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domenica 23 novembre 2014

BASTARDI SENZA GLORIA, MA SE NON ALTRO IN DIVISA





Bastardi in divisa
(USA 2014)
Titolo originale: Let's Be Cops
Regia: Luke Greenfield
Sceneggiatura: Luke Greenfield, Nicholas Thomas
Cast: Jake Johnson, Damon Wayans Jr., Nina Dobrev, Rob Riggle, James D'Arcy, Andy Garcia, Natasha Leggero
Genere: cop-comedy
Se ti piace guarda anche: Poliziotto in prova, 21 Jump Street, 22 Jump Street

Ci sono dei film per ogni occasione. Ci sono persino dei film per quando stai male. O almeno, io ce li ho.
Quando sono a letto con la febbre, o comunque sono in modalità zombie afflitto da qualche grave male, ci sono dei tipi di visioni che preferisco e altre che invece secondo me è meglio evitare.
In genere, evito pellicole impegnative. A meno che non siano davvero molto impegnative e soprattutto visionarie. Guardare Inland Empire di David Lynch con 39 di febbre è un'esperienza che consiglio a tutti di provare, una volta nella vita. Attenti però a non restarci secchi, che potrebbe anche essere l'ultima esperienza della vostra vita.
Allo stesso tempo è meglio evitare anche film troppo tristi e soprattutto quelli che affrontano il tema della malattia. Se avete un semplice raffreddore, possono deprimervi così tanto da farvi pensare di essere in punto di morte.

Quando sono malato, il genere che preferisco gustarmi è allora quello dei filmetti disimpegnati e con un messaggio possibilmente positivo, che in altri momenti magari snobberei del tutto. Come si fa a individuare un film con un messaggio positivo, un cosiddetto “feel good movie”, ancor prima di vederlo?
In genere, salvo sorprese, le pellicole commerciali hollywoodiane sotto questo punto di vista non deludono quasi mai. Bastardi in divisa, ad esempio, in tal senso è l'ideale. Fin dal trailer è un filmetto prevedibile e scontato, una commedia action poliziesca già vista decine e decine di volte, che però alla fine si rivela capace di far pensare ad altro e ad alleviare il proprio dolore personale per un'oretta e mezza. Uno di quei film del tutto dimenticabili, ma che sul momento fanno sentire bene. Fanno sentire meglio.

"Ah, mi sento già meglio."
"Pensieri Cannibali è quasi più utile del medico della mutua!"

Bastardi in divisa è stato l'accompagnamento della mia ultima influenza. Come “feel good movie” ha portato a casa in pieno la pagnotta, meglio di tutte le Aspirine e Tachipirine del mondo. Ho iniziato la visione un po' scettico e l'ho terminata con il sorriso sulle labbra, benché a livello comico non è che sia una cosa così esilarante, e con qualche linea di febbre in meno. Chiamatelo effetto placebo o effetto buon umore, ma una risata in effetti può far star davvero meglio. E io che pensavo fossero solo delle teorie malate delle persone ottimiste.
Una volta riconosciuto ciò, il film va preso per quello che è: davvero una robetta con una sceneggiatura esilissima, alcune gag pseudo comiche piuttosto imbarazzanti, una regia piatta che non si segnala in alcun modo. A far funzionare la banale trama, che vede due sprovveduti trentenni improvvisarsi come agenti di polizia da un giorno all'altro, è il cast. I due protagonisti Jake Johnson e Damon Wayans Jr. arrivano entrambi dalla sitcom New Girl e i loro personaggi sono parecchio vicini a quelli della serie, tanto che si potrebbe immaginare Bastardi in divisa quasi come uno spinoff cinematografico a loro dedicato e che si sarebbe anche potuto intitolare New Boys. Come gnocca di turno a questo giro non c'è Zooey Deschanel, bensì Nina Dobrev, la tipa di The Vampire Diaries. Una che non sarà certo l'attrice del secolo, ma che invece sul titolo di figa del secolo potrebbe dire la sua. Attenzione però, perché quando c'è lei in scena la febbre ricomincia a salire. Chissà perché?


Lo spunto di fondo proposto da Bastardi in divisa è, se vogliamo, alquanto discutibile. Due tizi a cui non ne va bene mezza un giorno indossano la divisa da poliziotti e di colpo tutti li rispettano e tutte le donne impazziscono per loro. Sarà davvero così? Posso capire il fascino della divisa, ma in Italia non mi sembra che gli sbirri siano poi così tanto amati dalle masse...


Tralasciando questo aspetto, il messaggio finale del film non è tanto quello che se fai il poliziotto sei un figo, quando quello di lasciarsi andare, seguire la propria strada e le proprie passioni e...
Boh, ma che sto dicendo? Davvero mi è piaciuto questo filmetto?
Dev'essere stata tutta colpa della febbre!
(voto 5,5/10)

giovedì 5 dicembre 2013

KARMA LETALE




Arma letale
(USA 1987)
Titolo originale: Lethal Weapon
Regia: Richard Donner
Sceneggiatura: Shane Black
Cast: Mel Gibson, Danny Glover, Gary Busey, Mitch Ryan, Tom Atkins, Traci Wolfe, Darlene Love, Jackie Swanson
Genere: letale
Se ti piace guarda anche: 48 ore, L’ultimo boyscout – Missione sopravvivere, Trappola di cristallo

La recensione di Danny Glover
Un action Anni Ottanta?
Sono troppo vecchie per queste stronzate.
(voto 4/10)



