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mercoledì 1 febbraio 2017

The Sound of Silence





Silence
Regia: Martin Scorsese
Cast: Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Ciarán Hinds, Yôsuke Kubozuka, Shin'ya Tsukamoto


Per la prima volta in assoluto, qui su Pensieri Cannibali fa il suo esordio una audio recensione, realizzata apposta per il nuovo film di Martin Scorsese.
Ecco tutto quello che c'è da sapere su Silence.

mercoledì 11 novembre 2015

Kreuzweg - Pronti, partenza... Via Crucis





Kreuzweg - Le stazioni della fede
(Germania, Francia 2014)
Titolo originale: Kreuzweg
Regia: Dietrich Brüggemann
Sceneggiatura: Anna Brüggemann, Dietrich Brüggemann
Cast: Lea van Acken, Franziska Weisz, Moritz Knapp, Lucie Aron, Florian Stetter, Michael Kamp
Genere: religioso rigoroso
Se ti piace guarda anche: Lourdes, Le onde del destino, Kynodontas, Niente da nascondere


“Perdonami Padre, perché ho peccato.”




mercoledì 7 gennaio 2015

DOPO IL SUCCESSO DI SISTER CRISTINA, ECCO A VOI SISTER IDA





Ida
(Polonia, Danimarca, Francia, UK 2013)
Regia: Pawel Pawlikowski
Sceneggiatura: Pawel Pawlikowski, Rebecca Lenkiewicz
Cast: Agata Trzebuchowska, Agata Kulesza, David Ogrodnik, Halina Skoczynska, Joanna Kulig
Genere: on the road
Se ti piace guarda anche: Philomena, Lourdes

Non mi piacciono i film sulle suore. O meglio, non è che non mi piacciano del tutto, Lourdes ad esempio l'avevo apprezzato particolarmente, sarà che nei panni della suora c'era una certa Lea Seydoux. Più che non piacermi, non mi ispirano molto. Forse sono strano io, ma preferisco vedermi una pellicola con protagonista una ninfomane, giusto per fare un esempio a caso, piuttosto che una suora.
Se a ciò aggiungiamo il fatto che Ida è una pellicola polacca in bianco e nero ambientata negli anni '60, ma non negli anni '60 stilosi della Swinging London dei Beatles o della New York dei Mad Men, bensì nei deprimenti anni '60 della Polonia del dopoguerra, ci si può chiedere perché diavolo sia finito a guardarlo.
Ho recuperato Ida sulla scia di numerosi pareri positivi di chi l'ha visto, che l'hanno reso uno dei film più acclamati dalla critica a livello internazionale negli ultimi mesi, oltre che un autorevole possibile candidato all'Oscar 2015 come miglior pellicola straniera. L'ho recuperato inoltre perché le sfide, soprattutto quelle impegnative, mi piacciono e mi piace confrontarmi con le mie paure. E a me le suore fanno una paura dannata. Prendiamo Sister Cristina, vero nome Cristina Scuccia, la cantante rivelazione dell'ultima edizione di The Voice Italia. Dietro alla sua “creazione” non c'è il Signore, bensì ci sono dei gran signori del marketing che, scegliendo di farle interpretare “Like a Virgin” di Madonna, si sono rivelati degli autentici geni del male. Per quanto mi riguarda, io personalmente quando vedo il video di Sister Cristina che canta quel pezzo ho i brividi. I brividi di terrore.

lunedì 21 luglio 2014

NOIAH




"Lo so, ho dei capelli improponibili.
Ma nella Bibbia il balsamo non viene mai menzionato..."
Noah
(USA 2014)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky, Ari Handel
Cast: Russell Crowe, Jennifer Connelly, Emma Watson, Ray Winstone, Anthony Hopkins, Douglas Booth, Logan Lerman, Leo McHugh Carroll, Kevin Durand, Nick Nolte, Mark Margolis, Marton Csokas, Finn Wittrock, Madison Davenport
Genere: bestemmia cinematografica
Se ti piace guarda anche: La passione di Cristo, The Fountain – L’albero della vita

ATTENZIONE FANATICI
Se siete fanatici religiosi, se portate la Bibbia sempre con voi, se andate a messa tutte le domeniche, o se siete Mel Gibson, potreste considerare questo post blasfemo. Proseguite la lettura soltanto a vostro rischio e pericolo, altrimenti fate sempre in tempo a tornare sul sito di Famiglia Cristiana.


In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.
Dio poi creò tante altre belle cose, un sacco di animaletti, fino a che creò anche l’uomo, dicendo semplicemente: “Abracadabra, facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Ma mancava ancora qualcosa. Qualcosa di molto importante. A questo punto, Dio allora disse: “Sia la figa!”. Ed Emma Watson fu.


Per festeggiare la sua creazione più bella, Dio passò la domenica a masturbarsi furiosamente contemplando la sua immagine. Una volta stufatosi di guardarla mentre non faceva nulla, decise di creare un qualcosa per tenerla impegnata e così fece il cinema. Dopo aver creato il cinema e i film dei Lumière in cui non succedeva nulla, Dio decise di creare pure i registi e fu così che diede vita a Darren Aronofsky. Il cineasta americano realizzò una pellicola più bella dell’altra, da Pi greco – Il teorema del delirio a Requiem for a Dream, da The Wrestler a Il cigno nero, fino a che decise di dedicarsi a Noah, un lavoro tratto dalla Bibbia. Un progetto dalle ambizioni divine.

La storia di Noè e della sua arca la conoscete già tutti, vero?
Ehm… io veramente non la conoscevo proprio bene bene. Da bambino ho saltato qualche lezione di catechismo di troppo. Più in là con gli anni ho provato a rimediare alle mie lacune religiose e un giorno mi sono detto: “Leggiamoci un po’ sta Bibbia. Ci sarà una ragione se ha venduto milioni di copie…”
Ho iniziato a leggere qualcosa, ma ben presto ho rinunciato. Ragazzi, ma non l’ha mai detto nessuno?
La Bibbia è ILLEGGIBILE!
È un libro scritto in maniera davvero terrificante. Prendiamo un passaggio dalla Genesi in cui si parla proprio del protagonista di giornata, il simpatico (si fa per dire) Noè.

