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sabato 1 giugno 2019

Serial Killer: le serie top e flop di maggio (in leggero ritardo)





Ma di cosa stiamo parlando?
Di serie tv. Serial Killer è la rubrica sui telefilm pubblicata su Pensieri Cannibali con cadenza mensile. In maniera più o meno puntuale, questo mese in maniera un po' meno puntuale del solito. Si parla infatti di quanto visto nel mese di maggio e adesso è l'1 giugno, quindi sorry for the ritardo.

mercoledì 12 settembre 2018

Empire Records: il film più anni '90 degli anni '90, e forse di sempre





Empire Records
Regia: Allan Moyle
Cast: Anthony LaPaglia, Liv Tyler, Renée Zellweger, Rory Cochrane, Johnny Whitworth, Ethan Embry, Robin Tunney, Brendan Sexton III, Maxwell Caulfield, Coyote Shivers, James 'Kimo' Wills, Debi Mazar, Gwar


Non avevo mai visto Empire Records. Perché?
Non so perché. Davvero non lo so. Strano, perché aveva tutte le carte in regola per piacermi. È un film del 1995 ed è proprio in quel periodo che la mia passione sia per il cinema che per la musica stava crescendo e sviluppandosi. Per di più è un film ambientato in un negozio di dischi e il mio lavoro da sogno da ragazzino indovinate qual era? Non diventare un attore, un regista o una rockstar, né tantomeno un astronauta o un pilota di formula 1. Mi accontentavo di lavorare in un negozio di dischi. Magari un giorno persino di possederne uno. Quel sogno non si è mai realizzato, naturalmente. Come sapete i negozi di dischi ormai sono una rarità, anche se nella mia cittadina non si sa bene come ce n'è ancora uno che sopravvive. Più vendendo i biglietti dei concerti a chi non è in grado di comprarseli su Internet che non i dischi, ma sopravvive. Quando, dopo aver frequentato qualunque università specialistica e master possibile pur di rimandare l'inevitabile, ho cominciato a lavorare, quello dei dischi era ormai un business defunto. Colpa del web.


Il mio sogno comunque, più che quello di lavorare in un negozio di dischi, era poter ascoltare tutti i dischi che volevo. Da ragazzino con la mia paghetta potevo comprarmi tipo 2 o 3 CD al mese, quando andava bene, e dovevo scegliere con grande attenzione su quali gruppi puntare. Il mio sogno di avere qualsiasi tipo di musica a disposizione si è poi realizzato. Grazie al web. Grazie a Napster – sempre sia lodato – prima, e ai vari Morpheus, Audiogalaxy, WinMX, Soulseek, eMule, BitTorrent e Spotify poi. Pazienza se non posso lavorare in un negozio di dischi. Ora il computer è il mio negozio di dischi.

Negli anni '90 sarebbe però stata una vera figata, lavorare in un negozio di dischi. Come lo so? Basta guardare Empire Records, pellicola a metà strada tra Clerks - Commessi e Alta fedeltà. A differenza di questi due è uscito più in sordina ed è passato piuttosto inosservato. Sarà per questo che non sono mai riuscito a vederlo. Al Blockbuster non so manco se l'ho mai trovato e su Italia 1 non mi è mai capitato di beccarlo. Nemmeno a orari assurdi, quando l'unica possibilità di recuperare certe pellicole più o meno di nicchia era videoregistrarle. Quanto mi sento vecchio a parlare di queste cose.

Con gli anni comunque i suoi estimatori sono venuti fuori ed Empire Records si è trasformato in un cult minore dei 90s. Negli ultimi mesi è uscita la notizia che a Broadway è persino in lavorazione un musical basato sulla pellicola diretta da Allan Moyle, regista che poi non avrebbe più combinato granché e in effetti c'è da dire che la regia non è che spicchi in maniera particolare.


Cosa rende allora Empire Records così irresistibile?
Perché sì, è irresistibile e da una parte sono dispiaciuto di non averlo visto prima, visto che mi avrebbe cambiato la vita o quasi. Dall'altra sono contento di aver scoperto ora questa chicca ed essermi così reso conto che esistono ancora delle perle nascoste persino in un periodo che credevo di conoscere meglio di me stesso come gli anni '90, e in particolare il cinema anni '90 dai toni adolescenziali e dai ritmi musicali.


