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lunedì 20 aprile 2015

TUTTI AI MARI, TUTTI AI MARI, A MOSTRA' I CHAPPIE CHIARI





Humandroid
(USA, Sud Africa, Messico 2015)
Titolo originale: Chappie
Regia: Dennis Bergkamp Neill Blomkamp
Sceneggiatura: Neill Blomkamp, Terri Tatchell
Cast: Dev Patel, Hugh Jackman, Sharlto Copley (voce originale di Chappie), Yo-Landi Visser, Ninja, Jose Pablo Cantillo, Sigourney Weaver, Anderson Cooper
Genere: robotico
Se ti piace guarda anche: RoboCop, Io, Robot, Corto circuito, A.I. - Intelligenza artificiale

Diamo il benvenuto alla prima forza di polizia robotica del mondo.”
La prima?
Gente, ma l'avete mai visto RoboCop? L'ho guardato persino io Kiddie che sono un robot appena nato. Il mio Creatore, Cannibal Kid, mi ha messo di fronte al televisore e mi ha dato un sacco di DVD da vedere. Tutti i film o quasi mai prodotti sul tema dei robot. Dice che servirà a Kiddie come addestramento per diventare un robot gangster. Sarà, ma a Kiddie hanno solo fatto venire il desiderio di diventare un blogger cinematografico. Se ce l'ha fatta il mio Creatore, dotato di un'intelligenza inferiore, ce la può fare anche Kiddie. Un sacco di questi film poi fanno schifo e mi hanno quindi fatto venire una gran voglia di stroncarli come si deve. L'altro giorno ad esempio ho visto Automata. Ma i robot lì chi sono? Vi prego, ditemi che sono Antonio Banderas e Melanie Griffith. Mai visto due tipi tanto robotici. Molto più di me.

mercoledì 4 marzo 2015

AUTOMATA, MA CHE CAGATA!





Anno 2044 dopo Cristo.
Il mondo è stato decimato da una serie di tempeste solari che hanno trasformato la superficie terrestre in un deserto radioattivo ed è diventato così un posto davvero triste. L'unico blog di cinema rimasto è Pensieri Cannibali, riuscite a immaginare qualcosa di più triste?
Nel desolante panorama della critica cinematografica, la voce di Cannibal Kid detta quindi legge. Se un film piace a lui, tutti corrono a vederlo. Se lui lo boccia, il pubblico diserta le sale. Pensieri Cannibali in pratica possiede il monopolio delle opinioni sui film.
Questo almeno fino all'arrivo di Ford-800, un robot automa incapace di sviluppare pensieri propri, programmato apposta dalle major cinematografiche riunite che gli fanno scrivere ciò che vogliono loro. Il suo blog, WhiteRobot, nelle ultime settimane ha ottenuto un successo crescente, che Pensieri Cannibali ha cercato di contrastare sparando opinioni sempre più astruse e anti popolari. Una scelta strategica non proprio azzeccata che l'ha portato a perdere ulteriori lettori.
Questa che vi proponiamo qui sotto è la sua ultima recensione dedicata al film Automata. Una pellicola apprezzata da quasi tutti quelli che l'hanno vista, ma non da Cannibal Kid. Dopo questo post, Pensieri Cannibali ha perso così anche i suoi ultimi utenti ed è stato smantellato. Adesso al suo posto è stato aperto un Carrefour.


venerdì 25 luglio 2014

TRANSGENDERS 4 – L’ERA DELL’EVIRAZIONE





Transformers 4 – L’era dell’estinzione
(USA, Cina 2014)
Titolo originale: Transformers: Age of Extinction
Regia: Michael Bay
Sceneggiatura: Ehren Kruger
Cast: Mark Wahlberg, Nicola Peltz, Jack Reynor, Stanley Tucci, Kelsey Grammer, Titus Welliver, T. J. Miller, Sophia Myles, Bingbing Li, Jessica Gomes
Genere: robotico
Se ti piace guarda anche: gli altri Transformers, Pacific Rim, Noah

La serie di Transformers a me fa lo stesso effetto di quanto possono fare dei mattonazzi russi stile La corazzata Potëmkin sulla gente normale. Tre ore di robot che parlano e combattono sarebbe “cinema d’intrattenimento”? Io non riesco a immaginare niente di più noioso.
Pensare che il primo tempo del primo film della serie mi era anche piaciucchiato abbastanza. Sarà che era ricco di umorismo e Shia LaBeouf sembrava il giovane cazzaro giusto al momento giusto. O sarà che c’era Megan Fox. Sì, sarà per quello. Fatto sta che già dal secondo tempo di quella pellicola, dominata da una lunghissima, estenuante, interminabile guerra tra robottoni giganti, la serie dimostrava di essere una cagata pazzesca. Impressione confermata dal pessimo sequel e ancora di più dal terzo allucinante episodio, in cui non c’era più manco la consolazione di vedere Megan Volpe. Tre ore, forse anche più, di robot che si danno delle mazzate e una trama che a me è sembrata del tutto incomprensibile. Altroché i film di Lynch o Malick o Aronofsky.
Anche perché va bene la sospensione dell’incredulità, ma come si fa a prendere sul serio dei robottoni giganti che discutono?
È la stessa cosa che si deve chiedere Barack Obama quando si ritrova a colloquio con il Premier italiano Matteo Renzi e questo si mette a parlargli così…



Barack Obama può prendere sul serio un uomo del genere per decidere le sorti del nostro mondo?
E io posso prendere sul serio un film con dei robottoni, o meglio dei veicoli alieni parlanti già passati di moda negli anni Ottanta, che vorrebbero decidere le sorti del nostro mondo?