1. Il Signore disse a Noè: «Entra nell'arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione. 2 D'ogni animale mondo prendine con te sette paia, il maschio e la sua femmina; degli animali che non sono mondi un paio, il maschio e la sua femmina. 3 Anche degli uccelli mondi del cielo, sette paia, maschio e femmina, per conservarne in vita la razza su tutta la terra. 4 Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto». 5 Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato.
6 Noè aveva seicento anni, quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra. 7 Noè entrò nell'arca e con lui i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, per sottrarsi alle acque del diluvio. 8 Degli animali mondi e di quelli immondi, degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo 9 entrarono a due a due con Noè nell'arca, maschio e femmina, come Dio aveva comandato a Noè.
10 Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra; 11 nell'anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. 12 Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.

A parte il fastidio provocato da tutti i numerini inseriti a ogni frase, ma vi sembra un libro scritto bene? Non c’è manco mezza descrizione o un minimo di introspezione psicologica dei personaggi. Niente. Al confronto della Bibbia, Tre metri sopra al cielo, Twilight e Cinquanta sfumature di grigio sono dei capolavori assoluti.
Tralasciando gli aspetti letterari, c’è qualcuno che può ritenere anche solo lontanamente verosimili i fatti in essa raccontati?
Eppure giusto qualche milione, per non dire qualche miliardo, di persone sulla faccia della Terra crede che quanto narrato nella Bibbia sia davvero successo. Prendiamo il passaggio “Noè aveva seicento anni.
Se quest’uomo ha 600 anni, voglio il numero del suo chirurgo plastico.


Prendiamo un altro passaggio: “Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.” Ma manco a Masone in Liguria, il posto meteorologicamente più sfigato del mondo, ha mai piovuto così tanto. Eddai.


In pratica La Sacra Bibbia è il più fantasioso romanzo fantasy di sempre. Roba che al confronto Il signore degli anelli può essere considerato puro neorealismo. Il regista Darren Aronofsky, chiamato a sé dalla voce di Dio, o più probabilmente da quella del Dio Denaro, ha così deciso di trattare le vicende bibliche come fossero una materia fantasy, chiamando attori come Emma "Hermione" Watson e Logan "Percy Jackson" Lerman e aggiungendo alcuni elementi fantastici al racconto, giusto per rendere le cose un po’ meno noiose (obiettivo non riuscito per niente), senza però nemmeno esagerare. Come potete leggere in questo articolo di Wired, le differenze tra quanto raccontato nella Bibbia e nel film non sono poi nemmeno troppe.

ATTENZIONE SPOILER
Per chi come me non avesse troppa dimestichezza con la Bibbia, rammento la vicenda di Noah in breve.
Noah è un giovane ragazzo di 600 anni che una notte, dopo una cena pesante a base di cibo piccante, fa dei sogni strani. Sogna che il mondo sta per finire a causa di un acquazzone particolarmente pesante. Nessuno gli crede.



Per prepararsi al diluvio universale, Noah si mette così a costruire una gigantesca arca e per farlo si fa aiutare da un gruppo di muratori giganti, di nazionalità rumena e albanese, ovviamente sottopagati. Noè in maniera molto generosa decide che nell’arca potranno accomodarsi solo lui, sua moglie, i suoi tre figli e quella sgnaccherona gigante della sua figlia adottiva, Emma Watson, per l’occasione ribattezzata la Porca di Noè, visto che dovrà accontentare gli appetiti sessuali di tutti e tre i suoi figli e pure i suoi. Insieme a loro possono venire anche un sacco di animali a coppie, un maschio e una femmina. Niente coppie gay. Noah vende così i biglietti ai vari animali, gonfiando i prezzi a dismisura. Gli altri umani cercano di acquistare qualche biglietto dai bagarini o in rete, ma niente. Non si trovano più. Sono sold out più di un concerto dei Rolling Stones.
A un certo punto, preso dalla follia, Noah Crowe si mette pure a cantare, credendo di essere ancora in Les Misérables.






A parte la sua famiglia, secondo Noah tutto il resto dell’umanità deve pagare per i propri peccati e morire in maniera brutale sotto la pioggia, scatenando le reazioni preoccupate della comunità internazionale.


Gli uomini provano a salvarsi in tutti i modi. C’è chi prega, c’è chi cerca di corrompere Noah, c’è addirittura chi manda Bruce Willis e Ben Affleck nello spazio…


Ma non c’è niente da fare. Viene persino organizzata un’agghiacciante battaglia che sembra uscita dal nuovo capitolo di Transformers girato da Michael Bay e invece no, si tratta davvero di una pellicola diretta da Darren Aronofsky. E se pure Darren Aronofsky si mette a realizzare certe porcate, non c’è più niente da fare. L’umanità è spacciata.

Il film di Aronofsky non è però solo questo. Fondamentalmente è anche la storia del villain più cattivo di tutti i tempi. Non mi riferisco tanto allo stesso Noah che dà il titolo alla pellicola, che pure come abbiamo visto è non poco stronzo. Mi riferisco a Dio. Un Dio vendicativo, misogino e misantropo che vuole sterminare l’intera razza umana, che continua a mettere alla prova l’uomo con una serie di sfide una più perfida dell’altra manco fossero gli Hunger Games. Dopo la mela del peccato nel giardino dell’Eden che gli ha sbattuto lì davanti alla faccia, salvo poi dirgli “No, non puoi mangiarla!”, proprio come una tipa che te la fa solo annusare, Dio questa volta ha superato persino se stesso. Seguendo l'esempio di George R. R. Martin che a ogni stagione di Game of Thrones deve tirare fuori una serie di morti più impressionanti di quelle precedenti, Dio a questo giro ordina a Noah di uccidere la prole della sua figliastra, ma solo nel caso gli nasca una figlia femmina, giusto per ribadire la sua misoginia se qualcuno aveva ancora dei dubbi in proposito.
A Emma Watson però non nasce una figlia. Ne nascono due! E Noah deve ucciderle entrambe. Già è grave uccidere delle persone, poi è ancora più grave uccidere dei bambini, poi è ancora peggio uccidere delle bambine che essendo figlie di Emma Watson crescendo sono destinate a diventare delle fighe stellari.
A questo punto Noah cosa farà? Andrà davvero fino in fondo nei suoi intenti malati e metterà fine all’intera razza umana per sempre, o disubbidirà a Dio?

