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sabato 7 giugno 2014

GUIDA GALATTICA ALLE GIRL BAND





La settimana scorsa abbiamo dedicato un ricco approfondimento alle boy band. Oggi, per par condicio, per non essere accusati di sessismo e soprattutto perché ci piacciono, più che altro fisicamente, parliamo invece di girl band.
Come già nel precedente appuntamento, è difficile stabilire in maniera esatta cos’è una girl band, oltre a un conglomerato di figa. Per prima cosa, tutte le componenti devono essere ragazze, e fino a qui non ci piove, almeno credo. Quindi, devono essere piacenti e possibilmente zoccole, fare musica pop commerciale ed essere gestite da un manager/pappone che le schiavizza… pardon, che sfrutta la loro immagine e le loro canzoni.
Le Runaways ad esempio sono state una girl band? Non esattamente. Vale lo stesso discorso fatto per i Sex Pistols settimana scorsa. Pure le Runaways di Joan Jett erano gestite da un manager, però facevano musica rock’n’roll, quindi non le prenderemo in considerazione in questa sede, così come nemmeno le varie Go-Go’s e Bangles, oppure i mitici girl group degli anni ’50 e ’60 come le Ronettes, le Shirelles, le Crystals e le Supremes che si meritano una loro lista a parte.

Qui ci occupiamo delle girl band di pop commerciale in voga negli ultimi decenni, dal fronte più orientato verso l’R&B come le Destiny’s Child e le TLC, a quello più popparo rappresentato da gruppi come le All Saints e le Spice Girls. C’è stato un periodo in cui queste ultime vendevano dischi quanto i Beatles dei tempi d’oro. Quel periodo, grazie a Iddio, è durato poco e non ha lasciato un’enorme segno nel mondo musicale. Se le boy band stanno ritrovando un nuovo periodo di splendore (si fa per dire) grazie alla popolarità dei One Direction, le girl band dopo la golden age degli anni ‘90 hanno invece subito un progressivo declino, nonostante la geniale variante lesbo-russa delle t.A.T.u. e il fenomeno di brevissima durata Pussycat Dolls, che a oggi non ha avuto ancora un’inversione di tendenza. In Inghilterra alcune girl band pop come le Saturdays o le Little Mix continuano a tenere botta, mentre nel continente asiatico c’è un gran proliferare di popolarissimi gruppi femminili di J-Pop (Japanese Pop) e di K-Pop (Korean Pop) come le 2NE1, le Girls’ Generation o le T-ara, però a livello mondiale è un settore piuttosto in crisi.
I nostri occhi se ne possono lamentare, poiché le girl bands sono sempre un bel vedere, le nostre orecchie un po’ meno, visto che non molto spesso hanno prodotto della musica memorabile. Qualche canzoncina carina nel corso della Storia comunque ce l’hanno lasciata. Io ho raccolto le mie preferite nella playlist di Spotify che potete gustarvi a fondo post e le mie 10 favorite in assoluto nella Top 10 qui sotto.
Infine un'indicazione cinematografica: se ci tenete a vedere un film sulle girl band, recuperate il carinissimo e pucciosissimo Josie and the Pussycats, pellicola live action tratta dall'omonima serie a cartoni animati, mentre potete tranquillamente evitare Spice Girls - Il film.
E ora buon ascolto e, soprattutto, buona visione.

Top 10 – Le canzoni delle girl band preferite da Pensieri Cannibali


10. B*Witched "C'est La Vie"



9. Pussycat Dolls feat. A.R. Rahman “Jai Ho! (You Are My Destiny)”



8. Atomic Kitten "It's Ok!"



7. TLC "No Scrubs"



6. Girls Aloud "Whole Lotta History"



5. t.A.T.u. "All About Us"



4. Destiny's Child ft. Da Brat "Survivor"



3. Sugababes "Freak Like Me"



2. Spice Girls "Say You'll Be There"



1. All Saints "Pure Shores"
Alla numero 1 c’è una sorpresa. Nonostante le mie preferite all’epoca fossero le Spice Girls, la migliore girl-band song, "Pure Shores" dalla colonna sonora del film The Beach, l’hanno cantata delle altre sgallettate, le All Saints, che tra l’altro erano pure più gnocche!



