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domenica 23 dicembre 2012

SONDAGGIO: VOTA IL PEGGIO DEL 2012


E così, eccoci arrivati al quinto e ultimo sondaggio cannibale per quanto riguarda il 2012 che si sta spegnendo davanti ai nostri occhi.
Potete votare il miglior film,
e ora anche il peggio degli ultimi mesi. Forse il sondaggio più godurioso e divertente, in cui poter esprimere tutta la propria malignità. Altroché essere più buoni perché è quasi Natale.
Evitando di nominare i politici di qualunque schieramento (ma soprattutto un politico di uno schieramento in particolare), che altrimenti avrebbero monopolizzato la classifica, ecco le mie proposte tra le cose peggiori del 2012.

Per quanto riguarda la musica, quest’anno Laura Pausini e Vasco Rossi (il trionfatore del peggio dell’anno scorso) non ci hanno regalato nuovi album, guarda un po' come sono dispiaciuto, ma in compenso le cose atroci non sono comunque mancate: il tormentone Pulcino Pio, ad esempio, o l’insopportabile latinata estiva ceccerececce ceccerececce ce’ di Gusttavo Lima. Ma una menzione speciale va anche all’ex amico della Maria de Filippi Valerio Scanu, e soprattutto ai suoi agghiaccianti boccoli, in stile Lady... Gaga? No, in stile Lady Oscar.
Non possono mancare poi gli idoli bimbominkia dell’anno: i One Direction, insieme al confermatissimo Justin Bieber.
A proposito di teen idols, a voi la scelta separata tra i due protagonisti della saga ormai grazie a iddio terminata di Twilight: Kristen Stewart, quest’anno vista oltre che in Breaking Dawn Parte 2 anche in On The Road, e Robert Pattinson, visto pure in Bel Ami e Cosmopolis.
Tra le cose più odiose dell’anno in rete ci sono le ormai continue pubblicità su YouTube (è ora che qualcuno crei un nuovo YouTube in cui gli spot sono banditi) e l’approdo del Papa su Twitter, che mi immagino postare cose tipo:
“OMG! Rob e Kris si sono mollati? La mia Fede sta vacillando!!! #porcozio”

Menzione poi per un paio di volti (tra i molti) più odiosi comparsi sul piccolo schermo, ovvero la super intervistatrice Barbara D’Urso e Adriano Celentano, specialista in monologhi insopportabili e soporiferi sia a Sanremo che per conto suo.
E poi ancora Cinquanta sfumature di grigio di E.L. James, il libro più venduto ma anche più odiato e preso per i fondelli del mondo nell’ultimo anno, Filippo Timi in improbabile versione doppiatore per Tom Hardy ne Il cavaliere oscuro - Il ritorno, e infine menzione pure per il Capitan Schettino, che non credo necessiti di spiegazioni particolari.
Ma ora, spetta a voi la decisione.

VOTATE NEL SONDAGGIO SULLA COLONNA DESTRA DEL BLOG
(se volete, potete anche effettuare più di 1 scelta o indicare qualcosa non presente nell’elenco, utilizzando l’ultima casella bianca del sondaggio)

martedì 23 ottobre 2012

Li mortacci tua, Woody Alien!

"Roberto, come la chiamate qui in Italia una terrible actress?"
"La chiamiamo Mastronardi, maestro."
To Rome With Love
(USA, Italia, Spagna 2012)
Regia: Woody Allen
Cast: Woody Allen, Roberto Benigni, Jesse Eisenberg, Greta Gerwig, Alec Baldwin, Ellen Page, Alison Pill, Flavio Parenti, Alessandro Tiberi, Alessandra Mastronardi, Penelope Cruz, Riccardo Scamarcio, Antonio Albanese, Judy Davis, Fabio Armiliato, Monica Nappo, Ornella Muti, Carol Alt, Vinicio Marchioni
Genere: ao’
Se ti piace guarda anche: Vac(c)anze di Natale vari, I Cesaroni

Dopo l’ottimo Midnight in Paris, non volevo credere alle voci negative riguardo al nuovo film di Woody Allen ambientato in Rome. Infatti le voci negative si sbagliavano. Oh, se si sbagliavano.
La verità è che è molto ma molto peggio. Ma molto.

"Woody, se te becco te faccio 'na faccia così!"
Una prima cosa non proprio positiva da rilevare su quest’ultima ennesima fatica alleniana riguarda gli stereotipi su Roma e sull’Italia. Ma su di quelli si è espresso già molto chiaramente Carlo Verdone, uno il cui ultimo film Posti in piedi in Paradiso non sarà un granché, ma al confronto di ‘sta roba è un Fellini. Ecco cos’ha detto:

"Il film di Woody Allen sulla mia città? Non fa per niente ridere, anzi, fa piagne: è un'opera assolutamente inutile, mostra una capitale che non esiste, magari esistesse, e che secondo me non è mai esistita. Non sta né il cielo né in terra: punto. Un'operazione solo turistica, la sua: si voleva fare una vacanza e basta. […] Mi dispiace dirlo di Woody, ma è così: la sua ultima fatica è un presepe finto, in cui non ha fatto altro che giocare coi luoghi comuni. È una Roma vista con gli occhi degli americani, che quando viaggiano sperano di trovarla così: gente bonacciona, un po' sguaiata, i monumenti, se mangia bbene... Roma invece è una città piena di problemi, che amo tantissimo, che mi sta a cuore, ma è diventata impossibile."

"Ciao Woody, vuoi che reciti nel tuo prossimo film? Eh, come no!
Le cose che ho detto su To Rome With Love?
Ma no. Sai com'è, noi romani stiamo sempre a scherzà..."
E questa questione l’ha espressa bene il Carletto. Se a ciò aggiungiamo personaggi che si chiamano Michelangelo e Leonardo, ma purtroppo mancano Donatello e Raffaello altrimenti si poteva anche fare una reunion delle Tartarughe Ninja, più qualche marchettona marchionnara della 500 e le note di “Nel blu dipinto di blu” sparate subito subito sui titoli di testa, la cartolina dell’Italia idealizzata è bell’e che servita.
Se vogliamo, anche il precedente di Allen Midnight in Paris era ricchissimo di stereotipi, su Parigi e sull’età dell’oro degli anni ’20, e su Parigi negli anni ’20. Però il film funzionava. Era una splendida fiaba e allo stesso tempo una riflessione nostalgica su come il passato sembri sempre meglio del presente. Vero anche questo: il vecchio Allen era meglio di quello nuovo.
Quello nuovo di To Rome With Love non se pò vedé.

"Penelope, la prossima scena me la fai un po' più Ruby Rubacuori, ok?"
Non c’è comunque da disperare troppo. In fondo, dopo il modestissimo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, a sorpresa è tornato in grande spolvero in quel di Parigi. In fondo, Woody Allen è fatto così. Di film ne gira tanti, troppi, alcuni sono belli, altri meno, qualcuno come questo è davvero brutto. Certo, un tonfo imbarazzante del genere non l’aveva mai fatto, almeno non tra le sue pellicole che ho visto (una piccola percentuale, visto che come ho detto ne gira davvero troppi), però chissà che con il suo ritorno negli USA per il suo prossimo progetto ancora senza titolo non ritrovi l’ispirazione perduta.