Questo lo saprete già se avete letto la Genesi. L’alternativa è quella di guardarvi il film di Darren Aronofsky, anche se io vi sconsiglio di farlo. Se avete amato i suoi precedenti lavori come me, qui dentro dell’un tempo grande regista non troverete molte tracce, se non per qualche vago riferimento ai passaggi più deliranti della sua opera più controversa, The Fountain – L’albero della vita. Questo nonostante Aronofsky figuri come sceneggiatore e produttore, oltre che come regista. Questo nonostante la presenza del solito Clint Mansell a firmare le musiche, tronfie e fastidiose. Questo nonostante il cast vanti attori feticcio del regista come la bella Jennifer Connelly e la partecipazione vocale dell’aficionado Mark Margolis, che durante la visione del film avrà probabilmente avuto sulla faccia per tutto il tempo quest’espressione.


Dimenticate il Darren Aronofsky che conoscevate. Nonostante a livello visivo si tratti di un lavoro potente e dotato di un suo certo fascino, e questa è l’unica buona notizia, Noah è un pasticcio di proporzioni bibliche. Una pellicola in grado di far perdere la Fede, la Fede nel Cinema. Se qualcuno riesce ad arrivare alla fine di questa lunga, estenuante, allucinante e noiosa visione senza bestemmiare nemmeno una volta, quel qualcuno merita di essere fatto Santo Subito.
Fino all’ultimo ho sperato fosse solo un brutto scherzo. Il terrificante finale moralista mi ha fatto capire che no, Aronofsky non stava scherzando ed era dannatamente serio. Persino quando ha tirato fuori questi cosi giganti.


Dimenticate allora Darren Aronofsky. Dimenticate il Cinema. Dimenticate pure che questo possa essere un film sul diluvio universale. Noah è solo un diludendo universale.
(voto 3/10)

domenica 1 dicembre 2013

MAN OF THE YEAR 2013 – N. 20 JORGE MARIO BERGOGLIO




Al via oggi la classifica degli uomini dell'anno selezionati da Pensieri Cannibali.
Nel 2010 l'aveva spuntata Julian Assange.
Nel 2011 Ryan Gosling.
Nel 2012 Matthew McConaughey aveva avuto la meglio su tutti.
Chi sarà il vincitore del (più o meno) prestigioso titolo, quest'anno?
In attesa di scoprirlo, partiamo dalla posizione numero 20...


Jorge Mario Bergoglio anche noto come Francesco I
(Argentina 1936)
Genere: beato
Il suo 2013: è diventato Papa grazie a una botta di culo clamorosa, capitata solo un'altra volta prima, le dimissioni del precedente pontefice in morettiana crisi di coscienza.
Se ti piace lui, ti potrebbero piacere anche: Dio, Padre Pio, Padre Maronno
È in classifica: perché con lui la Chiesa cattolica rischia di entrare nel XX secolo.
Dite che siamo già nel XXI secolo?
Vabbè, gente, un passo alla volta...
Il suo discorso di ringraziamento:Grassie ragasso cannibale, che Dio ti maledic… volevo dire benedica.

Dicono di lui su twitter

cinguettator
Madonna @Veronica_Ciccione
Papa don’t preach. Ahahah! Ma quanto so’ simpatica? #simpatiaportamivia


Ratzinger @TheOriginalPontifex
Io ritiraten per finalmenten diventare campionen di Ruzzle e due settimane dopo passato di moda. Funkulen! #FrancescoSucks

Miley Cyrus @Maial_Cyrus
Io @Papa_Francesco me lo limonerei di brutto. #ICan'tStop


Satana @livefromhell
Questo @Papa_Francesco sarà un osso duro da sconfiggere... #PorcoD




mercoledì 19 giugno 2013

SAVE ME, SALVATEMI DALLA DIPENDENZA DA SERIE TV!


Save Me
(serie tv, stagione 1)
Rete americana: NBC
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: John Scott Shepherd
Cast: Anne Heche, Michael Landes, Madison Davenport, Heather Burns, Joy Osmanski, Alexandra Breckenridge, Diedrich Bader, Stephen Schneider
Genere: salvi-fico
Se ti piace guarda anche: Go On, Enlightened, Suburgatory

Sono rimasto folgorato da una serie che non mi sarei mai aspettato di seguire. Una serie comedy di tematica religiosa. Cooosa?

Ho messo su la prima puntata di Save Me così, tanto per, giusto perché una possibilità non va mai negata a niente e a nessuno, e dopo pochi minuti ne sono diventato dipendente. Una brutta cosa. Brutta perché di questa serie sono state realizzate appena 7 puntate della durata di 20 minuti l’una e molto probabilmente, anche se non c’è ancora l’ufficialità, non verrà confermata per una seconda stagione.

Un evento inaspettato del genere capita anche alla protagonista della serie. Forse un pochino più inaspettato rispetto al mio rimanere folgorato da una serie su cui non avrei scommesso due lire. Beth (una scatenata Anne Heche) è una donna alcolizzata odiata dal marito (Michael Landes), dalla figlia (la promettente Madison Davenport) e dalle amiche. Un caso perso. Una notte arriva a casa e, anziché ammazzare il marito che ha appena scoperto avere una relazione extraconiugale con Alexandra Breckenridge (la rossa di American Horror Story 1), decide di strafogarsi con un panino, al punto da rimanere strozzata dal cibo.
È morta?

