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martedì 14 luglio 2020

365 giorni, il film soft erotico neanche tanto soft polacco che sta facendo discutere il mondo




365 giorni
Titolo originale: 365 dni
Regia: Barbara Białowąs, Tomasz Mandes
Cast: Michele Morrone, Anna Maria Sieklucka, Natasza Urbanska


Netflix ha cambiato il modo di fruire la televisione. Il Coronavirus ha cambiato il modo di fruire il cinema. Dalla combinazione di questi due elementi, ne è venuto fuori il successo più clamoroso e inaspettato del momento.

Una volta, nell'epoca pre-COVID-19, il parametro principe con cui si misurava il successo di una pellicola era il box-office. Adesso che i cinema sono chiusi, o semichiusi, o comunque non danno film nuovi-nuovi, le classifiche di cui tenere conto maggiormente sono quelle dei servizi di streaming online, in particolare quella del più famoso e usato, almeno in attesa che Disney+ e PrimeVideo riescano nel sorpasso, ovvero Netflix.

venerdì 2 febbraio 2018

Cosa ca**o sta succedendo nel mondo del porno?





Per la serie: “Le inchiestone giornalistiche di Pensieri Cannibali”, ecco a voi il primo (e forse ultimo) appuntamento.

Cosa ca**o sta succedendo nel mondo del porno?

Una scia di cadaveri. Una scia di splendidi cadaveri di pornodive che non sembra aver fine. Era dai tempi d'oro della scena musicale di Seattle che non si assisteva a qualcosa del genere, e poi neanche. Tempi d'oro per i discografici, tempi più grami per cantanti e musicisti. Il loro male di vivere dava sì vita a canzoni e album memorabili, ma contemporaneamente portava loro verso la tomba.
Qualcosa di simile sta succedendo ora nel mondo del porno con base nell'assolata Los Angeles. Un ambiente che si immaginerebbe del tutto opposto a quello della piovosa Seattle anni '90. Fatto sta che nel giro di 3 mesi sono morte in circostanze sospette 5 pornostar.

mercoledì 9 dicembre 2015

Love NON è un film porno





Love
(Francia, Belgio 2015)
Regia: Gaspar Noé
Sceneggiatura: Gaspar Noé
Cast: Karl Glusman, Aomi Muyok, Klara Kristin, Gaspar Noé
Genere: (non) porno
Se ti piace guarda anche: Enter the Void, Nymphomaniac, La vita di Adele

Love non è un film porno.

È vero che, senza le scene di sesso, la sua durata passerebbe da 2 ore e 15 minuti a un'oretta scarsa, forse anche meno, però non è un film porno.

È vero che in Love fanno delle robe che non si vedono manco su Brazzers, però lo ribadisco: non è un porno.

È anche vero che Love è il film per cui sono stati spesi meno soldi in vestiti nel corso del 2015, visto che gli attori recitano quasi sempre nudi, però questa è una scelta di tipo economico. Se Renzi adesso dice: “Per ogni euro che diamo alla sicurezza, diamo un euro anche alla cultura”, Hollande al momento è invece più per dare un euro a un cacciabombardiere per ogni euro dato a un cacciabombardiere, e niente alla cultura, o ai vestiti degli attori. E, purtroppo per il regista Gaspar Noé, Love è una produzione francese. Si potrà poi discutere del fatto che da noi i cinepanettoni vengano considerati beni culturali finanziati dallo Stato, o del fatto che Love più che un film sembra un porno, ma d'altra parte il porno non è cultura? Non è forse la più antica forma di cultura del mondo?

sabato 6 dicembre 2014

COTTA ADOLESCENZIALE 2014 – N.8 VALENTINA NAPPI






8. Valentina Nappi
(Italia 1990)
Genere: pornostar e blogger, ma non chiamatela pornoblogger
Il suo 2014: un sacco di porno, ma anche un sacco di post sul suo blog

Valentina Nappi è l'attrice italiana oggi come oggi più famosa nel mondo.
Siete grandi appassionati di cinema eppure non l'avete mai sentita nominare?
Questo può significare solo due cose:

A) Siete donne
B) Qualcuno ha messo il parental control sul vostro computer e non potete visitare i siti per adulti

Ho dimenticato di specificare che Valentina Nappi è un'attrice pornografica, ma credo che a livello di popolarità in generale nel mondo attualmente se la giochi alla grande pure con una Monica Bellucci, appena scelta come nuova Bond Girl (girl si fa per dire).
Oltre a tenere alta la bandiera (e forse non solo quella) dell'Italia nel mondo, oltre a essere una delle professioniste più apprezzate nel settore, oltre ad aver dimostrato una grande versatilità nell'affrontare personaggi e situazioni tra le più differenti ed estreme recitativamente parlando, Valentina Nappi è una che sa il fatto suo anche al di fuori del set. Molto attiva non solo a livello sessuale, ma pure su Twitter, sui social network e sul suo blog personale all'interno di MicroMega di Repubblica, dove non risparmia commenti anche e soprattutto politici, così come la collega Sasha Grey – sempre sia lodata – non è estranea a velleità artistiche, filosofiche e culturali.
Oggi la Nappi, originaria di Pompei ebbene sì, è l'attrice pornografica italiana più nota nel mondo, ma domani – chissà? – potrebbe davvero essere l'attrice in generale italiana più conosciuta nel mondo. Con buona pace di Monica Bellucci.

giovedì 4 dicembre 2014

MAN OF THE YEAR 2014 – N. 9 ANDREA DIPRÈ





9. Andrea Diprè
(Italia 1974)
Genere: giegno
Il suo 2014: una serie di video di sempre maggiore successo su YouTube, guest-star in un episodio della serie di Maccio Capatonda Mario, il Macchianera Award di cattivo più temibile della rete

Chi è Andrea Diprè?
Andrea Diprè è un mito.
Non vi basta come descrizione? Aggiungo allora che è una web celebrity, è un critico d'arte 2.0, è l'erede di Vittorio Sgarbi, ma è anche molto di più. Dipré si occupa di cultura pop a 360°. Con le sue video interviste ormai diventate leggendarie in rete ha incontrato i più variegati tra i personaggi, andando a cercare l'arte anche nelle sue forme considerate più basse o trash, passando dal mondo del cinema per adulti con Sasha Grey e varie altre pornostar alla scena rap milanese con Bello Figo Gu (ex Gucci Boy), senza farsi mancare qualche incursione vagamente politica, ad esempio quando ha intervistato la figlia di Beppe Grillo aspirante cantante, e senza dimentica persino l'impegno sociale, attraverso l'incontro con il caso umano Sara Tommasi.

Oltre a un'apparizione come guest-star nella seconda terza stagione della serie di Mtv Mario, il 2014 l'ha visto trionfare ai Macchianera Awards, i premi della rete in cui tra i migliori siti cinematografici era nominato anche Pensieri Cannibali, dove si è portato a casa il riconoscimento di cattivo più temibile dell'anno. Sul fatto che Andrea Diprè sia davvero temibile ci sarebbe da discutere, anche se la vera domanda è un'altra: quest'uomo è un genio o un ciarlatano?
Ai posteri, e a voi, l'ardua sentenza.

martedì 29 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – VULVUME 2, SE NON VIENI FRUSTATO GODI SOLO A METÀ




Nymphomaniac – Volume 2
(Danimarca, Belgio, Francia, Germania, UK, 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. II
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Christian Slater, Willem Dafoe, Mia Goth, Udo Kier, Jean-Marc Barr, Ananya Berg
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: La vita di Adele, Antichrist, Dogville, Kill Bill

Una cosa, una delle tante a dirla tutta, che non condivido degli sport è il fatto che una squadra in casa di solito giochi meglio e abbia risultati migliori rispetto a quando è in trasferta. Capisco che il tifo a favore possa essere un bell’incitamento, ma non lo condivido. A me fa piacere ricevere complimenti, come a tutti, però è dalle critiche che ricevo lo stimolo più forte a fare meglio. Se fossi una squadra sportiva, probabilmente darei il massimo in trasferta. Credo che lo stesso valga per Lars von Trier. È dalle critiche, spesso anche feroci, nei confronti dei suoi ultimi lavori Antichrist e Melancholia, i primi due capitoli della cosiddetta Trilogia della Depressione, così come verso le sue dichiarazioni non grate al Festival di Cannes 2011, che è venuta fuori la rabbia per tirare fuori un film come Nymphomaniac, nuovamente amatissimo e altrettanto odiatissimo e criticatissimo, per le più svariate ragioni.