A rendere irresistibile questo film è innanzitutto la sua atmosfera 90s. Questo film è così anni '90 da far schifo (a chi odia gli anni '90) e da risultare spettacolare (a chi ama gli anni '90). Fondamentalmente è costruito sul nulla. La trama è davvero esile. Lo spunto di partenza è la storia di un negozio di dischi, Empire Records appunto, che rischia di essere comprato da una grossa compagnia e di trasformarsi in uno dei tanti punti vendita anonimi di una catena in franchise. In quei tempi ingenui, quello appariva come il più grosso incubo per chi gestiva un negozio di dischi con un'attitudine punk e indipendente: svendersi al capitalismo. Vaglielo a spiegare che, dopo l'avvento di Napster, tenere in piedi un negozio di dischi anche solo di una grossa catena potrà essere considerato un autentico miracolo. D'altra parte all'epoca i film ce li affittavamo al Blockbuster. Altro posto in cui avrei sempre sognato di lavorare e che ormai è diventata una possibilità più remota di quella di diventare un astronauta o un pilota di formula 1.

Una cosa splendida di Empire Records è che rappresenta una fotografia perfetta di un'epoca che da lì a poco sarebbe sparita. È quasi come guardare un film muto degli anni '20. Nel giro di poco tempo sarebbero cambiate così tante cose che l'effetto è simile. Altro fatto da rilevare è che Empire Records visto oggi regala un effetto malinconia notevole, che visto in “diretta” nei 90s sicuramente non possedeva. Un valore aggiunto che lo rende ancora più cult.


Sono cult già di loro pure i personaggi del film, come solo i personaggi dei lavori anni '90 sapevano essere, così forti, eccessivi e caricati com'erano. Adesso il più delle volte la situazione è differente. I personaggi ora in genere sono più realistici, persino nei cinecomics, ed è giusto che sia così. Allo stesso tempo, si perde un po' in divertimento, e in epicità. Difficile trovare nelle pellicole di oggi personaggi come Mark Renton, Begbie, Sick Boy e Spud di Trainspotting, o come Tyler Durden di Fight Club. O anche come Stifler di American Pie. O come quelli di Pulp Fiction, tutti quelli di Pulp Fiction. Forse giusto nel cinema di Tarantino è ancora possibile trovarli.
I personaggi di Empire Records non saranno altrettanto leggendari come quelli sopracitati, però non se la cavano male. Chi sono? Eccoli!

Ethan Embry ha la parte del classico (almeno nella pop culture anni '90) tipo alternativo e stralunato che vive in una dimensione tutta sua.


Come Beavis and Butt-head fusi in una persona sola, o come i protagonisti di Fatti, strafatti e strafighe, sempre fusi in un corpo unico.


Brendan Sexton III è un ragazzino sboccato e scatenato che ruba i CD nel negozio, ma solo perché in realtà lì dentro ci vuole lavorare. A quanto pare non ero l'unico ad avere quel sogno.


Robin Tunney è la tipica ragazza 90s rock depressa, una rebel girl con istinti suicidi alla Kurt Cobain e un look rasato alla Sinead O'Connor. Ragazze così oggi non le fanno più. Purtroppo.


Le altre due girls del film sono invece più estroverse e allegre, soprattutto Renée Zellweger, che qui è davvero parecchio sexy. Sì, Bridget Jones sexy, avete capito bene.


E poi c'è Liv Tyler, la figlia di Steven Tyler fresca reduce dal video di “Crazy” degli Aerosmith in coppia con Alicia Silverstone (mio Dio, che video!) e pronta a trasformarsi in un'icona del decennio con il successivo Io ballo da sola, che qui tocca nuovi vertici mondiali di figosità.


Peccato che il boss del negozio di dischi, Joe interpretato dal come sempre poco fenomenale Anthony LaPaglia, sia un tipo piuttosto anonimo, che non riesce a essere cool come vorrebbe essere ed è forse per questo che il film non ha sfondato, anzi ha floppato con un incasso negli Usa di appena $ 300 mila dollari. E ho detto mila, non milioni. Un risultato che risulterebbe magro persino al botteghino nostrano, figuriamoci Oltreoceano. Con un protagonista più carismatico magari le cose sarebbero andate diversamente, chissà?