"Cannibal s'è messo a parlare con Dio?
Credevo credesse solo in Kanye West."
Sembrerebbe di sì, invece il mattino dopo si sveglia. Viva. Ma non è più la stessa persona di prima. Ora, Dio le parla. Una cosa del genere capitava anche in un’altra serie, Joan of Arcadia, a sua volta ispirata alla figura di Giovanna d’Arco. Laddove quello era un teen drama più sul religioso andante (per fortuna non ai livelli di Settimo Cielo), questa è invece una comedy e pure piuttosto anti-religiosa, e negli USA non ha infatti mancato di sollevare qualche polemicuccia.
La protagonista è quanto di più ci sia lontano da Dio e dalla religione, eppure grazie a questa esperienza cambierà. È la classica storia tipicamente americana di riscatto personale, di come le persone possano cambiare e non importa quanto ciò sia inverosimile, visto che in realtà non succede quasi mai. Che parlino con Dio può capitare, oddio forse, ma non succede quasi mai che le persone cambino.

Nonostante lo spunto “buonista” e nonostante sia comunque un'americanata, la serie per fortuna rimane bella cattivella e offre uno sguardo ironico sui suburbi americani, con uno stile non troppo lontano da Suburgatory. In genere non seguo con grossa affezione le serie comedy, però questa non è una sitcom tradizionale e il suo ricordare proprio Suburgatory, benché con una personalità tutta sua, rientra probabilmente tra le ragioni che mi hanno fatto diventare dipendente da questa serie. Una dipendenza leggera, destinata a durare appena una manciata di giorni. Il tempo finire di vedermi gli appena 7 brevi episodi della prima stagione e poi addio, Dio. Chi s’è visto, s’è visto. È un peccato che con tutte le comedy poco divertenti che vanno avanti per anni e anni e anni e anni questa l’abbiano segata subito, ma tant’è. A volte succedono cose inspiegabili. Come la cancellazione di una serie non memorabile ma super simpatica come questa. O come rimanere strozzati mangiando un panino, sopravvivere e poi parlare con Dio.
(voto 6,5/10)



lunedì 4 marzo 2013

THE MASTER, UN FILM SU SCIENTOLOGY NON SU OSCAR GIANNINO

The Master
(USA 2012)
Regia: Paul Thomas Anderson
Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Cast: Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Rami Malek, Ambyr Childers, Jesse Plemons, Amy Ferguson, Laura Dern, Madisen Beaty
Genere: magistrale
Se ti piace guarda anche: Il petroliere, Arancia Meccanica, Kynodontas

Dì il tuo nome.
Cannibal Kid.

Ripetilo.
Cannibal Kid.

Ripetilo.
Cannibal Kid.

Ripetilo.
Veramente mi chiamo Marco Goi.

I fallimenti del passato ti tormentano?
Avessi avuto anche dei grandi successi, probabilmente sì. Non avendone avuti, i fallimenti non mi disturbano più di tanto.

Credi che Dio ti salverà dalla tua ridicolaggine?
No, sarebbe una missione troppo grande persino per lui.

Conosci L. Ron Hubbard?
Intendi Ron, il cantante Rosalino Cellamare, quello di Vorrei incontrarti tra cent’anni?

No, non intendo Ron. Conosci L. Ron Hubbard?
Sì, l’avevo incontrato cent’anni fa in un’altra vita. Era una persona piacevole, cordiale, un gran mattacchione, uno che raccontava barzellette, cantava sulle barche, poi si è montato la testa, si è messo a fare il santone, a scrivere libri mistici, a fare terapie ipnotiche, a fondare sette… Io non ho niente contro le sette, né ho niente contro Scientology. Giammai. Non chiudetemi il blog, per favore. Non ho detto niente di male. Semmai parlo spesso bene di Tom Cruise. Ottimo attore. Ciao, Tom.

Ti è piaciuto The Master?
Mi è piaciuto, anche se è una visione a tratti scomoda e spiacevole, ma alla fine nel post-visione mi ha travolto come le onde della prima inquadratura mi avevano fatto immaginare. Io da Paul Thomas Anderson mi aspetto sempre un masterpiece. Va detto che con questo film ci è solo andato vicino. Vicinissimo. Il suo The Master non regala un’enorme soddisfazione immediata, ma è comunque una di quelle pellicole che rimangono, che ti si appiccicano addosso, che non si dimenticano facilmente. E poi ha una prima parte splendida. Raggiunge picchi di intensità giganteschi soprattutto nel confronto tra Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman. Che due attori pazzeschi che sono. Fanno a gara a chi è più bravo dell'altro e alla fine non si riesce mica a scegliere. Anzi sì: Joaquin Phoenix è gigantesco. Da Oscar. Altroché Daniel Green Day Levi’s. Amy Adams pure lei è brava, però il suo ruolo è abbastanza marginale e la nomination agli Oscar è già stata generosa.
Nella seconda parte invece il film si smarrisce un pochino. Come chi si affida a un culto per trovare la sua via, perché non sa fare altrimenti. E poi nel finale si ritrova. Allontanandosi dal culto e cercando la libertà. In pratica è un capolavoro a metà. Un master, ma non un masterpiece.

"Certo che questo Cannibale le spara più grosse di Hubbard..."
Quindi ti è piaciuto o non ti è piaciuto, The Master?
Un film come questo va oltre il concetto di piacere o non piacere. È un’opera totale talmente grande che la sua intera portata non può essere colta immediatamente. È come se esistesse da sempre, da un trilione di anni. Nella sceneggiatura qualche elemento forse sarebbe perfettibile, ma chi sono io per pensare anche solo di criticare un lavoro del genere? Un film come questo richiede trilioni di anni di debolezze ed errori per essere compreso in pieno.