Ed ecco la playlist di Pensieri Cannibali su Spotify dedicata alle girl bands.

sabato 31 maggio 2014

GUIDA GALATTICA ALLE BOY BAND





Questa settimana l’appuntamento con le guide galattiche di Pensieri Cannibali si occupa di musica impegnata, quella delle Boy Band.
Basta considerare i poveri ragazzi delle boy bands come della semplice carne, dei corpi privi di alcun talento musicale. Nel corso della storia, queste particolari formazioni apparentemente (o forse nemmeno troppo apparentemente) create dal mondo del business hanno infatti saputo tirare fuori un sacco di buona musica. Va buò, un sacco, diciamo un pochino. Andando a cercare in mezzo alla spazzatura, qualcosa di decente la si tira fuori. Il post di oggi cerca allora di rivalutare la musica delle boy band, per quanto parzialmente e per quanto possibile, mentre la settimana prossima ci sarà spazio anche per le girl band, che pure lì ce n’è di grande musica… più o meno.

Come si è arrivati al proliferare di casi umani band di successo di oggi come i One Direction, o un po’ meno di successo come i vari The Wanted, Big Time Rush, Union J e The Vamps?
Tutto è iniziato, almeno credo, negli anni Sessanta. A livello di seguito di massa, con tanto di fans che si strappavano capelli e mutandine, tutto è partito con i Beatles. Con questo non intendo sostenere che i Beatles siano stati una boy band, che se no mi fanno chiudere il blog subito, ma solo che i livelli di isterismo da loro provocati sono paragonabili a quelli che poi avrebbero scatenato le varie boy band. Un po’ come i Duran Duran negli anni ’80, altra non boy band che però ha avuto un seguito da boy band.

Cosa distingue un gruppo “normale” da una merdosa boy band?
Il fatto che queste ultime siano per lo più costruite a tavolino da un manager. A questo punto qualcuno potrà sostenere che anche i Sex Pistols lo siano, visto l’importante ruolo rivestito dal manager Malcolm McLaren, e in un certo senso sono in effetti stati la prima boy band punk, ma non divaghiamo. In questa sede si parla di boy band pop.
I primi casi storici sono stati gli Osmonds, i Monkees e i Jackson 5 di un giovanissimo Michael Jackson. Tutto è partito da loro e a questi gruppi sono poi succeduti nei 70s e negli 80s i Bay City Rollers, i Menudo di Ricky Martin, i New Edition, i Bros e i New Kids on the Block. Sono stati questi ultimi i veri padrini della scena pop successiva, con l’esplosione negli anni ’90 di una marea di boy band dall’incredibile popolarità: Take That e East 17 dal Regno Unito, Backstreey Boys e *N SYNC dagli USA, più una marea di loro cloni vari. E l’Italia se n’è stata a guardare?
No, perché abbiamo avuto i Ragazzi italiani, gruppo dall’enorme popolarità famoso per brani come…
Ma hanno mai fatto delle canzoni, ‘sti Ragazzi Italiani?

Tralasciando il caso nazionale, dopo l’invasione mondiale di gruppi canterini e ballerini durata fino ai primi Anni Zero, nel periodo successivo la moda delle boy band è (per fortuna) passata di moda, per tornare (purtroppo) con prepotenza di recente con orde di ragazzine arrapate per i One Direction. Fine della Storia.
Cioè, non so se mi spiego: questa sì che è Cultura musicale. Dove lo trovate un altro sito che vi fornisce simili nozioni di base fondamentali?

Sulle note di “Boy Band” dei Velvet, via ora alla Top 10 delle mie canzoni preferite cantate da boy bands e a fondo post, se ci tenete, trovate pure una ricca playlist Spotify.