Nymphomaniac è un film malato, misogino, sessista, satanista, razzista?
Malato, questo è certo. Talmente malato da meritarsi su Pensieri Cannibali non solo un primo post orgasmico, non solo un secondo post più riflessivo, ma anche un terzo post sadomaso e infine oggi un quarto post, che proverà ad addentrarsi attraverso quelle sopra citate e altre spinose questioni. Il mio ruolo? Quello dell’avvocato difensore di Lars von Trier. Esatto, faccio l’avvocato del diavolo. Chiametemi – ma solo per oggi – Niccolò Ghedini.


ATTENZIONE SPOILER
A uno sguardo superficiale, alcune accuse nei confronti del regista danese possono venir fuori in maniera semplice. In Nymphomaniac – Volume 2, la protagonista utilizza la parola “negro”, mentre Lars von Trier usa i personaggi di colore in base unicamente alla loro caratteristica sessualmente più stereotipata: il cazzo grosso. Attraverso un dialogo della pellicola, emerge il punto di vista del regista sulla questione.

Joe/Charlotte Gainsbourg dice: “Ogni volta che una parola diviene proibita, si va a togliere una pietra miliare nelle fondamenta democratiche. La società rivela la sua impotenza di fronte a un problema concreto, rimuovendo termini dal vocabolario.
Il moralista Seligman/Stellan Skarsgård a ciò ribatte: “Penso che la società sottolineerebbe che l'essere politicamente corretto è una forma di democratica preoccupazione per le minoranze.
Joe/Charlotte Gainsbourg, non convinta, ribadisce: “E io dico che la società è codarda tanto quanto le persone che la formano che, secondo la mia opinione, sono troppo stupide per la democrazia.

Nel corso del Vulvume 1 di Nymphomaniac, non era ancora del tutto chiaro da che parte stesse Lars von Trier, se più da quella dell’uomo, Seligman, o della donna, Joe. Con questo Vulvume 2 appare piuttosto evidente che Lars è Joe. Joe è Lars. Lars è una vulva. Alla faccia del regista misogino e maschilista. Se già con Melancholia le figure maschili apparivano parecchio deboli e l’ultima possibilità di una qualche salvezza per l’umanità era rappresentata dalle donne, qui il regista alza ulteriormente il tiro alla sua critica a una società maschiocentrica, identificandosi nella sua protagonista. La ribelle, la depravata, la rinnegata, la “persona non grata”.


Laddove nella società odierna il sesso viene spesso indicato come un peccato, qui la colpa sembra invece essere l’amore. La dittatura dell'amore. Quando Joe pensa di essere innamorata di Jerome e sembra pronta a una vita monogama e dedicata alla famiglia, ecco che perde il suo “superpotere”. Diventa frigida, incapace di provare piacere. A questo punto è l’amore il vero peccato da espiare. Per ritrovare la sua sessualità perduta, Joe si affida alle pratiche sadomaso. Qui Lars von Trier indugia in maniera sadica sulle torture che le sono inflitte, tanto da far apparire le frustate de La passione di Cristo e quelle di 12 anni schiavo come delle carezze al confronto. E qui possono piovere giù di nuovo le critiche di misoginia. Lars ci gode a vedere le donne soffrire e bla bla bla. Attenzione però, perché nel finale c’è la vendetta di Joe e la vendetta di Lars, con un colpo di pistola che uccide queste accuse e fa del regista un autentico femminista. Se von Trier è effettivamente sessista, forse andrebbe considerato anti-uomo piuttosto che anti-donna. La prova più evidente di ciò, ancor più che nel finale, sta nella scena del parcheggio presente nel Volume 1. Donna al volante, pericolo costante? Non per von Trier, visto che Joe fa un parcheggio da manuale che Shia LaBeouf si può solo sognare. E quella automobilistica, signori e signore, è l’umiliazione più grande che può essere inflitta da una donna a un uomo.


Riguardo alle possibili accuse di essere un film satanista o quantomeno blasfemo, alla fine della fiera ci sono giusto un paio di passaggi controversi, come la preghiera cattolica “Mea culpa” storpiata nel divertente “Mea vulva mea maxima vulva”, e l’apparizione mistica non della Vergine Maria, bensì di un paio di figure un po’ meno vergini. Al di là di queste sequenze e della "musica satanica", la musica metal dei Rammstein presenti in colonna sonora a inizio pellicola, Nymphomaniac offre semmai delle riflessioni interessanti sulla religione. Non credo che il pur progressista Papa Francesco Vol. I riuscirebbe a sostenere la visione della pellicola senza rimanerne oltraggiato o schifato, però non è nemmeno un lavoro così irrispettoso da un punto di vista religioso, soprattutto nel capitolo 6, intitolato “La chiesa orientale e la chiesa occidentale (l'anatra muta).”


Torniamo ora alla questione d’apertura: il razzismo. Al di là della discutibile, ma comunque parecchio divertente, scenetta con protagonisti i “negri”, l’accusa principale che viene rivolta a Lars von Trier è quella di essere un nazi. E questo “soltanto” per aver detto durante un’ormai famigerata conferenza stampa nel corso del Festival di Cannes 2011:

Capisco Hitler, capisco l'uomo che è po' pieno di male, certo sono contrario alla seconda guerra mondiale e non sono contro gli ebrei, ma in realtà non troppo perché Israele è un problema, come un dito nel culo, fa cagare.” (da Repubblica)

Alla fine del capitolo 8, il capitolo conclusivo “La pistola”, Joe fa fuori il suo ascoltatore/spettatore, Seligman, che è ebreo, come aveva dichiarato durante il vol. 1, però è un ebreo non praticante, quindi non starei a concentrarmi tanto su questo aspetto. Il proiettile che esce dalla pistola di Joe, ovvero la pistola di Lars, non credo sia rivolta al popolo ebreo. È semmai rivolto contro i critici, i giornalisti che l’hanno accusato, la società che subito l’ha messo in un angolo perché se n’è uscito con delle dichiarazioni del tutto all’infuori dei canoni del politically correct. Alla fine di Nymphomaniac, Lars von Trier fa fuori lo spettatore della storia di Joe, Seligman, e fa fuori lo spettatore del film, lasciandolo solo nel nero della sala cinematografica.


Se le intenzioni iniziali del regista forse erano quelle di realizzare un porno d’Autore, o - chissà? - costruirsi un posto al sole da nuovo Tinto Brass, il risultato finale di Nymphomaniac è qualcosa di molto diverso e molto di più. Il sesso c’è, ce n’è tanto e ci sono un sacco di nudi, eppure Lars non c’è nemmeno andato giù troppo pesante, sarà per il fatto che da noi il film è approdato in versione censurata. Abdellatif Kechiche con La vita di Adele aveva ad esempio proposto delle trombate lesbo ben più lunghe ed esplicite. L’intento provocatorio di un’Opera mastodontica come Nymphomaniac non è allora tanto a livello visivo, quanto come contenuti dei dialoghi. Nymphomaniac è un manifesto esistenziale del Rust Cohle dei registi. Un film politico. Una rivoluzione del cazzo, anzi una rivoluzione della vulva contro la dittatura dell’amore.
Come enunciato nel capitolo 7, “Lo specchio”, attraverso le parole di Joe:

"L'empatia che declami è finta, perché voi tutti lo siete. È la morale religiosa il cui compito è di cancellare la mia oscenità dalla faccia della terra, così che i borghesi si sentano meglio. Non sono come voi. Io sono una ninfomane e amo esserlo. Ma soprattutto amo la mia vagina e la mia sporca, lurida lussuria."