La recensione di Mel Gibson
Certo che ero troppo autodistruttivo, in questo film. Fortuna che oggi sono una persona del tutto cambiata. La mia rabbia ora non la indirizzo più verso me stesso, ma solo nei confronti degli ebrei. A proposito, approfitto di questa occasione per annunciare il mio nuovo progetto cinematografico: The Passion of the Christ 2 – Resurrection.
Da bravo cristiano, una cosa comunque ve la voglio confessare: anche se rispetto agli anni ‘80 sono nettamente andato avanti, resto sempre molto legato ad Arma letale. M’ha fatto fare un sacco di soldi, questa stronzata.
(voto 8/10)

La recensione di Cannibal Kid
Arma letale è un film di Natale. A suo modo.
Che già qualcosa con Mel Gibson può essere considerato un film, solo a suo modo.
Comunque Arma Letale è il film di Natale del tamarro o, detto più gentilmente, del patito di trash action macho movie, insieme a Trappola di cristallo – Die Hard. E così ecco che, a una manciata di settimane dalle feste invernali, ho recuperato questo trash action macho movie anni ottanta, in modo da celebrare non solo il Natale, ma pure l’iniziativa organizzata su vari blog chiamata “Meniamo le mani”, un film tamarro al giorno che non toglie il medico di torno.
Ecco il programma:
"Allora mi butto!
Hey, ma perché nessuno prova a fermarmi?"
Anche io ho allora voluto omaggiare un eroe action. A mio modo.
Mi rendo conto che per alcuni Arma letale possa essere un cult assoluto. Ad esempio per chi è era un adolescente tamarro negli 80s, per chi considera il “buddy film” il genere più importante e figo nella storia del cinema, per chi considera Mel Gibson un vero attore…
Visto oggi, in maniera obiettiva, in maniera fredda e razionale, Arma letale è però un filmetto mediocre. Nemmeno terribile. Solo una robina che scivola via senza lasciare molti segni. Questo forse perché non si tratta certo di una pellicola rivoluzionaria. In fondo, già qualche anno prima c’era stato 48 ore con Nick Nolte ed Eddie Murphy a sdoganare il “buddy film” formato da una coppia multirazziale.
Un aspetto interessante di una pellicola come Arma letale è quello di essere da una parte molto politically correct nel suo unire in una storia di lavoro e amicizia uno sbirro bianco con uno sbirro nero, dall’altra invece è molto sboccato e Mel Gibson usa abbondantemente il termine “frocio” di qui “frocio” di là, cosa che nel cinema di oggi non si sente più. Nel rap a stelle e strisce sì. Nelle pellicole e nelle serie tv ormai è un'espressione che è stata quasi del tutto cancellata. Nonostante i dialoghi di Arma letale siano composti perlopiù da frasi come “Froci!” “Brutti figli di puttana!” “Pezzi di merda!” e, quando non ci sono dialoghi, ci sono BANG! BANG! e SBAM! e BOOM! vari, si tratta in ogni caso di una pellicola che aderisce bene al politically correct, almeno per come era inteso nel cinema americano anni ‘80. Tettine mostrate da Jackie Swanson in apertura di film comprese.

"Adesso mi sparo!
Ma perché non c'è mai nessuno che prova a fermarmi?"
Arma letale parte proprio con la bionda Swanson ignuda su un letto, appena prima che decida di buttarsi giù da un grattacielo. A questo punto potrebbe attenderci un thriller soft porno di quelli molto anni 80 e molto primi anni 90, invece no. La colonna sonora composta da Eric Clapton e Michael Kamen è dominata da un fastidioso sax che fa, questo sì, molto porno noir vintage, però di erotico non c’è molto altro, a parte la scena del combattimento finale con Mel Gibson che stringe la testa di Gary Busey tra le gambe, che ha un sottotesto omoerotico nemmeno troppo velato. E poi Mel Gibson dà dei froci agli altri…
Che poi quella del sax è stata una moda davvero incomprensibile, quasi quanto quella degli action macho movie. A cavallo tra 80s e 90s, grazie anche a Bill Clinton e a Lisa Simpson, il sax divenne uno strumento clamorosamente cool. Per fortuna, nonostante il recupero recente in brani come “Last Friday Night” di Katy Perry e “The Edge of Glory” di Lady Gaga, è una moda che ci siamo (quasi) tutti lasciati alle spalle, proprio come quella dei trash action macho movie.
Dopo un’apertura quasi alla Brian De Palma che faceva ben sperare, presto Arma letale scivola presto nel più puro e semplice “buddy film”, per la gioia dei patiti del genere. È qui che sta l’arma (letale) vincente che spiega, in grande parte, il successo avuto all’epoca dal film, che ha poi generato ben tre sequel e che io almeno per i prossimi 30 anni mi guarderò bene dal recuperare.
Arma letale a livello di thriller poliziesco è davvero poca roba. Ha una trama banale e prevedibile che oggi non sarebbe utilizzata manco per il peggior episodio di CSI. E già a me CSI fa cagare. Eppure il filmetto se si lascia ancora oggi guardare in maniera non troppo fastidiosa è proprio grazie alla coppia Danny Glover/Mel Gibson. La classica accoppiata di sbirri uno l’opposto dell’altro che, inevitabilmente, finiranno per diventare amiconi e partner per la vita.

