Cast: Sophie Turner, Rhys Ifans, Claire Forlani, Jonathan Rhys Meyers, Gregg Sulkin, Geraldine Chaplin, Ivana Baquero, Leonor Watling, Charlotte Vega
Genere: sdoppiato
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Game of Thrones è una serie piena di ottimi personaggi. Soprattutto i primi tempi, poi quel gran bastardo dell'autore George R. R. Martin si è divertito a fare fuori molti dei migliori uno dopo l'altro. Un po' come in The Walking Dead. Appena un personaggio diventa promettente, ecco che su di lui cala La morte nera.
Il trono di spade - Game of Thrones, che ritorna su HBO con la quinta stagione questa sera, è una serie piena di ottimi personaggi, dicevo. Tra questi NON rientra Sansa. La lagnosissima Sansa Stark. Sansa di lei la serie probabilmente sarebbe meglio, ma purtroppo ce la dobbiamo tenere. Se come personaggio l'ho sempre trovata insopportabile, anche l'attrice che la interpreta, Sophie Turner, non mi ha mai convinto del tutto. Sono anzi convinto che abbassi il livello di recitazione rispetto a ottimi attori come Emilia Clarke e Peter Dinklage di diverse spanne, anche se mai quante Kit Harington, il pessimo Jon Snow che non sa niente.
Sophie Turner però è giovane, quello in Game of Thrones è il suo primissimo ruolo, e nel video di “Oblivion” dei Bastille non se la cava poi nient'affatto male.
Cast: Andrew Garfield, Emma Stone, Rhys Ifans, Martin Sheen, Sally Field, Denis Leary, Chris Zylka, Campbell Scott, C. Thomas Howell
Genere: supereroico
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A me i supereroi stanno sulla balle.
Ve l’ho già detto? Sì, una o due volte. Una o due centinaia di volte, intendo.
Su tutti: Clark Kent/Superman. Odioso alieno perfettino e clandestino.
Gli Avengers? Non me ne piace manco uno. A parte Black Widow che non mi piace come personaggio, ma solo per Scarlett Johansson e quindi non vale.
Bruce Wayne/Batman? Lui mi piace abbastanza (e non intendo in maniera fisica come al suo amichetto Robin) per quel suo lato oscuro. Non a caso è anche l’artista precedentemente noto come Il cavaliere oscuro.
Il mio preferito però è Spider-Man. Lo sfigato Peter Parker.
"Emma Stone nuda? Dove, dove??"
Una volta detto questo, non sentivo assolutamente il bisogno di rivederlo sul grande schermo. Non così presto. Spider-Man del 2002 è stata la pellicola che ha riregalato al mondo dei supereroi un grande successo cinematografico, dopo gli agghiaccianti Batman firmati Joel Schumacher, incarnando bene il desiderio di qualcuno che potesse salvare New York City, seppure solo per fiction, all’indomani dell’11 settembre. Sam Raimi era riuscito a portare le intuizioni nerd ironiche messe a frutto da Joss Whedon in Buffy, la prima vera eroina post-moderna, e ci aveva regalato un eroe poco super e molto umano. Oltre che una pellicola estremamente divertente.
Spider-Man 2? Un bel bis. Un sequel che riusciva non solo a tenere alto il livello di spasso del primo, ma spingeva maggiormente anche sull’aspetto dark del personaggio.
Spider-Man 3? Da dimenticare su tutta la linea.
Con quel film, Spider-Man ha cominciato a perdere qualche punto ai miei occhi. Con quel film, e anche con quella lagna di versione del tema di Spider-Man firmata da Michael Bublé, più comunemente conosciuto come Michael Buuu-Bleah.
Da allora, ogni volta che sento nominare Spider-Man mi viene in mente la versione Bubleosa, anziché quella ben più figa dei Ramones.
O quella di Homer Simpson.