Top 10 – Le 10 canzoni delle boy band preferite da Pensieri Cannibali


10. Blue "One Love"



9. New Kids on the Block “You Got It (The Right Stuff)”



8. 5ive “Everybody Get Up”



7. East 17 feat. Gabrielle “If You Ever”



6. N Sync “Bye Bye Bye”



5. Boyzone “Isn’t It a Wonder”



4. The Monkees "I'm a Believer"



3. Jackson 5 “I Want You Back”



2. Backstreet Boys “Everybody (Backstreet’s Back)”



1. Take That “Back for Good”


Ecco la boy-band playlist su Spotify di Pensieri Cannibali.

venerdì 13 dicembre 2013

SUGAR MAN, IL PIU’ GRANDE MISTERO NELLA STORIA DELLA MUSICA




Sugar Man
(Svezia, UK 2012)
Titolo originale: Searching for Sugar Man
Regia: Malik Bendjelloul
Sceneggiatura: Malik Bendjelloul
Ispirato agli articoli: “Sugar and the Sugar Man” di Stephen “Sugar” Segerman e “Looking for Jesus” di Craig Bartholomew-Strydom
Genere: musicalesistenziale
Se ti piace guarda anche: Velvet Goldmine, Catfish

Chi è Rodriguez?
Se non abitate in Sud Africa o non avete visto il film documentario Sugar Man, molto probabilmente non ne avrete idea. Il consiglio che vi do subito, per primissima cosa, non è allora quello di trasferirvi in Sud Africa, a meno che non ci teniate, bensì è quello di andare a vedervi questa pellicola, questo straordinario documentario. Non importa se non amate i documentari, Sugar Man è comunque imperdibile. Io non sono un fan assoluto del genere documentaristico, preferisco i film recitati, “di finzione”, però ogni tanto capita di imbattersi in un docu-gioiellino e Sugar Man è uno di questi. Perché?

Quella di Rodriguez è forse la storia più incredibile che io abbia mai sentito. In assoluto. Di certo è la vicenda più pazzesca e inverosimile nella storia della musica in cui mi sia mai imbattuto. Pensavo di averne sentiti di tutti i tipi, di aneddoti curiosi e folli sulle rockstar, di racconti sulle incredibili vite dei più grandi artisti dello showbiz musicale, e invece non erano niente in confronto a quanto capitato a Rodriguez.
Su di lui cercherò di dirvi il meno possibile, perché la sua vicenda dovete sentirla raccontare attraverso la pellicola Sugar Man. Il mondo è pieno di belle storie, ma una bella storia da sola non fa un bel film. Invece Sugar Man è anche un gran bel film. Un documentario che però sembra un thriller, che riesce a creare una tensione palpabile e a mettere addosso una curiosità enorme intorno alla figura di questo mistero, il più grande mistero nella storia della musica pop-folk-rock, che si cela dietro al nome di Rodriguez.
Oltre a essere costruito in maniera narrativamente brillante, in grado di tenerti incollato allo schermo manco fossi di fronte a una nuova puntata inedita di Lost, Sugar Man è una pellicola molto ben girata, con una fotografia magnifica e scene di autentica poesia che molti film di fiction fanno fatica a regalare.
L’altra cosa splendida di questo documentario è il suo approccio alla musica. Sugar Man presenta le canzoni di Rodriguez al loro meglio. Le fa assaporare fino in fondo, non con uno stile da videoclip e nemmeno cercando di ricreare in maniera didascalica i testi delle sue songs. Semplicemente, le fa vivere. Una cosa semplice, no?

Proprio la semplicità è la caratteristica che balza subito all’orecchio ascoltando i pezzi di Rodriguez. È anche per questo che il mistero di come non abbia avuto successo è ancora più… misterioso, appunto.
Ci sono un sacco di cantanti e gruppi bravissimi là fuori, e molti non fanno il botto. Uno si chiede il motivo. Perché gli U2, i Coldplay o i Muse sono mostruosamente popolari in tutto il mondo e invece band che sembrano più o meno allo stello livello, o magari sono anche meglio, non se li fila nessuno o quasi? Il più delle volte, se uno va scavare a fondo, riesce a trovare una ragione. Gli U2 ad esempio hanno Bono che è un personaggio, un leader carismatico, uno che riesce a imporsi all’attenzione con la sua parlantina da politicante mista a un’attitudine da rockstar. I Coldplay invece non sono personaggi e spesso e volentieri sono delle autentiche lagne, eppure hanno delle canzoni come “Yellow” o “In My Place” o “Fix You” o “Viva la vida” che sanno arrivare al cuore delle persone. O ancora, i Muse dal canto loro sono tecnicamente mostruosi e vederli dal vivo è davvero un’esperienza.