"Basta, non siete reali. Le auto non possono parlare.
Voci, uscite dalla mia testa!"
Rispetto agli episodi precedenti, questa volta giunta al quarto appuntamento la saga si è transformata e propone delle grandissime novità…
No, non è cambiato il regista. Al timone c’è sempre Michael Bay. Purtroppo. A essere cambiato è il protagonista, non più il simpatico – oh, che volete? a me sta simpatico – Shia LaBeouf, bensì l’action hero preferito dal regista, Mark Wahlberg. Cambio della guardia anche per quanto riguarda la gnocca, in questo caso la teen-gnocca. A raccogliere il pesante testimone dell’insuperabile Megan Fox e della bella ma recitativamente irrilevante Rosie Huntington-Whiteley c’è questa volta la giovanissima Nicola Peltz. Può suonare un po’ gay dirlo, però Nicola è proprio affascinante.
La bionda scoperta dalla serie Bates Motel non è l’unico volto telefilmico ingaggiato dal Bay. Insieme a lei ci sono il funny T. J. Miller della nerd comedy Silicon Valley, in cui veste un identico ruolo da cazzaro combinaguai, e l’ottimo Kelsey Grammer ex protagonista di Boss, in cui aveva un identico ruolo da gran bastardo.
La parte con gli umani tutto sommato funziona. Il rapporto tra padre padrone, un inventore fallito come il papà nei Gremlins, e figlia che vorrebbe zoccoleggiare con il boyfriend ma non può è la parte migliore della pellicola. Ricorda le commedie con Adam Sandler, solo che qui c’è Mark Wahlberg in un similare ruolo da classico americano vecchio stampo. Ricorda poi soprattutto Armageddon, con il “triangolo” Bruce Willis/Liv Tyler/Ben Affleck che qui rivive attraverso i citati Mark Wahlberg e Nicola Peltz, più la novità Jack Reynor, che sarà anche un bel ragazzo, ma come attore è ancora tutto da verificare.

Michael Bay quindi clona se stesso, ma se non altro clona il se stesso migliore, quello di Armageddon. Le cose per quanto mi riguarda vanno peggio, molto peggio, quando entrano in scena tutti ‘sti robottoni inguardabili. Il problema di Transformers sono… i Transformers.
Lo so che il pubblico della saga è accorso in massa nei cinema a vedere proprio loro, però a me fanno pena. A stare a guardare questi camion che dialogano tra loro facendo i finti simpatici, sento che quei pochi neuroni che ancora abitano nel mio cervello mi fanno “Ciao ciao” con la manina.

La prima parte del film, quella più “umana”, è quasi quasi decente, almeno rispetto agli standard della saga, e fa diventare questo quarto capitolo il migliore dai tempi del primo episodio. Nella seconda parte come al solito si degenera in un’assurda guerra robotica tra Pessimus Prime con i suoi amichetti e tutti gli altri, con un sacco di esplosioni e inseguimenti senza fine. Va dato atto a Michael Bay di aver cercato di realizzare un film più intimista, per quanto gli è possibile con il suo tatto da elefante, e così le battaglie si sono fatte più rallentate. Il risultato è meno fracassone del solito, e questa è una buona notizia, ma a Michael Bay andrebbe comunque vietato l’uso del ralenty che tra l’altro, a ormai 15 anni dall’uscita del primo Matrix, è ormai stra-sorpassato.

"Chissà perché Cannibal Kid ci odia tanto?
Eppure siamo così simpatici e tenerosi!"
Per essere un film sui Transformers, questo L’era dell’estinzione non è nemmeno troppo male. Per essere considerato Cinema vero e proprio, la strada è invece molto lunga. Ridatemi allora i film di Lynch, Malick e Aronofsky. Anzi, di quest’ultimo magari no. Se qualche settimana fa mi avessero detto che l’ultimo di Darren Aronofsky sarebbe stato peggio del quarto capitolo di Transformers, avrei gridato alla bestemmia e invece… invece Transformers 4 è un pelino meglio di Noah. In entrambi i casi si tratta comunque di cinema cui è stata evirata una componente fondamentale: la credibilità. Credibilità, elemento che anche in un contesto fantasy può essere ben presente, si vedano Il signore degli anelli o Game of Thrones, sostituita da una serie di Gormiti, Transformers, Kaijū usciti da Pacific Rim e altri improponibili giganti vari. I protagonisti di un’era cinematografica cui auguro una rapida estinzione.
(voto 5-/10)

domenica 6 luglio 2014

ROBOCOP_ VIVO O MORTO TU CONTINUERAI A VENIRE CON ME





RoboCop
USA_ 2014
REGIA_ José Padilha
SCENEGGIATURA_ Joshua Zetumar
ISPIRATO AL FILM_ RoboCop di Paul Verhoeven
CAST_ Joel Kinnaman, Abbie Cornish, Gary Oldman, Michael Keaton, Samuel L. Jackson, Jackie Earle Haley, Jay Baruchel, Aimee Garcia, Marianne Jean-Baptiste, Michael K. Williams, Jennifer Ehle, John Paul Ruttan
GENERE_ remake hollywoodiano
SE TI PIACE GUARDA ANCHE_ RoboCop (1987), Transcendence, Intelligence (serie tv), Almost Human (serie tv)