Nonostante il Bublé e nonostante il dimenticabile terzo episodio della saga di Raimi, Spider-Man resta pur sempre il mio supereroe preferito, almeno tra quelli tradizionalmente intesi. Perché se tra quelli meno “ortodossi” e classici possiamo annoverare pure Buffy o i Misfits o gli Heroes o il Bruce Willis di Unbreakable, o persino il precario di Caparezza, allora è tutta un’altra storia e l’Uomo Ragno rischia di finire persino fuori dalla top 10.
Nonostante sia il mio superhero tradizionale preferito, a distanza di così poco tempo non si sentiva, o almeno io certo non sentivo, tutto questo bisogno di un reboot, di una rinascita cinematografica del personaggio. Anche perché la saga di Sam Raimi è ancora bella fresca ed è invecchiata bene. Sarà che sono passati a mala pena una decina d’anni dal primo capitolo e 5 dall’ultimo, quindi era difficile invecchiare male.
A Hollywood però non stanno tanto a chiedersi se un film sia necessario o meno. Si stanno a chiedere quanti $ po$$ono fare. E con un $upereroe, anche e $oprattutto in tempi di $upercri$i, i $uperinca$$i sono $upergarantiti.
Cosa c’è allora di diverso dal precedente Spider-Man?
Non molto. Questo punta a un realismo leggermente maggiore, diminuendo la componente “fumettosa” soprattutto nella prima parte, la più interessante, mentre sul finale scivola purtroppo nella solita buccia di banana ripiena di effetti speciali, e cade pure nella trappola del solito lungo scontro finale con il cattivone, il poco interessante lucertolone interpretato da Rhys Ifans, Lizard, nella cui parte io avrei visto meglio il Re Lucertola in persona, Iggy Pop. Così avrebbero potuto fargli cantare pure il tema di Spider-Man che avrebbe (forse) cancellato dalla mia memoria la Bublé-version.
"Ecco cosa succede a guardare troppe foto di Emma Stone..."
A curare la regia i producer hollywoodiani hanno chiamato il giovane talento Marc Webb, per gli amici anche Marc WWW, segnalatosi come uno dei migliori talenti visivi in circolazione con il suo esordio, lo splendido (500) giorni insieme, LA commedia romantica indie per eccellenza. Un talento che qui svolge diligentemente il suo lavoro e convince parecchio, in particolare nella prima parte come abbiamo detto più realistica e “umana”. Nel finale appare invece meno a suo agio con gli effettoni specialoni e le scenone d’azionona ma vabbè, io mi auguro che questa nel mondo dei blockbuster sia stata solo una parentesi (credo molto remunerativa) e il Webb torni presto a ciò che sa fare meglio: il cinema indie. E a questo proposito il suo prossimo progetto The Only Living Boy in New York potrebbe rivelarsi parecchio interessante.
"Mi avevi detto che era nuda, invece era solo una foto da studentessa porca."
Oltre che un nuovo regista, per questo extreme makeover poco extreme del franchise di Spider-Man serviva naturalmente anche un volto nuovo. A raccogliere il testimone del naturalmente nerdoso Tobey Maguire è il naturalmente geekkoso Andrew Garfield, che insomma l’abbiamo già visto in The Social Network, Non lasciarmi, Parnassus, Leoni per agnelli e ormai più che una rivelazione è una conferma. Nei panni della bella di turno, per rimpiazzare l’irrimpiazzabile Kirsten Dunst hanno ingaggiato Emma Stone, ed è una gran bella scelta. Anche se in versione bionda rende meno che da rossa. Parere non solo estetico-sessuale, ma anche interpretativo: in Easy Girl era fenomenale, qui semplicemente porta a casa la mignpagnotta.
Non manca nemmeno il nemicoamico di turno. Laddove nel precedente James Franco era prima il BFF di Peter e poi ne diventava il rivale, qui le cose vanno al contrario. Flash Thompson/Flash Gordon è interpretato da Chrys Zylka, che abbiamo, o almeno ho, già visto in Kaboom, Shark Night, Piranha 3DD e nella serie The Secret Circle, uno che con quella faccia da bello stronzo è più convincente come cattivone che non come amichetto di Spidey. Ma per sviluppare meglio questo aspetto ci saranno i prossimi capitoli della saga…
"Resisti Spidey, al prossimo film se ce lo fanno fare te la do'..."
