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sabato 24 novembre 2012

Oompa Looper doompadee doo

Joseph Gordon-Willis
Looper
(USA, Cina 2012)
Regia: Rian Johnson
Sceneggiatura: Rian Johnson
Cast: Joseph Gordon-Levitt, Bruce Willis, Emily Blunt, Jeff Daniels, Noah Segan, Paul Dano, Piper Perabo, Qing Xu, Tracie Thoms, Pierce Gagnon
Genere: viaggi nel tempo
Se ti piace guarda anche: In Time, Memento, Gattaca, L’esercito delle 12 scimmie, Terminator

Oggi parliamo di viaggi nel tempo.
Di nuovo? Ma non ne avevo già parlato molto di recente, per via di Sound of My Voice e Safety Not Guaranteed? Pensate di essere tornati indietro nel tempo e leggere un vecchio post cannibale?
No, perché oggi si parla di un’altra pellicola sui viaggi nel tempo, Looper. Perché il Looper perde il pelo, ma i produttori hollywoodiani non perdono il vizio di riciclare gli argomenti. E così oggi come non mai i viaggi nel tempo sono tornati ad essere cool. Di sicuro più dei viaggi in crociera…
Quando si ha a che fare con la tematica temporale, un po’ come per i film su vampiri e zombie, c’è subito qualcuno che a torto o a ragione grida subito al: “Cult!”. Io per primo sono tra i primi a farlo. In questo caso no. Nel caso di Looper, qualcuno ha gridato al: “Cult!”, mentre io al massimo posso gridare al “Finto cult!”, perché Looper parte in maniera eccitata ed eccitante, ma si ammoscia progressivamente fino a un finale che non sta né in cielo né in terra. Procediamo comunque con ordine e torniamo back in time.

"La smettete di dire che assomiglio a Neo di Matrix anziché a Bruce Willis?"
Looper è ambientato nel 2044, in un’epoca in cui il viaggio nel tempo non è ancora stato inventato. Sarà inventato solo una trentina d’anni più tardi. Cominciate già a non capire nulla? Normale.
Direttamente dal 2074, comunque, un’associazione criminale manda indietro nel tempo dei tizi, in modo da ucciderli, farli sparire nel passato poiché nel presente (ovvero il 2074) è diventato impossibile eliminare qualcuno fisicamente senza attirare sospetti. Joe è uno di questi killer del passato. Qualcuno ha detto Killer Joe? No, questa è tutta un’altra storia rispetto al film con Matthew McCounaghey. Purtroppo.
Il destino di ognuno di questi killer è però quello di chiudere il suo loop, chiudere il cerchio eliminando il sé stesso del futuro. Ma per Killer Joe, facciamo che chiamarlo Joe il killer per non confonderci, le cose andranno diversamente…

Continuato a non capire nulla? Normale, normalissimo. Raccontato così è un po’ complicato da capire. Il film però spiega tutto perfettamente, almeno all’inizio. Uno dei problemi del film è proprio questo: c’è troppo spiegone. Lascia poco spazio all’immaginazione, al mistero. Fin dai primi minuti il protagonista ci racconta per filo e per segno cosa succede e come è regolato il suo lavoro, senza nemmeno concederci un attimo per chiederci: “Cosa sta succedendo?”. L’altro problema del film è che invece nella parte finale abbandona ogni logica e diventa sconclusionato e assurdo. Tanto che nemmeno il regista e sceneggiatore Rian Johnson è riuscito bene a spiegare la logica seguita dal suo script (leggete qui la sua spoilerosa intervista solo se avete visto il film).