Da una parte c’è Martin Riggs alias Mel Gibson, un poliziotto che, dopo aver perso la moglie, va totalmente fuori di testa, soffre di manie suicide e viene considerato da tutti una mina vagante, una scheggia impazzita, una vera arma letale o anche, detto più gentilmente, un pericoloso psicopatico figlio di puttana. Sebbene il mio sospetto è che fosse già fuori di testa prima di rimanere vedovo.
A lavorare al caso della morte della zoccoletta con zinne di fuori della prima scena affiancano il folle Martin Riggs al povero Roger Murtaugh, un poliziotto di colore che ha appena compiuto 50 anni, tiene famiglia e fondamentalmente gradirebbe soltanto avere una vita tranquilla. Piani rivoluzionati quando farà la conoscenza del nuovo folle partner. Nonostante la scontatezza della vicenda, i due insieme funzionano molto bene e tengono in piedi la pellicola. Ma se Mel Gibson con la sua recitazione imbarazzante riesce persino a farsi rivalutare nelle già pessime vesti di regista, il vero idolo del film è Danny Glover.
La celebrazione di oggi non riguarda quindi Arma letale, né tanto meno Mel Gibson, ma lui.

"L'idolo del film è Glover? Nooooo! Ma come?"

"Ahahah! Beccati questa, Gibson!"

Se gli altri colleghi blogger in occasione dell’iniziativa “Meniamo le mani” hanno esaltato i vari Gatto Sylvester, Fuck Norris, Steven Mezza Segal, Arnold Montenegger, Ralph Smacchio e Jean-Claude di Sensualità a corte Van Damme, l’action hero di oggi da me festeggiato è Danny Glover. Nelle vesti dell’agente Roger Murtaugh è lui a regalarci i momenti più ironici della pellicola, con una serie di battute degne del John McClane/Bruce Willis di Die Hard.

Il problema di questi filmetti action, così come ad esempio anche varie commediacce italiane con Lino Banfi o Diego Abatantuono, spacciati da alcuni per cult assoluti, è che contengono sì una o due battute/sequenze ancora oggi memorabili e spassose, però per il resto sono più che altro un ammasso di scenette messe insieme giusto per allungare il minutaggio. Quindi saranno cult movie sì, ma solo per qualche secondo, massimo qualche minuto, mentre nel complesso restano più che altro degli scult trash d’antan.
Arma letale è allora un perfetto esempio di buddy movie anni ’80, con tutti i suoi (pochi) pregi e tutti i suoi (molti) difetti. I patiti del genere continueranno a gasarsi ancora oggi a rivederlo per la miliardesima volta, ricordandosi gli anni d' oro del grande Milan, gli anni di Van Basten e Van Damme, mentre i meno patiti possono comunque trovarlo una visione (quasi) decente, grazie soprattutto a un mitico Danny Glover.
Quanto a me… sono troppo giovane per queste stronzate.
(voto 6-/10)

martedì 12 novembre 2013

RAMPA-PA-PAPA RAMPART, UN FILM SU UN POVERO STRONZO




Rampart
(USA 2011)
Regia: Oren Moverman
Sceneggiatura: James Ellroy, Oren Moverman
Cast: Woody Harrelson, Robin Wright, Ben Foster, Cynthia Nixon, Anne Heche, Brie Larson, Jon Bernthal, Jon Foster, Audra McDonald, Sigourney Weaver, Steve Buscemi, Francis Capra, Ice Cube
Genere: bad cop
Se ti piace guarda anche: End of Watch – Tolleranza zero, Training Day, Il cattivo tenente, Southland

A un film che si apre sul faccione di Woody Harrelson non posso voler male. Così come un film che comincia con un primo piano delle chiappe di Scarlett Johansson come Lost in Translation non posso fare a meno di adorarlo. Vedete? Non è una questione sessuale, è una questione di icone cinematografiche. Woody e Scarlett sono mie due icone cinematografiche assolute. Che poi Scarlett sia anche una bella topolona, quello non importa. Oddio, è un di più non da poco, però non è l’unica cosa che conta.
Io Woody Harrelson l’ho sempre adorato, un po’ come Tom Hanks invece l’ho sempre odiato. Non so neanche spiegare bene il perché, è una sensazione, una cosa che senti a pelle. Non è qualcosa di razionale. Anche se, razionalmente parlando, Woody Harrelson è un attore della Madonna, mentre Tom Hanks è bravo solo a fare la parte dello scemo. Ma vabbè.

Il film Rampart è l’ennesima testimonianza della bravura di Woody Harrelson.
Per confermarlo, chiamo al banco dei testimoni Rampart.

Rampart: “Lo giuro davanti a Dio. Woody Harrelson è bravissimo.

"Hey Ben Foster, ma che fai?
Ti spacci per disabile per vincere un Oscar facile come Tom Hanks?"
Se non vi fidate della mia parola, potete fidarvi di questa testimonianza, no? E se non vi fidate manco di questa testimonianza, andate a ciucciarvi un film con Tom "Handicap" Hanks e non rompetemi le palle.
Perché quest’oggi sono così scontroso e irritabile?
Perché mi sono fatto contagiare dal personaggio di Woody Harrelson proprio in questo Rampart. Woody qui è un poliziotto corrotto, stronzo, violento, che si crede all’insopra della legge e pure di Dio. Non solo un bad cop, ma anche un uomo di merda: sbruffone, razzista, misogino, misantropo, un figlio di puttana come pochi. Il film ci ritrae questo personaggio in maniera cruda, senza cercare di farcelo stare simpatico, eppure allo stesso tempo senza evitare di mostrarci qualche suo lampo di umanità, soprattutto nel rapporto con le figlie. Perché uno può essere un poliziotto di merda, una versione più bastarda di Denzel “King Kong non è un cazzo in confronto a me” Washington in Training Day, e pure un uomo di merda, ma comunque un briciolo di umanità gli resta e Woody Harrelson è ancora una volta fenomenale nel portare in scena un personaggio così conflittuale e scomodo. Non siamo ai livelli delle sue migliori interpretazioni, come quelle in Larry Flynt – Oltre lo scandalo, Assassini nati – Natural Born Killers, Benvenuti a Zombieland od Oltre le regole – The Messenger, però ci siamo quasi.