Questo per semplificare in maniera estrema. Ci sono poi altri fattori che entrano in gioco. A volte basta una canzone che comincia ad andare su un programma di una radio e poi viene suonata pure dalle altre stazioni e poi la senti ovunque, a volte basta un riff di chitarra per farti passare da cult alternative band a gruppo sulla bocca di tutti, come capitato nel 1991 ai Nirvana. A volte, oggi, conta un video che si diffonde in maniera virale sul web. Spesso è fondamentale anche il marketing, dai Sex Pistols che sarebbe difficile immaginare senza il loro manager e “creatore” Malcolm McLaren, alle Spice Girls ideate genialmente a tavolino mettendo insieme 5 tipi classici (più o meno) di donna: la sportiva, l’elegantona che se la tira, la pazza pericolosa, la lolita e la zoccola.


Quello che è mancato a Rodriguez è allora forse quest’ultimo fattore, una strategia di marketing valida all’epoca, nei primissimi anni ’70 quando ha pubblicato i suoi due primi (e unici) album “Cold Fact”, fenomenale album d’esordio, e il secondo anch'esso notevole “Coming From Reality”, che hanno tutti e due venduto pochissimo e quasi nessuno si è filato. È mancato il marketing ed è mancata anche la classica botta di culo che pure quella, in ogni storia di un successo che si rispetti, non può mai essere assente. Giusto questo, è mancato a Rodriguez. Il resto c’era tutto. C’erano le canzoni e c’era il personaggio.

Molti gruppi di nicchia, amati magari dalla critica e da un piccolo zoccolo duro di fan, non riescono ad avere un grande successo perché fondamentalmente gli mancano le hit. Gli mancano quei pezzi in grado di sfondare, di poter essere suonati in radio e di conquistare subito le orecchie e il cuore degli ascoltatori. Non è il caso di Rodriguez. I suoi brani sono semplicissimi, sono diretti, basta un solo ascolto per cominciare ad amarli e sentirli propri, come se fossero sempre esistiti, come se già li conoscessi e facessero parte della tua vita da sempre. La sensazione raccontata nei film romantici, con lui che incontra lei ed “È come se ti conoscessi da sempre!”. È quella sensazione lì che fanno le canzoni di Rodriguez.
I Wonder” ad esempio è un brano pop di presa immediata, con una melodia di quelle che avrebbero potuto scrivere i Beatles e un giro di basso che si incolla in testa istantaneamente.



Altri brani ricordano più Bob Dylan, anche per la notevole qualità dei testi, ma, come dice uno dei produttori di Rodriguez: “Bob Dylan non era al suo livello”. E non è che sia una sparata tanto per. Certe canzoni di Rodriguez, molte canzoni di Rodriguez, Bob Dylan se le può sognare in cartolina, e diciamolo. Con questo non voglio sminuire Bob Dylan o dire che sia sopravvalutato, perché il suo posto di rilievo nella storia della musica se l’è guadagnato tutto. Non voglio sminuire nessuno, voglio solo dire che il nome di Rodriguez non dovrebbe essere seguito da un “Chiiiiiiiiii?”. Il nome di Rodriguez dovrebbe stare lì accanto a quello dei grandi riconosciuti della musica, con Dylan e Jimi Hendrix e i Rolling Stones e i Beatles e tutti gli altri. Quello è il suo posto.

Oltre all’irresistibile “I Wonder”, di canzoni incredibili Rodriguez ne ha tirate fuori un sacco. Cito giusto “Sugar Man”, il title theme della pellicola che suonerebbe alla grande pure in qualunque film di Quentin Tarantino, o “Cause” e “Crucify Your Mind” che sono brani di drammatica bellezza, poesia urbane che ti strappano fuori il cuore dal petto e te lo riducono in pezzettini, o ancora “Street Boy”, un altro pezzo di presa immediata , o una magia come “I’ll Slip Away”, sulle cui note è difficile non farsi venire i brividi.
E poi c’è “I Think of You”, uno di quei pezzi che suoni a una ragazza e lei ascoltandola te la smolla subito. Questo almeno in un mondo ideale, un mondo in cui Rodriguez è una celebrità e le sue canzoni le conoscono tutti a memoria.