Cast e regia funzionano ottimamente, così come tutta la prima parte della pellicola. Il sapore di deja vu è fortissimo, la storia in fondo non è molto cambiata, anzi quasi per nulla, rispetto al primo episodio di Raimi, però il film è su di umorismo e ci sono un paio di scene persino ai limiti della slapstick comedy davvero divertenti. Ci sono pure le scenone giocate su registri più drammatici, quelle più romantiche e tutto è ok. Fino a che non ci si ricorda di essere pur sempre in una pellicola sui supereroi. Nella prima ora ce ne eravamo quasi dimenticati e io ne ero solo felice. Purtroppo l’oretta finale scivola invece in maniera più lenta e noiosa, tra scene action non troppo convincenti e altre menate per fare contenti i fan dei popcorn movies.
Il difetto principale resta pur sempre quello di essere un film del tutto non necessario, di quelli che se avessero aspettato altri 10, 20, 30 anni per fare un nuovo Spider-Man nessuno, o almeno non io, si sarebbe lamentato. Così come nessuno, o almeno non io, si sarebbe lamentato se Michael Bublé non avesse mai cantato il tema di Spider-Man.
Un film inutile, dunque, questo Amazing Spider-Man. Difficile però chiedere molto di più a un film inutile.
"Oh mamma! Non sapevo che Cannibal si fosse messo anche a cucinare torte..."
The Five-Year Engagement
(USA 2012)
Regia: Nicholas Stoller
Cast: Jason Segel, Emily Blunt, Rhys Ifans, Chris Pratt, Alison Brie, Lauren Weedman, Dakota Johnson, Mindy Kaling, Kevin Hart, Randall Park, Molly Shannon
Genere: five-year comedy
Se ti piace guarda anche: Non mi scaricare, In viaggio con una rock star, Le amiche della sposa
Cinque anni di fidanzamento ufficiale vi sembrano troppi?
Vero, però c’è qualcosa che sembra ancora più lungo: 2 ore e 10 di commedia.
Questo The Five-Year Engagement sembra mettere alla prova lo spettatore in maniera analoga a quanto fanno i due protagonisti l’uno con l’altra: lui (Jason Segel) chiede a lei (Emily Blunt) di sposarlo. Lei dice sì.
Non è uno spoiler. Laddove in molte commedie romantiche questo è lo step finale, il grandioso happy ending, qui la scena avviene subito all’inizio del film. Possiamo parlare di happy beginning?
Bene per i protagonisti, male per lo spettatore. Il film comincia con questa coppia felice e tu sei felice per loro, però che palle. Non c’è niente di meno interessante a livello cinematografico di una coppia felice.
Oddio, qualcosa di meno interessante lo si può anche trovare… il film La talpa, ad esempio.
Certo però che non è comunque il massimo, partire con un happy beginning. Una storia interessante di solito comincia con un conflitto, con un problema da affrontare e da risolvere. Ma se ‘sti due piccioncini qua sono già destinati a vivere per sempre felici e contenti, il bello della fiaba ‘ndo sta?
"Sì, mi sa che questa schifezza l'ha preparata proprio lui...
Meglio far finta sia squisita, altrimenti ci stronca il film!"
Dopo l’happy beginning, finalmente allora iniziano i ca**i amari per i protagonisti. Male per loro, meglio per noi spettatori. Il tempo passa, gli amici che sembravano scapoloni si sposano prima di loro, i nonni muoiono uno dopo l’altro e loro due, gli happy protagonisti, continuano a rimanere fidanzati forever e, vuoi per un motivo vuoi per un altro, non riescono a convolare a giuste nozze.
La particolarità di questa romcom, rispetto ad altre, sta proprio nel giocare con questo ritardo. La situazione all’inizio è anche divertente. I due non si sposano e i nonni che volevano vederli sposarsi muoiono. Ah ah ah che ridere. Dopo un po’ però comincia ad affiorare un po’ di noia e le cose, soprattutto per una commedia, non si mettono bene quando il numero degli sbadigli supera il numero delle risate. Non di molto, va detto, non è una sfida sproporzionata, però varie scene avrebbero meritato un netto cut in fase di montaggio.