C’è così tanto, dentro Nymphomaniac. È una riflessione a 360° sulla sessualità, non solo sulla dipendenza della ninfomane protagonista, ma c’è spazio anche per l’amore omosessuale, con una versione più soft del citato La vita di Adele, per il sadomaso, e poi, nel passo più estremo dell’intera pellicola, si parla persino di pedofilia, in un modo ovviamente ancora una volta lontano anni luce dal politically correct:

Il pedofilo che riesce a vivere la sua vita con la vergogna del suo desiderio senza mai metterlo in pratica, meriterebbe una fottuta medaglia” dice Joe.

"Aaah, sì, Lars. Tu sì che mi ecciti, altroché i One Direction!"

In passaggi come questo emerge chiaramente la voglia di von Trier di andare oltre le convenzioni, oltre al pensiero unico di una società fascista nel suo ipocrita buonismo di facciata, non tanto per una provocazione fine a se stessa, ma perché lui è fatto così e lo conferma tramite le parole del suo alter ego cinematografico Joe:

Ho capito che la società non ha un posto per me e io non ho un posto per la società.

In Nymphomaniac si possono scorgere i riflessi di tutte le accuse piovute addosso al regista dopo Cannes del 2011. La sua risposta è arrivata con un lavoro rabbioso, incazzato al punto giusto, ma non solo. Nymphomaniac è anche un film profondamente riflessivo, esistenziale, il cui valore è superiore alla semplice somma delle parti. Dietro le scene di sesso, le frustate e i momenti più forti ed estremi, possiamo vedere l’ombra di un uomo, Lars von Trier. Una persona non grata, ma una persona bellissima, un essere bastardo e complesso che in realtà non è malvagio come la società vuole dipingerlo. È la società a essere malvagia. È la società il vero mostro.
(voto 9/10)

lunedì 28 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – L'APPUNTAMENTO SADOMASO




Allora, Lars, cominciamo?

Come, hai già iniziato da solo?

Uffa. Te lo concedo, ma solo perché è il secondo capitolo della tua personale sega cinematografica.

Tutto bene, comunque, Lars?
Che ti succede? Mi sembri un pochino diverso rispetto all’altro appuntamento. Rispetto al Volume 1 dei nostri incontri. Lì eri più ironico, brillante, leggero, direi quasi. Adesso mi sembri più riflessivo e cattivo.

Cattivo ragazzo, che ci fai con quella divisa da SS addosso?
Ah, ok, ho capito: oggi ti va di fare giochi di ruolo.

Hey, ma quella frusta è proprio necessaria? Stai cominciando a farmi paura, Lars.

No, fermo, che fai?

Nooooooo.

Non voglio.

NOOOOOOO!


Ahia. Che dolore!


AAAHI, heeey che diavolo combini?


Però… non è così male come pensavo...

A dire il vero è piacevole. Chi l'avrebbe detto?
Sadomaso è bello.
E allora sì, Lars.


Sììì

Sììììì

Sììììììì, Lars!!!


Oh, Lars. Anche questa volta sei riuscito a stupirmi. È un piacere differente rispetto a quello dell’altro volume, però è pur sempre un piacere.
Un piacere notevole.
Dai allora, vai avanti che ormai c'ho preso gusto.


Sììììì.


Ahi.


Sììììììììììììì.


AAAAAAAAAAAAHIAAAAAAAA!


Fai di me il tuo schiavo.
Fai di me il tuo 12 anni schiavo.

Bello violento, porcellone di un Lars, bravo!
Lo sapevo che eri un animale, a letto. L’altra volta sei stato persino troppo romantico e teneroso, adesso sì che ci vai giù pesante.
Non smetti proprio mai di sorprendermi, tu. Sei riuscito persino a far passare Christian Slater per un vero attore. E dico Christian Slater, uno che sono almeno vent’anni che non fa un film decente e negli ultimi tempi ha collezionato solo una lunga serie di serie tv subito cancellate. Come una versione per il piccolo schermo del Jep Gambardella de La grande bellezza, Christian Slater non vuole solo partecipare alle serie televisive. Lui vuole avere il potere di farle fallire.
Ma dimentichiamoci di Slater e pensiamo solo a noi, Lars.
Al nostro rapporto malato.

Vai, non ti fermare!

Aaah, sì, ahia.

Dai, continua a farmi del male, Lars, che mi piace.

Sì, daaai.

Una frustata contro il cinema edificante.
Sììì!

Una frustata contro il buonismo.
Sìììììì, così!

Una frustata contro la dittatura dell’amore.
Aaaaaaah, sììììì Lars, sto
VENENDOOOOOOOOO!!!


Nymphomaniac – Volume 2
(Danimarca, Belgio, Francia, Germania, UK, 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. II
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Christian Slater, Willem Dafoe, Mia Goth, Udo Kier, Jean-Marc Barr, Ananya Berg
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: La vita di Adele, Antichrist, Dogville, Kill Bill
(voto 9/10)

martedì 8 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – VOLUME 1, UNA VULVATA PAZZESCA




Nymphomanic – Volume 1
(Danimarca, Germania, Francia, Belgio, UK 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. I
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Sophie Kennedy Clark, Shia LaBeouf, Christian Slater, Connie Nielsen, Uma Thurman, Felicity Gilbert, Hugo Speer, Ananya Berg
Genere: pop porno
Se ti piace guarda anche: Shame, Kill Bill, Melancholia

Il mondo gira intorno a un’unica cosa. E anche il cinema. Prendete i film di David Lynch, Quentin Tarantino, Woody Allen, Roman Polanski, giusto per dirne alcuni. Girano tutti quasi sempre intorno a quella cosa. Se non ci fosse, penso che manco farebbero film. Di cosa parla la prima scena del debutto di Tarantino, Le iene? Qual è l’ultima frase dell’ultimo di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut? E un film impegnato come il Faust di Aleksandr Sokurov, su cosa ruota?
Cosa dire poi del rock, delle rock band? Pure quelle, tutte nate per un motivo solo.
E poi voi, quando siete nati, da dove siete usciti?


Non scandalizziamoci allora e non facciamo tanto i moralisti se su quella cosa Lars Von Trier, il solo e unico führer del cinema mondiale, ha voluto incentrare la sua doppia mastodontica ultima pellicola, Nymphomaniac. Yes he can.
E non scandalizziamoci nemmeno se Pensieri Cannibali a un film tanto importante ha dedicato una nuova recensione, dopo quella orgasmica di ieri.

Quando ho iniziato l’avventura Nymphomaniac ho pensato: “Se questo film non è una figata pazzesca giuro che mi taglio le palle.” Per i primissimi minuti ho temuto il peggio, per le mie palle. Lars von Trier, da buon bastardo qual è, gioca a infastidire lo spettatore, con un’apertura lenta, quieta, buia e poi, quando meno te lo aspetti, all’improvviso ti spara i Rammstein a tutto volume. Roba che qualche debole di cuore ci potrebbe anche lasciare le penne. Lars von Trier entra poi in una modalità narrativa lineare, schematica, oserei dire quasi semplice. Come in molte grandi storie tradizionali, c’è un narratore, Charlotte Gainsbourg, e c’è un ascoltatore, Stellan Skarsgård. È come se fosse una fiaba, solo con contenuti vietati ai minori. Una porno fiaba.


