes Wide Shut e in pratica ci sono i presupposti per un capolavoro, solo che la pellicola non decolla mai. Più che un capolavoro, finisce per diventare un cavolavoro. La vicenda non va da nessuna parte, i protagonisti sono chi più chi meno tutti parecchio odiosi e il modesto regista John Curran dimostra di non essere certo Lynch e a un certo punto non sa più che pesci pigliare.”
“Mi stai dicendo che questi giochi dei grandi fanno schifo?”
“Schifo no. Sono solo dei giochini che vorrebbero essere chissà quanto trasgressivi e invece risultano innocui persino per un bimbetto come me.”
“Va beh, ma allora perché mi hai fatto giocare a questi giochi?”
“Perché mi stai antipatico, ecco.”
“Allora non sei più mio amico. E Laura Dern per te non la faccio più.”
“Pazienza, tanto in quella parte non eri molto credibile.”
“E tu invece come Mark Ruffalo non vali niente. Non sembravi nemmeno Mark Ruffalo. Sembravi Nicolas Cage!”
“UEEEEEE’! Mamma, quel cattivone mi ha dato del Nicolas Cage! UEEEEE’!”
(voto 5,5/10)

"Ci guardiamo un film?"
"Sì, basta che non sia I giochi dei grandi."

venerdì 20 maggio 2011

Bestia che roba

Era così...
Beastly
(USA 2011)
Regia: Daniel Barnz
Cast: Alex Pettyfer, Vanessa Hudgens, Neil Patrick Harris, Mary-Kate Olsen, Peter Krause, Erik Knudsen, Lisa Gay Hamilton, Dakota Johnson
Genere: teen fantasy new romantic
Se ti piace guarda anche: La bella e la bestia (Disney), Vanilla Sky, Cappuccetto rosso sangue

Trama semiseria
La bella e la bestia 2.0: un tizio strafico & strasuperficiale viene trasformato in un mostro da una strega che ha le fattezze a sua volta mostruose di Mary-Kate Olsen: tornerà quindi alle sue più gradevoli fattezze soltanto se troverà il vero amore. Ed è qui che entra in scena la bella (anzi, diciamo strafiga pure lei) Vanessa Hudgens. Si innamorerà di quello scorfano cyber-punk (che poi ha il suo fascino pure così)?
Ma siete davvero così ingenui da porvi questa domanda?
Il bimbominkia che vive dentro di me a quanto pare sì…

...poi ha partecipato a Plastik su Italia 1 ed è diventato così. O è il contrario?
Recensione cannibale
Visto il successo di Alice in Wonderland ai botteghini mondiali continuano a spuntare come fiori a primavera un sacco di pellicole più o meno adolescenziali ispirate alle fiabe. Potremmo definirle delle rivisitazioni moderne di classici, o potremmo definirla anche la crisi di mezza età di una Hollywood rimasta senza più idee originali e che non sa più davvero che pesci pigliare. Comunque la si voglia mettere, almeno se non si ripongono aspettative troppo alte, prodotti del genere possono risultare anche guardabili e in qualche modo rassicuranti, visto che sappiamo già bene o male come le cose andranno a finire.
Il mio errore nell’approcciarmi all’Alice di Tim Burton è stato infatti proprio quello di avere avuto aspettative esagerate, d’altra parte mica potevo immaginarmi che il king of the dark potesse cadere tanto così tanto in the dark… e invece l’ha fatto. E così con Cappuccetto rosso sangue o questo Beastly, sarà che già di partenza non sono mai state tra le mie storie preferite, sono partito sull’attenti. E invece questi filmetti hanno saputo se non conquistarmi totalmente, perlomeno intrattenere il mio lato più bimbominkia. Ognuno ha i propri demoni interiori, inutile negarlo, e io purtroppo ho un bimbominkia-bestia che vive dentro di me e ogni tanto viene fuori. Non c’è niente da fare, o forse mi servirebbe un esorcismo?