Chiudendo un occhio su un Anthony LaPaglia poco memorabile e su una trama che più striminzita non si potrebbe, Empire Records compensa in cultaggine grazie a un elemento che per una pellicola ambientata quasi interamente tra le mura di un negozio di dischi è fondamentale: la colonna sonora. Una soundtrack spettacolare e niente affatto scontata. Non ci sono i big del periodo che ci si aspetterebbe, come Nirvana, Pearl Jam, Oasis, Blur e Radiohead, magari per una questione di soldi e di diritti, però qualche nome celebre c'è, ad esempio ci sono i Cranberries ed Evan Dando dei Lemonheads, insieme a qualche ripescaggio dagli anni '80 come Dire Straits, The The (con la splendida “This Is the Day” quest'anno riscoperta anche dai film Ogni giorno e Come ti divento bella!) e “Video Killed the Radio Star” dei Buggles. Senza dimenticare una delle canzoni più belle del decennio, “A Girl Like You” del one-hit wonder Edwyn Collins.



Oltre a loro, sono presenti più che altro gruppi oggi del tutto sconosciuti che già all'epoca non erano poi così famosi come Gin Blossoms, Dishwalla, Toad the Wet Sprocket, Better Than Ezra, Throwing Muses e così via. Canzoni che nemmeno io avevo sentito prima e sì che di musica anni '90 di ultra nicchia me ne intendo, o pensavo di intendermene. C'è una canzone in particolare che mi ha conquistato, “Seems” dei Queen Sarah Saturday, che in una splendida scena viene cantata dagli impiegati dell'Empire Records.



È tutto in questa sequenza molto da videoclip dell'epoca d'oro di MTV che sta il fascino di un film che sembra fatto di niente, e invece riesce a mettere in scena alla perfezione un intero decennio.

Non avevo mai visto Empire Records. Perché?
Perché... sono fatti miei. E quindi tutto questo post non avrei manco dovuto scriverlo.
(voto 8/10)


sabato 28 luglio 2012

Viva Abbasso l’amore

Abbasso l’amore
(USA, Germania 2003)
Titolo originale: Down with Love
Regia: Peyton Reed
Cast: Renée Zellweger, Ewan McGregor, Sarah Paulson, Jeri Ryan, Ivana Milicevic, Melissa George, David Hyde Pierce, Tony Randall, Chris Parnell, Laura Kightlinger, John Aylward
Genere: retrò
Se ti piace guarda anche: Austin Powers, Pleasantville, A qualcuno piace caldo
                              
Abbasso l’amore è un film sui Sixties a.M., ovvero avanti Mad Men.
Ebbene, sì. È esistita anche un’epoca avanti Mad Men. Cosa che significa che in questo film sono presenti tanti ma proprio tanti stereotipi legati all’esaltazione dei magnifici anni Sessanta come vera e propria epoca d’oro, quando Mad Men è riuscita a farci vedere anche le sue inevitabili ombre.
Cosa che però significa anche che qui dentro ci sono un sacco di trovate parecchio fa-vo-lo-se. Proprio nel suo rendere il decennio in maniera idealizzata e “finta”, Abbasso l’amore riesce a essere una commedia a tratti irresistibile. Vecchio stile e prevedibile fin che si vuole, ma anche maledettamente godibile.

Abbasso l’amore è come se dicesse “Abbasso una visione nuova e originale degli anni ’60 e viva il passato”, quello che non è manco mai esistito, se non nei film con Marilyn Monroe, Doris Day o Frank Sinatra. Perché il quadro del decennio che ne esce è del tutto fiction e ci propone i Sixties non come sono stati nella realtà, o come probabilmente devono essere stati nella realtà, ma solo come sono stati nelle commedie hollywoodiane del periodo. Per quanto io preferisca, e nettamente, il ritratto dipinto da una serie capolavoro come Mad Men, anche questa visione fittizia e molto naif del decennio ha il suo fascino flower power vagamente alla Austin Powers, giusto un filo meno scemo.
Niente male, davvero niente male poi alcune trovate parecchio inventive presenti, come la fantastica la “scena di sesso” in split-screen tra i due protagonisti. Uno sberleffo nei confronti del politically correct fatto in maniera leggera quanto allo stesso tempo incisiva.