Cosa ne pensi di Paul Thomas Anderson?
Io adoro Paul Thomas Anderson, ieri ho pure dedicato un post tutto a lui e ai suoi film precedenti. Le aspettative che avevo nei confronti di questo suo nuovo lavoro erano quindi esorbitanti, troppo. Io venero Paul Thomas Anderson come gli adepti di Scientology adorano il grande L. Ron Hubbard. Ho detto grande, visto? Non ho intenzione di parlarne male. Non boicottatemi il sito, vi prego scientologisti. E con vi prego non intendo in senso religioso. A meno che non vogliate che lo faccia in senso religioso.

"Che puzza! Chi l'ha sganciata?"
Cosa ne pensi di Paul Thomas Anderson?
Come dicevo, io venero Paul Thomas Anderson e qui dirige davvero da Dio. Sia detto senza offesa per alcun altro credo o culto religioso, chiaro? Io non voglio offendere nessuno e non voglio che la grande e potente Scientology mi faccia causa in alcun modo. Io rispetto Scientology e anche questo film lo fa. Comunque il St. Paul Thomas Anderson dirige con uno stile ancora più classicheggiante rispetto ai primi tempi, non troppo distante da Il petroliere. Il tono è altrettanto solenne, eppure qui dentro ci sono alcune scene che mi hanno fatto molto ridere. A tratti ho pensato che The Master fosse una commedia. Tutti l’hanno spacciato per un filmone serio e serioso e in parte lo è. In alcune scene è invece assolutamente divertente. Qualcuno potrebbe pensare sia una presa per i fondelli di Scientology, del solo e unico L. Ron Hubbard cui il personaggio di Philip Seymour Hoffman è vagamente ispirato, però non lo è. È profondamente rispettoso del culto di questa setta, pardon religione, del suo fondatore e master supremo, delle sue tecniche di ipnosi all’avanguardia fondamentali per entrare in contatto con la propria anima e superare i propri problemi personali. Sì, è un film rispettoso. Non è una presa per i fondelli di Scientology. Almeno Credo.

Pensi che a L. Ron Hubbard sarebbe piaciuto questo film?
Il grande solo unico e onnipotente L. Ron Hubbard era davvero un personaggio. Un personaggione. Una sagoma. Sono andato a spulciare qualche informazione su di lui su Wikipedia, che potremmo considerare un po’ la Bibbia del sapere moderno o, se preferite, per usare un linguaggio più scientologista, è il Dianetics per noi che navighiamo su Internet. Dando una rapida occhiata, Hubbard ha avuto una vita parecchio interessante. Piena di aspetti affascinanti così come di lati oscuri. Penso che L. Ron Hubbard avrebbe desiderato una pellicola a lui interamente dedicata. Cosa che The Master non è. È un film solo in parte su di lui, o meglio sul suo alter ego Lancaster Dodd interpretato da Philip Seymour Hoffman. O che forse il suo vero alter ego nel film sia Freddie Quell, il personaggio di Joaquin Phoenix? Anche Hubbard in fondo ha iniziato dalla marina militare… La mia è solo una supposizione. Con il massimo rispetto per il grande L. Rosalino Cellamare Hubbard, sia inteso.

"Splendido post, Cannibal. Scientology approva."
Pensi che a Tom Cruise sia piaciuto questo film?
Paul Thomas Anderson ha regalato a Tom Cruise uno dei ruoli più memorabili della sua carriera, Frank T.J. Mackey di Magnolia, anche lui a suo modo un master, un master su come rispettare il cazzo e domare la fica. Un master rispettabile pure lui. Credo che Tom Cruise abbia un po’ storto il naso all’idea di un progetto come questo The Master vagamente ispirato a Scientology, ma poi si è reso conto che quella è solo una vaga ispirazione iniziale e la pellicola esplora anche altre tematiche e, insomma, ci poteva andare giù molto più pesante nei confronti della setta, pardon della religione di cui Cruise è adepto, pardon seguace, pardon finanziatore, pardon membro.
Il film parla anche d’altro, oltra alla Causa simil Scientology. Parla del rapporto tra maestro e allievo. Tra guru e adepto. Tra padrone e asservito. Di come il primo sia niente senza il secondo. Il rapporto che si instaura tra Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix mi ha ricordato un po’ quello tra il padre padrone e i figli in Kynodontas. Il suo modo di istruirli, di educarli, non è così lontano. Più che un rapporto tra due uomini alla pari, che poteva sfociare in un buddy movie oh yeah, The Master ci presenta un rapporto tra uomo e animale. O quello che lui considera un animale.
Il film poteva poi essere anche una pellicola romantica. A un certo punto ci illude, con il rapporto tra il marinaio io vagabondo che son io Joaquin Phoenix e la giovane verginale Doris, interpretata da Madisen Beaty, possibile nuova Evan Rachel Wood e sti cazzi. Il film in questa parte sembra possedere un cuore e invece no. Paul Thomas Anderson non ci sta. Il suo è un film più cerebrale che di cuore e questo è un suo limite. Vorresti amare The Master ma non ce la fai. Non del tutto. È però anche un suo pregio perché così non scivola nel solito polpettone romantico. E poi PTA aveva già detto tutto quello che c’era da dire sull’amore nello splendido sottovalutatissimo Ubriaco d’amore, così come nel finale di Magnolia sulle note di Save Me. Cos’altro poteva aggiungere?
The Master non è un film sull’amore. È un film sulla solitudine dei numeri primi. È un film su un maestro e sul suo discepolo e sul suo discepolo che sfugge a una Cura Ludovico di kubrickiana (a proposito di Maestri) memoria e alla fine a sua volta diventa maestro. Seppure a modo suo. Seppure nella variante più sessuale. Perché The Master è più un film sul sesso, che sull’amore. Sugli istinti primoridiali e su come il potere della mente possa domarli. O non possa domarli.

"Se ti conci così, non lamentarti poi se non ti danno l'Oscar..."
Da un film che si intitola The Master ti aspettavi una pellicola erotica sul bondage, vero?
No, lo smentisco in maniera categorica.