Per quanto difficile sia da credere: NON è lei la Bestia
Beastly è un prodotto gradevole, una rilettura per quanto ne so non troppo rivoluzionaria ma piuttosto fedele alla storia originale della Bella e la bestia. Se Cappuccetto rosso sangue scadeva in diversi punti nel trash, qui ci si limita alla sola apparizione di Mary-Kate Olsen (l’altra Olsen per fortuna ce l’hanno risparmiata), presente in versione inquietante strega emo che, come sottolineato da AlmaCattleya, è mostruosamente simile a Patty Pravo.
L’inizio del film fa quindi temere il peggio, con una malefica ma più che altro ridicola gemella Olsen e un protagonista che segue tutti gli stereotipi del bello & stronzo del caso. Con la trasformazione in mostro però finalmente il film prende quota e riesce a ritagliarsi uno spazio nel nostro cuoricino.
(Quest’ultima frase, tanto per essere chiari, non l’ho scritta io, ma il bimbominkia mostro che vive dentro il mio cervello).
È qui che troviamo una scena molto simbolica per i tempi in cui viviamo: quando il protagonista cancella il suo profilo sul social network facebook/myspaceiano di turno. È allora che avviene il cambiamento. Prima in rete, e solo dopo dentro di sé.

Tra gli attori ho notato un miglioramento di Alex Pettyfer rispetto alla sua impassibile recitazione in Sono il numero quattro, sarà dovuto al trattamento alla Charlize Theron di Monster? Quanto a Vanessa Hudgens non è che non sia brava a recitare, solo non è (ancora) così brava. Le fanno sempre fare la parte della mezza sfigata quando invece è una gran gnugna, per quello che le è un po’ difficile risultare credibile. Ma non è colpa sua, è colpa dei ruoli che le danno. E se avete qualcosa da dire contro Vanessa Hudgens, attenti: il bimbominkia che vive dentro di me potrebbe venire a cercarvi uno per uno.
Veniamo comunque all’idolo assoluto del film: Neil Patrick Harris nei panni dell’insegnante cieco (un personaggio inventato rispetto alla fiaba tanto per giustificare lo stipendio degli sceneggiatori) ci regala un po’ di impagabile ironia, con battute come: “A 15 anni i miei amici hanno perso la verginità, io la vista.”
È il suo personaggio a far fare il salto alla pellicola, altrimenti per molti versi simile ad altri filmini di stampo teen fantasy degli ultimi tempi in stile Twilightiano, in cui lo humour è assente, oppure se presente è del tutto involontario.
Per il resto c’è una piacevole soundtrack pop con Pixie Lott, Death Cab, Natalia Kills, Vines e Lady Gaga, compare pure Peter Krause (quello che si è fatto tutti i telefilm da Six Feet Under a Dirty Sexy Money e Parenthood) e c'è un finale altamente e ovviamente prevedibile.

Insomma, questo film mi è piaciuto una cifra. Cioè sì è una storia sturiosa, Bella raga e Bestia raga, andate a vederlo!

Quest’ultima frase è sempre tutta farina del sacco del dannato bimbominkia-bestia che vive dentro di me e che oramai mi sta quasi rimpiazzando. L’unica cosa che vi chiedo di fare è: chiamate un esorcista prima che mi sostituisca del tutto, oppure dite che mi amate così romperete l’incantesimo!
(voto 6/7)

giovedì 23 dicembre 2010

Le meglio serie tv 2010 - n. 13 Parenthood

Parenthood
(stagione 1)
Rete americana: NBC
Rete italiana: Joi
Creata da: Jason Katims (Roswell, Friday Night Lights)
Cast: Peter Krause, Lauren Graham, Erika Christensen, Dax Shepard, Monica Potter, Mae Whitman, Sarah Ramos, Max Burkholder, Miles Heizer, Craig T. Nelson, Bonnie Bedelia, Joy Bryant, Minka Kelly

Genere: famigliare
Perché è in classifica: ci sono personaggi talmente vari e di ogni generazione e carattere che è impossibile non riconoscersi in almeno uno di loro, dopodiché ci si affeziona anche gli altri come in una vera famiglia
Se ti piace guarda anche: Life Unexpected, Una mamma per amica, Modern Family

In pillole
Quattro fratelli: Lauren Graham (Una mamma per amica) dopo il divorzio torna con i suoi due problematici figli a vivere con i genitori pensionati; Peter Krause (Six Feet Under, Dirty Sexy Money) ha un figlio autistico e una figlia che ha appena scoperto i ragazzi e il sesso e per lui potete capire che la vita si fa quindi davvero dura; Erika Christensen (la tipa tossica di Traffic) è una glaciale avvocatessa che ha problemi con la figlia; Dax Shepard (un tizio uguale a Zach Braff/J.D. di Scrubs) è un farfallone che si ritrova a sorpresa con un figlioletto. Le loro vite misteriosamente si intrecciano... per forza, sono fratelli.