Gli stereotipi danno fastidio sempre, quando ci vanno a toccare in prima persona in quanto italiani sono ancora più fastidiosi e posso capire l’ulteriore disappunto dei romani come Verdone. Ma quali sono gli altri problemi del film? La questione fondamentale è che al di là della cornice idealizzata, stereotipata ecc., è proprio il film una fetecchiona. La sceneggiatura è imbarazzante. Mette insieme una serie di storielle degne di un cinepanettone. O di una barzelletta. E a tratti, To Rome With Love somiglia persino a una puntata dei Cesaroni, e pure di quelle scritte male. Ammesso e non concesso ne esistano di scritte bene. Siamo talmente dalle parti della fiction di Canale 5 che mi sono stupito di non vedere arrivare Matteo Branciamore da un momento all’altro a cantare “Sai cosa c’è…” poi non so più come va avanti. Che volete? Non sono mica un fan dei Cesaroni come Wudy Aia.
Non ci sarà Branciamore, almeno quello, ma le musiche utilizzate sono penose e fanno molto film di Pierino. Senza offesa per i film di Pierino.

"Alessandro, perché tutti mi chiamano cagna maledetta? Sai che vuol dire?"
"Chi io? Non ne ho la più pallida idea..."
Dicevamo comunque delle storielle messe insieme alla buona. La più agghiacciante, e chissà perché non ne sono stupito, è quella che vede come protagonisti gli attori italiani. Dai citati Cesaroni, ecco a voi Alessandra Mastronardi. Se Carla Bruni nel precedente Midnight in Paris era stata molto tagliata nel montaggio finale e compariva giusto per pochi secondi, riuscendo comunque a rimediare una figura barbina, qui la Cesarona ce la dobbiamo sorbire a lungo. E com’è la sua intepretazione? Terribbbile.
Con lei c’è anche Alessandro Tiberi che si vede che ha studiato la recitazione alleniana e ne propone una versione/imitazione italiana accettabile. Ebbravo lo stagista di Boris!
Parecchio spento Antonio Albanese, del tutto fuori parte come latin lover e super divo del cinema italiano, mentre convince Riccardo Scamarcio, che nella sua fugace apparizione arriva, tromba la bernarda della mastronarda e va via. Così si fa!
"Adoro il tuo social network, Mark. Ci passerei tutto il giorno..."
"Come devo ripetertelo che non sono Zuckeberg? Comunque ti addo agli amici!"
Nell’episodio compare inoltre la spagnola Penelope Cruz, ennesima “dea dell’amore” alleniana. Diciamo solo che la spagnola ha offerto prove migliori in film migliori.

La storiella (relativamente) più interessante e meglio recitata è invece quella con Mark Zuckerberg Jesse Eisenberg e Greta Gerwig. Lei gli presenta una sua amica attrice, Ellen Page, dicendogli che tutti gli uomini finiscono per innamorarsi di lei e anche lui naturalmente finirà per… innamorarsi di lei. D’altra parte, Ellen Page è la cosa migliore di questo film e il suo personaggio, per quanto anch’esso tratteggiato con enorme leggerezza, è l’unico raggio di sole in una Roma che qui appare cinematograficamente molto nuvolosa. Il personaggio “off” di un buon Alec Baldwin invece no, quello è davvero odioso. Una sorta di grillo parlante non richiesto che rompe le balle a Zuckerberg Eisenberg, alla Page e soprattutto allo spettatore.

"Va bene, Alec, ti taggo insieme a me!"

"Alec, eddaje! Vuoi essere taggato pure qua?"

"Woody sta guardando dall'altra parte? Io allora mi do' alla fuga!"
La storiella di Roberto Benigni è quella nelle intenzioni più “profonda”. Una riflessione su come oggi si possa diventare famosi per niente. Qualcuno ha detto Paris Hilton?
Bella l’idea, che forse sarebbe stata più efficace per un cortometraggio, realizzazione stancante, con un Benigni che per un paio di minuti fa anche ridere, subito dopo stufa. Che poi, il tema della celebrità è una costante in tutte le vicende, peccato sia trattato in una maniera davvero superficiale e non dice fondamentalmente niente di nuovo sull’argomento.

"Bravo Cannibal. Sul post non siamo molto d'accordo,
però sulla Mastronardi come darti torto?"
Un’altra storiella di questo puzzle di ispirazione boccaccesca (il titolo iniziale del film era Bop Decameron) vede impegnato lo stesso Woody Allen, di rientro davanti alla macchina da presa, ed è l’unico che azzecca 1 battuta 1 in tutto il film, quando va dai genitori del fidanzato della figlia, che hanno una ditta di onoranze funebri, e dice: “Abbiamo seguito il primo carro funebre e l’abbiamo trovata”. Per il resto, come detto dal bianco rosso Verdone, più che ridere se piagne.
Al di là di questo unico momento ilare della pellicola, la storiella è di quelle talmente ridicole da poter risultare geniali, se solo fossero affidate a uno Spike Jonze o a un Michel Gondry, non a questo spento Woody Allen. Il padre del futuro marito di sua figlia (una sprecatissima Alison Pill) è un tipo che sotto la doccia, e solo sotto la doccia, si rivela un cantante lirico alla Pavarotti, Caruso o Bocelli. Tanto per non farci mancare pure questo stereotipo italiota. E così Allen lo incoraggia a esibirsi a teatro… sotto la doccia.
Uno spunto grottesco potenzialmente interessante che si risolve, come tutto il resto del film, in farsa. Anche se a me è sembrata più che altro una tragedia.

Non so se gliel’hanno gridato a Roma, nel caso rimedio io:
ah Wood Alien, ma vedi di andare a pijartelo 'nder cu..
(voto 3/10)

lunedì 26 marzo 2012

Prendete l’MDMA dal pusher in disco piuttosto che l’MDNA da Madonna

L-U-V Madonna
Y-O-U You wanna?

N-O-O Madonna
T-X-S I don’t wanna

No dai, Madonna, dove stai andando?
Madonna M.I.A. quanto sei suscettibile.
Stavo scherzando. Torna qui. La tua nuova canzone è davvero bambinesca ed è una discreta anzi colossale cagata, però almeno ci sono la mia M.I.A. e la Nicki “Pokemon” Minaj a tenere in piedi la baracca.
Non fare la bambina, che non lo sei più da un peeezzo. Smettila di piagnucolare e frignare, Madonna. Hai vinto tu: facciamo sentire la canzone con tanto di video.
Certo che è proprio vero che più si invecchia e più ci si comporta come bambini…


Madonna “MDNA”
Genere: GILF pop
Provenienza: Bay City, Michigan, USA
Se ti piace ascolta anche: Selena Gomez, Benny Benassi, Lady Gaga, Rihanna, Britney Spears, Black Eyed Peas, Martin Solveig, LMFAO

MaDoNnA vuole fare la ggiovane. Questa non è una novità. Solo che se fino a qualche anno fa riusciva ancora a risultare credibile, adesso forse sarebbe ora di – non so – darsi una regolata? Un minimo, almeno. Non dico che si dovrebbe registrare un album di ballate country riflessive sugli anni che passano e la schiena che comincia a far male a forza di ballare come una girl gone wild. Però, qualcosa di un po’ più consono alla sua età. Lo so che l’età di una (ma)donna non si svela, ma sono 53 anni.
E a proposito di girls gone wild, se le premesse del primo bambinesco singolo “Give me all your luvin’” non è che fossero delle più esaltanti, con il secondo singolo le cose non vanno meglio. Anzi, si regredisce dallo stile Avril Lavigne a quello del puro tween-pop.
“Girl Gone Wild” è una tamarrata provided by Benni Benassi. L’italiano Benny Benassi. La gloria italiana Benny Benassi. Quello di “Satisfaction” (con tanto di video GENIALE), il brano di un italiano più popolare nel mondo. Altroché Nel blu dipinto di blu. Altroché Pavarotti. Altroché Bocelli.