Von Trier fa tanto il ribelle, il trasgressivo, ma alla fine pure lui ha bisogno di disciplina. Ancora una volta, si affida quindi a una struttura molto letteraria con una suddivisione in capitoli, come già successo in altri suoi film, da Le onde del destino ad Antichrist, passando per Dogville. La pellicola è inoltre divisa in due parti, come La vita di adele, un lavoro che in quanto a sesso esplicito non ha nulla da invidiargli, e come Kill Bill. Nymphomaniac è il Kill Bill del sesso. Pure qui abbiamo capitoli girati con stili differenti, uno ad esempio è in bianco e nero, e anche qui viene affrontato il discorso dell’iniziazione all’azione, sebbene virata in termini sessuali, con la protagonista che come maestro di vita ha B al posto di Pai Mei, e ha un rapporto di amoreodio nei confronti di un uomo, qui Jerome, laddove là era Bill. E poi pure qui abbiamo la sposa Uma Thurman.
Uma Thurman che tra l’altro compare nel terzo capitolo che compone la pellicola, “Signora H.”, quello più grottesco e ilare. Perché sì, in questo film si ride, anche. Lars von Trier aveva dato prova di essere un commediografo, un buon commediografo con un senso dell’umorismo tutto particolare, già con Il grande capo e pure in questo Vulvume 1 di Nymphomaniac emerge spesso il suo sguardo ironico e beffardo. Può non sembrare, ma Lars von Trier è un simpaticone, in fondo in fondo.


Spesso Lars von Trier è stato accusato di misoginia. Solo perché le donne nei suoi film subiscono torture, punizioni divine, atrocità e umiliazioni assortite? Può darsi. Eppure Melancholia, ad andare a guardarlo bene, presentava una visione piuttosto femminista del mondo. Qui, ancora una volta, Lars il presunto misogino ha voluto raccontare la storia di una donna. La protagonista di Nymphomaniac è Joe la ninfomane, interpretata da giovane dalla promettentissima esordiente Stacy Martin, e da “vecchia” da Charlotte Gainsbourg, arrivata ormai alla terza pellicola vontrieriana, Santa Donna che riesce a sopportarlo. Che allora il burbero regista non sia più così burbero come si diceva in passato, quello capace di traumatizzare la povera Bjork che dopo Dancer in the Dark non ha mai più girato un film?
Nonostante la presenza di una protagonista femminile, in Nymphomaniac possiamo trovare molto di von Trier. Il danese ha messo qui dentro tutta la sua visione della figa vita, delle donne, dei rapporti tra uomini e donne, certo, ma non solo. Lars attraverso quest'opera si è tolto parecchi sassolini dalle scarpe e ha risposto velatamente alle accuse di antisemitismo piovutegli addosso a Cannes attraverso una frase affidata al protagonista maschile, un uomo ebreo interpretato da Stellan Skarsgård: “Siamo sempre stati antisionisti, che non è la stessa cosa dell'essere antisemita.”


In un altro momento del film, von Trier lascia invece spazio al suo rapporto con Dogma 95, il movimento cinematografico da lui stesso fondato insieme a Thomas Vinterberg e che prevedeva alcune regole per le riprese delle pellicole (niente luci, scenografie, colonna sonora, etc.). Regole così radicali che persino gli stessi creatori del manifesto le hanno ben presto abbandonate. La stessa cosa capita nel film con Joe e B (l’altra attrice rivelazione Sophie Kennedy Clark, novella Kirsten Dunst) che fondano un club per ninfomani, la Piccola Congrega, seguendo il motto “Mea vulva mea maxima vulva”. Tra le regole di questo Fight Club del sesso, non si può farlo con lo stesso partner più di una volta e non ci si può innamorare. Non ci si deve innamorare.
“Contro cosa vi ribellavate?” chiede Stellan Skarsgård.
“L’amore,” risponde Charlotte Gainsbourg.
Con una regola tanto rigida, presto il club inevitabilmente si sfalderà, così com’è successo nella realtà al Dogma 95.


Con Nymphomaniac, Lars von Trier svela inoltre finalmente la sua vera ambizione: quella di diventare il nuovo Tinto Brass. Altroché Cinema d’autore. Lui vuole fare Porno d’Autore. In questo film il regista danese è più diretto che mai. Non si rivolge a un pubblico d’elite. In Nymphomaniac ci sono varie scene di sesso esplicito, eppure Lars non lambisce i territori dell’hardcore, né dall’altra parte tende a una visione pop porno patinata e glamour alla Playboy o alla Brazzers. Utilizza sempre il suo stile nudo e crudo ma, nonostante la tematica affrontata, non esagera nemmeno come ci si sarebbe potuti immaginare, sarà perché la versione arrivata nei cinema italiani è censurata e non è il director’s cut del regista. L’unico momento in cui si è forse fatto prendere un po’ la mano è la galleria di cazzi, un momento di quelli in cui von Trier si ricorda di essere un gran bastardo ed è come se dicesse: “Vi aspettavate un film pieno di fica? E io invece vi regalo una bella e variegata rassegna di bigoli!”.


Per quanto lontano dall'essere patinato, Lars von Trier ci ha regalato il suo film più "commerciale". Oltre alla scelta di fare un film sul sesso e il sesso si sa vende sempre, il regista è qui molto diretto ed esplicito anche nel modo di affrontare l’argomento, evita di essere criptico come in passato e utilizza passaggi che non lasciano grosso spazio all’immaginazione, oltre a momenti quasi didascalici in cui ricorre a delle metafore che possono essere comprese da tutti, non solo dal pubblico snob dei festival cinematografici. La caccia di una preda sessuale viene così paragonata alla pesca, nel primo capitolo dell’opera, "Il pescatore provetto", in cui v’è inoltre un uso fighissimo di “Born to Be Wild” degli Steppenwolf, brano celeberrimo e già strausato dal cinema – qualcuno ha detto Easy Rider? – ma che nelle mani del danese trova una nuova vita. Così come il “Waltz no. 2” di Dmitri Shostakovich, già sapientemente utilizzato da Stanley Kubrick in Eyes Wide Shut, ritorna in Nymphomaniac come tema ricorrente e fa sempre la sua porca figura, senza che appaia abusato.


In un paio di altri capitoli, von Trier cerca inoltre di convincerci che un cuore ce l’ha persino lui. Forse. Nel secondo capitolo “Jerome” si dà spazio a quello che pare essere il grande amore nella vita di Joe la ninfomane e che ha le sembianze di un Shia LaBeouf finalmente convincente e lontano anni luce dalle hollywoodianate alla Transformers per cui è diventato celebre. Ma di questo suo lato B, di questo suo lato indie l’attore ci aveva già dato dimostrazione con il video di “Fjögur” dei Sigur Rós.
Nel quarto capitolo, “Delirium”, viene invece fuori il toccante rapporto di Joe con il padre, un Christian Slater ancora più sorprendente e inedito di Shia LaBeouf, con alcuni momenti che lambiscono i territori del melodrammatico. Per questa parte, la più emotivamente forte del lavoro, Lars von Trier ha scelto il bianco e nero, come se lo considerasse il capitolo più hardcore, e per mitigare le emozioni ha deciso di epurare l'immagine dai colori, quasi per nascondere la vergogna di essere diventato troppo sentimentale.