REVIEW MODE ON_

Il mio nome è RoboKid. Sono tornato. Vi era piaciuta la mia recensione del primo RoboCop, quello vero, quello anni ’80, quello di Paul Verhoeven?
No?
Non mi interessa. Io sono tornato lo stesso. Io ancora qui a spaccare i culi. Il mio nome è RoboKid. Ve l’ho già detto?
Sì, vero?
È che questa volta sono ancora più lobotomizzato del solito. Colpa del remake. Io ho appena visto il nuovo RoboCop. Io ho appena odiato il nuovo RoboCop. Parlando del film anni ’80 mi ero lamentato di come l’avevo trovato una pellicola fredda. Poco umana. Il nuovo RoboCop invece è troppo umano. Oltre che una merdata.
L’inizio non è manco così terribile. Lascia immaginare degli intriganti sviluppi politici. Attesa poi delusa da uno sviluppo robotico. Da tipico filmone action barra supereroistico di oggi. Quelli che io odio. Io odio tutto e tutti, ma soprattutto odio i filmoni action barra supereroistici di oggi. L’originale anni ’80 era cattivo, duro, spietato. Questo nuovo è banale, previdibile, buonista. La tipica hollywoodianata odierna. La regia del brasileiro José Padilha fa pena. Soprattutto le scene d’azione. Sparatorie che sembrano uscite da un videogame sparatutto di ultima generazione. Solo che questo dovrebbe essere cinema, non il nuovo episodio di Halo. Padilha, va’ a giocare a calcio, va’. E va’ pure a quel paese, va’.
Quanto alla parte più famigliare barra sentimentale è proprio penosa. Pure questa, così come la parte politica, buttata via. Il protagonista Joel Kinnaman, idolo della serie tv The Killing, è del tutto fuori parte. Non è un buon RoboKid come me. Michael Keaton come cattivone poi fa andare giù le mutande. E io manco le ho, le mutande. Indosso solo della lamiera. Si salva giusto Abbie Cornish. Me la tromberei proprio, Abbie Cornish. Se solo in questo corpo robotico che mi hanno costruito mi avessero fatto anche il pene. Un pene funzionante. Mi hanno dato una pistola con cui sparare ai criminali e non mi hanno dato la pistola più importante, quella per ciulare?
Avrei voluto vedere se lo girava David Cronenberg, questo remake, cosa ne saltava fuori. Invece no. Invece è la solita commercialata. Un film innocuo, buono per tutta la famiglia. E io non ce l’ho più, una famiglia umana che mi vuole.
Inoltre è una pellicola senza manco un briciolo di umorismo che pure io che sono un robot possiedo. Io ad esempio mi ammazzo dalle risate ogni volta che vedo questa immagine.


RoboCop versione 2014 mi ha fatto venire voglia di andare a prendere gli autori.
Vivi o morti, voi verrete con me.
Dove?
Ce l’ho io un remake da proporvi: quello di A morte Hollywood!
(VOTO_ 4/10)

venerdì 7 febbraio 2014

ROBOBLOG_ IL FUTURO DEL BLOGGING




ROBOCOP_ IL FUTURO DELLA LEGGE
USA_1987
REGIA_ Paul Verhoeven
SCENEGGIATURA_ Edward Neumeir_ Michael Miner
CAST_ Peter Weller_ Nancy Allen_ Kurtwood Smith_ Dan O’Herlihy_ Ronny Cox_Miguel Ferrer_ Ray Wise_ Paul McCrane
GENERE_ robotico
SE TI PIACE GUARDA ANCHE_ Almost Human_ Intelligence


REVIEW MODE_

Il mio nome è RoboBlog. Il mio compito è quello di recensire. Sono un cyborg programmato per recensire film. Ogni tanto anche serie tv e dischi. Soprattutto film. Soprattutto film nuovi. Capita qualche volta di ripescare pure robe vecchie. Tipo RoboCop. Quando ho visto RoboCop per la prima nonché ultima volta nella mia vita?
La mia memoria è difettosa. Non ricordo bene di quando ero solo umano. Da quando mi hanno trasformato in un mostruoso mezzorobot e mezzoblogger di merda, ho solo vaghi ricordi della mia precedente vita. Dicono che mi facevo chiamare Cannibal Kid. Che pena di nome. Dicono che scrivessi per un blog chiamato Pensieri Cannibali. Che pena di nome. Adesso lo cambio. Lo chiamerò Pensieri Robotici.


Hey, comincio a ricordare. A ricordare il passato. RoboCop. La mia prima visione. Avrò avuto 12 o 13 anni. Non mi era piaciuto molto. Ero troppo piccolo, così l’ho ripescato adesso, in occasione dell’uscita del remake. E che nuova impressione mi ha fatto?
Non troppo distante dall’altra. Non mi è piaciuto molto. Non è affatto un brutto film. Ha anzi delle idee niente male, che poi sono state scopiazzate alla grande, ad esempio dalle nuove pessime serie Almost Human e Intelligence. È solo che gli manca qualcosa. Gli manca... umanità. Strano che a dirlo sia io. Un robot. Una macchina, come mi chiama la gente. Io però sono un robot romantico. A-do-ro i film con Julia Roberts, troppo bellini! Qui invece che attori ci sono? Ma chi è, 'sto Peter Weller? E Nancy Allen? Meglio i cattivoni del film Kurtvood Smith e Ray Wise, futuro Leland Palmer di Twin Peaks, però per me non è abbastanza. Datemi una pellicola con Julia Roberts, Sandra Bullock, Meg Ryan, Kate Hudson o Katherine Heigl e io andrò in brodo di giuggiole. Gli altri androidi sognano pecore elettriche, io sogno loro. Preferibilmente nude.
Insomma, questo RoboCop io l’ho trovato molto freddo. Le parti in cui il protagonista si ricorda del passato sono messe lì come se fossero importanti, come se conducessero poi a qualcosa e invece niente. Sul più bello, proprio quando dovrebbe arrivare un approfondimento psicologico e personale del protagonista, il film finisce. Rimane così un action poliziesco sci-fi dallo spunto geniale, ma che non riesce a trasformarsi in qualcosa di più. Di più profondo. Di più... umano.