A proposito di Oltre le regole – The Messenger, il regista di Rampart è lo stesso: Oren Moverman, un buon talento, secondo me però non ancora messo del tutto a fuoco e che in futuro potrà fare ancora meglio. Qui Moverman ci regala qualche scena notevole, come quella nel locale sulle note della devastante “Let There Be Light” dei Justice, mentre per il resto della pellicola sembra viaggiare quasi sempre con il freno a mano tirato. Perché?
Boh, chiedetelo a lui.

"Two sigarett is megl che one."
La sceneggiatura, piuttosto minimal e focalizzata soprattutto su quello stronzo del protagonista, è curata dallo stesso Moverman insieme a James Ellroy, scusate se è poco. Dopo la scomparsa di Elmore Leonard, Ellroy è quello che oggi possiamo forse considerare il più grande re del noir vivente.
I due sono impegnati a riportare in vita uno scandalo che aveva scosso parecchio l’opinione pubblica americana tra fine Anni Novanta e primi Anni Zero, lo scandalo Rampart, ovvero vari episodi di violenza e corruzione che avevano visto protagonista in negativo la divisione Rampart del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. È da qui che i due hanno preso ispirazione ma, più che ricostruire tutti i vari casi, alcuni agenti della Rampart pare ad esempio siano stati coinvolti nella morte del rapper Notorious B.I.G., le loro attenzioni sono tutte rivolte sul personaggio di Woody Harrelson. Forse è per questo che il film è passato parecchio inosservato negli USA. Perché qui non si cerca una ricostruzione storica di quegli eventi. Qui non si cerca di fare un film cronachistico. Qui non si cerca di fare un servizio alla Studio Aperto o alla Quarto Grado. Qui si racconta di un uomo. Di uno stronzo. Non uno stronzo di quelli talmente stronzi da risultare alla fine simpatici. Un povero stronzo e basta. E se alla fine si riesce quasi a volergli un poco di bene, è tutta colpa di Woody Harrelson. Così come alla pellicola in generale.
Con a disposizione un regista promettente, uno sceneggiatore che ‘sti cazzi, un cast di buon livello che comprende tra gli altri Ben Foster, Brie Larson, Steve Buscemi, Anne Heche, Ice Cube e Robin Wright, più una colonna sonora niente male, ci si sarebbe potuti aspettare un capolavoro o quasi e invece così non è. Rampart è un film incompiuto, sospeso, un noir dal buon potenziale che non si può dire del tutto riuscito e che, dopo un ottimo avvio, non ce la fa a decollare del tutto. Eppure non riesco a voler male a un film del genere. Tutta colpa di Woody Harrelson, ‘sto maledetto stronzo.
(voto 6,5/10)



sabato 9 novembre 2013

CORPI DA REATO – LE AMICHE DELLA PULA




Corpi da reato
(USA 2013)
Titolo originale: The Heat
Regia: Paul Feig
Sceneggiatura: Katie Dippold
Cast: Sandra Bullock, Melissa McCarthy, Demian Bichir, Marlon Wayans, Michael Rapaport, Spoken Reasons, Michael McDonald, Dan Bakkedahl, Taran Killam, Thomas F. Wilson, Tony Hale, Erica Derrickson, Kaitlin Olson, Nate Corddry, Zach Woods
Genere: girly buddy movie
Se ti piace guarda anche: Miss Detective, Io sono tu, Parto col folle, Come ti spaccio la famiglia, Le amiche della sposa

Questo è un interrogatorio. Tutto quello che dichiarerà verrà registrato, comprende Signor Cannibal Kid? È sicuro di volerlo fare senza il suo avvocato ad assisterla?

Certo, non ho niente da nascondere, io. Procedete pure.

Cominciamo da Corpi da reato. È vero che si tratta dell’ultimo film che ha visto?

Esatto.

"Perché Cannibal ha visto il nostro film? Tu lo sai, faccia da cavalla Bullock?"
"Veramente no, andiamo a scoprirlo..."

Mi può spiegare perché l’ha guardato?

Insomma, agente…

Mi chiami detective, per favore.

Insomma, detective… Con un titolo del genere, Corpi da reato, si poteva immaginare che fosse un certo tipo di film…

Non la seguo. Non ho idea di cosa sta parlando.

Beh, Corpi da reato… immaginavo si trattasse di un film di quelli per adulti.

Perché, vuole dire che Corpi da reato si è invece rivelato un film di quelli per bambini?

No, assolutamente. È parecchio sboccato e volgare, anche un poco violento. Non credo sia la visione più indicata per dei bambini.

E allora cosa intende?

Intendo che mi immaginavo fosse un porno, un bel pornazzo.

Questo per un titolo come Corpi da reato? Lei è davvero un pervertito.