Questo però anni fa. Adesso Benassi si limita a produrre una basetta che pompa pompa ma ti spompa per la Madonna che pur di suonare sempre gggiovane e fresca le prova tutte. Andare a Lourdes, no?
Non da Lourdes, sua figlia. Proprio a Lourdes, Francia.
Risultato? Tralasciando il video, un incrocio andato a male tra “Vogue”, “Justify my love” e qualunque altro video in b/n m/d/n/a abbia girato in passato, “Girl Gone Wild” suona come la brutta copia (e pure fosse la bella copia non ci sarebbe da vantarsi) di un dance-pop bimbominkioso stile Selena Gomez, la fidanzatina di Justin Bieber. Non esattamente quello che si preannuncia il disco della maturità, per la signora Ciccone.


E come prosegue il disco? E, come prosegue, come prosegue, come prosegue?
State calmi e ve lo dico, anche se potete scoprirlo da soli visto che ormai è leakkato in rete e da oggi lo potete pure comprare. Anche se direi che non ne vale proprio la pena.

Traccia due: “Gang Bang”.
Cosa intendevano quelli de Il Genio quando cantavano “Pop Porno”? Credo si riferissero a un pezzo del genere. Una canzone dance che vorrebbe suonare underground, con Mika tra gli autori e a cui la produzione del mitico William Orbit (producer anche dei Blur) regala carattere e qualche vaga inflessione dubstep. Complice l’interpretazione vocale a essere generosi definibile come anonima della Madama Madonna, l’insieme appare però più inconcludente che seducente.

“I’m addicted” va di ipnosi, un pezzo molto “i Daft Punk suonavano così almeno 10 anni fa e almeno 10mila volte più fighi” e con la convinzione di diventare un pezzo molto “addictive”. Al primo ascolto però ha già stufato.

“Turn up the radio”. Alzate il volume della radio, ché magari su un’altra stazione stanno passando un pezzo più interessante di questo.
Qui M’dona gioca a cantare i Black Eyed Peas al karaoke, con una sua rilettura personale di “I gotta feeling” ma con davvero poco feeling. Si sente forte lo zampino di Martin Solveig alla produzione e si sente forte come Solveig altri non sia altro che la copia sbiadita di David Guetta.

“Some Girls” va di tamarrata ignorante, con un suono non lontano dal vecchio Fatboy Slim, però in versione 2.0. Ennesimo tentativo poco riuscito di Lady Madonna di suonare moderna. Sorry (tanto per citare un suo vecchio pezzo), ma Lady Gaga sta su altro pianeta. E pure il Gigi D’Agostino degli anni ’90.

“Superstar” sembra avere un respiro più pop, ma è davvero una canzoncina da talent-show che persino Hilary Duff (che ormai ha 24 anni ed è pure appena diventata mamma) si vergognerebbe a cantare. Forse persino il neo maggiorenne Justin Bieber rifiuterebbe un pezzo con un testo del genere:
Ooh la la, you’re my superstar / Ooh la la, that’s what you are”.
Al confronto i Venga Boys e gli Aqua sono Shakespeare.
Questa canzone è forse il punto più basso di sempre in una carriera che per il resto è stata davvero della Madonna.

“I don’t give A” è il pezzo ribelle della raccolta, grazie a un testo molto Desperate Housewives che si dice sia rivolto all’ex marito Guy Ritchie. Anzi, sicuramente è rivolto a lui…

I tried to be the perfect wife
I diminished myself
it swallowed me
if I was a failure
then I don't give a

Madonna che prova a essere la “perfect wife” non me la vedo proprio…
Chiusa la parentesi da casalinga desperate che non le si addice proprio, con “I’m a Sinner” sembra ritornare su territori a lei più consoni. Quelli del peccato, della provocazione religiosa. Sì, buona notte. Il massimo che tira fuori è: “I’m a sinner I like it, I’m a sinner I like it that way”, roba che oggi con una porca in circolazione come Rihanna non può mica competere. Na na na, come on!

Velo pietoso pure su “Love spent”, pezzo riempitivo (ma non lo sono forse tutte le canzoni qui presenti?) vagamente alla “Don’t tell me” che sconcerta per la sua pochezza. La voce tutt’altro che della Madonna è così artefatta da far rimpiangere “Believe” di Cher. No vabbè, adesso non esageriamo.

Con “Masterpiece” i ritmi rallentano. Si va di ballatona con giro di chitarra quasi alla “Street Spirit (Fade Out)” dei Radiohead, ma nonostante il titolo non è certo un capolavoro. Siamo dalle parti di una “Take a bow” però più brutta. Molto più brutta. E quando il pezzo (probabilmente) migliore dell’intero album è una canzone che non sarebbe finita manco a pulire il cesso delle “Bedtime Stories”, ci si chiede se era davvero necessario pubblicare un disco tanto inutile.
La conclusiva “Falling Free” è una lagna invereconda. Non c’entra una Madonna con il resto della tracklist e rallenta talmente tanto che ci si addormenta.

E invece non è ancora finita!
Vogliamo proprio spendere due parole pure sulle bonus tracks contenute nella deluxe edition? Le vogliamo spendere? Abbiamo fatto 30, facciamo 31 (perché si dica così, io non l’ho mai capito, però andando a googlearlo ho trovato il motivo). E poi si rivelano paradossalmente (sebbene non ci andasse molto) più interessanti del resto della pessima tracklist ufficiale.
“Beautiful Killer” è una canzoncina pop quasi carina. Suona pur sempre come una Britney Spears di serie B, però è già qualcosa.
“I Fucked Up” va di multi-language come “Sorry” e presenta in più qualche vaga tentazione dubstep-op: non male il suono, pessima la monotona interpretazione vocale di Madonna.
“B-Day Song” con la preziosa collaborazione di M.I.A. va di pop 60s yeah yeah stile Pipettes o Chordettes o qualunque altro gruppo che fa rima con –tettes, solo in versione Martin Solveig remix. Niente di eccezionale, su un disco della M.I.A. non ci entrerebbe mai, però è già meglio di gran parte del resto.
In “Best Friend” torna a farsi sentire il suono del Benassi o meglio dei Benassi Bros. (dietro alla produzione oltre al Benny c’è infatti anche il cugino - e non fratello - Alle). Non sarebbe neanche male, come pezzo, se solo sopra non ci fosse la voce plasticosa di una signora Ciccone sempre meno Ma-Donna e sempre più Ma-Robot.
Il Party Rock remix di “Give me all your luvin’” conclusivo con tanto di quei capi dei truzzi degli LMFAO è del tutto inutile, quindi si intona perfettamente con il resto dell’album, il cui filo conduttore, più che la componente dance è proprio questa: l’inutilità.