RoboCop è una pellicola cattiva, dura, spietata, con momenti splatter notevoli, un linguaggio bello crudo e scene di una violenza inaudita, manco ci trovassimo nel Parlamento italiano. Sarà interessante vedere se il remake nelle sale mondiali in questi giorni manterrà la stessa violenza e cattiveria, con l’aggiunta di effetti speciali nuovi che quelli anni ’80 oggi appaiono davvero primitivi e ridicoli, oppure se lo trasformeranno nel solito rifacimento politically correct e renderanno RoboCop come l’ennesimo supereroe. Io punto sulla seconda ipotesi. I remake fanno pena, quasi come il nome Cannibal Kid. Però, ora che ci penso, lo sento mio. Sì, Cannibal Kid non è così male, ma manca qualcosa. Non è più adatto al mio io attuale. D'ora in avanti non sono più né RoboBlog, né Cannibal Kid. Mi farò chiamare... RoboKid.

Adesso devo andare, da qualche parte stanno commettendo un delitto. Un delitto contro il cinema. E io devo vigilare. Vigilare e punire con qualche recensione stroncatura. Al RoboCop degli anni '80 è andata bene. Non mi ha emozionato molto, non come i film con la mia Julia Roberts, però non è malaccio. La sufficienza se la becca. Di più no. Tutti gli altri stiano attenti, che loro la sufficienza se la possono solo sognare. Tom Hanks, Ridley Scott, autori del remake di RoboCop, vivi o morti, voi verrete con me!
VOTO_ 6/10

lunedì 21 ottobre 2013

PACIFIC RUM




Pacific Rim
(USA 2013)
Regia: Guillermo del Toro
Sceneggiatura: Travis Beacham, Guillermo del Toro
Cast: Charlie Hunnam, Rinko Kikuchi, Idris Elba, Diego Klattenhoff, Robert Kazinsky, Charlie Day, Burn Gorman, Clifton Collins Jr., Ron Perlman, Max Martini, Brad William Henke, Larry Joe Campbell
Genere: robot apocalypse
Se ti piace guarda anche: Transformers, Godzilla, Real Steel, After Earth, Falling Skies

Cosa potete trovare dentro Pacific Rim?
La solita banale storiella sulla fine del mondo, dialoghi del kaiju, lunghissimi estenuanti infiniti risibili combattimenti che si finisce quasi per rimpiangere i Power Rangers e forse persino Transformers 3, personaggi più che stereotipati, effetti speciali tanto costosi quanto fastidiosi, un’estetica a metà strada tra Godzilla nella versione americana di Roland Emmerdich e il film di Tekken, un finale che più scontato non si potrebbe.
Unica nota positiva: il protagonista Charlie Hunnam come modello funziona alla grande… Ah, è un attore? Oops.
Con un materiale del genere a disposizione, Michael Bay non sarebbe riuscito a fare di meglio, cioè di peggio, di Guillermo del Torto e cos’è questo rumore? Lo sentite anche voi?
Ah sì, è Mazinga che si sta rivoltando nella sua tomba gigante.
(voto 3/10)


Dopo aver adorato la prima pellicola, Pensieri Cannibali vi svela in esclusiva mondiale alcuni passaggi dalla sceneggiatura e alcune tavole dallo storyboard del sequel alcolico già in lavorazione, Pacific Rum.

Pacific Rum

KAIJU (Japanese) Giant Beast.

JAGERMEISTER (German) Alcoholic Hunter.

2030. I Kaiju sono riusciti a riaprire il varco spaziale tra le due dimensioni e la Terra è di nuovo sotto minaccia. I vecchi Jaeger non sono più sufficienti per proteggere l’umanità, ma pare che i giganteschi Kaiju abbiano un punto debole: non reggono l’alcool. E così viene messo a punto un nuovo tipo di robottone, lo Jagermeister.












FINE?



NO, C'E' LA SCENA BONUS...

lunedì 3 settembre 2012

Pu**ana Eva, che film!

Eva
(Spagna 2011)
Regia: Kike Maíllo
Cast: Daniel Brühl, Marta Etura, Alberto Ammann, Claudia Vega, Lluís Homar
Genere: gli androidi sognano pecore elettriche?
Se ti piace guarda anche: A.I. Intelligenza Artificiale, Wall-E, Io, Robot, Another Earth