A mia parziale difesa posso dire che, una volta compreso con una certa delusione che di porno non si trattava, ho voluto vederlo comunque, anche perché è il nuovo film di Paul Feig. Non ho detto Paul Figa, ho detto Paul Feig. Non sono così pervertito. Paul Feig è quello di Le amiche della sposa, una delle commedie più spassose e irriverenti degli ultimi anni. Questo Corpi da reato è un po’ una versione al femminile dei classici buddy movie polizieschi, così come Le amiche della sposa era una versione girly delle classiche commedie alla Una notte da leoni su un gruppo di tipi che partecipano a un addio al celibato.

E mi dica, cosa succede in genere a un addio al celibato?

Lo sa meglio di me, detective. Alcool, droghe, strip-club, escort… Cose di questo tipo. Tutto nel massimo rispetto della legalità, intendo.

Meglio se procediamo oltre, visto che la sua posizione si sta aggravando di minuto in minuto. Passiamo alle due protagoniste del film: preferisce Sandra Bullock o Melissa McCarthy?

Guardi agent… ehm, sbirr… ehm, detective, qualche tempo fa le avrei detto sicuramente Sandra Bullock. Adesso non saprei. Di certo il mio preferito del cast è Thomas F. Wilson, il Biff Tannen di Ritorno al futuro.

"Hey voi porche, levatemi le mani di dosso."

Quanto alle protagoniste: che è successo alla faccia della Bullock? Si allunga film dopo film. Ormai è diventata più lunga dell’arnese da lavoro di Rocco Siffredi, tanto per rimanere in tema di pornazzi. E poi sembra finta… sembra Michael Jackson. Lo so che è morto e quindi non è più politically correct dire cose brutte su di lui e infatti non lo sto facendo. Sto dicendo una cosa brutta su Sandra Bullock. Dall’altra parte invece abbiamo Melissa McCarthy che con quel look da gattara appena uscita da un manicomio criminale non è che sia proprio il massimo del sexy. E inoltre Sandra & Melissa battibeccano alla grande tra di loro e alla lunga diventano pesanti. Diventano peggio di Sandra & Raimondo. Lo so, sono morti pure loro, ma non mi guardi male, agent… ehm, detective. Non stavo dicendo niente di male nemmeno su di loro.

"Faccia allungata a chi?"
"Gattara, ma dove?"

Pare che lei abbia un’ossessione particolare nei confronti dei morti. Mi dica, ha mai ucciso qualcuno?

Agente… ehm, detective. Andiamo, chi nella vita non ha mai ucciso qualcuno che gli stava sulle balle? È capitato una volta… forse due… facciamo tre e chiudiamola qui. Eddai, anche lei sicuramente avrà fatto fuori qualcuno.

No. Sono in polizia da quarant’anni e non ho mai nemmeno usato la mia pistola una singola volta. Sebbene con lei sia tentato fortemente di farlo. Comunque è proprio sicuro di non volere il suo avvocato?

Dopo queste mie ultime dichiarazioni a quanti anni di galera sono arrivato?

Anno più, anno meno, al momento rischia… direi la pena di morte.

Mi sa che una telefonatina al mio avvocato andrei quasi quasi a farla. In ogni caso, agent… ehm, detective, se le capita, un’occhiatina a Corpi da reato gliela può anche dare. Non è un pornazzo, purtroppo, non è un film eccezionale, la parte poliziesca è parecchio scontata, già vista e pure un po’ troppo allungata, anche se mai quanto la faccia plastickosa di Sandra Bullock, però fa ridere. Ha un umorismo perfido, o quanto meno cattivello, o se non altro molto poco politically correct…
Beh, ora che ci penso, dopo averla conosciuta in questa simpatica chiacchierata tra amici, mi sa che non è il film più adatto a lei, agent… ehm, sbirr… ehm, detective. Lei mi sa più di tipo alla Sandra Bullock in questo film. E toglietevela quella scopa dal culo, Cristo Santo! E tu, Cristo Sandra, toglitela pure dalla faccia!
(voto 6/10)

Le dichiarazioni rilasciate in questo interrogatorio potrebbero non corrispondere al vero e tutto quello che ho scritto non potrà essere usato contro di me in tribunale.



martedì 27 novembre 2012

The Blair Witch Police

Stazione di polizia chiama agente Cannibal, ci sente?
Abbiamo un codice 390D, necessitiamo immediatamente di una recensione massacro. Negli ultimi tempi sta dando troppe sufficienze, sta salvando un sacco di film e non tutti lo meritavano e insomma non va davvero bene. Non ci siamo. Abbiamo End of Watch, questa nuova pellicola su due poliziotti in servizio in un quartiere malfamato di Los Angeles, nel barrio dove si combatte una guerra quotidiana tra messicani e afroamericani, e vorremmo che la demolisse. Capito, agente Cannibal? Comprende?

Agente Cannibal a rapporto. Vi sento forte e chiaro. Dite che sono stato troppo buono, negli ultimi tempi?
Sì, mi sa che avete ragione. Mi sono rammollito? Forse, o forse è solo che non mi sono capitate le pellicole giuste da odiare. Adesso però ho anch’io voglia di scagliarmi contro un film e prenderlo a cazzotti come si deve. Vediamo se questo End of Watch può fare al caso mio. Sono pronto in modalità tolleranza zero.