Le intenzioni iniziali di Rian Johnson, che all’esordio aveva ben impressionato con Brick - Dose mortale (sempre con Joseph Gordon-Levitt), sono buone. Il film sembra essere il classico thrillerone fantascientifico di quelli che andavano più negli anni ’90 che oggi. Qualcosa che oggi appare non troppo distante dall’Andrew Niccol più di In Time che di Gattaca. Tra riprese roteanti alla Donnie Darko, riferimenti estetici a Matrix e un’atmosfera da noir futuristico ma allo stesso tempo retrò, la prima parte del film intriga e fa ben sperare. Sebbene ci sia fin da subito qualcosa che non torni…

"Un po' più di rossetto, grazie!"
ATTENZIONE SPOILER
Il protagonista Joseph Gordon-Levitt ha la faccia strana, in questo film. Uno si chiede: “Ma perché gli hanno modificato la faccia?”. E dopo un po’ capisci perché l’hanno fatto, sebbene questo perché non è che abbia molto senso.
Joseph Gordon-Levitt a un certo punto invecchiando si trasforma in Bruce Willis e la cosa non è molto credibile. I due attori non si somigliano per niente, per quanto il primo sia geneticamente modificato e truccato in modo da cercare di farlo apparire come la versione giovane di Bruce. Con risultati così così. Io adoro entrambi, sono miei due idoli personali sia chiaro, però a livello di casting avrebbero potuto scegliere due attori che si assomigliano di più, anziché cercare di trasformare (in maniera vana) uno nell’altro.
Se Joseph Gordon-Levitt per la prima volta non mi ha convinto molto, sarà proprio per la sua faccia “finta” più che per la sua interpretazione, Bruce Willis ormai sembra finito in un looper, in un cerchio ripetitivo: ormai continua a fare sempre la stessa parte. Non recita più, si limita a “fare il bruce willis”. E comunque i viaggi nel tempo li aveva già fatti nel parecchio, ma parecchio parecchio superiore L’esercito delle 12 scimmie, e con il fantascientifico ha già dato in varie altre pellicole, da Il quinto elemento fino a Il mondo dei replicanti, cui in qualche modo questo Looper finisce per somigliare.

Il doppio Joe il killer interpretato dai due miei idoli non convince quindi un granché, così come i dialoghi ai limiti dell’assurdo tra i due. Quanto agli altri che ruotano intorno al loro loop, ci sono personaggi troppo abbozzati: l’amico Paul Dano, cui potevano regalare qualche momento in più di una sola fluttuazione telecinetica di monetine, o la femme fatale Piper Perabo.
L'ex ragazza del Coyote Ugly Piper Perabo ha le pere davvero piccole. Minuscole. Al confronto, Kristen Stewart è Pamela Anderson. Sarà per questo che non le hanno riservato troppo spazio?

"Piper, le tue perabo sono talmente piccole che mi giro dall'altra parte per non vederle!"

Il cattivone interpretato da Jeff Daniels è poi poco convincente, sarà che Jeff Daniels ha la faccia troppo da buono per riuscire credibile come cattivone.

"Devo dirti qualcosa di cattivo... devo dirti qualcosa di cattivo...
Ti posso portare un lecca lecca o preferisci un bon bon?"

"Volete truccare anche me da Bruce Willis? Ma peeerché?"
Nonostante non convinca del tutto, comunque, all’inizio Looper ci dà l’illusione di trovarci di fronte a un film di solido intrattenimento. Nella seconda parte, la pellicola invece si sgretola, con una struttura da Memento mal riuscito che lo fa diventare un Christopher Nolan for dummies.
A un certo punto, la storia rallenta improvvisamente il ritmo. Joe il killer si ferma in una fattoria con Emily Blunt. Per farsi Emily Blunt, e fin qui niente di male, ma anche per proteggere un bambino, che nel futuro diventerà il “rainmaker”, lo stregone dotato di poteri telecinetici assurdi che dominerà il mondo. Joe il killer ha quindi un compito alla Terminator, però dovrà proteggere non il salvatore dell’umanità, bensì il distruttore dell’umanità. E poi, già da bambino è davvero odioso! Perché proteggerlo?
Al di là di questo, nella seconda parte è tutto un altro film, noioso e pretenzioso, e giunge a un finale come già detto buttato lì a casaccio, giusto per chiudere il cerchio.