Una su tutte: la lunga e per nulla divertente scena del nome del cane in gallese. Vorrebbe davvero far ridere? You gotta be kiddin’ me!
Premetto che ho visto il film in inglese e non oso immaginare cosa abbiano combinato in fase di doppiaggio. Lo stesso vale per un’altra scena, in cui Emily Blunt parla insieme a un’amica imitando la voce di un personaggio dei cartoni che in Italia non credo sia mai nemmeno arrivato. Come diavolo l’avranno resa? Quasi quasi mi riguarderei la versione doppiata solo per scoprirlo.
Però altre due ore e passa di visione non me la sento di affrontarle. Sono troppe, per una commedia.
Che scena romantica! Il maiale ubriaco, intendo...
La eccessiva mole di scenette evitabili appesantisce una visione per il resto gradevole. A firmare il lavoro ci sono d’altra parte dei nomi di tutto rispetto, nell’ambito dell’American comedy. Il produttore è un certo mister Judd Apatow. E sti chiapperi!
La sceneggiatura è invece co-firmata dal regista Nicholas Stoller con l’attore Jason Segel, anche protagonista del film. La premiata accoppiata (credo solo al cinema e non nella vita privata) è la stessa di Non mi scaricare, scoppiettante commedia che ha lanciato Russell Brand, che poi si sarebbe fatto notare più che altro per essersi sposato e divorziato Katy Perry e che sarebbe diventato protagonista anche della sorta di film spinoff successivo, sempre diretto da Nicholas Stoller, ovvero In viaggio con una rock star. Pellicola in tono minore rispetto a Non mi scaricare, ma che comunque metteva in evidenza le doti da rock star non tanto di Russell Brand quanto di una sorprendente Rose Byrne.
"E' calata la notte, ma il film mica è ancora finito..."
Al film numero tre, Stoller torna a fare coppia fissa con Jason Segel, quello di How I Met Your Mother, ma questa volta il risultato è ancora un pochino inferiore. Una pellicola assolutamente guardabile, che convince più per la parte romantica, non troppo stucchevole, piuttosto che per le risate.
Nota positiva, il cast: Jason Segel me lo confondo sempre con Seth Rogen. Entrambi della scuderia Apatow, entrambi non sempre del tutto esilaranti, eppure in qualche modo (quasi) sempre divertenti. Emily Blunt porta poi con sé la classe della recitazione British. E poi è così adoraaabile. Pensare che è diventata famosa per il suo ruolo da bitch ne Il diavolo veste Prada, mentre negli ultimi tempi sta diventando una nuova candidata alla corona di reginetta delle commedie romantiche, vedi l’adoraaabile Il pescatore di sogni in coppia con Ewan McGregor.
"Ma a te le didascalie di 'sto sito fanno ridere?"
"Manco per sbaglio!"
"Allora non sono l'unico a considerarle terribili: ho trovato la mia anima gemella!"
Molto bene anche il resto degli attori: i comprimari Chris Pratt (da Everwood e Parks and Recreation) ed Alison Brie (da Community e Mad Men, dove è la moglie di Pete) sanno il fatto loro, Rhys Ifans è un radical-chic odioso al punto giusto, Dakota Johnson (figlia di Don Johnson e Melanie Griffith) è un bel volto nuovo e occhio anche a Mindy Kaling, protagonista e autrice della nuova serie comedy The Mindy Project che è partita con un pilot non esaltante ma che potrebbe riservarci piacevoli sorprese in futuro.
Dunque ci troviamo di fronte a una nuova commedia in odore di cult della premiata factory comica di Judd Apatow come Non mi scaricare o Le amiche della sposa? No, perché si ride pochino. Il problema del film però è principalmente un altro: la durata eccessiva. A che pensavano? Più che The Five-Year Engagement, avevano intenzione di fare The Five-Year Movie?
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