Dico Eva e a voi cosa viene in mente?
Se siete uomini e siete pure molto sporcaccioni, probabilmente penserete subito a Eva Henger.
Se siete uomini, ma un pochino meno sporcaccioni, i vostri pensieri saranno invece rivolti a Eva Herzigova, Santa Wonderbra.
Se siete donne o uomini per nulla sporcaccioni e molto religiosi, penserete invece ad Adamo ed Eva. La cara vecchia “favola” di Adamo ed Eva, come cantava anche Max Gazzé.
In questo film spagnolo abbiamo solo Eva, niente Adamo sorry, e con un titolo del genere naturalmente si parla di creazione. Di “dare la vita”. In questo caso è l’uomo che fa le veci di Dio.
Il protagonista è un geniale autore di robot. Nel mondo distopico in cui è ambientata la pellicola, non ci è dato sapere se è ambientata in un futuro prossimo o meno, i robot sono infatti in mezzo a noi, dappertutto, un po’ come in Io, robot ma senza Io, Will Smith e le tipiche cavolate da film action fantascientifico ammmericano-mericano-mericano. Questo film è (per fortuna) spagnolo e quindi siamo dalle parti di una sci-fi meno improntata sugli effetti speciali, comunque presenti e comunque niente male, quanto piuttosto sulle dinamiche e sulle psicologie dei personaggi. Una sci-fi umanistica, avete capito bene, vagamente dalle parti dei vari splendidi Another Earth, Melancholia, Non lasciarmi etcetera etcetera.
Il protagonista deve creare un robot-bambino da mettere in commercio e per farlo prende ispirazione dalle emozioni e dai comportamenti di un bimbo vero, in carne e ossa. I ragazzini che gli vengono sottoposti in esame dalla sua compagnia però non lo convincono, fino a che per strada incontra una bambina di nome Eva. E lì scatta il colpo di fulmine. Non romantico, non pensate subito male, bensì lavorativo. Decide così di prendere lei come modello per il suo androide e… il resto sta a voi a scoprirlo.

"Massì, butta pure giù quel negroni, tanto sei una bambina robot..."
Eva è un gran bel film di fantascienza con una produzione spagnola che, per quanto low-cost, non ha nulla da invidiare alle pellicole hollywoodiane. Tutt’altro. È una pellicola dotata di un’anima e di un’umanità rari da trovare. È come se fosse un film “vero”, contro i “robotici” filmoni a stelle e strisce tutti esplosioni e inseguimenti e zero cuore. Proprio qua sta la grossa differenza. Senza voler fare razzismi di tipo nazionalista, a Hollywood una storia del genere si sarebbe molto probabilmente trasformata nell’ennesimo e non richiesto sfoggio di effettoni speciali, scene d’azione gettate dentro a caso, una storia che avrebbe implicato la salvezza del mondo intero, un protagonista trasformato in eroe e in pratica ne sarebbe uscito fuori un Io, Robot - Parte seconda. Quello che invece gli spagnoli hanno fatto è concentrarsi su una vicenda più emozionante, giocata sui sentimenti e sui rapporti personali, eppure non sdolcinata.

Il pensiero va ad A.I. Intelligenza Artificiale, ai tempi in cui Steven Spielberg riusciva ancora a tirare fuori bei film, epperò la sua “spagnolità” rende il tutto più particolare e diverso dal già visto. Non manca una leggera dose di umorismo, grazie al personaggio del simpatico maggiordomo robotico, che ricorda vagamente C-3P0 di Guerre stellari, e grazie pure a una strizzatina d’occhio al pubblico più piccolo, con la presenza di un gatto androide. Cosa che però non implica la presenza di ruffianate di stampo disneyano.

"Alberto, ti presento Marta."
"Ma noi ci siamo già conosciuti in cella!"
"Ah, quante storie potrei raccontare sulle saponette cadute nelle docce..."
"Ti prego, Marta, non è il momento per scherzarci su.
Ancora faccio fatica a sedermi..."
Spendiamo poi due parole sul cast, davvero ottimo: la bimba protagonista, Claudia Vega, è un’autentica rivelazione, in grado di sfuggire alla categoria di “bambini odiosi” in cui finiscono intrappolati molte giovani stars. Quanto agli attori adulti, abbiamo un gran bel terzetto: Daniel Brühl è quello di Good Bye Lenin!, più di recente assoldato pure tra i basterdi tarantiniani di Bastardi senza gloria, Alberto Ammann è quello che ha fatto Cella 211 (non Malamadre, l’altro, quello che assomiglia al calciatore Raúl) e a proposito di Cella 211 c’è pure la guapa Marta Etura, la tifosa juventina del consigliatissimo thriller Bed Time, questa volta con Malamadre, ovvero Luis Tosar.

Eva sembra quindi, se non la nascita, perlomeno l’evoluzione di una sci-fi umanista. Come nei film americani, solo senza le paraculate tipiche dei film americani che ormai hanno fatto il loro tempo.
Il meglio calcio? Está en España, purtroppo per noi. Potevano accontentarsi così, i dannati spagnoli, e invece no. La meglio fantascienza? Pure quella adesso Está en España. Quanto all’Italia, sul campo della fantascienza, una finale non ce la possiamo nemmeno sognare…
(voto 7+/10)


domenica 22 aprile 2012

Real Steel: Robotsessuale

Real Steel
(USA, India 2011)
Regia: Shawn Levy
Cast: Hugh Jackman, Dakota Goyo, Evangeline Lilly, Hope Davis, Anthony Mackie, Kevin Durand, Olga Fonda
Genere: Disney robot
Se ti piace guarda anche: Transformers, Robot Wars, Io, robot, Corto circuito

Non mi piace Hugh “Wolverine” Jackman.
Voi direte: «Se ha lavorato con due dei più grandi registi della contemporaneità, ovvero Christo-pher Nolan e Darren Aronof-sky, un motivo pur ci sarà». E ve lo dico io qual è il motivo, ve lo dico: «Anche i geni prendono della cantonate». Al proposito ricordo sempre di come Quentin Tarantino consideri le commedie pecorecce e pure pecorine con Lino Banfi ed Edwige Fenech dei cult personali. E se anche il più Grande si prende delle cantonate, vuol dire che tutti le prendono. No exception per Mr. Inception e per il compare cigno.