"La prossima volta chi truccherete come me da giovane? Justin Bieber?"
Non posso quindi fare a meno di gridare al “Finto cult!”, oltre che gridare alla “Cocente delusione!”, perché all’inizio Looper ti prende la manina e ti fa immaginare di poterti trovare di fronte a una figata, mentre dopo prende il Valium e ti fa quasi addormentare.
Com’è possibile? Come si fa a gettare così al vento delle premesse tanto buone? Perché questo Looper non è un film riuscito? Credo sia perché fa una cosa che qualunque buon film sui viaggi nel tempo non dovrebbe mai fare. Mai. Viola palesemente la regola numero uno del Doc Brown di Ritorno al futuro: evitare di incontrare il se stesso del futuro.
(voto 6/10)

Post pubblicato anche su L'orablu.


mercoledì 17 agosto 2011

Bastard* dentro

The I inside
(UK, USA 2004)
Regia: Roland Suso Richter
Cast: Ryan Phillippe, Sarah Polley, Piper Perabo, Stephen Rea, Robert Sean Leonard, Stephen Lang, Peter Egan, Stephen Graham
Genere: confusione mentale
Se ti piace guarda anche: Stay - Nel labirinto della mente, Veronika decides to die, False verità, The Ward, Memento

Trama semiseria
Ryan Phillippe si sveglia in un letto d’ospedale dopo un terribile incidente stradale. Tutto sommato sta bene, peccato solo che non ricordi gli ultimi 2 anni della sua vita. In un viaggio allucinato all’interno dell’ospedale e della sua mente, tornerà a 2 anni prima, quando a quanto pare era già stato ricoverato in quella stessa struttura. Ma tra i pezzi di questo complicato puzzle ci sono anche due affascinanti donne e suo fratello, morto. Come dite, non vi piacciono i puzzle? Non vi piacciono i thriller mentali? Non vi piacciono gli ospedali? Allora stay away!

Recensione cannibale
The I Inside è un piccolo film del 2004 passato piuttosto inosservato e in Italia mai nemmeno distribuito. Un piccolo peccato, perché comunque è un prodotto medio con qualche spunto di interesse, ma non un grandissimo peccato, visto che non è di sicuro una pietra miliare. Più che altro è una visione consigliata a chi, come me, è abbastanza in fissa con i thriller mentali. La costruzione che qui ci troviamo di fronte non è certo degna della complessità di un Inception o di un Se mi lasci ti cancello, ma più che altro è un giochino tra due piani temporali differenti: il 2000 e il 2002. Un lasso di tempo troppo breve per inserire il film all’interno del genere “viaggi nel tempo”, altro filone da me adorato ma qui sfiorato solo di striscio.

Trattasi quindi della solita storia che gioca con gli inganni della memoria e con la confusione tra sogno e realtà?
Direi di sì e il film lo fa in maniera a tratti convincente, seppur non del tutto appassionante, forse perché in primo luogo il cast, pur di ottimo livello, non sembra del tutto coinvolto dalla stessa vicenda. Ryan Phillippe vaga per l’ospedale e per i meandri della sua confusissima mente senza grosse certezze, un po’ come la sua carriera da eterna promessa non ancora del tutto esplosa. A giocare il ruolo della donna misteriosa è una Sarah Polley pure lei più confusa che altro, mentre la più in parte sembra Piper Perabo (ex ragazza del Coyote Ugly e ora protagonista della piacevole serie spy Covert Affairs), in bilico tra il ruolo della femme fatale e quello della psicopatica. In piccole parti incontriamo poi anche il solito Stephen Graham, ottimo attore british che ormai si vede un po’ dappertutto (This is England, Boardwalk Empire, L’ultimo dei templari, Pirati dei Caraibi…), Robert Sean Leonard, un tempo noto per L’attimo fuggente e oggi per la parte del Wilson amicone del Dr.House, e pure Stephen Lang, il colonnello supermegaguerrafondaio del - come ormai ben saprete - da me odiatissimo Avatar.