Amm-sesso e non con-sesso che questo Nymphomaniac sia un film sul sesso, stiamo quindi parlando del film sul sesso definitivo?
In pratica sì, però non tutto convince fino in fondo. Dopo 4 primi capitoli impeccabili, come collegamento al Volume 2 della sua opera Lars von Trier ci presenta un quinto capitolo, “The Little Organ School”, abbozzato e con una metafora musicale giocata sulla polifonia di Bach leggermente telefonata. Nymphomanic parte quindi come una scopata epica e si conclude con un coito interrotto. Una scelta credo voluta da parte di quel bastardone di Lars von Trier, in modo da lasciare ancora con il desiderio acceso, per un secondo volume che promette di essere un’altra esperienza da non perdere, in grado di regalarci una visione più completa dell'insieme. Già nel primo volume comunque c’è di che godere, godere parecchio, anche se devo ammettere che a inizio visione mi sbagliavo. Nymphomaniac non è una figata pazzesca, come immaginavo. Nymphomaniac è una vulvata pazzesca.
(voto 9,5/10)

lunedì 7 aprile 2014

NYMPHOMANIAC, IL CINEORGASMO




Aah.

Sì, così.

Aaah.

Bravo Lars.

Aaaaah.

Sììì.

Sììì, o cazzo, sì.

Continua… dai dai, più veloce adesso, dai dai, più veloce.
Forza!

No, hey, ora rallenta, stallone non Sylvester.
Più piano.
Un po’ più piano…
Ancora un po’ di più…
P i ù  p i a n o
P     i      ù         p      i      a      n      o
Più...
Oh sì, è così che mi piace.


Embè, perché mi guardi male?


Oookay, me ne sto un po’ senza dire niente, che quelli che parlano mentre lo fanno ammazzano tutta l’atmosfera.





Aaah…

Almeno aaah posso dirlo?
Mi è consentito dire almeno questo?

Aaaaah

Aaaaaaaaaah

AAAAAAAAAAAH

AAAAAAAAAAAH

CAZZO AAAAH O CAZZO AAAAAAAAH

Ci sono, ci sono, ci sono ci sono ci sono sono sono sono sono ooooooooo

OMIODDIO SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII’


Sì, Lars sì. Così si fa.
Che scopata, Lars, che scopata!
Bravo, Lars. Non dare retta a chi ti critica. Sono solo invidiosi del tuo enorme...
talento.

E adesso, che ci fai ancora nel mio letto?
Che altro vuoi?
Le coccole?
Sul serio?
Rivestiti, che la visione del tuo culo flaccido ora che gli effetti dell’alcol stanno svanendo non mi sembra più tanto allettante. E poi la parte del romantico non fa per te. Ci rivediamo tra qualche settimana, per il Volume 2… volevo dire per un’altra scopat… volevo dire per un altro appuntamento galante.
Che altro c’è, adesso?

Ah già, scusami. I soldi per il taxi li trovi sul comodino.
Ora levati dalle palle, Lars, e lasciami fumare una sigaretta post orgasmica in santa pace!


Nymphomanic – Volume 1
(Danimarca, Germania, Francia, Belgio, UK 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. I
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Sophie Kennedy Clark, Shia LaBeouf, Christian Slater, Connie Nielsen, Uma Thurman, Felicity Gilbert, Hugo Speer, Ananya Berg
Genere: pop porno
Se ti piace guarda anche: Shame, Kill Bill, Melancholia
(voto 9,5/10)

domenica 30 marzo 2014

LOVELACE, LA PROFONDA STORIA DI GOLA PROFONDA




Lovelace
(USA 2013)
Regia: Rob Epstein, Jeffrey Friedman
Sceneggiatura: Andy Bellin
Cast: Amanda Seyfried, Peter Sarsgaard, Juno Temple, Robert Patrick, Sharon Stone, Adam Brody, Chris Noth, Bobby Cannavale, Hank Azaria, Chloë Sevigny, Debi Mazar, Wes Bentley, Eric Roberts, James Franco
Genere: soft-porno
Se ti piace guarda anche: Boogie Nights, Dietro i candelabri

Hanno fatto un film su Linda Marchiano.
Chiiiiiiii?
Codesto nome non vi dice nulla? Riproviamo con quello di battesimo: Linda Susan Boreman.
Ancora niente?
E va bene, diciamolo in un altro modo: hanno fatto un film su Linda Lovelace.


A questo punto, ai più esperti di cinema porno tra voi, ovvero il 90% dei lettori cannibali, saranno scattate le antenne, e pure qualcos’altro. Linda Lovelace è stata infatti la prima vera pornostar dell’industria delle pellicole per adulti. Questo per una sua grande abilità.
La recitatione?
No, l’arte nel fare i pompini, esibita generosamente, mooolto generosamente in Gola profonda, un pornazzo che nel 1972 si è trasformato in un vero e proprio fenomeno della pop culture e ha sdoganato il genere a luci rosse presso un pubblico vasto e anche intellettualoide. Ovvio, non è che le famiglie si siano messe a portare i bambini a vederlo al posto dei film Disney, però ha fatto registrare incassi paurosi, mai realizzati prima e credo nemmeno dopo da un porno. Il merito di tanto clamore stava in una cura quasi autoriale nella realizzazione da parte del regista e sceneggiatore (ebbene sì, il film aveva una sceneggiatura di 42 pagine!) Gerard Damiano, così come in una buona dose di ironia presente e poi soprattutto in lei, Linda Lovelace, lei e la sua bocca. Gola profonda è stato un cult movie che ha sdoganato i film erotici e pure l’arte del pompino presso il pubblico di massa, o quasi, talmente entrato nell’immaginario collettivo dell’epoca da essere persino usato come alias dall’informatore segreto dello scandalo Watergate.

Lovelace il film racconta di come una ragazza timorata di Dio, una brava ragazza con dei genitori vecchio stampo e solidi valori sulle spalle, sia diventata un fenomeno del porno. Racconta della lavorazione della tanto discussa, famosa e famigerata pellicola Gola profonda, con tanto di protagonista maschile interpretato da Adam “Seth Cohen di The O.C.” Brody. O almeno nella prima parte racconta questo, risultando un Boogie Nights meno d’autore, d’altra parte tali Robert Epstein e Jeffrey Friedman in 2 non fanno 1 Paul Thomas Anderson, ma comunque è una piacevole ricostruzione del mondo del porno degli Anni Settanta.

"Sono la bomba sexy di Basic Instinct, non si vede?"
Nella seconda parte il film prende invece tutta un’altra piega. Si trasforma nel dramma di Linda Lovelace, fanciulla sfruttata dal sistema pornografico e che vedrà a mala pena $1000 dei $600 milioni che il suo film di maggior successo frutterà nel mondo. Soprattutto, ci mostra una fanciulla sfruttata dal marito, interpretato da un perfido Peter Sarsgaard, a mio parere uno degli attori più in forma del moemnto, si veda anche la sua recente partecipazione all’ultima stagione di The Killing, ma purtroppo troppo sottovalutato. È lui il più convincente del cast, che vede anche il prezzemolino James Franco nei panni di Hugh Hefner di Playboy, una sempre spumeggiante Juno Temple e una Sharon Stone irriconoscibile, lontana anni luce dai tempi sexy di Basic Instinct e che qui ha la ben poco hot parte della madre della protagonista.


"Giro 50 film all'anno, volevate me ne perdessi uno sul mondo del porno?"

E la protagonista?
Mi sono sempre chiesto se Amanda Seyfried mi piacesse o meno. In Mean Girls era spassosissima, in Jennifer’s Body veniva offuscata alla grande da Megan Fox, in filmetti come Dear John e Letters to Juliet mi era sembrata parecchio insipida, in Les Misérables è una lagna come del resto tutta la pellicola, mentre in cose non eccezionali come Cappucetto rosso sangue, Gone e In Time non mi era dispiaciuta. Questo film però ha risolto il dubbio: Amanda Seyfried non mi piace. Nonostante abbia il ruolo di una pornostar, nonostante si intravedano le sue tettazze che non sono niente male, mi ha fatto meno sesso di quanto immaginassi e la sua performance anche a livello recitativo mi ha convinto ben poco.