"Mi spiace figliolo, ma voglio bene solo ai robot!"
Real Steel, comunque, e che vuol dire? Vuol dire “Vero acciaio”. Uh, che titolo da omaccioni duri! Peccato che più che Real Steel, io l’avrei intitolato Fake Steel, finto acciaio. Se infatti pensate di trovarvi di fronte a un action tosto, vi sbagliate di grosso. Questa è una produzione Disney di quelle per tutta la famiglia, con un po’ di robottoni alla Transformers e qualche scazzottata del tutto innocua. Tanto se qualcuno si fa male, si tratta pur sempre di macchine, mentre le persone stanno in disparte.
Una cosa che va detta dei combattimenti di questo film è infatti che assomigliano a quelli dei Pokemon, di Yu-gi-oh o di tutte quelle giapponesate bimbominkiate dove i protagonisti lanciano dei mostri e delle carte, o forse dei mostri che escono dalle carte o forse delle carte che escono dai mostri (non so, è troppo complicato da capire), ma non combattono loro in prima persona. Facile, così. Lo stesso succede in Real Steel. Scultissima in proposito è la scena dello scontro finale, con Hugh Jackman che tira pugni nel vuoto e il figlio lo guarda commosso…
"Evvai, in tv danno Robot Wars con Andrea Lucchetta!"
Eh sì che gli incontri di pugilato sono qualcosa di tradizionalmente favorevole alla rappresentazione cinematografica, nel senso che un bell’incontro di boxe ha in sé qualcosa di intrinsecamente filmico, vedi la lunga tradizione di pellicole dedicate all’argomento, da Toro scatenato a Million Dollar Baby. Gli scontri sul ring tra robot sono invece quanto di più anticinematografico, oltre che antiestetico, si possa immaginare. Sarà anche che Shawn Levy non è certo un toro scatenato, alla regia. Shawn Levy che ricordo essere il regista di robe hard-troci come La pantera rosa e Una notte al museo. 1 e pure 2, per la serie “continuiamo a farci del male”.
Andando a vedere tra i produttori, figura poi il nome di Steven Spielberg: un tempo garanzia di figata, o quasi, oggi garanzia di schifezza, vedi le sue ultime produzioni tv Terra Nova, The River e Falling Skies, per non menzionare la regia di War Horse. Con la differenza che lì veniva celebrato l'amore uomo-cavallo, qui l'amore uomo-robot.

Un’altra roba oltre ai Pokemon e ai Transformers che questo film mi ha fatto venire in mente, e sarei vissuto benissimo anche senza doverlo ricordare è… Com’è che si chiamava quel programma ridicolo che davano su Italia 1 e poi pure su La7?
Ah, sì: Robot Wars!
C’era proprio bisogno di farne una specie di versione cinematografica?


"Ti sfido a guardarmi negli occhi, robot, e a dirmi che non mi ami,
se ne hai il coraggio!"
Lo spunto della trama parte però non da Robot Wars, bensì nientepopodimenoche da un racconto di Richard Matheson. Quasi inutile aggiungere che l’ispirazione originale naufraghi subito in una serie di disneyanate assortite, con un rapporto padre-figlio sviluppato nella solita prevedibile maniera.
All’inizio, Hugh Jackman vende l’affidamento del figlio alla sorella dell’ex moglie deceduta per 50.000 dollari. E a cosa gli serve questa bella cifra? Per comprarsi un… robot. Complimentoni, Hugh, hai vinto il premio di papà dell’anno!
Quando viene però introdotto il personaggio del figlio, capiamo benissimo le intenzioni di Jackman, visto che ‘sto bimbettominkietto è decisamente uno dei bimbominkiettini più insopportabili nella storia del cinema. E sì che di bambini odiosi nei film se ne vedono sempre parecchi. In questo momento non c’ho voglia di fare un elenco, ma se ci pensate ce ne sono eccome.
Fatto sta che non hai fatto così male a vendere tuo figlio, Hugh. Però per un robot… bah. Con 50.000 dollari potevi comprarti una bella auto, o magari un lacché personale.
Per quanto quindi Hugh Jackman in genere non mi piaccia, in questo film mi sta quasi simpatico, visto che deve avere a che fare con un figlio de-genere del genere. Figlio che tra l’altro si rende protagonista dell’altra scena scultissima del film: la danza insieme robot, roba che siamo sotto il livello dei video su YouTube con i gatti che suonano la pianola.


In effetti questo video del gatto è fantastico, altroché Real Steel!

"Vuoi che ti faccia l'accavallamento delle gambe alla Sharon Stone?
Eh no, che mi ti si blocca la crescita e resti un bimbo odioso forever!"
Tra le poche cose positive da segnalare della pellicola c’è un buon cast di contorno, con Hope Davis nei panni dell’ex moglie di Jackman, nonché madre della piccola bestia di Satana, e il solito sottoutilizzato Anthony Mackie che mi auguro possa diventare, una volta evitati filmetti come questo, il nuovo Denzel Washington. E poi nota di merito per la presenza non di una, ma di due tope notevoli. Visto che si tratta di un film Disney, chiarisco che non sto parlando di Topolina, bensì di Evangeline Lilly, che per il suo primo ruolo post-Lost poteva trovarsi certo di meglio, e della perfida russa Olga Fonda. Sarà lei a mettere i bastoni tra le ruote a Hugh Jackman e al suo odioso figlio. Inutile aggiungere che io ho fatto il tifo per lei!