Raga, se usate le foto del post per farvi le pippe, occhio che potreste avere
qualche problema: come si chiama l'esatto opposto di pedopornografia?
Bilancio. Dopo tante parole, è l'ora del bilancio.
Bilancio impietoso: che tristezza di disco.
Una raccolta differenziata di rifiuti, di scarti delle altre popstar, più che una raccolta di canzoni. I testi sono di una banalità sconcertante. Sarebbero banali per una prostituta cantante minorenne sotto contratto con la Disney, figuriamoci per una signora classe 1958 con alle spalle dei pezzi di tutto rispetto che hanno scritto pagine e pagine di cultura pop recente. Le produzioni, per quanto realizzate con grande mestiere, sono prive di idee e suonano vecchie di mesi. Che nel mondo della musica dance equivalgono ad anni luce.
Oltre che con il glorioso passato degli anni ’80, con i raggi di luce dei ’90 e con le Confessions on a Dance Floor, la nuova MaDoNnA perde il confronto persino con i suoi dischi recenti meno riusciti come Music, American Life e Hard Candy. Per quanto modesti, presentavano tutti al loro interno almeno un paio di canzoni decenti. Qui cosa c’è da salvare?

Mmm.
Fatemi pensare un attimo.
Ancora un attimino…
Ecco: niente.
Non si salva niente.

Se Like a Virgin, come Tarantino ha spiegato in maniera illuminata, era una metafora della fava grossa, adesso Madonna è passata a canzoni che non valgono una fava. Nemmeno grossa.

L-U-V Madonna
F-U-K You wanna?
(voto 4/10)

giovedì 22 marzo 2012

La peggior Capotondi della mia vita

LUNEDì
Fabio De Luigi vaga in giro per gli studi di Cologno Monzese come un’anima in pena. È stufo di Mai dire Gol, Mai dire Domenica, Mai dire Mai Tai, Mai dire Maiale, Mai dire Gatto se non ce l’hai nel sacco, Mai dire Ah la tauromachia.
Vuole provare a fare qualcosa di nuovo, di diverso. Basta personaggi divertenti come questo…


O come questo…


O ancora come quest’altro…


O come Medioman, il pagliaccio Baraldi, il modello Fabius, Bastilani o le imitazioni di Miguel Bosé, Michael Bublé, Mario Giordano, Carlo Lucarelli, Demo Morselli e di Patrick e Filippo Nardi del Grande Fratello…


"I cuscini di Justin Bieber e dei One Direction eran finiti, è rimasto solo questo..."
MARTEDì
Fabio De Luigi vuole qualcos’altro, questa volta: un personaggio che non sia divertente manco per sbaglio, nonostante si sforzi in tutti i modi di esserlo.
E poi basta con la tv. Al cinema si è già cimentato in diverse pellicole e ha spaziato parecchio, passando dai cinepanettoni natalizi ai cinepanettoni brizziani, fino ad arrivare al cinema (più o meno) d’autore con Pupi Avati (Gli amici del bar Margherita) e Gabriele Salvatores (Happy Family e l’ottimo Come Dio comanda).
Però adesso vuole cimentarsi con un progetto più suo, con un ruolo da protagonista assoluto e perché no? curare persino la sceneggiatura!

MERCOLEDì
Fabio De Luigi contatta così Alessandro Genovesi, lo sceneggiatore del valido Happy Family di Salvatores e insieme si mettono al lavoro.
Idee per un film…
Niente?
Vabbè, allora perché non plagiare, pardon prendere ispirazione da qualcosa di già esistente? Andiamo, tanto lo fanno tutti. Le idee originali non sono più di moda da un pezzo. Il nuovo modello mondiale di riferimento è quello cinese, basato sul: copiare copiare copiare.
De Luigi e Genovesi allora plagiano, pardon copiano, pardon “prendono ispirazione” da una comedy britannica mai arrivata dalle nostre parti, così sembra una cosa nuova: The Worst Week of My Life.
The Worst Week of My Life è una serie che in Gran Bretagna ha funzionato così com’è, quindi perché stravolgerla troppo? La rendiamo un po’ più italiana, ci mettiamo dentro Alessandro Siani che quando parla non ci capisce cosa dice e per capirlo e ci vorrebbero i sottotitoli ma alla fine è meglio così, perché se si capisse cosa dice non farebbe ridere e invece così nel suo farfugliare un po’ di parole napoletane a caso sembra dica magari qualcosa di spiritoso. Quindi ci aggiungiamo una spruzzata di Ti presento i miei, ma giusto un goccio, e per il resto lo possiamo tenere così.
Vedere il primo spezzone del primo episodio per capire quale “lavorone” di (non) adattamento sia stato fatto…


GIOVEDì
Visto che la sceneggiatura è stata già sbrigata, è bastato il traduttore simultaneo dall’inglese all’italiano e il gioco è fatto, ora è arrivato il momento della decisione più importante: la protagonista femminile.

Estratto da un dialogo tra Alessandro Genovesi e Fabio De Luigi:
“Fabio, vediamo un po’, chi ti vorresti fare? Pardon, con chi vorresti recitare?”
“Mmm… Scarlett Johansson?”
“Adesso Fabio vediamo di mirare un attimo più in basso e più in Italia…”
“Perché non la Monicona Bellucci?”
“No, quella ormai si è montata la testa e gira solo porno d’autore in Francia.”
“E allora prendiamo la Cristiana Capotondi, forse la miglior giovane attrice italiana in circolazione, anche perché non è che abbia tutta ‘sta concorrenza tra una Carolaina “Cagna maledetta di Boris” Crescentini e una Laura Chiatti me la voleva dare ma io dovevo lavorare, lavorare, lavorare.”
“Scusa Fabio, mi sa che quello era Fabri Fibra…”

VENERDì
Inizio delle riprese del film.
“Buona la prima, gente!”
Fine delle riprese.

SABATO
È arrivata l’ora di dare l’opera in pasto ai feroci critici cinematografici. Visto che è sabato e per quelli delle testate principali è giornata di riposo, l’unico che partecipa all’anteprima per la stampa è un certo Cannibal Kid, autore di Pensieri Cannibali, un blog pseudo cinematografico che viene definito “in forte ascesa”, almeno dagli ambienti radical-chic che contano. Di seguito vi riportiamo la sua recensione della pellicola.