"Mi stai sempre addosso, mi succhi via la vita.
E io che pensavo fossi brava a succhiare solo qualcos'altro..."
Il problema del film comunque non è la Seyfried che, sebbene meno Sexyfried del previsto, bene o male se la cava ancora. Il problema è lo svaccare della pellicola nella seconda parte, nel suo trasformarsi in un melodrammone in cui alla povera Linda Lovelace ne capitano di tutti i colori, manco fossimo dentro un film di Lars von Trier. A differenza delle pellicole del bastardissimo Von Trier, qui però le sue sofferenze ci vengono inflitte in maniera ruffiana, per impietosire lo spettatore, e ne emerge anche un discorso moraleggiante e accusatore nei confronti della pornografia. La denuncia nei confronti di un ambiente maschilista è del tutto giusta e condivisibile fin che si vuole, ma il modo in cui viene messa in scena non convince molto. Un peccato, perché l’inizio del film intriga con le sue atmosfere 70s e invece nel finale si sprofonda nel biopic televisivo. Televisivo? Magari, visto che il recente film tv Dietro i candelabri – Behind the Candelabra della HBO è parecchio più avvincente e riesce a evitare le trappole del facile pietismo in cui cade questo film per il cinema.

Attenti allora a come vi approcciate a questo Lovelace. Se vi aspettate un film su:
- Porno, yeah!
- Trombate, doppio yeah!!
- Pompini, triplo yeah!!!
Sarete soddisfatti solo in piccola parte. Uno pensa a una roba come Gola profonda e si immagina il sesso e il divertimento, quando dietro alla sua realizzazione e alla sua protagonista in realtà c’è tutta un’altra storia. Lovelace è un biopicone drammone non malvagio, solo deprimente come pochi altri film visti di recente. Ebbene sì. Lovelace è un film sul mondo del porno, ma lo fa ammosciare.
(voto 6-/10)

domenica 9 marzo 2014

NURSE 3D, SONO PAZZE E SONO PORCHE QUESTE INFERMIERE




Nurse 3D
(USA 2013)
Regia: Douglas Aarniokoski
Sceneggiatura: Douglas Aarniokoski, David Loughery
Cast: Paz de la Huerta, Katrina Bowden, Martin Donovan, Corbin Bleu, Melanie Scrofano, Niecy Nash, Adam Herschman, Kathleen Turner, Judd Nelson, Boris Kodjoe, Michael Eklund
Genere: thrillerino soft porno
Se ti piace guarda anche: Cruel Intentions, Basic Instinct, Excision

Avete presente Paz de la Huerta?


Esatto, quell'attrice che fa una gran fatica a comparire vestita sia che reciti in film (Enter the Void) o serie tv (Boardwalk Empire). Poveretta, è malata. Ha quella stessa terribile malattia di cui soffre anche Miley Cyrus. Com'è che si chiama? Ah sì, allergia ai vestiti. Una drammatica piaga della nostra epoca per cui non è ancora stata trovata una cura.

Avete poi presente Katrina Bowden?


Esatto, la biondazza di Tucker & Dale VS. Evil, Scary Movie 5, Piranha 3DD e della serie tv 30 Rock.

Ottimo. Prendetele e mettetele insieme in un film in cui fanno la parte delle infermiere sexy e si fanno tra di loro…


Hey ragazzi, dove siete finiti tutti?
Siete subito corsi a ordinare la vostra copia del film in DVD, ma che dico DVD? Dico Blu-Ray?
Bravi, avete speso bene i vostri soldi perché loro due meritano, meritano eccome a prescindere, anche se poi la pellicola si rivelerà come prevedibile una porcatona…

E invece… invece no. Nurse 3D non è una porcatona! Ha due protagoniste porche, soprattutto una, Paz de la Hurta, ma a sorpresa non è poi così una porcatona. Di certo non ci troviamo di fronte a un capolavoro cinematografico, eppure il film riesce a fare il suo porco dovere di thrillerino soft porno da intrattenimento, senza scadere troppo nel ridicolo. Roba mica da po(r)co.

L’inizio della pellicola fa immaginare di trovarsi di fronte a un revenge B-movie girato in stile vagamente Grindhouse. Non a caso il regista e sceneggiatore è Douglas Aarniokoski, uno che, se riesci a pronunciare il suo cognome correttamente, vinci una notte con la de la Huerta. Uno che, inoltre, in passato ha lavorato come regista in seconda e collaboratore di Robert Rodriguez per diversi suoi film. Uno che ha pure girato il film apocalittico The Day che non è che mi avesse entusiasmato molto, ma paz-ienza.
La prima scena con la sexy Paz de la Huerta che fa fuori un tipo è comunque fuorviante. Non perché lei non sia sexy o perché non sia una pazza assassina, ma perché il film prende un’altra direzione rispetto a quella che si potrebbe immaginare dai titoli di testa latineggianti vagamente alla Robert Rodriguez. Da lì in poi Nurse 3D, più che nel revenge movie, bazzica i sentieri di quel sottogenere che considero tra i miei più piacevoli e goduriosi guilty pleasure, ovvero i thrillerini soft porno, da qualche parte a metà strada tra Cruel Intentions e Basic Instinct. Cosa che significa violenza random e spietata condita da tante scene di sesso e di nudo gratuito, soprattutto da parte della sempre disinibita Paz de la Huerta, una al cui confronto Sasha Grey appare come una pudica suoretta verginella. O quasi.
La trama è molto semplice e scontata. Una classica storia di ossessione stile Attrazione fatale virata verso il lesbo, e quindi mega figata, anzi mega figame! A tratti sembra di essere dentro Il cigno nero, solo ambientato in un ospedale anziché nel mondo della danza e con un regista che se la cava anche, però non è certo Darren Aronofsky.
Il film ha inoltre il pregio di essere cattivo in una maniera non edulcorata, e sexy in una maniera non troppo patinata. In più, nonostante la vicenda raccontata ricalchi quella di un sacco di altre pellicole dello stesso genere e si può già immaginare dove voglia andare a parare, riesce a mantenere una tensione costante per tutta la sua breve durata, con un crescendo finale di violenza niente male.
Prendete e godetene tutti, allora. Se stavate aspettando un thrillerino soft porno decente, questo è il thrillerino soft porno che fa per voi. Ma tanto so che sto parlando al vuoto da un bel pezzo. Dopo aver visto le foto di Paz e Katrina a inizio post, sarete già corsi tutti a procurarvelo e, se ancora non l'avete fatto, cosa diavolo state aspettando?
(voto 6,5/10)

lunedì 2 dicembre 2013

PORN JON




Scarlett, non lamentarti se poi mettono le foto di te nuda in rete...
Don Jon
(USA 2013)
Regia: Joseph Gordon-Levitt
Sceneggiatura: Joseph Gordon-Levitt
Cast: Joseph Gordon-Levitt, Scarlett Johansson, Tony Danza, Glenne Headley, Brie Larson, Rob Brown, Jeremy Luke, Julianne Moore, Anne Hathaway, Channing Tatum, Cuba Gooding Jr., Meagan Good
Genere: porncom
Se ti piace guarda anche: 40 giorni & 40 notti, La febbre del sabato sera, Jersey Shore

Io non sono il tipo che guarda i film. Veramente li guardavo spesso, da ragazzino. Prima di scoprire che esistesse il porno.
Jon (Joseph Gordon-Levitt) in Don Jon

Certe volte mi chiedo perché continuo a perdere tempo con i film. I film veri. Che poi cosa sono, i film “veri”? Ce ne sono pure alcuni che una qualità inferiore rispetto alle produzioni a luci rosse.
Certe volte penso che potrei chiudere Pensieri Cannibali. Oppure non chiuderlo chiuderlo, solo trasformarlo. Trasformarlo in un sito porno. Scommetto che le visite decuplicherebbero nel tempo di dire la parola “decuplicherebbero”.
Passare da così…


A così…


$ento già il profumo dei dollari.