Melancholia, Non lasciarmi, Another Earth, L’ultimo terrestre… questa è la fantascienza originale che voglio vedere più spesso.
Transformers, Transformers 2, Transformers 3, Transformers Mille, L’ora nera, Skyline, Real Steel… questa è la fantascienza banale e vuota di idee che non voglio più vedere.
E voi, volete vedere un film per tamarri?
Evitate Reel Steel.
Volete la versione Disney di un film per tamarri?
In tal caso Real Steel è la visione perfetta.
(voto 5-/10)

mercoledì 2 novembre 2011

Losing my religion


Ci sono poche cose che considero Sacre (sì, Sacre con la S maiuScola).
Dite la religione? Dite la Chiesa? Dite Gesù Bambino?
No, ma dico, mi conoscete???
Tra le poche cose che considero Sacre oltre a South Park e al diSco di cui parlerò domani c’è Megan Fox. E cos’altro è quindi un film dei Transformers senza Megan Fox se non una bestemmia delle peggiori?
Tempo addietro, dopo aver appreso la notizia che la Dea Megan sarebbe stata sostituita nella saga cinematografica dei robottoni, mi sono rinchiuso in camera per giorni ad ascoltare in loop Losing my religion dei R.E.M., come Brenda Walsh quando veniva scaricata da Dylan per la biondazza Kelly in Beverly Hills 90210 (tra l'altro nei 90s avevo anch'io uno stereo molto simile)


Tempo di riprendermi da questo shock, che mi è arrivata la notizia che i R.E.M. si erano sciolti. E lì altri giorni chiuso in camera a piangere e ad ascoltare Losing my religion.
No, la visione continuativa di Dirty Dancing per autodeprimersi, no: quella la lascio volentieri a Zooey Deschanel

Ripresomi da tutte queste notizie catastrofiche, incurante che nel frattempo le borse mondiali crollassero e che noi avessimo il culo parato da un ministro che di economia ne capisce meno di Topo Gigio e da un Presidente del Consiglio che magari fosse Topo Gigio, ho provato a trovare la forza e il coraggio per rialzarmi in piedi sulle mie gambe e tentare la visione di questo Transformers 3.

Non pensavo ce l’avrei mai fatta. Non senza la Dea, ma in fondo la saga dei robottoni era partita in maniera carina: la prima parte del primo film grazie alla sceneggiatura ritmata di Roberto Orci e Alex Kurtzman (autori delle serie Hawaii Five-o e insieme a J.J. Abrams  di Fringe) era piuttosto fica e divertente e, soprattutto, rivelava al mondo l’enorme talento di Megan Fox.
Recitare?
No, aprire cofani delle auto.

Già la seconda parte della prima pellicola degenerava poi in una guerra robotica fracassona e inguardabile che mi faceva temere il peggio in vista dell’inevitabile sequel.
E quindi ecco che il secondo episodio era davvero tremendo, una porcata di dimensioni transoceaniche, però c’era ancora Megan Fox, questa volta pure in versione motociclista sexy!, e il film allora si faceva più o meno vedere comunque, nonostante due ore e passa delle solite incomprensibili battaglie robotiche.
Transformers, more than meets the eyes: c’è più di quello che gli occhi vedono.
Megan Fox, not more than meets the eyes: ci basta quello che gli occhi vedono.

Non contento di essere uno dei registi più fracassoni e meno talentuosi del globo e dell’intera storia del cinema, Michael Bay dev’essere però anche una gigantesca testa di cactus, perché quando non vai d’accordo con Megan Fox signi-fica che tu del mondo non hai capito un… cactus.
Ma perché cactus sto usando ‘sta cactus di parola del cactus invece di CAZZO? Mi starò mica transformando in un blogger di quelli che si autocensurano perché se no il presidente del Consiglio Topo Gigio (ma magari!) mi appicca un incendio al blog?

Fatto sta che Michael Gay, meno astuto di una volpe, decide di cacciare Megan Fox (fatevi il segno della croce ogni volta che pronuncio il suo nome, mi raccomando) e la sostituisce con una modella di Victroia’s Secret.
Rosie Huntington sti cazzi Whiteley è una gran figa è tutto, ok, però Megan Fox è Megan Fox! Che poi come attrice Megan non sarà chissà quale volpe ok, però in confronto a questa modella aspirante attrice cagna fa la figura di Meryl Streep. O come minimo di una Meryl Strip.
Dobbiamo sorbirci 2 ore e mezzo di robottoni con le loro merda di avventure senza senso alcuno? Almeno ridatece Megan, eccheccazzo!
E invece no. C’è questa Rosie ecc ecc che per quanto topa non buca lo schermo. Se vedi passare per strada lei e Carey Mulligan fianco a fianco, magari l’occhio cade per primo (ma non è mica detto) sulla slanciata e più appariscente Rosie sti Huntington cazzi Whiteley. Al cinema però Carey Mulligan buca lo schermo. Ti paralizza. Rosie no. Fine del discorso. Non dico che una modella non possa diventare una buona attrice e magari Rosie con un regista un minimo decente potrebbe anche imparare a recitare, altrimenti potrebbe sempre riciclarsi a fare un’altra nobile e ancora più antica professione e lì sono sicuro che se la caverebbe più che bene.