Da un film che si intitola The Master ti aspettavi una pellicola erotica sul bondage, vero?
Ok. Lo ammetto. Paul Thomas Anderson, il tuo film è notevole, però una bella scena di bondage la potevi anche mettere. O dobbiamo aspettare che esca la porno parodia con Sasha Grey?

Cosa ne pensi di Scientology, per davvero?
Io ci tengo a ribadire fortemente un concetto: io non ho niente contro la sette, pardon le religioni. Questo post è stato assolutamente rispettoso di Hubbard, di Tom Cruise e di Scientology. Proprio come The Master.
O forse no?
(voto 8,5/10)



mercoledì 23 gennaio 2013

CHE VITA DI EMME LA VITA DI PI

Vita di Pi
(USA, Cina 2012)
Titolo originale: Life of Pi
Regia: Ang Lee
Sceneggiatura: David Magee
Tratto dal romanzo: Vita di Pi di Yann Martel
Cast: Suraj Sharma, tigre Richard Parker, Irrfan Khan, Ayush Tandon, Gautam Belur, Adil Hussain, Tabu, Rafe Spall, Shravanthi Sainath, Gérard Depardieu
Genere: spiritual survival
Se ti piace guarda anche: Cast Away, 127 ore, The Millionaire, La mia vita è uno zoo

Che vita di Emme, la vita di Pi.
Il protagonista di questo film, un ragazzo indiano figlio del proprietario di uno zoo, si fa chiamare Pi, stufo di essere preso per il Ci per via del suo nome completo: Piscine Molitor, in onore di una piscina pubblica di Parigi. Certo che i genitori devono essere dei bei Bi per dare un nome del genere al figlio. Peggio di chi decide di chiamarlo Alessandro Leone. Ogni riferimento a blogger rivali è puramente voluto.
Scherzo eh, è un bellissimo nome.
Piscine Molitor, intendo.

Un nome come Piscine Molitor, chissà perché, gli attira un sacco di sfottò da parte dei compagnucci di scuola, quei mattacchioni, che lo chiamano: Piscione, Piscialetto, Pischelletto pisciatore, Pistarino…
Così il furbone decide di abbreviare il suo nome in Pi, in onore del Pi greco. Non l’avesse mai fatto. In questo modo, fa solo la figura del secchione con gli altri bimbi che il Pi greco non sanno manco cos’è, e quindi la razione di botte che si piglia raddoppia. In più, gli sfottò nei suoi confronti aumentano, perché con Pi la gamma di insulti aumenta anziché diminuire. Gli danno infatti del: Pirla, Piciu, Porco, Puttano e naturalmente gli danno ancora del Piscialetto etc…

"La vista mare c'è,  per questo non posso lamentarmi, è tutto come sul depliant.
Per il fatto che il mio posto letto sia occupato da una tigre però mi sa che posso
esigere un rimborso o se non altro un coupon per un altro viaggio."
Fino a che le cose vanno così, la vita di Emme di Pi non è manco così di Emme.
Le cose sono destinate a cambiare quando comincia a interessarsi alla religione. Prima quella induista, poi quella cristiana, poi quella musulmana, poi Scientology.
Pi però non si accontenta di far parte di una sola religione e le abbraccia tutte. È un poligamo delle religioni. Una cosa che fa girare le balle a un sacco di gente: il Papa, al-Qaeda, il Dalai Lama, Tom Cruise. Sono tutti incazzati con lui. Una situazione peggiore di quella capitata al dannato Cannibal Kappa quando si è messo a criticare Cloud Atlas.
Sono tutti incazzati con lui, persino Dio. Il grande capo in persona, che di li in poi gli farà passare una vita davvero di Emme.
Stufo di tutte le critiche, Pi decide allora di dedicarsi ad altro. Alla Effe. E una volta che arriva la Effe, che Ci gliene frega a Pi di Dio, della religione e di tutte queste Ci?
Pi si innamora di una bella Effe e tutto per lui sembra finalmente andare per il meglio.
È qui che però il padre decide di rompere il Ci, prendere il suo zoo pieno di animali e andare via dall’India. Proprio quando Pi aveva cominciato a fare Esse, tanto ma tanto godurioso Esse insieme alla belle Effe, il padre gli scombussola i piani e a Pi non resta altro che ammazzarsi di Pi.
Pi è così costretto a prendere la nave insieme alla famiglia e a tutti gli animali che manco Noè ne aveva mai visti così tanti tutti insieme. Una nave che volevano chiamare Titanic, ma poi hanno pensato: “Ma no, quel nome porta sfiga. Chiamiamola Costa Concordia. Con un nome del genere, cosa volete che capiti di male?”.
Il viaggio guarda caso non procede tranquillo. Pi, il poligamo delle religioni, con la sua multifede ha fatto incazzare davvero tutti ai piani alti. Persino Nettuno, dio del mare, e Thor, dio del tuono. I due uniscono le forze e lì altroché The Avengers. Insieme scatenano l’inferno in mare. La nave viene colpita da fulmini e saette e l’unico a salvarsi è Pi.
“Oh, finalmente una botta di Ci!” esclama contento. Prima di rendersi conto che sulla scialuppa di salvataggio in cui si è imbarcato non è solo. Con lui ci sono anche un orango, e va bene, non sarà una bella Effe, ma almeno non è troppo pericoloso. Una zebra, e va un po’ meno bene perché lui odia la Juve, però oh, non è che si può essere troppo pignoli in una situazione del genere. Quindi una iena, non proprio il massimo della vita, non solo di Pi. E poi c’è persino una tigre. E qua so’ Ci. Ci amari.
Se Pi pensava di avere una vita di Emme prima, figuriamoci adesso che ha perso la famiglia e si trova solo soletto in mezzo al mare. Solo soletto? Magari. Con lui c’è una tigre, l'ultima a sopravvivere tra gli animali. Se uno pensa a tutte le situazioni più di Emme in cui si può capitare, è davvero difficile immaginare di peggio. Persino il James Franco di 127 ore (film survival ben più interessante di questo) non avrebbe voluto fare a cambio.