Ma chi sono i protagonisti di questa scatenata comedy tutta basata su un continuo gioco di equivoci, in perfetto stile Sixties, e sul rapporto tra uomini e donne, con il femminismo che all’epoca si faceva sempre più largo?
Renée Zellweger, attrice che non è mai rientrata tra le mie personali preferite, qui offre una prova davvero più che convincente. Se lo dico io, fidatevi. E poi c’è Ewan McGregor, attore che invece è sempre rientrato tra i miei personali preferiti e che qua, in un ruolo più allegro e brillante rispetto ai suoi soliti recenti depressoni (Beginners, Perfect Sense, Il pescatore di sogni…), è gigione quanto basta per fare la sua ottima figura nei panni del playboy senza scrupoli.
La storia si risolve tutta nell’incontro/scontro tra i loro due personaggi. Lei è una femminista che ha scritto il best-seller che dà anche il titolo originale alla pellicola, ovvero “Down With Love”, in cui offre consigli alle donne su come rinunciare all’amore e diventare spietate nella relazioni sentimentali come e più degli uomini. Lui è invece un giornalista misogino che farà di tutto per farla a pezzi, architettando un diabolico piano per prima conquistarla e poi mandare in rovina tutte le teorie descritte nel suo libro…
Divertente, frizzante, leggera, una commedia fuori dal tempo, tanto ingenua quanto contagiosa.
Abbasso l’amore? No, viva Abbasso l’amore!
(voto 7/10)

Post pubblicato anche su L'orablu.

mercoledì 27 ottobre 2010

Caso umano 39

Case 39
(USA, Canada 2009)
Regia: Christian Alvart
Cast: Renee Zellweger, Jodelle Ferland, Bradley Cooper, Ian McShane, Callum Keith Rennie, Cynthia Stevenson
Links: IMDb, mymovies
Genere: bambini inquietanti
Se ti piace guarda anche: Orphan, The Ring, The Orphanage

Se per caso dovessi occuparmi del casting di un film, Renee Zellweger non sarebbe certo la mia prima scelta come protagonista di una pellicola. Probabilmente non sarebbe nemmeno tra le mie prime mille scelte, ma tant’è che quelli del casting di questo Case 39 hanno scelto proprio lei. E il film si lascia pure guardare.

La nostra Bridget Jones stavolta è un’assistente sociale iper-impegnata già in 38 casi. Quando il suo boss le mette sulla scrivania il 39esimo caso, quello di una bambina che al solo vederla in foto c’è da cacarsi addosso dalla paura, lei invece di spaventarsi non fa una piega, accetta di buon grado il caso e inconsapevole dà il titolo al film: Case 39.
La bambina, contrariamente a quanto inquietante possa sembrare, si rivela un agnellino vittima di genitori pazzi che vogliono farla fuori. Allora la Zellweger, armata del suo solito esercito di faccette sceme, arriva in suo soccorso e la salva dalla terribile situazione. Peccato che a volte le prime impressioni non siano proprio sbagliate e quella che in foto sembrava una bimba spaventosa si rivelerà esattamente… una bimba spaventosa. Anzi, una specia di figlia di Satana o di adorabile compagna di giochi della Samara di The Ring. Una cocca di mamma, in pratica.

Nel cast oltre alla bella Renee (bella poi neanche tanto, l'ho detto più che altro per fare il verso al bel René) si segnala anche il protagonista della serie Deadwood e Bradley Cooper, l’attore di Una notte da leoni che fa coppia con Bridget Jones anche fuori dallo schermo. Se fossi un attore di Hollywood e potessi scegliermi qualunque mia collega fighetta, la Zellweger non rientrebbe tra le mie prime mille scelte, però contento lui…

Se la prima parte del film ha un’inaspettata vena da dramma sociale, la seconda si va a infilare sui soliti prevedibili binari del genere thriller-horror con bambini inquietanti. Niente di nuovo sotto il sole, ma la tensione è garantita da una scena con delle vespe spaventose che ha un impatto piuttosto brutale, oltre al fatto che la bimba Jodelle Ferland (già vista in Eclipse, Tideland, Silent Hill e in un episodio di Smallville quando ancora, non so perché, guardavo Smallville) è davvero inquietante.
(voto 6-)

(il film è uscito in Italia direttamente in DVD)

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