Per compiere questo passaggio in maniera graduale e senza traumi, ho deciso allora di offrire, come ultima recensione cinematografica, quella di Don Jon. Perché Don Jon è uno di quei film che potrebbero piacere anche alla gente che di solito non guarda i film, ma solo i porno. Allo stesso tempo, è anche uno di quei film che potrebbero piacere alla gente che guarda un sacco di film. E contemporaneamente, potrebbe piacere sia a quelli che guardano sia un sacco di film che un sacco di porno. Chi l’ha detto che io faccia parte di quest’ultima categoria?

Don Jon ha per protagonista Jon, un bel ragazzo italoamericano, un latin lover, un Don Giovanni come viene ribattezzato dai suoi due amici, il terrunciello Jeremy Luke e il fratello di colore Rob Brown, ottimo protagonista di Scoprendo Forrester poi purtroppo mai esploso del tutto. A interpretare Jon troviamo invece naturalmente lui, Joseph Gordon-Levitt, che di questo film oltre a essere protagonista assoluto è pure regista e sceneggiatore. Al chè uno può pensare questo sia uno di quei pipponi autoreferenziali e invece no. Autoreferenziale non lo è, mentre di pipponi nella pellicola se ne fa parecchi. Si fa anche parecchie fighe, ma soprattutto un sacco di seghe.
Ancor prima che un rubacuori, Jon è infatti un pornomane. Non tanto un erotomane. La sua passione principale, ancor più delle donne o dello scopare, è il porno. Il porno su internet. Quello che presto potrebbe farmi guadagnare un $acco di $oldi con il mio nuovo sito spin-off Pensieri Maiali. Ma per quello non è ancora ora. Torniamo al film.
La tematica del porno, che in rete si trova facilmente, che si trova ovunque, che si troverà presto anche su Pensieri Cannibali Maiali, potrebbe farlo apparire come un The Social Network del porno. Senza raggiungere i livelli del film di David Fincher, la pellicola di Joseph Gordon-Levitt riesce comunque a essere una leggera riflessione su questo aspetto, su come il rapporto con internet, in questo caso il porno su internet, abbia cambiato il mondo delle relazioni personali.

Don Jon è però soprattutto una commedia romantica. Una variante particolare della romcom classica, diciamo che è una porncom. Una porncom che funziona alla grande, di certo rientra tra le visioni più divertenti e frizzanti degli ultimi mesi.
Da una parte, Don Jon segue tutte le regole tradizionali del genere romcom. Nella prima parte ci viene presentato il protagonista, un ragazzo che ha uno stile di vita tutto suo: è un tamarro del New Jersey di quelli pronti a entrare in una nuova eventuale stagione di Jersey Shore al posto di Mike The Situation e, oltre a essere un abbonato fisso alla palestra, è anche molto devoto alla Chiesa. La sua passione numero 1 comunque è un’altra, come abbiamo visto: il porno. Jon più che un novello Don Giovanni è un nuovo Tony Manero, solo non con la fissa per il ballo ma con la fissa per i film XXX. Per lui non c’è niente di meglio del porno, nemmeno il sesso con una donna in carne e ossa. Nemmeno il sesso con Scarlett Johansson.
Proprio così. Davvero. Non ci credete? E invece le cose così stanno. Sì, lo so. Nemmeno io all’inizio pensavo che qualcosa del genere potesse essere umanamente concepibile e invece è quanto capita in questo Don Jon. E no, non si tratta di un film di fantascienza.


Ocio, Scarlett, che poi ti rubano pure queste immagini...
Anche per l’aspetto della vicenda “boy meets girl”, Don Jon segue in maniera abbastanza fedele le regole della romcom tipica. Lui incontra lei, Scarlett, ed è “la cosa più bella su cui abbia mai posato gli occhi.” Scarlett Johansson, la Scarlett Johansson di questo film è davvero l’ottava meraviglia del mondo. Ma diciamo anche la prima. Spettacolare tra l’altro l’uso della fotografia: le prime volte che compare, Scarlett è sempre illuminata più di tutte le altre, quasi come se fosse un’apparizione religiosa. Il rapporto tra sesso e fede cristiana viene tra l’altro anch’esso affrontato in maniera leggera, ma tutt’altro che stupida o superficiale. Come molte altre intriganti pellicole viste quest’anno, da Spring Breakers a Bling Ring, da La grande bellezza fino al meno riuscito The Canyons, anche qui abbiamo un protagonista superficialone e anche qui abbiamo  riflessioni sulla società attuale più profonde di quanto potrebbe apparire a uno sguardo veloce.

L’evoluzione della storia con Scarlett prenderà poi pieghe non del tutto prevedibili, che deragliano un po’ dal solito percorso delle commedione romantiche, quelle per dire con Anne Hathaway e Channing Tatum, che con autoironia compaiono in un film all’interno del film. Quindi Don Jon riesce a essere non solo una riflessione sociale e pornografica, ma anche una romcom sui generis, una porncom appunto. La cosa più bella della pellicola, Scarlett Johansson a parte, è  quella di riuscire a tenere tutte queste componenti diverse insieme ed essere una visione veloce, esaltante, esilarante, senza un attimo di tregua e con un’attenzione particolare pure ai personaggi più piccoli. Grande in tal senso l’uso di Brie Larson, la sorellina del protagonista che in OGNI scena in cui è presente ha lo sguardo fisso sul cellulare, a parte un paio in cui si ritaglia due momenti notevoli.
Se proprio vogliamo trovare un difetto alla pellicola che le impedisce di diventare un cult assoluto, diciamo che la colonna sonora non è proprio fenomenale, nonostante l’uso simpatico di “Good Vibrations” di Marky Mark, l’un tempo rapper oggi conosciuto come Mark Wahlberg, però per il resto Joseph Gordon-Levitt dietro la macchina da presa è riuscito a realizzare un botto d’esordio, con una sua cifra stilistica piuttosto personale. Dovrà ancora affinarla, dovrà ancora maturare come regista, ma per il momento va più che bene così. Per dire.

Don Jon è una pellicola profonda mascherata da pellicola leggera ed è anche uno di quei film che potrebbero piacere alla gente che di solito non guarda i film, ma solo i porno. E potrebbe far loro persino venir voglia.
Voglia di altro porno?
No, voglia di vedere altri film e magari leggere pure recensioni di film. Prima che Pensieri Cannibali si trasformi definitivamente in Pensieri Maiali.
(voto 8/10)

"Ma quando sarà online, questo Pensieri Maiali?"
"Non lo so, ma è già il mio nuovo sito preferito!"



martedì 19 novembre 2013

PAOLO DI CANYONS




The Canyons
(USA 2013)
Regia: Paul Schrader
Sceneggiatura: Bret Easton Ellis
Cast: Lindsay Lohan, James Deen, Nolan Gerard Funk, Amanda Brooks, Tenille Houston, Gus Van Sant, Jarod Einsohn, Victor of Aquitaine, Jim Boeven
Se ti piace guarda anche: The Informers, The Hills, Le regole dell’attrazione, Al di là di tutti i limiti, American Psycho, Plush, American Gigolo

Ah, la vita dei belli, ricchi e famosi, o quasi famosi. Troppi soldi, troppo sesso, troppo lusso, troppo tutto. Hanno delle esistenze davvero infelici, miserabili, vuote. Non si può che provare pena per loro. A raccontarcele quest’anno c’hanno pensato in tanti. Bling Ring, Spring Breakers, Il grande Gatsby, l’italiano La grande bellezza… sono tutte variazioni sul tema del vuoto esistenziale dei "privilegiati" e tra l’altro hanno generato alcune delle migliori pellicole dell’annata, almeno a mio modestissimo parere. Adesso ci prova pure questo The Canyons, diretto dal Paul Schrader di American Gigolo, uno dei film simbolo per eccellenza degli 80s, e con una sceneggiatura scritta dal re, dal campione assoluto nel narrare le vite di questo tipo di personaggi: Bret Easton Ellis.