"Oh, ma quante canne dobbiamo farci perché questo film cominci a far ridere?"
La peggior settimana della mia vita
(Italia 2011)
Regia: Alessandro Genovesi
Cast: Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Monica Guerritore, Antonio Catania, Alessandro Siani, Nadir Caselli, Chiara Francini, Andrea Mingardi, Rosalba Pippa, Gisella Sofio, Alessandro Genovesi
Genere: skifoso sketchoso
Se ti piace guarda anche: Ti presento i miei, Mi presenti i tuoi?, Vi presento i mostri nostri, The Worst Week of My Life, Love Bugs


La peggior settimana della mia vita o la peggior schifezza abbia mai visto nella mia vita?
Il dubbio viene trovandosi di fronte a un prodotto che di cinematografico non ha nulla.
Regia? Non pervenuta.
Sceneggiatura? Se questi c’hanno messo una settimana (la peggiore della loro vita?) per scriverla, viene da pensare che per almeno 6 giorni buoni sono stati a grattarsi le palle.
"Sincerità: è un elemento imprescindibile per una relazione stabile?"
"No, sincerità: questo film non imprescindibile fa cagare in maniera stabile."
Interpretazioni? Recitano tutti impostati come se fossero a teatro, oppure in una soap-opera di quart’ordine. E già le soap-opera di prim’ordine non è che siano un granché… E pure la Cristiana Capotondi, di solito bravina (ad esempio ne La kryptonite nella borsa), qui è del tutto sprecata nel ruolo di promessa sposa bella statuina. Un velo pietoso su tutti gli altri, con Siani che è quanto di meno divertente si sia mai visto e De Luigi ombra, ma nemmeno, di quello che in tv (di solito) fa ridere.
Colonna sonora? Musichette agghiaccianti ideali giusto come sottofondo in ascensore. Ah, ma a un certo punto arrivano pure Andrea Mingardi e Rosalba Pippa alias Arisa a migliorare la situazione. Migliorare si fa per dire.
Montaggio? E che cos'è? Perché utilizzarlo, quando possiamo terminare ogni giornata/sequenza con un momento (non) divertente?

Vabbè, cinematograficamente il film non sarà un granché, ma almeno si ride, giusto?
Sì, magari. Le scenette sono una sfilza di sketch comici (?) presi pari pari dalla serie inglese che magari, e dico magari, potrebbero funzionare in tv all’interno del contesto di una sitcom. Ma per fare un film, un film vero intendo, sarebbe stato necessario un adattamento di ben altro livello. Una serie di gag stile Love Bugs, peraltro già ben poco divertenti, messe insieme alla buona non dà come risultato una pellicola cinematografica.
Qualcuno dirà: sì, però almeno è una commedia famigliare senza (troppe) volgarità. È vero, non ci sono parolacce, però non mancano le solite scene al cesso o con gli animali già viste mille e mille volte che, per quanto mi riguarda, trovo più volgari di mille bestemmie.
La cosa più sconfortante è come il pubblico italiano abbia apprezzato parecchio, premiando la pellicola con un incasso di quasi 10 milioni di euro. Gran parte degli spettatori immagino saranno usciti dal multisala con il sorriso stampato sulle labbra, convinti di aver visto un film esilarante e originale, una boccata d’aria fresca per il cinema italiano.
"Chi è morto?"
"Il cinema italiano."
"Perché, era vivo?"
Solo che questo non è cinema. È a mala pena televisione di basso livello.
La cosa ancora più sconfortante è che, visto il successo, è già in cantiere un secondo capitolo e proprio in questi giorni sono cominciate le riprese. Considerando il finale ATTENZIONE SPOILERONE, mi aspettavo che si sarebbe intitolato I peggiori nove mesi della mia vita, invece si intitolerà Il peggior Natale della mia vita. Così De Luigi e Genovesi si ritrovano tra le mani con il loro campione di incassi per le Sante festività. Ma, soprattutto, nemmeno per questa seconda pellicola si sono dovuti sbattere per avere anche solo mezza idea originale. Come si chiama infatti la seconda stagione della serie British? Sì, proprio The Worst Christmas of My Life.
Le new-entries nel cast del secondo episodio? Diego Abatantuono, Laura Chiatti, Anna Bonaiuto, Dino Abbrescia, Ale e Franz…
Mi sa che questo film mi farà rimpiangere il cinepanettone. E allora sì che sarà Il peggior Natale della mia vita.
(voto 2/10)

DOMENICA
Considerando come la recensione di quel Cannibal Kid su quel Pensieri Cannibali non si sia rivelata esattamente in linea con le loro aspettative, Fabio De Luigi e Alessandro Genovesi hanno deciso che per la loro nuova pellicola Il peggior Natale della mia vita inviteranno all’anteprima stampa soltanto giornalisti seri e competenti. Qualche nome? Mario Luzzato Fegiz, Augusto Minzolini e Vincenzo Mollica.

domenica 11 marzo 2012

Jack e Jill: il film più nominato della storia

Ci siamo appena ripresi dagli Oscar 2012, alcuni azzeccati altri meno, che già è tempo di una nuova cerimonia, con dei premi giusto un pochino meno ambiti: i Razzie Awards, i più temuti riconoscimenti della cinematografia americana. L’equivalente a stelle e strisce di un Tapiro d’Oro.
Se volete diventare anche voi membri della Razzie Academy, potete farlo andando sul loro sito e pagando una retta per la prestigiosa membership.
Pensavate di iscrivervi, ma quando ho detto che è a pagamento ci avete ripensato, vero?
Quest’anno a contendersi il premio più importante, cioè quello di peggior film dell’anno, sono dei grossi calibri, cui a mio avviso manca giusto (inspiegabilmente) l’atroce War Horse spielberghiano. Grave lacuna per i Razzie. I 5 film che lottano per (non) vincere il titolo di peggior pellicola comunque sono: Twilight: Breaking Dawn - Parte 1, Transformers 3, Capodanno a New York, Bucky Larson - Born to Be a Star e Jack e Jill. Se i primi due li ho già massacrati abbastanza pure io e i due successivi a questo punto da buon amante del trash sono curioso di recuperarli, il film di cui (purtroppo) andremo a parlare oggi sarà Jack e Jill, che tra l’altro ha stabilito un record assoluto nella storia dei Razzie Awards, con ben 11 nomination conquistate!
Di seguito, tutti i candidati di quest’anno; da segnalare come Adam Sandler sia nominato sia come peggior attore che come peggior attrice…

"Ahahah, che ridere questo film. Si chiama Jack e Jill?"
"No, veramente è Breaking Dawn..."
Peggior film
Bucky Larson: Born to Be a Star
Jack e Jill
Capodanno a New York
Transformers 3
The Twilight Saga: Breaking Dawn – Parte 1

Peggior attore
Russell Brand - Arturo
Nicolas Cage - Drive Angry 3D, L’ultimo dei templari, Trespass
Taylor Lautner - Abduction, The Twilight Saga: Breaking Dawn – Parte 1
Adam Sandler - Jack e Jill, Mia moglie per finta
Nick Swardson - Bucky Larson: Born to be a Star