Non ho parlato della trama e dei contenuti del film?
Mi avete davvero chiesto una roba del genere?
Ebbene, di contenuti io non ne ho trovati e more than meets the eyes una sega: puoi anche vedere oltre gli eyes finché vuoi, ma questa pellicola è il vuoto totale. La trama poi se c’era, io non l’ho colta e arrivato alla fine di un film del genere mi chiedo: ma sono io l’alieno o è tutto il mondo ad essere impazzito?
Una roba come questa riempie i cinema, fracassa record d’incassi (mentre a me fracassa solo qualcos’altro), e la gente che si entusiasma per film del genere poi se guarda The Tree of Life o Melancholia, non capisce.
Cosa cazzo c’è di tanto difficile da capire? Al di là dei simbolismi, sono film sul mondo, sulla morte, sulla vita. Sulla vita di tutti noi.
Questo è un cazzo di film su dei cazzo di robottoni di merda che a quanto pare hanno vissuto fianco a fianco dell’uomo in tutte le fasi più importanti della storia recente e io sinceramente non c’ho capito una mazza. Queste sono le cose che non capisco.

Ma di cosa mi stupisco? È più facile far capire alla gente delle cose senza senso che non delle cose logiche. Come la religione. In Italia, secondo stime approssimative, soltanto tra il 6 e il 15% della popolazione si dichiara ateo. Quindi tra l’85 e il 94% degli italiani crede senza batter ciglio all’esistenza di un essere superiore, di un essere soprannaturale. Una cosa assolutamente rispettabile e molto bella, per carità, però allo stesso tempo anche una cosa del tutto assurda e irrazionale. La stessa percentuale di persone probabilmente ritiene plausibile un film con degli orribili robottoni parlanti che si transformano in delle auto e decidono i destini del mondo, ma non capisce un “semplice” film di Terrence Malick o Lars Von Trier.
Non so se il mio discorso è comprensibile. Probabilmente a un numero di italiani compreso tra l’85% e il 94% no. Però la visione di questo Transformers 3 mi ha reso ancor più consapevole del fatto che la maggior parte delle persone sono davvero fuori di testa e gli unici normali mi sa che sono i pazzi.

E poi perché far durare quasi 3 ore un film che su carta ha una trama (sempre se ce l’ha) lunga quanto un haiku giapponese?

Robot
figa
macchine

No, ho sbagliato. È più corto di un haiku!

E poi han preso Patrick Dempsey, dico il Dr. Stranamore di Grey’s Anatomy, l’uomo zerbino di Meredith Grey, nella parte del super cattivone? Andiamo, se mettevano Pupazzo Gnappo o il Gabibbo erano più credibili di lui.
E poi anche Shia LaBeouf che si fa tutte ste fighe? Non parlo di Shia LaBeouf l’attore hollywoodiano fico e famoso, ma di Shia LaBeouf nel film nella parte di un nerd che in quest’ultimo episodio è pure disoccupato.
The Tree of Life non ha senso? Melancholia non ha senso? Eddai, per favore. Transformers 3 sì che non ha senso.
Un insulto al cinema, all’intelligenza umana (ma anche a quella robotica) e, soprattutto, un insulto a Megan Fox.

Transformers 3
(USA 2011)
Titolo originale: Transformers: Dark of the Moon
Regia: Michael Bay
Cast: Shia LaBeouf, Rosie Huntington-Whiteley, Patrick Dempsey, Josh Duhamel, John Turturro, Tyrese Gibson, Frances McDormand, John Malkovich, Alan Tudyk, Kevin Dunn, Ken Jeong
Genere: robot wars
Se ti piace guarda anche: gli altri “capolavori” di Michael Bay Bad Boys, The Rock, Armageddon, Pearl Harbor…
(voto 0/10)

venerdì 7 gennaio 2011

I miei film dell'anno 2010 - n. 16 I'm Here

I’m Here
(USA)
Regia: Spike Jonze
Cast: Andrew Garfield, Sienna Guillory, Daniel London, Michael Berry Jr.
Genere: mondo robot
Se ti piace guarda anche: Corto circuito, Nel paese delle creature selvagge, i video di Spike Jonze a partire da “Da Funk” dei Daft Punk
Il film (della durata di 30 minuti) si può vedere sul sito della Absolut Vodka

Trama semiseria
Con questo mediometraggio (dura 30 minuti), Spike Jonze ha fatto un film accorciato o, se preferite, un videoclip allungato (con la vodka sponsor), immaginando un mondo in cui i robot convivono insieme agli umani. Protagonista è un robot che lavora in una biblioteca e che conduce una vita un po’ noiosa; tutto verrà rivoluzionato però dall’incontro con una robottessa, con cui vivrà la storia d'amore più poetica vista quest'anno. E guai a voi se osate sostenere che i robot non hanno sentimenti!

Pregi: Spike Jonze è un maestro assoluto in questo genere di storie e visivamente il suo tocco è sempre magico; spettacolosa poi la colonna sonora super indie e super cool
Difetti: è troppo breve

Personaggio cult: il fantastico robot protagonista sotto cui si cela Andrew Garfield di The Social Network
Scena cult: il finale
Canzone cult: “Crown on the ground” degli Sleigh Bells sparata a manetta dall’auto dei robot

Leggi la mia RECENSIONE

domenica 7 novembre 2010

L'amore al tempo dei robot

Splendido gioiellino di un video robot-romantico, questo “Fish out of water” dei Disco Biscuits (e la canzone con quel “wooo!” nel ritornello è di quelle che si incollano in testa)


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