Non è il mondo in cui viviamo. In quello in cui viviamo Rodriguez continua a essere un emerito sconosciuto, almeno ai più. E pensare che, oltre alle canzoni, c’era anche il personaggio. Insomma, Rodriguez era un tipo schivo, timido, riservato, uno che cantava con le spalle voltate al pubblico, tutto l’opposto di una rockstar tradizionale in pratica, però in compenso poteva vantare un incredibile alone di mistero intorno alla sua figura, con tanto di leggende riguardo al suo lavoro, alla sua vita, al suo suicidio. Una immagine così enigmatica che è incredibile non sia diventato famoso. Forse perché erano altri tempi. Negli ultimi anni, band come Daft Punk e Gorillaz hanno costruito una parte della loro fortuna proprio giocando sul non apparire, sul nascondersi. Rodriguez questo lo faceva già nei primi anni Settanta, sebbene in maniera inconsapevole.
La cosa più incredibile è che anche adesso niente sembra muoversi più di tanto. I Velvet Underground di Lou Reed ad esempio pure loro se li erano filati in pochi, ai tempi dell’esordio e nonostante avessero uno stratega del marketing come Andy Warhol dietro, eppure con il tempo è stata giustamente riconosciuta la loro importanza, anche perché pezzi come “Sunday Morning” non potevano restare ignorati a lungo. Nonostante l’Oscar vinto dal film Sugar Man, la colonna sonora della pellicola ha però fatto a malapena capolino nella classifica americana, per non parlare dell’Italia dove il film è uscito in 4 sale in croce e in piena estate. Qualcuno in più che lo conosce dopo questa pellicola allora c’è, ma fondamentalmente Rodriguez continua a essere uno nome sconosciuto al grande pubblico e ciò continua a essere un mistero, oltre che un’ingiustizia clamorosa.

Chi è Rodriguez?
Guardate Sugar Man, un film splendido da punto di vista cinematografico, musicale, sociologico e umano, e lo scoprirete. Forse vi suonerò esagerato, ma questo è uno di quei film che vi cambiano la vita. Il Dottore Cannibale vi consiglia quindi di recuperarlo, non domani, non tra una settimana, non tra un mese. Subito. Guardatelo ora. Questo è un film che fa bene alla salute, un film che ti sfama l’anima, ti riempie il cuore, ti fa piangere come un bambino. Non piangere per la tristezza. Ti fa piangere di gioia, per aver visto e sentito qualcosa di splendido, di sincero, di autentico e aver finalmente conosciuto Rodriguez, uno dei più grandi misteri nella storia della musica, uno dei più grandi artisti nella storia della musica.
Guardate Sugar Man, vi cambierà la vita. Non vi farà diventare improvvisamente belli, ricchi e famosi, anche perché sono sicuro lo siate già. Vi cambierà la vita nel senso che, dopo averlo visto, vi chiederete come diavolo avete fatto a vivere finora senza conoscere Rodriguez. È un po’ come vivere senza aver mai sentito i Beatles, i Radiohead o i Nirvana. Le canzoni di Rodriguez vi cambieranno la vita, così come l’hanno cambiata a tutti quelli che l’hanno ascoltato. A tutti, tranne forse a se stesso.
(voto 9/10)



venerdì 22 ottobre 2010

Troppo cool

La rivista musicale britannica NME (per me sempre e comunque un punto di riferimento) ha stilato la classifica degli artisti musicali più cool del mondo per quanto riguarda il 2010.
C’è molta Gran Bretagna, of course, e in testa ci sono due donne che pure io venero. No, non Lady Gaga (che occupa una misera 50a posizione), bensì la mitica Janelle Monae (che come potete vedere da soli in questo video è l’esatta incarnazione del “cool”)


e al primissimo posto, surprise!, c’è una giovane cantante folk che dopo un ottimo album d’esordio (“Alas, I cannot swim”), ha deciso di sfornarne uno ancora più interessante (“I speak because I can”). Musica e personaggi talmente lontani dalle mode e dal glamour odiern che non può che essere considerata troooppo cool.


Ecco la top ten della “cool list” dell’NME

10 Darwin Deez
09 Carl Barat
08 Jack Barnett (These New Puritans)
07 Jonathan Pierce (The Drums)
06 Paul Weller
05 Romy Madley Croft (The XX)
04 Beth Cosentino (Best Coast)
03 Kanye West
02 Janelle Monae
01 Laura Marling

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