Peggior attrice
Martin Lawrence - Big Mama: tale padre, tale figlio
Sarah Palin - Sarah Palin: The Undefeated
Sarah Jessica Parker - Ma come fa a fare tutto, Capodanno a New York
Adam Sandler - Jack e Jill
"Una donna meno sexy di Adam Sandler vestito da donna?
Hello, eccomi!"
Kristen Stewart - Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1

Peggior attore non protagonista
Patrick Dempsey - Transformers 3
James Franco - Your Highness
Ken Jeong - Big Mama: tale padre tale figlio, Una notte da leoni 2, Transformes 3, Il signore dello zoo
Al Pacino - Jack e Jill
Nick Swardson - Jack e Jill, Mia moglie per finta

Peggior attrice non protagonista
Katie Holmes - Jack e Jill
Brandon T. Jackson - Big Mama: tale padre, tale figlio
Nicole Kidman - Mia moglie per finta
David Spade - Jack e Jill
Rosie Huntington-Whiteley - Transformers 3

Peggior cast
Bucky Larson: Born to be a Star
Jack e Jill
Capodanno a New York
Transformers 3
The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1

"Grazie per le numerose nominations, ma aspettate di vedere la parte 2..."
Peggior regista
Michael Bay - Transformers 3
Tom Brady - Bucky Larson: Born to be a Star
Bill Condon - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1
Dennis Dugan - Jack e Jill, Mia moglie per finta
Garry Marshall - Capodanno a New York

Peggior prequel, remake, fregatura o sequel
Arturo
Bucky Larson: Born to be a Star
Una notte da leoni 2
Jack e Jill
The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1

Peggior coppia sullo schermo
Nicolas Cage e chiunque abbia diviso lo schermo con lui in tutti i suoi film del 2011
Shia LaBeouf e Rosie Huntington-Whiteley - Transformers 3
Adam Sandler e Jennifer Aniston o Brooklyn Decker - Mia moglie per finta
Adam Sandler e Katie Holmes, Al Pacino o lo stesso Adam Sandler - Jack e Jill
Krtisten Stewart e Taylor Lautner o Robert Pattinson - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Part 1

Peggior sceneggiatura
Bucky Larson: Born to be a Star
Jack e Jill
Capodanno a New York
Transformers 3
The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1


Jack e Jill
(USA 2011)
Titolo originale: Jack and Jill
Regia: Dennis Dugan
Cast: Adam Sandler, Adam Sandler, Al Pacino, Katie Holmes, Nick Swardson, Johnny Depp, David Spade
Genere: demenziale (che possa essere considerato demenziale)
Se ti piace guarda anche: Un weekend da bamboccioni, Mia moglie per finta, Zohan, Io vi dichiaro marito e marito, un Vacanze di Natale qualsiasi

Non credo di rovinare la sorpresa a nessuno dicendo subito che Jack e Jill è un film davvero brutto. Tanto tanto tanto, come direbbe Jovanotti. D’altra parte 11 nomination ai Razzies 2012 mica arrivano per niente.
Anche se, va detto per onor di cronaca, pure loro così come i cugini maggiori degli Oscar di cantonate nella loro storia ne hanno prese: una su tutte, come mi ha fatto notare Moderatamente ottimista, la nomination a Stanley Kubrick (!) come peggior regista (!!) per Shining (!!!).
Ma ben 11 nominations can’t be wrong, no?

E infatti Jack e Jill è un film brutto, ma così brutto, a tratti così tragicamente brutto, da non stare nemmeno troppo sulle palle. Perché di fronte a una “pellicola” del genere a un certo punto ti viene da ridere talmente non fa ridere.
Jack e Jill è la sagra del white trash yankee nella sua veste peggiore: gag con animali, scoregge, cagate (letterali), battutacce a sfondo sessuale da terza elementare, finale ambientato su una (costa) crociera: questo film non si fa mancare davvero niente. De Sica, Boldi, Vanzina, Parenti: venite tutti all’appello! Guardate questa roba e prendete appunti che così avete la ricetta già pronta, cotta e mangiata per il vostro prossimo cinepanettone, negli ultimi tempi troppo poco volgare e quindi più che mai vittima della crisi (economica e d’identità).

Le premesse non erano delle migliori. Adam Sandler d’altra parte non è noto per fare un cinema particolarmente impegnato. Nella sua carriera ha avuto giusto una “sbandata” nel cinema d’autore, con il diversamente romantico Ubriaco d’amore (Punch-Drunk Love), un'occasione unica donatagli dal suo fan Paul Thomas Anderson. Per il resto ha girato “filmoni” di idiozia pura come Billy Madison (la pellicola che l’ha lanciato), Waterboy, Io vi dichiaro marito e marito, Zohan, Un weekend da bamboccioni e Mia moglie per finta. Ogni tanto ha provato anche ad alzare un po’ il tiro, in maniera poco riuscita come nella storia post 11 settembre di Reign Over Me, o in maniera parecchio riuscita come nell’agrodolce Funny People, sottovalutata perla firmata da Judd Apatow in cui Sandler offre la sua interpretazione più intensa e (forse) semi-autobiografica.
"Tua sorella è più ridicola del mio Tom Cruise quando parla di Scientology..."
Purtroppo questa volta con Jack e Jill tocca uno dei punti più bassi della sua carriera, andando a interpretare addirittura un doppio ruolo, quello di due gemelli: un uomo e una donna. Sandler va quindi a giocare la carta rischiosissima del travestitismo che può portare a risultati degni di nota come con il/la Robin Williams di Mrs. Doubtfire e il/la Dustin Hoffman di Tootsie, ma che nel suo caso si rivela un passo davvero disastroso verso il baratro senza ritorno di una nuova categoria che battezzo giusto per questo film: quella del trashgico.

La trama? Volete davvero sapere l’elaboratissima trama? Jack è un uomo di successo sposato con la moglie di Tom Cruise, ovvero Katie Holmes, che in pratica ha avuto tutto dalla vita. E Katie Holmes, come già successo nel pessimo horror Non avere paura del buio, è l’unica del cast a non sfigurare del tutto.
La sua sorella gemella Jill invece è parecchio più sfigata e fatica a trovare un uomo, anche perché è uguale spiccicata al fratello. E Adam Sandler con una parrucca sulla testa non è esattamente la donna più sexy che si possa immaginare. A meno che non si abbia un'immaginazione perversa.
Fatto sta che oltre ad essere fisicamente un tantinello mascolina, è pure una tipa parecchio odiosa. Quando va a far visita al fratello per il Ringraziamento, questi tenterà quindi in tutti i modi di cacciarla, per non dire ucciderla. Anche perché la voce di ‘sta “tipa” è il rumore più fastidioso del mondo, subito dopo questo…


"Johnny, credi possa ridurmi peggio di così?"
Per cercare di togliersela dai piedi, Jack prova ad accasare la sorella con qualche uomo. All’inizio senza successo, fino a che non entra in gioco… Al Pacino.
Se dopo aver visto Robert De Niro cadere sempre più in basso tra Ti presento i miei, Mi presenti i tuoi e Ti presento i miei cani pensavo sempre: “Beh, almeno ci resta Al Pacino, uno che non si è ancora sputtanato”. Ho parlato troppo presto. Ora, purtroppo, è successo: pure lui si è sputtanato. Si è proprio smerdato alla grande.
E in un cameo c’è persino Johnny Depp, un altro che tra Cappellaio Matto e The Tourist continua a smerdarsi alla stragrandissima.
Al Pacino, nella parte di se stesso!, si innamora di Jill e le fa una corte spietata, ma lei fa la preziosa e lui per cercare di conquistarla si renderà ridicolo in modi che nemmeno De Niro (ma forse manco Massimo Boldi) aveva mai sperimentato finora.