Immagine NON tratta dalla serie The Hills.
Per la prima volta alle prese con uno script cinematografico tutto suo, e peraltro nemmeno tratto da alcun suo lavoro letterario, con The Canyons Ellis gioca a fare l’Ellis. Si auto omaggia, si cita da solo: “Oggi nessuno conosce più nessuno”, dice il porno attore James Deen, riprendendo il mantra de Le regole dell’attrazione: “Nessuno conosce nessuno veramente.” Sostanzialmente, Ellis replica se stesso. Ne è consapevole. Già l’aveva fatto nel suo ultimo libro, Imperial Bedrooms, in cui andava a riprendere il protagonista Clay, alcuni personaggi e alcune situazioni del suo esordio, Meno di zero. Laddove però su carta riusciva a mantenere ancora la sua feroce ironia, almeno in parte, qui sembra essersi stancato lui per primo del gioco che sta giocando. Tutto quello che rimane è il vuoto.

Il vuoto è sempre stato presente, è sempre stato il vero grande protagonista dei suoi romanzi, quasi tutti diventati anche pellicole cinematografiche, dal citato Meno di zero (in Italia il film è stato intitolato Al di là di tutti i limiti) a Le regole dell’attrazione, passando per la raccolta di racconti Acqua dal sole (che ha ispirato il film The Informers) fino al suo lavoro più celebre, American Psycho, più gli ottimi e sottovalutati Glamorama e Lunar Park, gli unici due per il momento a non essere ancora finiti su grande schermo. Un vuoto mai raccontato da nessuno con tanta profondità. Fino ad ora. Fino a questo The Canyons.

Bret Easton Ellis io ti adoro, io ti venero, io ti amo. Sei l'unico scrittore al mondo per cui mi sono sbattuto a chiedere l'autografo. A te ho persino dedicato la mia tesi di laurea specialistica. Però mi sa che l’hai perso. Cooosa? Come, cooosa…
Il tuo tocco magico. Dov’è quel tuo irresistibile cattivissimo senso dell’umorismo, in questi Canyons?
All’apparenza, The Canyons può sembrare una soappona trash, con qualche vago eco thriller. Può apparire come una versione cinematografica di The Hills, la serie finto-reality di Mtv con Lauren Conrad. E l’apparenza inganna, si dice. Vero, tante volte è vero, solo non in questo caso. In questo caso, dietro a ciò che appare in superficie non c’è molto altro.

Are we sure?

Altra immagine NON tratta da The Hills. Ma ne siamo proprio certi?
We'll slide down the surface of things” si diceva nel romanzo Glamorama, citando “Even Better Than the Real Thing” degli U2. Qui si prova, a scivolare sotto la superficie delle cose. Si prova a scavare ed è difficile, davvero difficile trovare qualcosa. Tutto appare perfetto, girato in maniera cool e ultra patinata dal veterano Schrader, con dialoghi fatti di aria fritta eppure scritti con scioltezza e classe da Ellis, accompagnati da una colonna sonora dalle forti influenze 80s composta da Brendan Canning del collettivo indie canadese Broken Social Scene e con un cast che tutto sommato funziona. Il pornodivo James Deen per una volta recita con la faccia e non (solo) con il cazzo ed è una cazzo di rivelazione. È un volto ellissiano ideale. Così com’è molto ellissiano anche l’inespressivo Christopher Nolan Gerard Funk Soul Brother, un biondino che sembra Justin Bieber con qualche anno, ma non molti, di più.

E Lindsay Lohan?


Lindsay Lohan alla tenera età di 27 anni ne dimostra quasi il doppio, però nuda fa sempre la sua porca figura. Pare una MILF, ma se non altro una MILF sexy. Tra lei e la 26enne Anna Tatangelo, non so chi sembri più anziana. Forse Lindsay. Il suo volto è gonfio, ormai quasi interamente deturpato dalla chirurgia estetica, e nella parte finale, con un primo piano impietoso, Paul Schrader ce lo mostra chiaramente, in quello che è il momento più vero dell’intera visione. Finalmente si riesce ad andare sotto alla superficie delle cose e la diva Lindsay appare sfatta, distrutta, una nullità. Se c’è una cosa che questo The Canyons ci vuole dire, forse, è che le vite splendide di questi famosi o quasi famosi sono miserabili, infelici e brutte quanto e più delle nostre, di quelle di noi, comuni mortali. Qui sta il senso del film, forse. O forse no, e forse non è manco importante capirlo. Per citare un dialogo del film:
Continuo a non capire.
Non serve. Non capire a volte è meglio.

In ogni caso, Lindsay Lohan appare qui in una versione quasi reality, quasi come se recitasse la parte di se stessa e offre così un’interpretazione lontana parente del Mickey Rourke di The Wrestler; non agli stessi livelli, eppure a suo modo convincente.
Tutto appare allora perfetto in The Canyons e se fosse uscito negli 80s sarebbe potuto diventare un cult. Oggi invece appare come un esercizio di stile, non terribile come dipinto da molti critici, ma pur sempre un esercizio di stile. Le tematiche ellissiane sono tutte presenti, solo che sono cose che dice già da 30 anni e le ha già dette meglio, molto meglio, nei suoi romanzi. Qua e là viene fuori ancora la sua solita brillantezza, come quando Lindsay Lohan chiede a una sua amica (amica, oddio, conoscenza… conoscenza, oddio frequentazione) “Tu ami veramente il cinema?” e lì emerge chiaramente come a nessuno di quelli che vediamo nel film, e che lavorano tutti nell’ambiente hollywoodiano, interessi una cippa di cinema. Sono dei vampiri che succhiano il sangue all’industria. Anche in questo caso comunque niente di nuovo. Ellis queste cose ce le ha mostrate fin dai tempi di Meno di zero e solo a parole, con una potenza maggiore di quanto fatto qua con l’aiuto delle immagini di Schrader.

ATTENZIONE SPOILER
Nel finale, pur di movimentare un po’ la situazione, molto calma anche nei momenti soft porno che, a parte giusto un’orgia a 4 non offrono grandi cose, Ellis tira fuori l’escamotage dell’omicidio, così il film in videoteca può essere inserito tra i thriller. Peccato che le videoteche non esistano più e questa sequenza appaia come un modo per accontentare il suo pubblico. Rispettare lo stereotipo. Il trailer della pellicola annuncia che si tratta di un film scritto dall’autore di American Psycho e quindi non si può non metterci dentro un po’ di violenza. Non si può non inserire un omicidio, per quanto del tutto gratuito. Solo che ormai Ellis è come uno dei suoi personaggi. Ha già provato e fatto qualunque cosa e adesso è stanco, annoiato da tutto e da tutti, non ha più nulla di nuovo da dire e l’unica cosa profonda in questi canyons è la delusione.

Bret, pensavo di conoscerti e pensavo che non mi avresti mai deluso. Molti miei idoli del passato mi hanno deluso o mi stanno diludendo, da Billy Corgan degli ormai inascoltabili Smashing Pumpkins a una Lady Gaga scaduta nel trash nel tempo di pronunciare la frase “15 minuti di popolarità”, e temo che pure Darren Aronofsky con il nuovo Noah possa entrare presto a far parte del club. Tanto per la cronaca, nel ristretto club di chi invece non mi ha mai deluso, non più di tanto almeno, ci sono giusto Damon Albarn, i Radiohead, Kanye West, i Daft Punk, Quentin Tarantino e Terrence Malick.
Pensavo di conoscerti, Bret, e speravo che almeno tu non lo facessi, che tu non mi deludessi, ma a quanto pare avevi ragione: nessuno conosce nessuno veramente.
(voto 6-/10)



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