"Ebbasta con 'sti pesci. Quand'è che mi porti da McDonald's?"
Cosa succede dopo?
Cannibal Kappa non è un pezzo di Emme e quindi preferisce non dirvelo, lasciando a voi il piacere di passare le quasi 2 ore successive di film a vedere Pi da solo in mezzo al mare con una tigre, spassandovela per vedere cosa capita loro.
Quello che Cannibal Kappa può dire è che per lui è stata un’esperienza non troppo piacevole, diciamo. Se la prima parte del film viaggia anche sui sentieri diligenti della storiella carina, alla The Millionaire, la lunga parte in mezzo al mare è davvero sfiancante. Ang Lee azzecca qualche momento visivamente non male, ma niente che vada oltre un documentario medio di National Geographic. E non fate paragoni con il sommo capolavoro di Terrence Malick The Tree of Life se non volete scatenare l’ira del Cannibal Kappa, che può essere anche peggio di quella di Nettuno e Thor in combo ed è già furioso con quelli dell’Academy per aver nominato la modesta regia molto in stile James Cameron di Ang Lee e non quella strepitosa di Quentin Tarantino per Django Unchained, o quella altrettanto portentosa di Joe Wright per Anna Karenina, di cui avrà modo di parlarvi prossimamente.

"Ma perché non ho dato retta alle previsioni catastrofiste di Studio Aperto
e non mi sono portato dietro un ombrello o almeno un K-Way?"
Cosa succede alla fine del film?
ATTENZIONE SPOILER
Vita di Pi offre un colpone di scena finale, in grado di ribaltare tutta la prospettiva della vicenda. Un colpo a effetto che fa molto anni ’90. Peccato che queste cose alla I soliti sospetti o alla Il sesto senso siano passate di moda da oltre un decennio. E peccato anche che un colpone di scena come questo non basti a risollevare le quasi due ore di noia in cui il film era naufragato per tutta la parte precedente. E peccato che le scene più visionarie sembrino una versione parodistica di 2001: Odissea nello spazio o di Valzer con Bashir. E peccato che la scena con gli animaletti suricati sembri uscita da L'era glaciale. E peccato ci sia pure quel Gerard Dépardieu di Emme. E peccato, soprattutto, che lo spiegone finale non lasci spazio a grossi dubbi. Lo spiegone finale rovina tutti i trip mentali e le interpretazioni che uno poteva avere sulla vicenda.
Alla fine, Vita di Pi si rivela un film con dei risvolti cannibali, però non è un film cannibale (inteso come film per Cannibal Kappa) per niente. Il suo spiegone finale ammazza tutta la spiritualità esibita in precedenza, dove tra l’altro la pellicola più che su questioni spirituali finiva impantanata dalle parti di altre pellicole survival alla Cast Away. Per non parlare di una colonna sonora banale e stereotipata immeritatamente premiata ai Golden Globe e immeritatamente pronta a bissare anche agli Oscar.

Ma qual è questa grande rivelazione finale?
Alla fine, viene spiegato come le cose potrebbero essere andate diversamente da come le avevamo vissute fino ad allora. C'è una seconda versione della storia in cui l'orango in realtà è Christoph Waltz, la zebra è Kerry Washington, la iena non è Michael Madsen o Steve Buscemi o Teo Mammuccari, bensì quel cattivone di Leonardo DiCaprio e la tigre altri non è che Jamie Foxx in versione Django. Il tutto si conclude con il classico stallo alla messicana e la classica sparatoria tarantiniana, in cui ad avere la meglio è Django.
Qual è la versione che preferite? Quella con gli animali, o quella tarantiniana?

Volendo tirare le somme, la Vita di Pi non è piaciuta molto a Cannibal Kappa. Se non altro, almeno, la pellicola non si è rivelata per fortuna il “nuovo Avatar” come qualche furbacchione della promozione aveva cercato di spacciare, se non per uno stile registico che punta al facile effetto spettacolare vagamente alla James Cameron. E se non altro è un film che è riuscito nel suo intento principale: quello di avvicinare Cannibal Kappa a Dio. È davvero difficile infatti contare le volte nel corso della visione in cui ha esclamato: “Oddio nooo!” “Cristo Santo, basta!”, “Che Buddha sta succedendo adesso?” e "Ma porco Di!".
Cannibal Kappa ha capito che una forza superiore esiste e ha capito che questa forza ha ascoltato le sue preghiere quando sono arrivati i titoli di coda a mettere fine alle sue sofferenze. E' lì allora che Cannibal Kappa ha potuto liberare tutta la sua spiritualità con un: “Grazie Dio.”
(voto 5,5/10)



sabato 10 novembre 2012

Sound of My Voice: la voce venuta dal futuro

Sound of My Voice
(USA 2011)
Regia: Zal Batmanglij
Sceneggiatura: Brit Marling, Zal Batmanglij
Cast: Christopher Denham, Nicole Vicius, Brit Marling, Richard Wharton, Davenia McFadden, Alvin Lam, Constance Wu, Avery Kristen Pohl
Genere: misterioso
Se ti piace guarda anche: Another Earth, La fuga di Martha, Primer

Dei film misteriosi non si dovrebbe anticipare troppo. Dovrebbe essere vietato per legge.
Divieto di spoiler.