"Lo sapevo... ho parlato troppo presto!"
Raccontato così il film può anche suonare più o meno divertente e in fondo lo è. Tragicamente divertente. Non tanto quando vuole fare ridere, ma per l’assurdità delle situazioni in cui insiste per tentare di far ridere a tutti i costi. Suscitando risate isteriche di sbalordimento, più che risate sguaiate e divertite.
Insomma: non ridiamo CON Jack e Jill, ma ridiamo DI Jack e Jill.
Il risultato è un film come detto davvero oltre ogni soglia di bruttezza, corredato a inizio e fine pellicola da spezzoni documentaristici dedicati a veri gemelli che pure si sforzano di essere divertenti nelle maniere più patetiche possibili, ma semplicemente non lo sono. Sebbene, va detto, la presenza in contemporanea sullo schermo di due Sandler è realizzata in maniera parecchio più credibile rispetto, ad esempio, alla serie Ringer.
Alla fine, una pellicola di questo tipo è così palesemente terribile che non fa nemmeno rabbia. Nel suo genere, è persino un capolavoro in grado di far incetta di Razzies, nonostante l’agguerrita concorrenza. Scultissimo e quindi, a suo modo, da non perdere. Almeno se siete amanti autolesionisti del peggio trash. O meglio, del  peggio trashgico.
(voto 4/10)


lunedì 20 febbraio 2012

War Horse: non aprite quel cavallo

"Sono un tipo all'antica, io: quindi niente
sesso selvaggio equino fino a dopo il matrimonio, ok?"
Terminata l’atroce settimana sanremese, inizia la Oscar Week. Una settimana di programmazione speciale per Pensieri Cannibali, con alcuni recensioni dei film in corsa per l’ambita stutuetta, una speciale Blog War, pronostici, toto-awards e altro…
Apriamo però la settimana in bruttezza, tanto per dare un segno di continuità con l’ultimo Festival di Sanremo, con il peggio film candidato agli Oscar 2012: War Horse, of course...

Se c’è una cosa che non sopporto è chi sfrutta i bambini o gli animali per far provare compassione. Capisco usarli per rimorchiare qualche MILF al parco, però al cinema non si fa.
Steven Spielberg è era uno specialista nei film con protagonisti bambini. Cosa che non significa che facesse film infantili. Sa Sapeva fare pellicole ad altezza di bimbo (odio questa espressione, però rende l’idea) come il suo sommo capolavoro E.T., ma allo stesso tempo sapeva farlo senza parlare ai bambini come se fossero dei ritardati mentali. Per questo, non credo che il vecchio Spielberg abbia mai sfruttato i bambini, ma li abbia usati per raggiungere livelli cinematografici notevoli. E lo dice uno che ha apprezzato anche suoi film che hanno diviso parecchio la critica come A.I. con Haley Joel Osment e La guerra dei mondi con Dakota Fanning.
Ben diverso il discorso per quanto riguarda gli animali, dove lo Spielberg con War Horse raggiunge livelli persino peggiori di questi…


War Horse
(USA 2011)
Regia: Steven Spielberg
Cast: Cavallo Joey, Jeremy Irvine, Peter Mullan, Emily Watson, David Thewlis, Niels Arestrup, Tom Hiddleston, Benedict Cumberbatch, Celine Buckens, Toby Kebbell, Eddie Marsan, David Kross, Matt Milne, Robert Emms
Genere: equino
Se ti piace guarda anche: Babe, Free Willy, Furia cavallo del West, Luck, Seabiscuit, L’uomo che sussurrava ai cavalli, Mio Mini Pony

Un film su un cavallo?
Già mi sento male. Ancora mi devo riprendere dall’idea malsana di ambientare un’intera serie (Luck con Dustin Hoffman) nel mondo delle corse dei cavalli, ma ecco che dopo Seabiscuit, Furia cavallo del West, Black Stallion e Il ritorno di Black Stallion, pure Steven Spielberg, uno che ormai non sa più davvero cosa inventarsi per passare il tempo e fare soldi, si mette in sella e decide di diventare l’uomo che sussurrava ai cavalli.
Attenzione però, perché qui ci troviamo di fronte non a un cavallo da trotto, ma a un cavallo da tro…ia?!
Oops. No, scusate. Ho sbagliato traduzione. Pensavo che il titolo del film fosse Whore Horse.
Un cavallo da guerra, quindi, nientepopodimenoche un cavallo da guerra. Mizzega, ma dove le trovi certe idee, Steven, nel Dixan?
Ok, questa battuta è davvero vecchia. Quasi quanto il cinema di Spielberg e i monologhi di Celentano.

L'amore tra il cavallo Joey e l'attore Jeremy Irvine è proseguito anche
all'infuori del set... Ormai sono una delle coppie più invidiate di Hollywood.
Avete presente la commedia In & Out?
All’inizio, quando fanno vedere i filmati-parodia dei classici film da Oscar?
Ecco, War Horse utilizza dall’inizio alla fine tutti quegli espedienti enfatici tipici del classico film da Oscar. E io già al primo minuto mi son frantumato le palle, tanto per dirla in maniera delicata, con tutte queste riprese dall’alto di paesaggi immensi che tanto piacciono allo SfigSpielberg.
Al peggio però non c’è mai fine. Anzi, non siamo che all’inizio!
Subito dopo si passa al primo piano toccante (?) di un ragazzino che invece di stare a guardare dallo spioncino la Edwige Fenech o la Lory Del Santo di turno che fanno la doccia come in un film con Lino Banfi, è lì che si tocca mentre guarda un cavallo. Pervertito d’un pervertito!
Il culmine dell’amore interspecie si raggiunge però solo dopo, con uno scambio di sguardi ultra romantico tra il ragazzetto e il cavallo. E prendetevi una camera! O ancora meglio: prendetevi una stalla.

Steven, starai mica per addentrarti in un nuovo genere che mai hai esplorato fino a ora: quello del porno uomo/cavallo? Già Cicciolina ci aveva provato con discreti risultati, ma da te non me l’aspettavo.
Grande Spielberg che ancora mi sai sorprendere. Certo, se facevi un E.T. 2 ero più contento, per quanto io odi i sequel, ma invece hai lasciato il compito al tuo nuovo figlioletto J.J. Abrams con il suo riuscito Super 8. E tu sei finito a fare i porno con gli animali, che pure alla Ilona Staller riuscivano un po’ meglio. Ebbravo il vecchio sporcaccione!