"Scendi dall'auto e ripeti che Donnie Darko fa schifo,
se ne hai le palle!"
End of Watch - Tolleranza zero
(USA 2012)
Regia: David Ayer
Cast: Jake Gyllenhaal, Michael Peña, Anna Kendrick, Natalie Martinez, David Harbour, Frank Grillo, America Ferrera, Cody Horn, Everton Lawrence, Diamonique
Genere: poliziesco
Se ti piace guarda anche: Training Day, The Shield, Harsh Times - I giorni dell’odio, La notte non aspetta

End of Watch, cominciamo dallo start. L’inizio fa ben sperare, in senso negativo. Nel senso che sono pronto per una bella rece massacro. Riprese a mano in stile finto documentario… Ci troviamo per caso di fronte a una versione poliziottesca di The Blair Witch Project? Bene, bene, mi sa che ci sarà da divertirsi a prendere a botte questo film, però… però c’è Jake Gyllenhaal e mi dispiacerebbe farlo. Anche perché non ho mai visto un film brutto con Jake Gyllenhaal.
Ah no, ho dimenticato Prince of Persia!

"Amigo, con quella telecamera sei più inquietante di quando
parlavi con i coniglioni giganti. Fai te..."
Jake Gyllenhaal ancora una volta offre una interpretazione notevolissima e ci scaraventa dentro la vita del suo personaggio e del suo amico messicano interpretato da Michael Peña, che con il cognome che si ritrova sarebbe troppo facile dire che come attore fa pena, ma non sarebbe vero. Pure lui se la cava bene. Il migliore però resta Jake Gyllenhaal. È talmente calato nella parte che io se lo vedo per strada non gli chiedo l’autografo ma gli do’ subito patente e libretto.
Lui e il suo amigo messicano se ne vanno in giro per le strade di Los Angeles con “Harder Than You Think” dei Public Enemy che pompa nelle casse dello stereo e sembra di essere insieme a loro, come dentro un Training Day parte 2 girato in stile YouTube. Che poi il film non è girato tutto in stile mockumentary. Anche se potrebbe sembrare, in realtà non è un fottuto The Blair Witch Police. E questo è un bene.
"Oh no! Ora che la saga di Twilight è finita, mi toccherà fare solo film decenti..."
"Perché, Anna, c'eri pure tu in Twilight? Io non t'ho proprio notata ahaha!"
Allo stesso tempo però non è nemmeno un Cloverfield poliziesco. E questo è un male. End of Watch sta lì a metà strada, tra riprese nude e crude mockumentary e riprese più propriamente cinematografiche. Non è né carne né pesce. È qualcos’altro, un mix confuso e non del tutto riuscito, ma che comunque dimostra una buona vitalità e riesce a catturare. Grazie alle vicende dei due poliziotti, che ci vengono mostrati non solo sul lavoro ma anche nella vita privata.

Ed è qui che entra in gioco Anna Kendrick. Anna Kendrick come al solito riesce a illuminare lo schermo, nonostante la sua presenza sia limitata a poche scene. Anna Kendrick non è una figona. Anna Kendrick ha quel tipo di fascino, quello non della tipa da una botta e via. Quello della tipa da sposarti. E infatti Jake Gyllenhaal nel film non se lo fa ripetere due volte. Anna Kendrick ha quel fascino lì, un po’ come Taylor Swift che nella vita reale usciva con Jake Gyllenhaal ma lui in quel caso non se l’è sposata e ora they are never ever ever getting back together.
"Dite che ero più sexy quando facevo Ugly Betty? Non è una bella cosa..."
Like ever.

Come comprimarie sulla strada compaiono invece America Ferrera e Capo Cody Horn. America Ferrera è l’ex Ugly Betty che qui anche senza occhiali e senza apparecchio resta sempre ugly e Cody Horn che invece l’abbiamo già vista in Magic Mike ma è talmente poco sexy che guardando il film veniva più voglia di farsi Channing Tatum o Matthew McCounaghey o Alex Pettyfer e insomma sia America che Cody fisicamente non mi piacciono proprio e non mi metterei mai con loro, like ever, ma con il loro fare mascolino sono perfettamente calate nella parte delle sbirre e quindi per la pellicola è meglio così. Anche perché una sbirra troppo sexy non è credibile. Vedi Kristin Kreuk nella serie Beauty & the Beast, che invece di una scena del crimine, sembra più pronta per una sfilata in passerella.

"Proprio così Betty cozz... ehm, America Ferrera. Proprio così."
Vita di strada e vita privata, poliziesco e squarci di romanticismo, mockumentary e fiction. End of Watch è un gran calderone in cui rientra di tutto e di più e qui sta il suo fascino. Così come il suo limite. Con la sua varietà di scelte stilistiche, il regista e sceneggiatore David Ayer non sa bene da che parte stare, eppure riesce a proporci una pellicola nuda e cruda che pur nella sua discontinuità tiene inchiodati sui sedili dell'auto insieme a Jake Gyllenhaal e Michael Peña. A non convincere fino in fondo è semmai la scelta di presentarci dei poliziotti troppo buoni. Va bene che non tutti i poliziotti devono essere corrotti o bastards come la sigla A.C.A.B. ci suggerisce, però questi due non si lasciano tentare nemmeno per un attimo dall’idea di prendersi una parte dei soldi ritrovati a degli spacciatori e non ci pensano un secondo a gettarsi tra le fiamme per salvare dei bambini. Per questo aspetto, nonostante il suo stile mockumentarystico-realistico, End of Watch finisce per somigliare a una pellicola fantascientifica, tanto che in questo caso più che di A.C.A.B. si può parlare di A.C.A.H., All Cops Are Heroes.
(voto 7-/10)

Stazione di polizia chiama agente Cannibal, ci riceve?
E questa le sembra una stroncatura, le sembra? Noi volevamo una recensione massacro e lei ancora una volta ha regalato una sufficienza, anzi addirittura una più che una sufficienza. E per fare il cattivone al 7 ha aggiunto un misero meno!?! Tutta qua la sua brutalità?
Cannibal, ci riconsegni immediatamente distintivo, pistola e tastiera. Lei è licenziato. Con effetto immediato.