Un film di quelli che stanno adagiati nella memoria dell’hard-disk e del nostro cervello, in attesa di essere scoperto e poi cancellato, visto che non lascia un segno indelebile. Cosa e reale? Cosa è solo immaginario? Domande che ci hanno già posto troppi film, cui si va aggiungere pure quest’altro. Però un viaggio in questo periodo estivo è comunque troppo irresistibile per dire di no. Anche se si tratta solo di un viaggio dentro una mente. Ma d’altra parte, quale località è più esotica di un cervello umano?
(voto 6-)

giovedì 23 dicembre 2010

Le meglio serie tv 2010 - n. 11 Covert Affairs

Covert Affairs
(stagione 1)
Rete americana: USA Network
Rete italiana: Mya (prossimamente)
Creata da: Matt Corman
Cast: Piper Perabo, Christopher Gorham, Kari Matchett, Sendhil Ramamurthy, Peter Gallagher, Eion Bailey, Anne Dudek, Emmanuelle Vaugier, Gregory Itzin

Genere: spionistico
Perché è in classifica: per l’importanza data ai personaggi più che agli intrecci spy
Se ti piace guarda anche: Alias, Undercovers

In pillole
Annie Walker (la ragazza del Coyote Ugly Piper Perabo) entra nella CIA e viene impiegata in missioni segrete per conto del governo degli Usa. Praticamente se vi chiedete chi abbia incastrato Julian Assange, qui avrete una risposta soddisfacente.

Pregi: la parte spy ed action è adrenalinica e accattivante, ma la parte più convincente è la profondità dei personaggi e dei rapporti umani
Difetti: manca di un pizzico di originalità, viste le similitudini con Alias, però regge bene il confronto
Personaggio cult: la protagonista Annie Walker, una super agente cazzuta e sexy che non fa rimpiangere Jennifer Garner e, detto da me, fidatevi che è un grandioso complimento

Leggi la mia RECENSIONE


venerdì 17 settembre 2010

Chi non beve in compagnia è un ladro o una spia

Covert Affairs
Rete americana: USA Network
Rete italiana: Mya (prossimamente)
Cast: Piper Perabo, Christopher Gorham, Kari Matchett, Sendhil Ramamurthy, Peter Gallagher, Eion Bailey, Anne Dudek, Emmanuelle Vaugier, Gregory Itzin

Sono drogato di serie tv, yes it’s true, ma negli ultimi tempi ce n’è una in particolare che mi ha dato dipendenza pesante: Covert Affairs.
Per riassumerla con uno slogan pubblicitario ve la potrei vendere come il “nuovo Alias”, la splendida creazione di J.J. Abrams pre-Lost con Jennifer Garner. Anche stavolta ci troviamo di fronte a una spia donna, intelligente, colta (conosce praticamente tutte le lingue del mondo, dialetti compresi), affascinante e in grado di adattarsi alla grande a qualsiasi imprevedibile situazione. E pure lei dovrà splittarsi tra le eccitanti mission: it’s possible della CIA e una normale, diciamo noiosa, esistenza/copertura come impiegata al museo Smithsonian (che non è un lavoro così sorprendente come Ben Stiller in Una notte al museo vorrebbe farci credere).

Tra missioni pericolose e sempre diverse ambientate all over the world, una buona dose di action e vari intrecci spionistici c’è però anche una componente più sentimentale. Nel passato della protagonista Annie Walker affiora infatti un amore misterioso, un tipo pure lui in qualche modo invischiato in attività spionistiche, mentre nel suo presente c’è un tizio (Sendhil Ramamurthy, il Mohinder Suresh di Heroes) che le ronza intorno. A rendere più avvincente il contesto gossip della serie c’è poi anche l’amico cieco con cui, chissà?, in futuro potrebbe succedere anche qualcosa di più.

Ma la cosa forse più importante di tutte non ve l’ho ancora detta: come protagonista non c’è Jennifer Garner, bensì una tizia che non ha nulla da invidiarle (e detto da me huge fan della Garner è una dichiarazione di un certo peso): Piper Perabo, che da dolce e canterina ragazza del Coyote Ugly per questo Covert Affairs sa trasformarsi in una sexy e spietata spia ed è in grado di passare in un nulla da un’addestramento stile La regola del sospetto (il film con Colin Farrell) all’azione sul campo.
Il tema della sigla è poi di quelli che ti si incollano alla testa tipo per giorni e ogni tanto appaiono in soundtrack piacevoli suoni di Florence and the Machine e Two Door Cinema Club.
Dite no alla droga, dite sì alle serie tv. Tanto l’effetto è più o meno lo stesso.
(voto 8)


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