Ma cos'ha di speciale questo cavallo che è più conteso di Bella in Twilight?
La storia d’amicizia (o dovremmo dire d’amore??) tra il ragazzo e il cavallo per quanto è troppo ruffiana per essere vera e i dialoghi (o meglio monologhi, ovviamente) tra i due sono una roba talmente fastidiosa che si finisce per invidiare Gesù Cristo quando è finito in croce.
Ma Joey, il cavallo protagonista, oltre che l’oggetto dell’interesse sentimentale di turno, è anche l’eroe della vicenda. La fattoria e l’intera famiglia del ragazzo sono infatti messe nelle mani, o meglio negli zoccoli, di questo cavallo inespressivo che dovrebbe imparare ad arare la terra, altrimenti so’ cazzi.
A completare il quadro da lacrima facile ci mettiamo dentro pure un padre alcolizzato. Cos’altro manca per rendere il tutto ancora più toccante ed epico? Ma la guerra, naturalmente.
Il film è ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, ovvero la versione noiosa della Seconda Guerra Mondiale, senza scene con eroine tarantiniane che danno fuoco ad Alemanno, pardon ai nazisti.

Il cavallo Joey in un'espressione felice
L’idea geniale (chiamiamola così) del film è quella di seguire non le vicende dei personaggi umani, bensì di seguire le avventure e disavventure del cavallo Joey attraverso tutti i suoi passaggi di padrone in padrone. Quindi dal ragazzino piagnone si passa al soldato che lo usa in guerra, poi passa ai tedeschi (che non erano tanto stereotipati nemmeno in Sturmtruppen) e quindi a una ragazzina francese che vive in una cascina insieme al nonno, in un quadro che più strappalacrime non si potrebbe immaginare: la tipa in seguito a un incidente infatti non può più cavalcare. Siete già in lacrime? Riuscite a pensare a qualcosa di più patetico di questo?
Quindi c’è qualche altro passaggio di proprietà che non ricordo, fino al finale che non vi rivelo, ma tanto se siete un attimo svegli già lo sapete come va a finire.
Eddai, che lo sapete…
ATTENZIONE SPOILER
Il primo proprietario, il ragazzino ormai cresciuto, corona finalmente il suo sogno d’amore insieme al suo ritrovato cavallo, i due si sposano e hanno tanti bei bambini interspecie, dei Centauri metà uomo e metà cavallo. Belli di mamma.
Il film non va a finire proprio in questo modo? Nella mia testa sì.

Il cavallo Joey in un'espressione triste
L’unica nota positiva sarebbe il cast di umani, che si comporta anche decentemente. Il problema è però che il film non è tanto su di loro, ma è tutto incentrato sul cavallo Joey. È lui il protagonista assoluto.
Avete presente quei film in cui gli animali recitano ai livelli o persino meglio degli animali?
Avete ancora fresco il ricordo dei cani divi di The Artist e Beginners?
Perfetto, non è questo il caso. Per niente. Perciò, caro Spielberg, almeno i primi piani sul cavallo ce li potevi risparmiare, visto che è del tutto inespressivo. È un po’ lo Steven Seagal dei cavalli! Anzi è la Elisabetta Cavallis dei cavallis.

Quanto al resto della confezione del film, tutto appare finto e stucchevole.
L’odore della guerra non si sente mai. Qui sembra che stiamo dentro un (brutto) film della Disney. Ogni cosa è in ordine, precisa e pulita. Praticamente tutti i soldati sono buoni e amorevoli nei confronti degli animali e pure dei nemici. La guerra non dovrebbe essere sporca, cattiva, violenta? Non esistono i cattivi?

Il cavallo Joey in un'espressione arrabbiata
Parentesi colonna sonora.
Il fatto che le scontatissime musiche composte da un imbolsito John Williams, ma più che composte ripescate a caso da uno qualunque dei suoi vecchi lavori, siano state preferite tra le nomination delle migliori soundtrack a quelle spettacolari dei Chemical Brothers per Hanna o a quelle di Alex Turner degli Arctic Moneys per Submarine la dice lunga sull’età media dei membri dell’Academy Awards. Roba che al confronto persino Sanremo fa la figura dello spettacolo innovatore. O quasi.
E a proposito di Chemical Brothers e cavalli, beccatevi la loro spettacolare Horse Power, con cui almeno ci rifacciamo un po’ le orecchie, alla facciazza di quei babbioni dell’Academy e dell’Ariston…


Tanto per non farsi mancare nulla, nel film c’è pure un dialogo tra due soldatini tedeschi offensivo nei confronti delle donne italiane. Così, totalmente gratuito:

“Il cibo in Italia è ottimo.”
“E le donne?”
“Non buone come il cibo.”
“Perché... hanno mangiato troppo?”

Tra i numerosi momenti scult, scultissimi del War Horse spielberghiano, segnalo poi la scena della fugona del cavallo dal campo di guerra, talmente esagerata e inverosimile che manco in un film con Will Smith s’era mai visto osare tanto.
Il limite massimo dell’inverosimile e del patetico si tocca però nel momento in cui un soldato inglese e uno tedesco depongono le armi e uniscono le forze per salvare il povero piccolo mini Pony rimasto intrappolato in un filo spinato. Sì va bene, e magari si sono presi pure una tazza di tè Earl Grey e hanno giocato alle bambole insieme.
"Vai pure con quel Jeremy Irvine che sarà più giovane e bello, ma ricorda
che senza di me non saresti nessuno, sgualdrino d'un whore horse!"
Spielberg, altroché Incontri ravvicinati del terzo tipo e Minority Report: il film più di fantascienza della tua intera carriera è questo!
Al peggio però non c’è mai fine, lo dicevo già prima, visto che la scena conclusiva è talmente scontata e smielata che secondo me andrebbe VIETATA alle persone diabetiche. Persino Winnie the Pooh soffrirebbe una crisi.

Tanto per citare Nancy Olson in Viale del tramonto, dopo che ha letto un copione scritto dal protagonista: “È una vera boiata. È un vero intruglio di melensaggine, non c’è che da gettarlo via.”
E War Horse è così: è la pellicola più disgustosamente buonista, paracula, ruffiana mai concepita, girata e ahimé realizzata. Roba da mattatoio del Cinema.
Se non si fosse capito fino ad ora, riassumo dicendo che questo film è la perfetta rappresentazione di tutto ciò che per me un film NON deve essere. Una pellicola che oltre a scadere nel facile pietismo, è pietosa e basta. Mentre tu, Steven, più che da cavallo, sei caduto davvero in basso.
Eppure War Horse è anche un film seriamente candidato. All’Oscar? Purtroppo sì, ma anche al titolo di pellicola più ridicola nella Storia del Cinema.
"Vooola mio Mini War Horse, vooola, quante avventure tu vivrai!"
E adesso da buon Kid faccio come i bambini, metto su il broncio, e con te Spielberg non ci gioco più.
(voto 0/10)

Nessun animale è stato maltrattato durante la scrittura di questo post.
Soltanto Steven Spielberg, considerabile dopo questo film non un ex grande regista ma proprio un ex regista e basta, cui ogni tanto ho dato qualche violenta frustata sulla schiena.

Di seguito il trailer ufficiale del film.

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