The End (of Watch)


lunedì 19 marzo 2012

Awake: come avere due vite e manco mezza interessante

Awake
(serie tv, stagione 1, episodi 1-3)
Rete americana: NBC
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Kyle Killen
Cast: Jason Isaacs, Laura Allen, Dylan Minnette, Cherry Jones, B.D. Wong, Wilmer Valderrama, Michaela McManus
Genere: addormentato
Se ti piace guarda anche: Medium, Life, Touch, Person of Interest

Wake up.
Apres los ojos.
Aooo: e svegliatevi, Cristo Santo!

"Ma secondo te esiste una realtà in cui Gigi D'Alessio canta belle canzoni?"
È quello che si potrebbe gridare al narcolettico protagonista e pure all’autore di questa serie. Basterebbe che si svegliassero un attimo, infatti, e questa potrebbe diventare un’ottima serie. Peccato che al momento non lo sembri. E pensare che…
Awake faceva ben sperare con un pilot curioso abbastanza. Originale abbastanza. Intrigante abbastanza.
La storia è quella di un poliziotto che in seguito a un drammatico incidente d’auto, conduce due vite.
In una, suo figlio è morto, mentre sua moglie è viva.
Nell’altra, sua moglie è morta, mentre suo figlio è vivo.
Potendo scegliere solo una delle due, credo sceglierebbe la seconda, visto che - almeno - in quella si può scupare la bella mogliettina. Cavolate a parte, queste due vite convivono nella sua testa più o meno in maniera amichevole. Di più, una si interseca all’altra. In qualche misterioso modo, sono collegate.

"Figlio scemo o moglie gnocca? Uh, che dilemma...
Moglie gnocca tutta la vita. Anzi, tutte e due le vite!"
Una serie come Awake porta così a farsi parecchie domande.
Queste due vite saranno entrambe reali, almeno nella sua testa?
Solo una delle due lo è?
Alla fine si scoprirà che moglie e figlio in realtà sono vivi e vegeti e quello morto (o magari in coma) è lui?
Quest’uomo è pazzo?

Le premesse sono quindi ottime e sembrano preannunciare una serie bella incasinata. Una di quelle che portano a batterti dei pugni forti sulla testa per cercare di seguirla. Una serie alla Lost.
Ma le premesse sono delle puttane.
Già nel primo episodio comunque qualche dubbio viene, considerando come tutto sia spiegato per filo e per segno in maniera troppo didascalica. Roba che uno vorrebbe stare a perdersi dentro la confusione mentale del protagonista e invece la serie cerca di riportare tutto su un piano razionale, attraverso l’uso di non uno, bensì di ben due strizzacervelli.
I problemi veri però arrivano dal secondo episodio. Awake ci risveglia subito dal sogno illusorio di trovarci di fronte a una nuova possibile serie cult e ci scaraventa di fronte a quella che è la sua realtà: l’ennesimo telefilm poliziesco con episodi autoconclusivi di cui nessuno, o di certo non io, sentiva il bisogno.
Alla fine della seconda puntata si cerca di infilarci dentro qualche possibile mistero, per altro in maniera parecchio prevedibile, riguardo all’incidente che ha coinvolto il protagonista e la sua famiglia, ma già nel terzo non se ne fa più parola.
Quello che rimane sono dei casi da tipico crime procedural la cui particolarità sta nelle due realtà parallele vissute dal protagonista. Attraverso gli indizi raccolti in una “realtà” riesce infatti a portare avanti anche l’indagine dall’altra parte. Un meccanismo leggermente differente dai soliti CSI e cloni vari, ma niente di così eclatante da continuare a seguire la serie con il fiato sospeso. Anche perché i casi presentati finora non è che siano poi di così grande interesse.