"Alla faccia di chi pensava che nelle sette religiose si pianificassero
solo suicidi di massa, qui noi facciamo pure il gioco della bottiglia!"
Cosa dire allora di una pellicola giocata tutta sul mistero come questa?
Il minimo indispensabile per stuzzicare la vostra curiosità. Per portarvi a vederlo. Non nei cinema, dove difficilmente uscirà. Chissà, magari con mesi e mesi di ritardo, come capitato a Another Earth.
Perché il collegamento con Another Earth? Per puro caso?
No, perché anche Sound of My Voice è una pellicola che contiene elementi fantascientifici, eppure non sembra una pellicola fantascientifica. Sebbene in questo caso, va detto, gli elementi sci-fi siano più marginali rispetto ad Another Earth. E poi, soprattutto, c’è Brit Marling, attrice che con questi due soli film è già garanzia di qualità. E pure in questo caso la sceneggiatura è co-firmata dalla stessa Brit Marling, nuova fenomena allora non solo davanti alla macchina da presa (qui la sua prova interpretativa è davvero notevole), ma anche con la penna in mano.
E anche questa volta, la sua penna magica ci regala un bel finale con i fiocchi, proprio come per Another Earth…

Cos’altro dire, senza svelarvi troppo e rovinarvi la sorpresa di un film che vi terrà incollati allo schermo dall’inizio alla fine?
Si parla di sette più o meno religiose, in una maniera non troppo distante da La fuga di Martha. Si parla di una coppia che vuole realizzare una pellicola documentario appunto sulle sette religiose. Si parla di avere Fede. Si parla di non avere Fede. Si parla di una ragazza che dichiara di arrivare dal ’54. Non il 1954, bensì il ’54 del futuro: il 2054. E poi, una canzone vi rimarrà in testa. "Dreams" dei Cranberries.
Perché, cosa c’entra?
Chi lo sa?



"Preferivi una canzone dei One Direction? Guardati X-Factor, stronzetto!"
Seguite il suono della mia voce. Fidatevi di quello che vi dico. Guardate questo film. Una visione non mi azzardo a dire sconvolgente, però quanto meno coinvolgente. Non proprio un vero e proprio thriller, però è teso più di qualunque altro thriller vero e proprio visto quest’anno. Cercatelo in rete. Ve lo dice uno che è arrivato direttamente dal 2054 per segnalarvi questo film, quindi non vi resta che fare una cosa.
Fidarvi.
(voto 7,5/10)


giovedì 3 novembre 2011

O Florentina, di ogni disco ti vogliam regina


Florence + the Machine “Ceremonials”
Genere: pop Sacro
Provenienza: Londra, Inghilterra
Se ti piace ascolta anche: Bat for Lashes, Marina & the Diamonds, Zola Jesus, Lykke Li, Ellie Goulding, Oh Land

Toglietevi le scarpe. Perchè questo è un luogo sacro. Si celebra una cerimonia solenne.
Non importa se questa emozione durerà per tutta la vita o Only if for a night, l’importante è darsi una scossa. È difficile ballare con un diavolo sulla schiena, ma non è impossibile. Basta scrollarselo di dosso. Se le note poi sono quella della canzone più pop e difficile da scrollarsi dalle orecchie che la Fiorenza abbia mai fatto, niente è impossibile.


Quando arriva l’acqua non ci puoi far nulla. Vieni travolto completamente. Vieni battezzato. Prova a respirare, se ci riesci, ma è meglio se trattieni il fiato. Fino alla fine.


Never let me go. Never let me go. Non lasciarmi. E a te chi te lascia, Florence? Chittelascia?


Breaking Down ti fa a pezzi. Spietata come una pop song, incisiva come un inno, commovente con il suo incedere da pura emozione come una canzone sui titoli di cosa di un film. Un bel film, intendo, non il quasi omonimo Breaking Dawn (lo dico preventivamente, anche se deve ancora uscire).

E poi arrivano gli amanti, lover to lover, nel momento hippie dell’album, giusto per spezzare/spazzare via con una festa l’atmosfera epica e solenne.

Quando le luci vanno però a farsi fottere si grida “no light, no light!” spaventati. Brancoliamo nel buio in cerca di una rivelazione, di una risoluzione, di una rivoluzione, guidati dalla voce della Fiorenza e dalla sua manina che ci tiene stretti.

E ora tutti in cerchio. Tenete le mani di chi vi sta intorno. Il rituale di evocazione può avere inizio. Toglietevi quei sorrisini dalle facce, che qui si fa sul serio. Concentratevi e ripetete insieme a me:

Seven devils all around you
Seven devils in your house
See I was dead when I woke up this morning
I'll be dead before the day is done
Before the day is done

Fino a che non li vedrete comparire intorno a voi, non sette samurai ma sette diavoli. Florence non è una cantante. Florence è una strega. E noi siamo i suoi piccoli malefici complici.
Dopo aver portato tra noi i demoni, bisogna seguire le heartlines, le linee del cuore per celebrare il matrimonio tra il bene e il male, e poi ballare yeah yeah al ricevimento.

In quella che è una cerimonia che non si fa mancare davvero nulla, arrivano pure gli spectrum. Per vederli Florence ha solo una piccola richiesta: say my name.
Florence.
Say my name!
Florence.
As every color illuminates
we are shining
and we’ll never be afraid again
Say my name!
Florence.
As every color illuminates
we are shining
and we’ll never be afraid again


Li vedete anche voi, adesso?
E certo che li vedete, perché All this and Heaven too significa che siete arrivati in Paradiso. Pensavate di essere stati cattivi in vita? Pensavate sareste finiti all’Inferno insieme a Belzebù? Invece belze-buuh! sorpresa! Non siete nel noioso para-para-paradise dei Coldplay, ma vi trovate in Paradiso a gustarvi un soffice Kinder Paradiso insieme alla Florence.

Dite addio al vostro corpo, leave my body, leave your body. Your body, my body, everybody, move your body! Tempo di lasciarsi il mondo alle spalle. Non si tratta di un funerale, quindi non piangete. Quello che vi aspetta è qualcosa di oltre. Qualcosa di più grande. Un’avventura grandiosa. Siete pronti per l’ascesa?

Toglietevi le scarpe. Inchinatevi. Questo non è un disco. È la messa pagana cui volevo partecipare da tutta una vita. E queste non sono canzoni. Sono delle porco *** di preghiere.
(voto 9+/10)

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