Pregi: crea dipendenza con grande facilità e tratta tematiche anche pesanti in maniera leggera
Difetti: non è poi niente di nuovo
Personaggio cult: il bambino autistico

Leggi la mia RECENSIONE

mercoledì 17 novembre 2010

Parenti perdenti

Parenthood
(serie tv)
Rete americana: NBC
Rete italiana: Mediaset Premium, da dicembre
Genere: famigliare
Creata da: Jason Katims (“Roswell”)
Cast: Peter Krause, Lauren Graham, Erika Christensen, Dax Shepard, Monica Potter, Mae Whitman, Sarah Ramos, Max Burkholder, Miles Heizer, Craig T. Nelson, Bonnie Bedelia, Joy Bryant, Minka Kelly
Se ti piace guarda anche: Life Unexpected, Una mamma per amica, Modern Family

In questi giorni ho cominciato a seguire una nuova serie tv, con la scusa di doverne scrivere un articolo per il prossimo numero di Telefilm Magazine. E, come con tutti i telefilm addictive che si rispettino, mi sono trovato a rimanerne assuefatto.
Mi sono avvicinato a “Parenthood” con un po’ di diffidenza, mi sembrava l’ennesima serie famigliare (e qui in Italia di storie famigliari ne abbiamo a basta) con un paio di attori validi ma comunque riciclati (Lauren Graham da “Una mamma per amica” e Peter Krause da “Six Feet Under” e “Dirty Sexy Money”) e una storia basata su un film del 1989 che nemmeno ho mai visto intitolato in originale “Parenthood” e da noi diventato “Parenti, amici e tanti guai”. Eppure, nonostante le premesse non eccelse, la serie tv-droga funziona.

In questo nuovo “Parenthood”, Lauren Graham ha finalmente mollato quella scassamaroni secchiona di una Rory Gilmore in mezzo alla strada e ha due nuovi figli, con cui non ha un rapporto altrettanto bello. E viva Dio, per quanto i dialoghi tra Lorelai e Rory in Una mamma per amica fossero spesso davvero brillanti, almeno qui abbiamo qualche bel conflitto. La nuova figlia che si ritrova, interpretata dalla promettente Mae Whitman, è infatti l’esatto opposto di Rory: va male a scuola, fuma, è una ribelle quasi tossica, quasi dark, quasi emo, con qualche chilo sopra la media delle attrici anoressiche e un volto incredibilmente da adulta. Ah, dimenticavo: in questa serie Lauren Graham oltre a due figli ha quasi 40 anni, nessun lavoro, zero soldi, un divorzio alle spalle ed è quindi costretta a tornare a vivere con i suoi genitori… Bella sfiga!

L’altro personaggio che rende la serie più interessante del solito è il figlioletto di Peter Krause, cui viene diagnosticata la sindrome di Asperger, una forma di autismo che lo fa vivere in un mondo tutto suo ma che lo rende anche estremamente intelligente e dotato in alcuni campi. La serie mostra le difficoltà di una famiglia nell’affrontare una “situazione” (come tutti la chiamano) del genere senza patetismi o menate varie.
Nel resto del cast oltre alle superstar tv Graham & Krause si segnalano anche la bionda glaciale Erika Christensen (era la figlia tossica di Michael Douglas in “Traffic”), con una bimbetta che non la caga minimamente e il fratello cazzone Dax Shepard (ha la stessa faccia di Zach Braff/J.D. di Scrubs), uno che si gode il suo stile di vita rock’n’roll e all’improvviso deve badare a un pargolo sbucato fuori da una vecchia relazione.

Quindi non è la solita serie famigliare? Non proprio, non esattamente, o forse sì. Forse ha dentro di sé il meglio delle buone serie famigliari: ovvero un intreccio di storie che toccano diverse generazioni e il difficile rapportarsi tra esse. Il punto di forza è proprio il complesso rapporto genitori-figli, trattato in maniera divertente, leggera a molto lontana dal catechismo di “Settimo cielo” . Ma la cosa che rende veramente riuscita questa serie tv è un’altra, quell’elemento che in un telefilm così come in un panino del McDonald’s o in una droga qualunque non deve mai mancare: creare dipendenza.
(voto 7)

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