"Il terzo episodio è stato così terribile da chiamare l'ambulanza? Azz!"
Con le serie tv le cose possono poi cambiare da un episodio all’altro, può capitare di affezionarsi ai personaggi quando meno te lo aspetti e tutto può cambiare. L’impressione su questa serie, ora come ora dopo appena 3 episodi, è però quella di un’occasione sprecata per realizzare qualcosa di davvero interessante e di un minimo originale. Se qualcuno alla vigilia parlava di “Inception delle serie tv”, di fronte ad Awake ci troviamo costretti a un risveglio brusco come il suono della sveglia alle 6 A.M.
La notevole freddezza emanata da Awake, che nel pilot poteva incuriosire, dopo una manciata di episodi appare già troppo asettica e affezionarsi sembra davvero un’impresa ostica, anche perché i personaggi per il momento sono quanto di più lontano ci possa essere dall’essere accattivanti.
Capisco che il protagonista possa essere frastornato dalla confusione di vivere due vite in due dimensioni parallele eppure cominicanti, però Jason Isaacs (Lucius Malfoy nella saga di Harry Potter è stato il suo ruolo più importante, per dire) ha lo sguardo davvero troppo imbambolato per muovere un qualsiasi sentimento di empatia, figuriamoci di simpatia, nei suoi confronti. Nella situazione in cui si trova, si potrebbe creare un cortocircuito drammatico pazzesco, e invece per adesso la serie non ha regalato manco mezza emozione.
"Ormai anche i miei veri genitori credono io esista solo in una dimensione
parallela. Hanno pure affittato camera mia a un ragazzo alla pari..."
Il suo figlio teenager è Dylan Minnette, che aveva già interpretato il figlio di Jack in Lost e pure lì esisteva solo in una realtà parallela; il suo sguardo, però, se possibile è ancora più catatonico di quello di papà Jason Isaacs. Quanto alla moglie, Laura Allen è caruccia ma pure lei è espressiva quanto una tartaruga imbalsamata. Tra i personaggi di contorno svettano poi Wilmer Valderrama, mitico Fez di That ‘70s Show ma decisamente poco a suo agio nei panni dello sbirro, Cherry Jones, già presidentessa degli Stati Uniti nella 7a e 8a giornata di 24 poco incisiva qui come psicoterapeuta, e Michaela McManus, fighetta proveniente da One Tree Hill, serie certo non nota come fucina di talenti recitativi, e che scommetto finirà per farsi il protagonista almeno in una, se non in entrambe le realtà. Ma tra tutti gli attori, ce ne fosse uno che sembri davvero awake.

Per un giudizio definitivo è ancora presto, ma il suo rapido scivolare dal “Promettente!” del pilot, al “Bah!” del secondo episodio, fino al “Che palle!” del terzo non lascia sperare in niente di buono… Considerando poi che l’ideatore della serie Kyle Killen è già l’autore del flop tv Lone Star, serie cancellata dopo giusto 2 episodi trasmessi 2, nonché lo sceneggiatore di quell’obbrobrio di Mr. Beaver, scemo io ad avergli dato fiducia.
Più che tenerci Awake, mi sa che presto questa serie ci farà addormentare tutti.
(voto 6-/10)

In una dimensione parallela, esiste una versione di Awake in cui le premesse del pilot si sviluppano in una serie magnifica destinata a cambiare la storia della televisione.
Peccato solo non sia in questa dimensione.


(off topic: grazie a CheRotto del blog OsirisicaOsirosica per aver realizzato anche questa volta il nuovo fantastico header cannibale che potete ammirare alla testa del blog)


sabato 16 aprile 2011

Il film di riserva

I poliziotti di riserva
(USA 2010)
Titolo originale: The Other Guys
Regia: Adam McKay
Cast: Mark Wahlberg, Will Ferrell, Eva Mendes, Steve Coogan, Michael Keaton, Lindsay Sloane, Samuel L. Jackson, Dwayne “The Rock” Johnson
Genere: parodia poliziesca
Se ti piace guarda anche: Poliziotti fuori, Scuola di polizia, Red, Hot Fuzz, Una pallottola spuntata, Bad Boys

(Nonostante il grande successo negli USA, in Italia è uscito direttamente in home-video, ma per una volta non è un grosso peccato)

Avete presente i tipici poliziotti eroici? Sì, insomma: quelli su cui di solito vengono girati i film. Questa pellicola ci tiene invece da subito a dire che non ci parla di loro, bensì di quelli sfigati, nelle retrovie, gli other guys del titolo originale, quelli che di solito nessuno si caga. E se nessuno lo fa un motivo ci sarà, visto che poi ne esce un film come questo che è tutto fuorché memorabile. Non è nemmeno orribile, a tratti riesce persino a far ridere, solo che sembra sforzarsi troppo di essere divertente a tutti i costi e per farlo ci mette dentro situazioni esasperate e battute sui personaggi più discussi del momento (tipo i protagonisti di Jersey Shore), come fanno in maniera abituale film parodia orribili come Disaster Movie, Date Movie, Epic Movie, Etc movie.

Questa volta a essere preso di mira è il genere poliziesco, in una maniera non riuscita come nell’inglese Hot Fuzz, ma nemmeno in una maniera del tutto fallimentare come nei "capolavoroni" sopra citati. Diciamo che questo I poliziotti di riserva viaggia nel mezzo. La storia è del tutto trascurabile ed è il solito intreccio vagamente poliziottesco senza nessuna idea. A funzionare un po’ di più sono invece le dinamiche personali tra i due protagonisti, due sbirri che più diversi non si può: Mark Wahlberg è uno tosto, persino troppo visto che spara a qualunque oggetto sospetto in movimento; mentre Will Ferrell è (apparentemente) il poliziotto sfigato, precisino e inquadrato, quello insomma che tutti prendono per il culo. Apparentemente ho detto, perché in realtà il Ferrell nasconde un passato da pappone, una moglie gnocca (Eva Mendes come detto in occasione di Last Night non è tra le attrici che più mi ispirano sesso, però per lo sbirro coglione Will Ferrell è decisamente troppo e qui poi lei è decisamente in salute) e tutte le donne sono attratte in maniera sorprendente da lui. Su questo fascino misterioso che esercita la pellicola si gioca tutte le sue (uniche) carte divertenti, per il resto è davvero una roba che lascia il tempo che trova.
Come i suoi protagonisti, un film da vedere giusto come riserva.
Ma forse neanche…
(voto 4,5)

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